"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

28 ottobre 2008

Articolo 50: una proposta di compromesso dalle Nazioni Unite

By Baghdadhope

Quando,
lo scorso settembre, il parlamento iracheno aveva cancellato dalla legge che avrebbe regolato le elezioni di 14 consigli provinciali che si terranno il prossimo gennaio l’articolo (50) che stabiliva che in 6 di esse venissero riservati dei seggi alle minoranze, il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Iraq, Staffan De Mistura, si era impegnato a fare di tutto per reintegrare l’articolo la cui cancellazione aveva suscitato forti proteste in tutto il paese.
Ieri, 27 ottobre, De Mistura ha presentato al parlamento iracheno una proposta per la sua reintegrazione che però, a ben considerare, presenta delle evidenti differenze dall’articolo 50.
Prima cosa di tutto le province che dovrebbero destinare i seggi alle minoranze non sono più 6 ma 3. Assenti sono infatti nella proposta delle NU le province di Dohuk, Erbil e Kirkuk mentre rimangono quelle di Baghdad, Ninive e Bassora.
I seggi destinati alle minoranze che prima erano 15 ora diventano 12. La stessa percentuale assegnata alle diverse minoranze in questi 12 è cambiata. I cristiani cui prima erano destinati 12 seggi su 15 ora se ne vedono assegnati solo 7, (3 a Baghdad, 3 a Ninive ed 1 a Bassora) agli Yazidi cui prima era assegnato un solo seggio a Ninive ora potranno contare su ben 3 seggi in quella città, resta uguale la situazione per gli Shabak con la conferma di un unico seggio a Ninive, mentre compare solo ora la minoranza mandea cui viene assegnato un seggio a Baghdad.
Sebbene queste nuove assegnazioni proposte rendano giustizia all’antica seppur esigua minoranza mandea e riconfermino la quota per gli Shabak, il salto da uno a tre seggi per la minoranza yazida appare singolare, specialmente se paragonato alla “perdita” di seggi per la minoranza cristiana. Una perdita pesante a considerare i consigli provinciali in cui essi non saranno rappresentati con le proprie liste ed i propri candidati. Nella provincia di Dohuk vivono da sempre molti cristiani e la loro cancellazione dai consigli non mancherà di suscitare proteste, specialmente tra chi da sempre chiama Dohuk “Nohadra” e la provincia “terra assira occupata” e che vedrà nella mancata rappresentatività dei partiti cristiani l’ennesimo tentativo di “kurdizzazione” dell’area. Analoga accusa si eleverà dalla provincia di Erbil che negli ultimi anni ha visto aumentare vertiginosamente il numero dei cristiani che vi si sono rifugiati a seguito della fuga che da anni interessa la comunità di tutto il paese e che è capitale del Governo Regionale Curdo. Anche Kirkuk, città con immensi giacimenti petroliferi, con uno status ancora da definire (ricadrà sotto il governo centrale di Baghdad o sotto quello curdo di Erbil che la reclama come capitale “storica” del Kurdistan?) e con la presenza di tutte le etnie e religioni del paese, compresi i turcomanni, non avrà dei rappresentanti cristiani nel consiglio e certo non è questo un bel segno di democrazia.
E come tale sarà interpretato dai cristiani le cui richieste politiche sono state nell’ultimo mese “soffocate” dall’urgenza di Mosul da dove in migliaia sono fuggiti a seguito degli omicidi, delle minacce e delle violenze che hanno colpito la comunità.
Intanto, in attesa della definitiva approvazione della proposta delle NU il portavoce del parlamento iracheno, Mahmoud Al-Mashhadani, ha dichiarato come i rappresentanti dei diversi blocchi parlamentari siano, almeno in linea di principio, ad essa favorevoli.

Ma cosa pensa di questa soluzione di compromesso Monsignor Philip Najim che da Roma già da settembre aveva espresso il proprio
disappunto per la cancellazione dell’articolo 50?
Baghdadhope glielo ha chiesto.
“Ho letto della proposta delle Nazioni Unite. Ora si tratterà di aspettare la decisione finale del Parlamento iracheno. Ribadisco comunque che la rappresentatività nell’ambito dei consigli provinciali delle componenti del paese non maggioritarie – e per inciso lodo il fatto che essa sia stata prevista anche per la comunità mandea – per quanto giusta, e testimone del cammino del paese verso la tanto auspicata democrazia, non deve far perdere di vista il punto centrale della questione: tutti i cittadini iracheni, “tutti”, devono poter contare sul rispetto dei propri diritti sull’intero territorio nazionale, e non solo dove saranno rappresentati nei consigli provinciali. Temo comunque che se la proposta dovesse passare nei termini esposti ieri le proteste non mancheranno. I prossimi giorni e le prossime decisioni parlamentari saranno decisivi.”