"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

12 ottobre 2008

La fede negata. Sako: «Inammissibile il silenzio del mondo sui cristiani dell’Iraq»

Fonte: Avvenire

di Camille Eid

"La nostra assoluta lealtà va all’Iraq. Se noi non fossimo attenti alle buo­ne relazioni con i nostri fratelli mu­sulmani, probabilmente avremmo subìto, qui a Kirkuk, la stessa sorte dei cristiani di Baghdad e Mosul."
Dalle parole dell’arcivescovo caldeo della città settentrionale trabocca tutto il dolore per quanto succede nel suo Paese.
«Leggevo in questi giorni – di­ce monsignor Louis Sakodei mas­sacri subiti durante la Prima Guerra mondiale da armeni e assiro-caldei, di come gli assassini violavano le ca­se private per uccidere persone iner­mi. Mi sembrava di leggere le crona­che odierne. È inammissibile questo silenzio mondiale dinanzi a una tra­gedia che va avanti da cinque anni».
Eccellenza, si può parlare di pulizia etnica nel Nord?
"A Mosul è in atto una pulizia etnica simile a quella già avvenuta a Bagh­dad a suon di sequestri e uccisioni. In una settimana abbiamo contato do­dici vittime cristiane. Questa campa­gna di intimidazione potrebbe avere motivazioni confessionali come o­pera di estremisti, ma potrebbe an­che essere una spudorata azione po­liticizzata per raggiungere certi o­biettivi, quali l’emarginazione dei cri­stiani, o almeno costringerli a lascia­re la città. Per andare all’estero o per chiuderli in un ghetto cristiano? Se dietro gli attentati ci sono gli e­stremisti islamici, l’obiettivo non può che essere l’esodo dei cristiani verso altri Paesi. Ma ci sono probabilmen­te anche piani che vedrebbero una spartizione dell’Iraq. Ecco perché è importante per noi gridare la nostra assoluta lealtà all’Iraq. Non siamo stranieri in questa terra. Abbiamo sempre vissuto insieme a curdi, sun­niti, sciiti e turkmeni e non vedo per­ché dobbiamo accontentarci di vive­re in un ghetto."
È vero che le chiese rimarranno chiuse a Mosul?
"Su questo argomento c’è stata una gran confusione sulla stampa. Le chiese domani (oggi, ndr) non sa­ranno affatto chiuse. Rimane tutta­via chiaro, data la pericolosa situa­zione, che non tutti i fedeli saranno in grado di uscire di casa. Molti cri­stiani non vanno più al lavoro o a scuola. Alcuni impiegati ufficiali di Mosul mi hanno appena riferito che il loro capo gli ha chiesto di non re­carsi al lavoro perché teme per la lo­ro incolumità."
Perché non c’è stata esplicita con­danna degli assassini alla preghiera del venerdì?
" C’è purtroppo una sorta di oscura­mento mediatico. Gli imam hanno il dovere di condannare quanto acca­de a Mosul. In fin dei conti, questi as­sassini danneggiano anche l’imma­gine dell’islam, specie in una città che rappresenta la culla della conviven­za islamo-cristiana in Iraq. Ma, per essere sinceri, anche noi pastori cri­stiani abbiamo le nostre mancanze. Non vedo ancora un discorso eccle­siale chiaro e unito. In che cosa deve consistere questo discorso unito? Deve dare voce forte ai cristiani, pro­teggerli dal punto di vista pastorale e permettere loro di esprimersi riguar­do le tematiche nazionali. Molti ci ac­cusano di fare il gioco di una parte contro un’altra. Questo non è vero, ma è compito della Chiesa dirlo for­te, gridare che siamo a favore di tut­to l’Iraq e solo dell’Iraq."
Ci sono state proteste cristiane nei giorni scorsi contro la legge eletto­rale. Porteranno a una revisione?
"Sì, ci sono tentativi per reintrodurre l’articolo 50 che prevede una quota per le minoranze. Spero che insieme alle varie pressioni da parte dell’Onu e della Ue sul nostro governo possa­no portare a un risultato positivo."
Il pretesto addotto era l’assenza di un censimento dei cristiani…
"Questo vale per tutti. Non è mai sta­to condotto un censimento su base confessionale o etnica in Iraq. Si è sempre trattato di stime che spesso vengono deliberatamente gonfiate per dare maggior peso a un gruppo piuttosto che a un altro. Chi potrà ac­certare che gli sciiti sono il 61 per cen­to o che gli arabi sunniti sono il 20 per cento? Nessuno. Riguardo i cristiani, le cifre più attendibili parlano di 650­/700mila fedeli prima della guerra, contro 350/400mila oggi."
Ossia 300mila partenze in pochi an­ni. Ma è vero che la Chiesa caldea ha chiesto ad alcuni Paesi di preparare un piano di accoglienza dei profu­ghi cristiani?
"Questo no. Io ho partecipato a una delegazione di vescovi in Germania dove vive una folta comunità caldea. Abbiamo chiesto al governo di favo­rire l’integrazione dei profughi cri­stiani nel mondo del lavoro e di age­volare il ricongiungimento dei geni­tori rimasti soli qui. Penso che, con il ritorno alla normalità, molti di que­sti profughi faranno ritorno, come hanno fatto i curdi.
Non siamo stranieri qui e non vedo perché dovremmo ridurci a vivere in un ghetto."