"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 dicembre 2007

Notizie della comunità irachena cristiana

Fonti: Varie

By Baghdadhope

Baghdad.
* Dopo il vice presidente Adel Abdul Mahdi, anche l’altro vice presidente iracheno, Tareq Al Hashemi ha voluto congratularsi con il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Mar Emmanuel III Delly per la sua recente nomina a Cardinale. Mar Delly ha colto così l’occasione per riferire il desiderio di Papa Benedetto XVI che l’Iraq possa trovare la sicurezza e la pace necessarie alla convivenza tra le diverse componenti etniche e religiose del paese.
* Lo stesso giorno si è svolta a Baghdad la riunione del Consiglio dei capi delle comunità cristiane presieduto dallo stesso Mar Emmanuel III Delly. L’incontro, iniziato con un momento di preghiera, ha avuto molti punti in agenda.
La situazione dei cristiani in Iraq ed all’estero e la posizione ufficiale delle chiese riguardo il fenomeno dell’emigrazione: la necessità di aiutare la popolazione nel paese per frenare tale emorragia e quella che si è rifugiata all’estero. La necessità di preservare le proprietà delle chiese e dei fedeli, specialmente quelli che sono stati costretti a lasciarle. Il rifiuto del cosiddetto progetto della “Piana di Ninive” che non considera il fatto che i cristiani vivono non solo in quella zona, e che devono continuare a farlo in ogni parte del paese a fianco delle diverse componenti della società irachena. Lo status delle minoranze nell’ambito della costituzione irachena, e la situazione degli studenti di fede cristiana nelle scuole pubbliche in cui non viene impartito loro l’insegnamento religioso. L’influsso negativo delle nuove organizzazioni religiose che in Iraq si definiscono chiese e che non solo cercano di attirare i fedeli delle chiese autoctone, specialmente tra i giovani, ma che con il loro aggressivo proselitismo creano problemi con la componente musulmana. Gruppi religiosi che dichiarano di essere rappresentanti della vera fede dimenticando che la Cristianità è originaria proprio di queste zone dove si è nutrita del sangue dei suoi martiri. La necessità dell’unione tra le diverse componenti cristiane, sia religiose che politiche, sulla base della convinzione che la forza stia nell’unione.
L’incontro si è concluso con lo scambio di auguri per il prossimo Natale e con quelli agli iracheni musulmani per la prossima festa del Sacrificio.
Tra i 14 prelati presenti il Patriarca Caldeo Mar Emmanuel III Delly ed i suoi ausiliari: Monsignor Shleimun Warduni, Monsignor Jacques Isaac e Monsignor Andreas Abouna. Monsignor Jean Sleiman Vescovo Latino di Baghdad, Monsignor Avak Assadorian Vescovo della Chiesa Armeno Cattolica e Segretario del Consiglio, Mar Gewargis Slewa Vescovo della Chiesa Assira dell’Est, Monsignor Severius Hawa Vescovo della Chiesa Siro Ortodossa, Monsignor Matti Shaba Matoka Vescovo della Chiesa Siro Cattolica, il Monaco Redentorista Vincent Al Muhallafi della Chiesa Greco Melchita e rappresentanti della Chiesa Protestante, Greco Ortodossa ed Antica Assira dell’Est.
* Il Consiglio dei Ministri iracheno ha ufficialmente dichiarato il
25 dicembre 2007 giornata di festa per la ricorrenza del Natale che segue di soli pochi giorni quest'anno la festa islamica del Sacrificio.
* Secondo notizie riferite a Baghdadhope da un sacerdote di Baghdad, nella zona di Hay Al Benook, nella parte nord-occidentale della capitale, la situazione è leggermente migliorata da quando è in vigore il sistema della “fahwa”, il controllo cioè dell’area non solo da parte delle forze di sicurezza americane ed irachene, ma anche di guardie armate che pattugliano il quartiere e controllano i check points. Nell’area, ad esempio, tutte le strade, tranne la principale, sono chiuse, e nessuno che non sia del quartiere può entrare, a piedi e meno che mai in auto, una procedura che permette a chi ci vive di uscire per fare compere e lavorare e che dovrebbe – il condizionale è sempre d’obbligo parlando dell’Iraq – scongiurare problemi in questo periodo di feste islamiche e cristiane. Il sistema, già rodato altrove, funziona con la collaborazione delle truppe americane che hanno segnato sulle loro mappe i check points autorizzati.
* Mr. Abdallah Alnaufali, che dirige il dipartimento per i non musulmani {cristiani, mandei, yazidi ed ebrei} dell'Awqaf, il ministero che si occupa delle proprietà religiose in Iraq, ha annunciato la riapertura a Dora di due chiese, quella caldea di San Giovanni Battista, e quella di Mart Shmoni, appartenente all’Antica Chiesa Assira dell’Est.
* Una famiglia cristiana che vive nel quartiere di Zayouna a Baghdad è stata vittima di un
efferato episodio di violenza. Ladri armati sono penetrati nella casa per rubare riducendo in fin di vita per le percosse il padre, Mr. Salem Yousif Karash, ora ricoverato in ospedale dove si trova anche una delle figlie, Miss Lena Salem, che, per paura di un possibile rapimento si è gettata dal quarto piano del palazzo al momento dell’irruzione. Ancora sotto shock è la madre della ragazza, mentre salvi sono gli altri tre figli della coppia, due maschi ed una femmina, che in quel momento non erano in casa.

Ritiro spirituale ad Ankawa di vescovi e sacerdoti caldei con l’avvicinarsi del Natale. All’incontro, guidato dal Padre Redentorista Lucien Cop, docente del Babel College, ed ispirato dal primo capitolo della Genesi, erano presenti Monsignor Rabban Al Qas, vescovo di Amadhiya ed amministratore vescovile di Erbil, Monsignor Mikha P. Maqdassi, vescovo di Al Qosh, Monsignor Petrus Harbouli, vescovo di Dohuk, Monsignor Luis Sako, vescovo di Kirkuk, alcuni sacerdoti delle rispettive diocesi ed il corepiscopo Ruphail.

Baqdida. Alla presenza di Monsignor George Qas Musa e di Monsignor Gregorius Saliba Shamoun, rispettivamente vescovo siro cattolico e siro ortodosso di Mosul una grande celebrazione si è tenuta nella chiesa siro cattolica di Saint John che, secondo la tradizione, fu costruita sulle rovine di un antichissimo convento e che è stata recentemente restaurata dopo anni di abbandono.

A Bassora il Primo Ministro iracheno, Nouri Al Maliki, ed il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Muwaffaq Al Rubaie, in città per degli incontri sul futuro della regione dopo il parziale ritiro delle truppe britanniche, hanno espresso il proprio dispiacere per la recente uccisione di due componenti della piccola comunita’ cristiana, Mr. Usama Fareed e sua sorella Maysoon.

A Mosul il vescovo caldeo, Monsignor Faraj P. Rahho, ha dichiarato che la situazione in città è migliorata recentemente per due fattori: la maggiore presenza delle forze di polizia, e la vicinanza temporale del Natale con la festa islamica del Sacrificio. In ogni caso, come gia’ avveniva in passato, le celebrazioni natalizie si terranno nelle ore diurne per la sicurezza dei fedeli. Un Natale blindato quindi a Mosul, come quello annunciato anche a Baghdad da Monsignor Shleimun Warduni che in un’intervista al SIR ha detto: “Nei giorni scorsi siamo stati contattati da emissari governativi che si occupano di ordine pubblico per conoscere date, luoghi e orari delle celebrazioni natalizie così da implementare i controlli e la sicurezza intorno alle chiese, da parte nostra vorremmo evitare tutto questo ma è necessario per garantire l’incolumità dei nostri fedeli. Le celebrazioni avranno luogo nelle prime ore del mattino o del pomeriggio del 24 e 25 dicembre sempre per motivi di sicurezza.”

13 dicembre 2007

Torino-Baghdad: una vecchia amicizia




Nell'augurare un Felice Natale l'Ufficio Pastorale Migranti dell'Arcidiocesi di Torino ricorda le iniziative a favore del progetto
"Io ho un nuovo amico, un sacerdote caldeo iracheno"
a sostegno di dieci sacerdoti cattolici caldei di Baghdad.


DOMENICA 16 dicembre 2007
Via Garibaldi angolo Via San Francesco d'Assisi
Torino
Ore 13.00/19.00
BANCHETTO DI NATALE


LUNEDI 24 dicembre 2007
Chisa di San Rocco
Via San Francesco d'Assisi 1
Torino
Ore 21.30 CONCERTO GOSPEL "Hora Nona Gospel Singers"
Ore 23.30 SANTA MESSA

Di seguito il volantino del progetto
"Io ho un nuovo amico, un sacerdote caldeo iracheno"

L
’Ufficio Pastorale Migranti dell’Arcidiocesi di Torino
sostiene il progetto:
IO HO UN NUOVO AMICO, UN SACERDOTE CALDEO IRACHENO
Anno 2008
Per il quinto anno consecutivo l’Ufficio Pastorale Migranti dell’Arcidiocesi di Torino si fa promotore di un progetto finalizzato al parziale sostegno economico di dieci giovani sacerdoti cattolici caldei di Baghdad.
I resoconti che in questi anni i sacerdoti coinvolti nel progetto ci hanno inviato, e l’interesse dimostrato da molti nostri concittadini, ci hanno convinto a continuare il progetto inizialmente previsto con durata quadriennale.
L’Iraq, infatti, è ancora un paese in guerra, e la sua piccola ma antica comunità cristiana ne sta ancora soffrendo.
Le nostre speranze iniziali che la situazione potesse normalizzarsi in minor tempo sono state frustrate, ed è per questa ragione che sostenere i giovani sacerdoti, e per ricaduta, le loro parrocchie, è ancora importante. E lo è, come loro stessi ci scrivono, non solo dal punto di vista economico - la cui utilità non si può negare - ma anche da quello morale. Gli iracheni cristiani anche attraverso questo sostegno sanno di non essere soli. Sanno che i loro fratelli italiani, e torinesi nel nostro caso, sebbene più fortunati di loro e liberi di manifestare e praticare la propria fede non li dimenticano.
Gli iracheni cristiani stanno vivendo una vera e propria tragedia fatta di uccisioni, rapimenti, minacce, fuga dalle proprie case e dalle proprie città.
Baghdad è ancora per loro un posto pericolosissimo. Chi ha potuto ne è fuggito, ma chi ancora cerca di sopravviverci o vi è costretto, ha bisogno, proprio attraverso l’aiuto dato ai sacerdoti, del nostro aiuto.
L’Iraq non è solo immagini televisive ormai scomparse dalla nostra memoria, ma “lacrime e sangue” dei nostri fratelli cristiani.

ABBIAMO BISOGNO DEL TUO AIUTO

per continuare a dar loro un aiuto, una speranza e … nuovi amici


CCB 000000665206
ABI 03069 CAB 01125
CIN L IBAN IT84
c/o Intesa San Paolo
Ag. 85 di Torino
Causale: IRAQ

Per informazioni:
Ufficio Pastorale Migranti
Via Ceresole 42
Torino
011 2462443

o scrivere a
Don Fredo Olivero

Direttore UPM
f.olivero@diocesi.torino.it

A Baghdad e Kirkuk congratulazioni, mentre a Bassora i cristiani terranno un basso profilo a Natale


By Baghdadhope

Celebrazioni in sordina per il prossimo Natale sono state richieste dalla chiesa di Mar Ephram a Bassora in segno di lutto per la morte di Usama Fareed e di sua sorella Maysoon, uccisi l’11 dicembre. Dopo la fuga all’estero della famiglia due anni fa a causa delle continue minacce cui la comunità irachena di Bassora è stata – ed è - sottoposta i due erano rimasti a vivere nel centrale quartiere di Briha. Secondo il parroco caldeo della città, Padre Emad Aziz Banna, ai funerali delle due vittime hanno partecipato anche alcuni musulmani che abitavano nello stesso quartiere. Un segno di buona volontà che però non riuscirà a fermare l’esodo della comunità cristiana sempre più terrorizzata ed esposta alle violenze in una città che alla vigilia del disimpegno delle truppe britanniche si sta rivelando ogni giorno più pericolosa. Secondo il parroco, infatti, questo efferato episodio influirà negativamente sulla comunità. Usama Fareed gestiva un negozio di riparazioni elettriche nel quartiere di Aziziah in una parte di una casa appartenente ad una famiglia saudita che aveva lasciato il paese, ma era stato costretto a chiuderlo per le minacce di un gruppo integralista.

A Baghdad intanto continuano le congratulazioni al Patriarca della Chiesa Caldea, Mar Emmanuel III Delly, per la sua recente nomina a cardinale. Ieri è stata la volta del vice presidente iracheno Mr.Adel Abdul Mahdi, che, ricevendo il Cardinale Delly, ha espresso non solo le sue felicitazioni ma anche un ringraziamento al Santo Padre per l’onore reso all’Iraq con questa nomina, mentre il 10 dicembre il prelato aveva ricevuto una delegazione dell'Iraqi Communist party.

Una delegazione del Consiglio cittadino di Kirkuk
ha espresso le proprie congratulazioni per la nomina di Mar Emmanuel III Delly a cardinale all'arcivescovo caldeo della città, Monsignor Luis Sako, cui è stato dato il benvenuto dopo un lungo viaggio all'estero. La delegazione ha sottolineato l'importanza dell'unità tra i diversi settori della città e Monsignor Sako l'ha ringraziata per il caldo benvenuto ed il discorso. Lo stesso giorno Monsignor Sako ha incontrato il sindaco della città ed ha discusso della situazione dei cristiani e del loro ruolo all'interno del consiglio cittadino.

Congratulations in Baghdad and Kirkuk while in Basra Christians will keep a low profile for Christmas

Source: Ankawa.com

By Baghdadhope

Low-profile celebrations for the next Christmas
have been requested by Mar Ephram church in Basra in sign of mourning for the death of Usama Fareed and his sister Maysoon, killed on December 11. After the flight abroad of the rest of the family two years ago due to the continuos threats to the Iraqi Christian community of Basra, Mr. Fareed and his sister were living in the central area of Briha. According to the Chaldean parish priest of the city, Fr. Emad Aziz Banna, present to the funeral service were also some Muslims living in the same area. A sign of good will that in any case will not be able to stop the exodus of the ever more terrified and exposed to violence Christian community still living in a city that, on the eve of the disengagement of the British troops, is day by day more dangerous. According to Fr. Banna the bloody murder of the Fareed brothers will negatively affect the community. Usama Fareed run a shop of electrical repairs in the area of Aziziah in a part of a house belonging to a Saudi family who left the country, but he had been obliged to shut it down due to the threats receveid by an extremist group.

In the meanwhile in Baghdad further congratulations to the Patriarch of the Chaldean Church, Mar Emmanuel III Delly, for his recent appointment as a Cardinal. Yesterday was the turn of Iraqi vice-president, Mr.Adel Abdul Mahdi, who, in receiving the Cardinal, expressed his congratulations and a thank to the Holy Father for the honour given to all Iraq by Delly’s appoitment, while on December 10 the Cardinal received a delegation of the Iraqi Communist party.

A delegation of the City Council of Kirkuk expressed its congratulation for the appointment of Mar Emmanuel III Delly as a Cardinal to the Archbishop of the city, Mgr. Sako, who was welcomed back after his long journey abroad. The delegation talked about the importance of unity among all the sectors of the city and Mgr. Sako thanked them for the warm welcome and the speech. On the same day Mgr. Sako visited the city mayor and discussed the situation of Christian community in the city and its role in the city council.

12 dicembre 2007

Christians assailed in Iraq, says Armenian bishop


Christians are fleeing Iraq, says Armenian archbishop Avak V. Asadourian, and Christianity is feared to disappear. Says that Christian faith is strong enough to embrace martyrdom.

By Stephen Brown
Christians are fleeing Iraq and Christianity risks disappearing from the country, says a senior Baghdad archbishop, reiterating appeals made recently to Western churches to intercede with their governments about the plight of the Iraqis. "We do have the courage of faith, the outpouring of love, but because of the war, you see death and destruction, the manifestation of evil. Our people are lacking hope, and so they are leaving," said Archbishop Avak V. Asadourian of the Armenian Church of Iraq in an interview with Ecumenical News International on 10 December.

Click on "leggi tutto" for the article by Ecumenical News International
He was interviewed in Geneva following a service at the headquarters of the World Council of Churches, at which he said the four years since the US-led invasion had been "the most difficult by far" of his 28-year ministry in Iraq. Asadourian was attending a WCC meeting centred on accompanying churches in conflict situations. Young people "are faced each day with death and destruction, they are faced each day with being kidnapped or facing the agony of having a loved one who is kidnapped", the prelate told worshippers at the service. Despite the hardships, Asadourian, who leads the Council of the Heads of the Churches in Baghdad, said the faith of the Christians in Iraq, who are estimated to account for less than 3 per cent of the country's 27.5 million people, has not wavered, although many reports have said their numbers have dwindled. "On the contrary, we have been steadfast in our faith," said the archbishop. He recounted how a Syrian Orthodox priest had been decapitated in the northern Iraq city of Mosul, apparently for refusing to "adopt another religion". In the same city, a Chaldean priest and his three assistants were shot dead in June this year a few metres from their church. "We have new martyrs in the church in Iraq," said Asadourian. "I know of no one incident in the last four years where priests have converted to another religion because they have been threatened," the archbishop stated, adding the same was true for lay people. "So in Iraq the faith of your brothers and sisters in Christ is strong enough to face martyrdom." Nevertheless, "we are faced with the problem of the lack of hope," the archbishop said in his sermon. "Unless the churches in Iraq can open small windows if hope then I am afraid that Christianity will face a slow demise not only in Iraq but in the entire region where Jesus Christ lived and worked," he said "I pray that the churches in the West will be strong enough to have a say in the corridors of power to remind those in power what they promised for Iraq and that it is high time that the promise is fulfilled," the archbishop told ENI. "We ask for peace, not only for Christians, but for the entire Iraqi people, be they Muslim, Christian or adherents of other religions." In his interview, Asadourian noted that the churches in Iraq had faced a conflict situation since 1980, with the outbreak of the war between Iran and Iraq, in which many young Christian men enlisted in the army had been killed. "After that came the Kuwait war - and what ensued after that was the 13 year long embargo, which in itself was a war," said Asadourian. "Then we had the 2003 war - and after the cessation of hostilities, we have this, the war against terrorism taking place in the entire country."

Vescovo irakeno: Occidente, riscopri la famiglia come scuola di pace

Fonte: Asia News

“In Germania le donne musulmane vanno in giro con un bambino nella carrozzina; le tedesche passeggiano in compagnia di cani o gatti”.
La provocazione di mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk a commento del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2008.

Clicca su "leggi tutto" per l'articolo di Asia News
L’Occidente sta perdendo il senso della comunione familiare con la sua insistenza sull’individualismo” e questo rappresenta un rischio per la pace “L’avvenire dell’umanità dipende dalla famiglia. È la famiglia l’ambiente in cui i membri imparano a dialogare, a rispettarsi reciprocamente nella diversità”. Sono le parole di monsignor Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, a commento del Messaggio del Papa dal titolo “Famiglia umana, comunità di pace” *.
“Il Santo Padre – scrive il vescovo - ha scelto questo tema per la Giornata mondiale della pace perché il contesto familiare è il più importante nelle relazioni di ognuno di noi, in bene e in male. Un proverbio latino recita: Si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra). Bisogna cambiarlo così: se vuoi la pace, una pace giusta e duratura, prepara la famiglia. Perchè la pace, la giustizia e la libertà partono dal riconoscere l’uomo come mio fratello! L’avvenire dell’umanità dipende dalla famiglia. È la famiglia l’ambiente in cui i membri imparano a dialogare, a rispettarsi reciprocamente nella diversità”.
Il prelato iracheno non risparmia una frecciata all’indirizzo dell’Europa secolarizzata: “In Occidente la famiglia affronta difficoltà relazionali. L’estate scorsa mi trovavo in Germania: sulle strade si vedevano le donne musulmane con un bambino nella carrozzina, mentre le tedesche passeggiavano spesso in compagnia di un cane o un gatto! L’Occidente sta perdendo il senso della comunione familiare con la sua insistenza sull’individualismo. Da noi in Iraq, invece, non è concepibile vivere isolati. Non possiamo vivere fuori della famiglia. Mentre un occidentale accetta facilmente una condizione di single e ne vede i miei vantaggi, un orientale pensa alla sua famiglia e cercare i vantaggi comuni”.
E aggiunge: “Nella teologia cristiana, sopratutto orientale, la famiglia rappresenta l’immagine della Trinità; lo Spirito Santo è considerato da alcuni padri siriaci una madre. Perciò i rapporti nella famiglia devono riflettere i rapporti fra le tre persone della Trinità. Così, nella famiglia cristiana la Chiesa cresce e la società si rinnova. La famiglia è una Chiesa domestica, ma anche è la base di una società. Per i cristiani orientali avere una famiglia è una vocazione, una benedizione e una missione. Non voglio dire che tutto da noi sia perfetto e in Occidente cattivo”.
L‘arcivescovo di Kirkuk chiude il commento con un auspicio che è anche la speranza di tutti i cristiani di quella terra tormentata: “Sogno il mio Iraq come una famiglia riconciliata e una comunità di pace”.
*Il commento del vescovo, in versione integrale, sarà pubblicato sul numero di gennaio 2008 di “Mondo e Missione”.

Iraqi bishop: West, rediscover the family as a school of peace

Source: AsiaNews

“In Germany the Muslim women push children in prams along the streets while German women have their dogs and cats”. The provoking remark by Msgr. Louis Sako, Chaldean archbishop of Kirkuk comments on Benedict XVI’s World Day for Peace message 2008.

Click on "leggi tutto" for the article by Asia News
The west is loosing all sense of family communion through its insistence on individualism” and this is a major risk to peace “the future of humanity depend on the family. Dialogue and respect for diversity is learned within the family”. ”. These are the words of Msgr. Louis Sako, Chaldean archbishop of Kirkuk, as he reflects on the Pope’s message entitled “The Human Family, community of peace” *.
“The Holy Father – writes the bishop – chose the theme for this world day of peace because the within each of us our family context is the most important element, in good and in bad. A Latin proverb goes: Si vis pacem, para bellum (if you want peace prepare for war). We must change that around: if you want peace, a true, just and lasting peace, prepare the family. Because peace, justice, and freedom lie in our ability to recognise man as our brother! The future of humanity depends on the family. It is within the family environment that we learn how to dialogue and respect each other in our diversity”.
The Iraqi prelate does not hold back from launching an attack on secularised Europe: “In the west the family is faced with great difficulties. Last summer I was in Germany: on the streets I would see many Muslim women pushing prams with children, while germane women walked along in the company of their cats and dogs! The west is loosing all sense of family communion through its insistence on individualism. Here in Iraq, the idea of living alone is inconceivable. We cannot live outside of the family. While a westerner easily accepts the condition of being single and sees only personal advantages, an easterner thinks of his family and seeks common advantages”.
And he adds: “In Christian theology, above all eastern theology, the family represents the image of the Trinity; the Holy Spirit is considered by some Syrian Fathers to be a mother. Therefore the relationships within a family must reflect the relationship between the three beings of the Trinity. Thus the Christian family grows, the Church grows and society is renewed. The family is a domestic Church, but also a solid base for society. For eastern Christians, having a family is a vocation, a blessing and a mission. I don’t wish to make it seem that we are perfect and that the West is evil”.
The Archbishop of Kirkuk concludes his reflections with a wish that is the hope of all Christians who live in that tormented land: “I dream of my Iraq will one day be a reconciled family and community of peace”.
*The full text of the bishop’s reflections will be published in the January 2008 edition of “World and Mission

11 dicembre 2007

Baghdad, Kirkuk, Basra: good and bad news from the Iraqi Christian community

Sources: Various

By Baghdadhope

A ceremony has been held on last Sunday in the church of Virgin Mary in Palestine Street, in the eastern part of Baghdad. About 200 faithfuls partecipated to the Mass anxious to listen to the words of the new Cardinal Mar Emmanuel III Delly.
In spite of the impressive security measures - searching at the entrance, armed guards around the church and on its roof, police vehicles blocking the street - people did not loose such an occasion because, as the 26 years old Hibba Nasser explained to AP "We came to the church to make terrorits know that we are not afraid of them."
Present in the church for the Holy Mass, celebrated by Cardinal Delly, Mgr. Shleimun Warduni and Fr. Yousef Khalid, were also Mgr. Jacques Isaac, Rector of College and Mgr. Francis A. Chullikat, Apostolic Nuncio in Iraq and Jordan. After the ceremony Cardinal Delly was greeted also by Jassim al-Jazairi, the Imam of the near Shia mosque who declared he wanted to show, by his presence, "the unity of Iraqi people" and to be happy for Mar Delly's cardinal appoitment because "proud of any person, whether Christian or Muslim, who raises the name of Iraq in the international arena.”

In Kirkuk, after 4 years the
Armenian Orthodox church of the Virgin Mary has been reopened and a Holy Mass has been celebrated by the Armenian Orthodox parish priest of the city: Fr. Padre Avaidak Dirusian.

While in Basra the Chaldean parish priest, Fr. Emad Aziz Banna, celebrated today the funeral ceremony of
Usama Fareed (31) and his sister Maysoon whose bodies, riddled with bullets, have been found in a garbage dump. According to what reported by AP, the man had been kidnapped by armed men driving a a white unlicensed SUV and who obliged him to call his sister asking her to leave her work to meet him.
In Basra, too, on the eve of the disengagement of the British troops who will soon hand over the control of the city to Iraqis, threats against women continue. The city, by many considered out of control, is infested by Islamic militias in favour of the strict application of what they think are the right rules of Islamic behaviour. According to what the police chief of the city, Gen. Maj. Jalil Khalaf, declared, more than 40 beheaded and mutilated women's body have been found in the last 5 months with a sheet of paper nearby saying, «she was killed for adultery,» or «she was killed for violating Islamic teachings."
The leaflets show that the killings have been perpetrated by criminal gangs ever more resembling the "moral police" of the nearby Iran. These criminals hit not only women not wearing the veil - Muslim and Christian - but also everything is considered an "illecit behaviour" as shaving or having long hair for men, boys and girls sitting near at school, listening to music, having parties and even having images and video considered as "immoral" on mobile.
If the victims of such a situation are the moderate Muslims it is deeply suffering for the small Christian community of the city whose identity is even debated, as declared to Times the 21 years old Zeena. When she explained to the Shia militiamen who wanted her to wear the veil to attend university that, being a Christian, she was not obliged to do it by her faith, the answer was that outside the university she could be a Christian and do what she wanted but not inside, or she would be killed.

Baghdad, Kirkuk, Bassora: buone e cattive notizie dalla comunità irachena cristiana

Fonti: Varie

By Baghdadhope

Nella chiesa della Vergine Maria in Palestine Street, nella zona est si Baghdad, si è tenuta domenica scorsa una cerimonia a cui hanno partecipato circa 200 fedeli caldei ansiosi di ascoltare le parole del neo cardinale Mar Emmanuel III Delly. Malgrado le imponenti misure di sicurezza – perquisizioni all’entrata, guardie armate intorno alla chiesa e sul tetto, veicoli della polizia a bloccare l’accesso alla strada – i fedeli non hanno disertato questa occasione perché, come ha dichiarato alla AP la ventiseienne Hibba Nasser: “Siamo venuti in chiesa per far capire ai terroristi che non abbiamo paura di loro.”
Alla Santa Messa celebrata dal Cardinale Delly, da Monsignor Shleimun Warduni e da Padre Yousef Khalid, hanno partecipato anche Monsignor Jacques Isaac, Rettore del Babel College e Monsignor Francis A. Chullikat, Nunzio Apostolico in Iraq e Giordania. Dopo la cerimonia il Cardinale è stato salutato tra gli altri da Jassim al-Jazairi, l’imam della vicina moschea sciita che ha dichiarato di voler mostrare, con la sua presenza, “l’unità del popolo iracheno” e di essere felice della nomina cardinalizia perché “orgoglioso di qualsiasi iracheno, cristiano o musulmano il cui nome innalza quello dell’Iraq in ambito internazionale”

Foto By Ankawa.com

A Kirkuk, intanto, dopo quattro anni è stata riaperta la chiesa Armeno Ortodossa della Vergine Maria con una Santa Messa celebrata dal parroco della città, Padre Avaidak Dirusian.
Photo by Ishtar TV

Mentre a Bassora il parroco caldeo della città, Padre Emad Aziz Banna, ha celebrato oggi i funerali di Usama Fareed (31) e di sua sorella Maysoon i cui corpi, crivellati di proiettili, sono stati ritrovati in una discarica. Secondo quanto riportato sempre dalla AP, l’uomo era stato rapito da uomini armati che viaggiavano su un fuoristrada bianco senza targa e che lo avevano costretto a telefonare alla sorella chiedendole di lasciare il lavoro per incontrarlo.
Photo by Ankawa.com
Sempre a Bassora, alla vigilia del disimpegno britannico che presto ne lascerà il controllo agli iracheni, continuano le minacce contro le donne. La città, da molti considerata fuori controllo, è infestata da bande di miliziani islamici decisi a fare applicare alla lettera quelle che ritengono essere le buone norme di comportamento islamico. Secondo quanto dichiarato dal capo della polizia della città, il Maggiore Generale Jalil Khalaf, più di 40 corpi di donne sono stati ritrovati decapitati o mutilati negli scorsi cinque mesi. Accanto ai corpi sono stati trovati dei volantini con le scritte “uccisa per adulterio” o “uccisa per aver violato gli insegnamenti islamici” che qualificano gli omicidi come operati dalle bande che sempre più somigliano alla “polizia morale" che opera nel vicino Iran, e che colpiscono non solo le donne che non indossano il velo – musulmane e cristiane - ma anche comportamenti considerati illeciti: il non farsi crescere la barba o il non tagliarsi i capelli per gli uomini, il sedersi vicini di studenti e studentesse a scuola, l’ascoltare musica, il fare feste e persino il possedere sul prorpio cellulare immagini o video considerati “immorali.”
Una situazione che se ha per vittime anche i musulamani moderati è ancora più sentita dall’ormai sparuta minoranza cristiana della città la cui stessa identità viene messa in discussione come ha raccontato al Times la ventunenne Zeena che, quando ha spiegato ai miliziani scitti che pretendevano indossasse il velo per frequentare l’università che lei, essendo cristiana non era obbligata per fede a farlo, si è sentita rispondere che all’esterno dell’università lei poteva essere cristiana e fare ciò che voleva, ma all’interno no, pena la morte.

10 dicembre 2007

Ancora morti e minacce a Bassora e Mosul

Fonti: Diverse

By Baghdadhope

Una giornata “di festa e di grande gioia.” Queste le parole di Monsignor Rabban Al Qas, vescovo caldeo di Amadhiya, riportate da Asia News e che descrivono l’atmosfera di un incontro che il 7 dicembre scorso ha riunito circa trecento giovani della diocesi ed in cui il prelato ha ricordato la centralità della figura di Maria nella salvezza dell’Uomo, ed ha sottolineato come sia importante non abbandonare i giovani a loro stessi specialmente alla luce dell’aggressivo proselitismo dei gruppi evangelici che li attirano promettendo loro lavoro e denaro.
Se ad Amadhiya è stata una giornata di festa non si può dire lo stesso per altre zone dell’Iraq dove la vita per i cristiani continua ad essere difficile. Come a Bassora dove due cristiani, fratello e sorella, sono stati uccisi, o come a Mosul dove non solo è stata uccisa una ventiquattrenne cristiana nel mercato di Nabi Yunis da sconosciuti che hanno fatto fuoco da un auto, ma dove volantini di minacce sono apparsi all’Università. In essi è scritto che gli studenti cristiani hanno tre giorni di tempo per adeguare il proprio abbigliamento ai dettami della legge islamica.

Again deaths and threats in Basra and Mosul

Sources: Various

By Baghdadhope

A day of “celebration and great joy.” These the words by Mgr. Rabban Al Qas, Chaldean bishop of Amadhiya, reported by Asia News and that describe the atmosphere of a meeting held on December 7 with 300 young people from the diocese. During the meeting the bishop recalled the centrality of Mary in Man’s salvation, and underlined how it is important to not leave young people alone, especially considering the aggressive proselytism by evangelical groups that attract them promising jobs and money.”
If in Amadhiya it has been a day of joy it cannot be said the same for other areas of Iraq where life for Christians is still difficult. As in Basra, where two persons, brother and sister, have been killed, or in Mosul where not only a 24 years old Christian girl has been killed in the Nabi Yunis market by unknown gunmen who opened drive-by fire at her, but where leaflets of threats appeared in the University. According to what written on them three days will be given to Christian students to uniform their dresses to the dictates of the Islamic law.

6 dicembre 2007

Prima messa in Iraq del Cardinale Delly


5 dicembre 2007 Ankawa Photo by Ishtar TV

By Baghdadhope

Calda accoglienza per il neo Cardinale Mar Emmanuel III Delly di ritorno in Iraq. Centinaia di persone si sono riunite nella chiesa di Mar Yousef ad Ankawa per assistere alla Santa Messa celebrata da Mar Delly insieme a Monsignor Shleimun Warduni, vescovo vicario di Baghdad, e che precede il ritorno dei prelati nella capitale dopo le cerimonie romane. Alla Messa hanno anche assistito diverse personalità della cittadina e diversi esponenti del Governo Regionale Curdo guidati dal Ministro delle Finanze, Mr. Sarkis Aghajan, che già aveva provveduto ad accogliere il neo cardinale all’aeroporto di Erbil.
L’agenzia AFP, che ha riportato la notizia in Europa, ha descritto la cerimonia come “la prima messa dopo la nomina cardinalizia.” In realtà si è trattato della terza celebrazione considerando quella del 26 novembre nella chiesa di Santa Maria della Traspontina, e di quella che il 2 dicembre ha visto riunirsi nella chiesa di Nostra Signora Vergine di Nazareth molti fedeli caldei che vivono ad Amman (Giordania). Presenti alla cerimonia in Giordania erano i concelebranti, Monsignor Shleimun Warduni, Padre Raymond Moussalli, patriarca vicario caldeo in Giordania, Padre Samir Alkhouri e Padre Basel Yaldo, oltre a Monsignor Faraj P. Rahho, vescovo di Mosul, Monsignor Michel Sabbah, Patriarca Latino di Gerusalemme e Monsignor Salim Sayegh, vicario patriarcale del Patriarcato latino per la Giordania.

Cardinal Delly's first Mass in Iraq


December 2 2007 Amman Photo by Ankawa.com

By Baghdadhope


Warm welcome for the new Cardinal, Mar Emmanuel III Delly, on his way back to Iraq. Hundreds of people gathered in Mar Yousef Church in Ankawa to participate to the Holy Mass celebrated by Mar Delly with Mgr. Shleimun Warduni, Auxiliary Bishop of Baghdad and that precedes the prelates’ return to the capital city after the Roman ceremonies. Many personalities from Ankawa and different representatives of the Kurdish Regional Government, led by Mr. Sarkis Aghajan, its Minister of Finance, who had welcomed the new Cardinal in the airport of Erbil, were also present in the church.
AFP agency that reported the news to Europe, described the ceremony led by Mar Delly as the “first mass since being made a cardinal.” Actually, it was his third celebration considering the one held in Santa Maria della Traspontina church in Rome on the 26 of November, and the one that saw a lot of Chaldean faithful living in Amman gathering in Our Lady Vergin of Nazareth church on the 2 of December. Present in Amman were also Mgr. Shleimun Warduni, Mgr. Faraj P. Rahho, Father Raymond Moussalli, Chaldean Patriarchal Vicar in Jordan, Father Basel Yaldo, Father Samir Alkhouri, Mgr. Michel Sabbah, Latin Patriarch of Jerusalem and Mgr. Salim Sayegh, Latin Patriarchal Vicar in Jordan.

2 dicembre 2007

Vicar: Dire Times For Iraq's Christians

Source: CBS

From the time of Jesus, there have been Christians in what is now Iraq. The Christian community took root there after the Apostle Thomas headed east. But now, after nearly 2,000 years, Iraqi Christians are being hunted, murdered and forced to flee -- persecuted on a biblical scale in Iraq's religious civil war. You'd have to be mad to hold a Christian service in Iraq today, but if you must, then the vicar of Baghdad is your man. He's the Reverend Canon Andrew White, an Anglican chaplain who suffers from multiple sclerosis and from a fanatical determination to save the last Iraqi Christians from the purge. White invited 60 Minutes cameras and correspondent Scott Pelley to an underground Baghdad church service for what's left of his congregation. White's parishioners are risking their lives to celebrate their faith.

To See the video produced by Shawn Efran and Philip Ittnerat click here or click on "leggi tutto" for the article
"The room is full of children, it’s full of women, but I don’t see the men. Where are they?" Pelley remarked. "They are mainly killed. Some are kidnapped. Some are killed. In the last six months things have got particularly bad for the Christians. Here in this church, all of my leadership were originally taken and killed," White explained. "All dead. But we never got their bodies back. This is one of the problems. I regularly do funerals here but it's not easy to get the bodies."
Many Iraqi Christians' churches are destroyed or abandoned. The congregation is smuggled in and out of this secret sanctuary. Even letting 60 Minutes come to the service was a terrible risk. White is among the last Christian ministers here, a savior with crosses to bear. Larger than life, stricken with MS, and by his own reckoning, driven a little bit mad. He was first sent to Baghdad by the Archbishop of Canterbury nine years ago, well before the Christian persecution.
"You were here during Saddam’s reign. And now after. Which was better? Which was worse?" Pelley asked. "The situation now is clearly worse” than under Saddam, White replied. "There’s no comparison between Iraq now and then," he told Pelley. "Things are the most difficult they have ever been for Christians. Probably ever in history. They’ve never known it like now."
"Wait a minute, Christians have been here for 2,000 years," Pelley remarked.
"Yes," White said.
"And it’s now the worst it has ever been," Pelley replied.
To understand the history of Iraqi Christianity, start with the Last Supper. One saint to the right of Jesus is the Apostle Thomas, who took the gospel and headed east after the death of Christ. In modern times, under Saddam, Christians were treated much the same as Muslims; Saddam's right hand man, Tariq Aziz, was Christian. Before the war, it's estimated there were about a million Christians in Iraq. They were a small minority, but free to worship, free to build churches, and free to speak the ancient language of Jesus, Aramaic. But, after the invasion, Muslim militants launched a war on each other and the cross.
On Sunday, Aug. 1, 2004, five churches were bombed. The Iraqi Christian community, which had survived invasions by Mongols and Turks, was driven out under American occupation. No one can be sure, but Canon White estimates most of Iraq's Christians have fled or been killed. Those still here are too old, too ill or too poor to run.
"Why are you feeding them all?" Pelley asked. "Because, this is the only decent meal they’ll have in the week," White explained. "They can’t afford food. So we're just moving from every other week to every week because they've got nothing." Nothing for many, not even their families. The 60 Minutes team was confronted with one of many stories of depravity as the congregation left. "Outside the church service this gentleman put these pictures in my hand. I can't show you the pictures. They’re just too much. They’re pictures of his children. His daughter who was 15 years old. And his son who was about four years old. They've both been shot in the head," Pelley said. His children were killed, the father said, because he ran a liquor store. Liquor stores are typically Christian businesses here, legal, except under the Islamic street justice that rules since the invasion. "So I hear stories of shootings, death, torturing, kidnapping, mutilation. I hear it all," White told Pelley. The people with those stories once lived in a neighborhood called Dora, where Christians, Sunnis, and Shiites had lived together. 60 Minutes wanted to see what happened there so, we took a ride with U.S. Army Colonel Rick Gibbs. His men picked Pelley and the team up under a rusting relic of Saddam's tyranny, a parade archway made of two enormous swords, and from there they headed to ethnic cleansing's "ground zero." "We have 13 churches. None of them are operational," Col. Gibbs said. Asked if this was the worst neighborhood in town, Gibbs said, "It’s the toughest neighborhood in town." Gibbs commands the 4th Brigade, 1st Infantry Division out of Fort Riley, Kan. In Dora, he set up a combat outpost in an abandoned Catholic seminary.
"I was at a secret church service yesterday. A man came up to me and handed me some photographs of his children. They’d been shot to death. Somebody had come by their house and murdered his children because they were Christians. What are you seeing?" Pelley asked Gibbs. "I don't see a lot of that anymore. But when we first arrived we saw lots of that. We have 500 a month. That's what we were tracking," the colonel replied. "It would not surprise my soldiers to walk down a street on a patrol and see three or four bodies laying in the street with a bullet behind their head." U.S. forces do not protect the churches. There's a hands-off policy for all religious sites and Gibbs says there's another reason. "The Christians do not what us to guard the churches openly," he said. Why wouldn't the Christians want Gibbs and his soldiers to protect the churches? "They feel that if we are overtly protecting the churches that someone underground covertly will come in and murder the Christians because they’re collaborating with the U.S. forces," Gibbs explained. There seems to be less violence now in part because of the surge of U.S. forces but also because the purge of Christians from Dora is largely complete. Gibbs says Islamic militants are on the run now. "We hear that through our intelligence sources on the ground people telling us they’re running that’s how we knew to come down here with our next big fight to keep getting after them," Gibbs said, as shots could be heard in the background. "And that's what you hear over there is us in that fight trying to go get them."
60 Minutes wanted to see one church that had been destroyed but Gibbs couldn't take us there -- roadside bombs blocked the way. So he walked us over to a church next to his combat outpost. Because of the proximity, it hadn't been looted. In fact, it hadn't been touched by anyone for a very long time. "This is one of the abandoned churches of Dora," Pelley remarked inside the church. "It looks like it was left suddenly and completely. There’s a fine coat of dust over everything in the church. It was all left just as it was. One of the reasons these churches have been abandoned is in this letter, a letter that went out to the neighborhoods of Dora about a year ago. It reads like this: 'To the Christian, we would like to inform you of the decision of the legal court of the Secret Islamic Army to notify you that this is the last and final threat. If you do not leave your home, your blood will be spilled.' And in case there was any chance that anyone would not get the message, the letter ends like this: 'You and your family will be killed.' Pelley talked to a young man, a Baghdad Christian, whose name we cannot use. He told Pelley that after the invasion, posters appeared near his home. "They were like telling us that Christians were against Islam, that we're infidels, that women shouldn’t drive and a woman that doesn’t wear a scarf would get her head cut off," the man told Pelley. "And I thought, 'What, are we going back to the Middle Ages?'" He told us his family began going to Mass in shifts. Asked why, he told Pelley, "If like the church gets bombed on like one of the Masses, so like half of the family will be there and half will be safe." Ultimately, the church was bombed. Asked what has become of the people he used to worship with in that church, the young man told Pelley, "I simply don’t know. A lot them are in Syria. I don’t know any of ‘em that stayed in Baghdad." His family, unharmed, fled to neighboring Jordan. But most Christians ran north to Syria where they've filled a Damascus neighborhood. Knock on any door and you'll find a story. "They threatened this young girl," one woman told 60 Minutes. "They want her to become a Muslim. The boy is in danger of being kidnapped. My other boy is in danger of being kidnapped because we’re Christians." Another woman was on a bus outside Baghdad, when gunmen boarded and demanded to know her husband’s faith. "They told him, 'How come you have not embraced Islam yet?' He said, 'To each his own religion,'" she recalled. "He told him 'I am a Christian.' He told him to get off the bus," a child added. And they never saw him again. Christian refugees are now swept up in an exodus of historic proportions. The U.N. estimates more than four million Iraqis of all faiths are running from the war. The United States has promised to help, but so far about 2,000 Iraqis have been allowed into the U.S., less than one tenth of one percent of all the refugees. Those who remain in Iraq are bound together by a particular kind of faith known only to those under siege. Why is this happening? "It's happening because religion has gone wrong," Canon White told Pelley. "And when religion goes wrong, it kills others." Some of your parishioners must ask you, 'Why is God allowing this to happen to us?' Pelley asked. "To them I say, 'God is with you and he is with me and I am with you and I'm not going away,'" White replied.

30 novembre 2007

Luci, profumi e colori: arriva il mercatino di Casbeno anche per gli iracheni cristiani

Fonte: Varese News

Trovare regali curiosi e originali per i vostri amici e, contemporaneamente, fare una buona azione. Iniziano a moltiplicarsi in provincia i mercatini di Natale
e, tra questi, quello di Casbeno (VA) è uno dei più attesi. L'appuntamento è fissato per sabato 1 (dalle 15 alle 22) e domenica 2 (dalle 10 alle 20).
Prodotti artigianali, gastronomia e golosità: al mercatino di Casbeno, che si estende lungo le vie Conciliazione, Ariberto e Monastero Vecchio, potrete trovare di tutto, compresa la musica e i canti natalizi.
L'utile dell'edizione 2007 sarà devoluto alla San Vincenzo Paoli, all'episcopato Caldeo di Beirut e all'Associaone SOS Malnate Onlus. La San Vincenzo Paoli userà i fondi per la conduzione dell’appartamento sito nella casa di Viale Ariberto, di proprietà della Parrocchia, attualmente oggetto di ristrutturazione per poter accogliere mamme in difficoltà.
L’Episcopato Caldeo di Beirut aiuterà il vescovo mons. Michel Kassarji nell’iniziativa di accoglienza e sostegno dei cristiani iracheni che, perseguitati nel loro paese, si rifugiano in Libano dove vivono in situazione di indigenza e precarietà.
S.O.S. Malnate Onlus penserà all’acquisto di una vettura attrezzata per il trasporto di organi da impiantare e della necessaria equipe medica.Oltre al mercatino saranno tanti gli eventi offerti a Casbeno. Sabato, alle 1.e0 in oratorio, il laboratorio per ragazzi "Sale, aceto, zucchero e... cannella!", a cura di Coop Lombardia. Alle 18 la S. Messa prefestiva animata dalle corali di Casbeno e di Crugnola. Alle 21, sempre in chiesa, lo straordinario concerto dell'Orchestra Giovanile Studentesca di Varese e alle 22, sul sagrato, si accenderà l'albero di Natale. Domenica in oratorio cinema per ragazzi dalle 15 e poi, alle 17, l'incontro con Maurizio De Bortoli "Cristiani in Medio Oriente, perseguitati e dimenticati". Per tutta la durate del mercatino ci sarà un banco gastronomico e poi Babbo Natale con la sua renna farà le foto con i bambini mentre, in chiesa, ci sarà una mostra di presepi messi a disposizione da Andreoni di Biumo Inferiore.

I vescovi cattolici del Medio Oriente, riuniti a Parigi, sulla difficile condizione dei cristiani in Iraq

Fonte: Radiovaticana

Parla di emorragia mons. Georges Casmoussa, arcivescovo di Mosul, riferendosi all’esodo che quotidianamente priva l’Iraq di molti dei suoi figli, in fuga dalle violenze. Nel suo intervento, tenuto a Parigi nel corso della tavola rotonda dal titolo “Cristiani d’Iraq: voci, realtà, sfide”, il presule ha sottolineato che la violenza minaccia tutte le comunità ma i cristiani, in quanto minoranza, si sentono particolarmente vulnerabili. “La Siria ha accolto non meno di 1,2 milioni di iracheni, tra cui decine di migliaia di cristiani; persone che hanno perso tutto e con pochissimi risparmi per sostenersi” ha raccontato mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo. In Giordania - ha aggiunto mons. Salim Sayegh, vicario del Patriarcato latino di Amman - il governo passa da un atteggiamento severo all’indulgenza, e i rifugiati si confrontano sempre più con l’esigenza di ottenere permessi di soggiorno. Suona come un grido di allerta, infine, l’intervento di mons. Francois Yakan, vescovo caldeo di Istanbul. Ricordando che la Turchia accoglie circa 10.000 rifugiati iracheni, il presule ha sottolineato infine che "bisogna agire e reagire, domandare ai nostri governi di avere un atteggiamento responsabile riguardo alle politiche sul Medioriente”. Segnali positivi arrivano nelle ultime settimane dal progressivo rientro in Iraq di un numero crescente di profughi. In queste ore - riferisce l’agenzia Asianews - un convoglio di autobus messo a disposizione dal governo di Baghdad permette a 800 rifugiati in Siria di tornare a casa in un clima di maggiore sicurezza. Secondo i dati diffusi dal governo iracheno a metà novembre sarebbero migliaia i rientri quotidiani incoraggiati da incentivi di natura economica.
Tra i motivi del rientro, l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) invita a non trascurare il peso delle difficili condizioni economiche che grava sui rifugiati in terra straniera.

Iraq: Card. Delly, la sicurezza migliora anche per i cristiani

Fonte: ADNkronos

Baghdad, 30 nov. -(Aki) - "La situazione della sicurezza in Iraq sta migliorando per tutti, anche per noi cristiani": lo afferma il Patriarca caldeo iracheno, Emmanuel III Delly, in un'intervista rilasciata ad AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL in occasione della sua recente nomina a Cardinale. "I cristiani in Iraq non sono separati dagli altri membri della società - spiega Delly - per questo se la situazione della sicurezza migliora ne beneficiano tutti". Il Patriarca sottolinea l'importanza dell'unità dell'Iraq e della coesione tra le diverse componenti del paese. A proposito del dialogo interreligioso il prelato iracheno ha detto di "sperare che il Vaticano continui a dialogare con le altre religioni: il nostro obiettivo non è fare proseliti ma collaborare e convivere insieme agli altri". Infine il neo cardinale ricorda come la Chiesa caldea non si trovi solo in Iraq ma anche in altri paesi del mondo. "Abbiamo chiese negli Stati Uniti, Iran,Turchia, Siria, Libano ed Egitto ed anche una in Australia" ha ricordato Delly.

Iraq: Security improving for Christians, says Chaldean patriarch

Source: ADNkronos

The Iraqi-born head of the Chaldean Christian church Emmanuel Delly III says security is improving for Christians and others in his war-torn country. Emmanuel Delly III became the first Iraqi cardinal in Rome last Saturday. He was among 23 senior church leaders named cardinals in a special ceremony at the Vatican."The security situation in Iraq is improving for everyone, including us Christians," he said in an interview with Adnkronos International (AKI).
"Christians in Iraq are not separated from other members of society so if the security situation improves, everyone will benefit." The patriarch stressed the importance of unity in Iraq and cohesion between diverse groups in the country. Around 70 percent of Iraqi Christians belong to the Chaldean community. An autonomous church aligned with eastern rite churches, the Chaldean church has its own liturgy and leadership but recognises the authority of the Pope. Regarding inter-religious dialogue, the new cardinal said: "I hope that the Vatican continues to speak to other religions." Our objective is not to proselytise but to collaborate and live together with others. "The new cardinal said the Chaldean church was not only found in Iraq but also in other countries of the world. We have churches in the US, Iran, Turkey, Syria, Lebanon and Egypt and also one in Australia." There are an estimated 600,000 to 800,000 Christians in Iraq - 3 percent of the population. Many Chaldeans and other Christians fled the country after the Allied invasion in March 2003, in fear of sectarian violence.

Vescovo siriano chiede assistenza per i rifugiati iracheni.Gli sfollati si aggrappano all’identità di cristiani caldei

Fonte: Zenit

Di Carrie Gress

I rifugiati iracheni hanno perso tutto e possono fare affidamento solo sulla Chiesa e sulla loro identità di caldei, ha affermato il Vescovo Antoine Audo di Aleppo (Siria).
Il presule, gesuita e membro del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nel corso di una visita a Londra ha esortato a mobilitarsi rapidamente per assistere i rifugiati cristiani iracheni che vivono attualmente in Siria.
La sua visita è stata promossa dall’organizzazione “
Iraqi Christians in Need” nata agli inizi di quest’anno per assicurare ai cristiani le risorse di base.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha affermato che il 44% dei richiedenti asilo che raggiunge la Siria da quando è iniziata la loro registrazione, nel 2003, è costituito da cristiani, nonostante questi rappresentino solo il 4% della popolazione irachena.
Il Vescovo Audo, responsabile della comunità cattolica caldea della Siria, ha parlato a ZENIT della situazione dei rifugiati cristiani.
“In Siria abbiamo molti iracheni di ogni denominazione. Ce ne sono circa 1,2 milioni, con 60.000 cristiani, per la maggior parte caldei. Anche se queste persone hanno perso tutto, hanno dalla loro la Chiesa e qualcosa della loro identità caldea”, ha spiegato.
Celebrare la liturgia in lingua caldea esprime la loro identità. La Chiesa ha un importante ruolo da giocare, soprattutto per aiutare le famiglie e dare un senso di dignità”.

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Il presule ha sottolineato tre motivi per cui i cristiani diventano un bersaglio. “In primo luogo sono un gruppo debole, senza molta autodifesa. Vengono facilmente attaccati per denaro. C’è una nuova economia in Iraq, e attaccare i cristiani è un nuovo modo di fare soldi”.
Lo testimoniano i tanti rapimenti che avvengono nel Paese. I sequestri “non riguardano solo i cristiani, ma anche i musulmani ricchi. Tuttavia, se si può guadagnare di più per un sacerdote o un Vescovo, si farà”, ha detto il presule 61enne.
“In secondo luogo – ha proseguito –,
gli aggressori identificano i cristiani con gli americani, che stanno occupando il Paese, e quindi per esprimere il loro odio e la loro opposizione attaccano i cristiani”.
“In terzo luogo, c’è un’aggressione storica contro i cristiani e alcuni fanatici agiscono aggressivamente contro di loro”
ricorrendo a pretesti.
Ciò di cui c’è bisogno in Siria, ha proseguito il Vescovo Audo, è
“una maggiore professionalità nel fornire aiuti. La Caritas sta facendo molto per organizzare gli aiuti, ma la gente soffre. Abbiamo bisogno di professionisti che possano ascoltare, e garantire assistenza”.
“Inoltre, abbiamo bisogno di una soluzione di pace e stabilità”
. Confidiamo che “il Santo Padre farà quanto è nelle sue possibilità per stabilire la pace, la fiducia tra le parti, gli ebrei e gli arabi. I musulmani e i cristiani devono preparare il futuro”, ha affermato il presule siriano.
Interpellato sull’incontro di questa settimana ad Annapolis, il Vescovo Audo ha detto:
“Non posso fare un’analisi perché non è il mio settore di competenza, ma secondo me, per quanto posso vedere, ognuno si sta muovendo per fare qualcosa”.
“In Francia, c’è stata una conferenza con tre Vescovi di Iraq, Siria e Giordania e sacerdoti della Turchia per discutere la situazione dei rifugiati iracheni. Da parte mio, sto facendo lo stesso qui a Londra”.
“Un mese fa sono stato invitato dal Mufti della Siria ad andare con lui in visita ufficiale in Germania per parlare di come è la convivenza tra musulmani e cristiani, per dare un messaggio di dialogo”.
“Abbiamo bisogno di qualcosa per evitare la violenza e il terrore”,
e la gente sta cercando vie per la pace, ha spiegato il Vescovo Audo.
“Attualmente stiamo assistendo a qualcosa di inedito in certe zone dell’Iraq. Ora ci sono alcune aree sicure. E’ un fenomeno nuovo e il Governo iracheno sta aiutando i rifugiati a tornare nelle proprie case”, ha detto.
“Di fronte all’ambasciata a Damasco si stanno organizzando dei pullman che vanno in Iraq per aiutare la gente. Per incoraggiare il ritorno si offrono 800 dollari a ogni famiglia”, ha aggiunto.
Quanto alle popolazioni cristiane, ha concluso il Vescovo Audo, in generale
“stanno ancora aspettando, e questo è un fatto nuovo. Vogliono essere certi che sia sicuro”.
[Traduzione di Roberta Sciamplicotti]

Syrian Bishop Asks for Help With Iraqis.Says Displaced Hold Fast to Identity as Chaldean Christians

Source: Zenit

Displaced Iraqi Christians are doing what they can to hold on to their identity, and the Chaldean Church is a big help, says the bishop of Aleppo, in northern Syria. But, he says, more help is needed. Jesuit Bishop Antoine Audo of Aleppo, a member of the Pontifical Council for Interreligious Dialogue, is visiting London to appeal for assistance to Iraqi Christian refugees now living in Syria. His visit is sponsored by
Iraqi Christians in Need, an aid organization established earlier this year to provide Christians with basic resources. Some 44% of asylum seekers in Syria are Christian, reported the United Nations' refugee agency, which has been registering refugees since 2003. Bishop Audo, of Syria's Chaldean Catholic community, spoke with ZENIT about the Christian refugees' situation. "In Syria, we have a big number of Iraqis of all denominations. There are around 1.2 million Iraqis in Syria, with 60,000 Christians, mostly Chaldeans. Though these people have lost everything, they have the Church and something of their identity as Chaldeans," Bishop Audo explained. "Celebrating the liturgy in the Chaldean language expresses their identity. The Church has an important role to play especially to help the families and to provide a sense of dignity."

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Violent motivation
Bishop Audo, outlining three reasons why Christians are targeted, said: "First, they are a weak group, without much self-defense. They are easily attacked for money. There is a new economy in Iraq, and attacking Christians is a new way to get money." This can be seen with all the kidnappings in the country, the bishop explained. The abductions happen "not only to Christians, but to rich people from the Muslim populations. But if one can get more money for a priest or bishop, then they will do it," said the 61-year-old prelate. "Second," Bishop Audo continued, "the aggressors identify Christians with the Americans; the Americans are occupying the country, so to express their hate and opposition, they attack Christians." "Third," he said, "there is historical aggression against Christians. In this, some fanatics act aggressively against Christians" while using the other reasons as an excuse.
Further assistance
What we need in Syria, Bishop Audo said, is "more professionalism in helping. Caritas is doing a lot in organizing the help, but people are suffering. We need professionals who can listen, to give counseling."
"Second, we need a solution of peace, and stability,"
said the Syrian prelate. We trust "the Holy Father to do what he can to establish peace, to establish confidence between the counties, the Jews and the Arabs. The Muslims and Christians must prepare the future." Asked about this week's meeting in Annapolis, Maryland, Bishop Audo said: "I cannot give an analysis because it is not my area of expertise, but my feeling is that everyone is moving to do something, from what I am seeing." In France, there was a conference with three bishops from Iraq, Syria, Jordan, and priests from Turkey to discuss the situation of Iraqi refugees. I am doing the same here in London. "A month ago I was invited by the mufti of Syria to go with him on an official visit to Germany to express our way of living between Muslims and Christians, to give a message of dialogue." "We need something to avoid violence and terror," and people are looking to find ways to peace, Bishop Audo explained. Something newBishop Audo did report that "we are seeing something new in parts of Iraq.""There are now some safe areas," he said. "This is a new phenomenon and the Iraqi government is helping the refugees return to their homes. They are organizing bus trips back to Iraq in front of the embassy in Damascus to help people. And $800 is offered to each family to encourage them to return."As for the Christian populations, Bishop Audo concluded, "Generally, the Christians are still waiting; this a new thing. They want to be sure that it is safe."

29 novembre 2007

Diario di un Concistoro. Roma 24/26 novembre 2007

By Baghdadhope

Sabato 24 novembre 2007
Nonostante le previsioni il cielo a Roma, almeno a quest’ora del mattino, sembra voler risparmiare la pioggia annunciata ai pellegrini arrivati da tutto il mondo per il secondo Concistoro dell’era di Benedetto XVI. Alle 8.00 le file alle tre entrate in Piazza San Pietro sono già lunghissime. Un gruppo di donne canta l’Ave Maria, un altro di polacchi ne comprende alcuni vestiti con un abito tradizionale che li fa somigliare a pastori sardi non fosse per l’effige di Papa Giovanni Paolo II riprodotta sulla medaglia appesa al collo di ognuno. Alle 8,30 i varchi vengono aperti e tutti i pellegrini sono obbligati a passare al controllo dei metal detectors, le bandiere sventolano per tenere uniti i gruppi, gli incaricati del Vaticano chiedono, in italiano ed in inglese, di mostrare ai poliziotti i biglietti d’ingresso anche se, ne siamo testimoni, sono molti i fedeli che sono entrati sprovvisti di biglietto nella speranza di riuscire comunque a passare. Bianchi, azzurri, arancioni e verdi. Questi sono i colori dei biglietti. In possesso di uno arancione, contraddistinto dalla scritta: “Reparto speciale” veniamo indirizzati verso la navata centrale al cui termine solerti funzionari ci indirizzano verso i posti alla destra dell’altare. Le nostre richieste di poter raggiungere il gruppo di iracheni già sistemati nell’ala destra viene respinta con cortese fermezza. Siamo in cinque ma, come tutti, occupiamo qualche posto in più nella certezza che prima o poi spunterà un caldeo in ritardo da sistemare e nel giro di mezz’ora, infatti, i posti sono tutti occupati.
Il brusio nella Basilica è incessante mentre la zona davanti all’altare inizia progressivamente a colorarsi della porpora dei cardinali e dal viola dei vescovi. Ma la luce è ancora fioca e quella del sole che dovrebbe entrare dai finestroni del “Cupolone” è ormai nascosta dalle nuvole.
Alle 10.30 però tutto cambia e la Basilica viene illuminata a giorno tanto da rendere inutili i flash delle migliaia di macchine fotografiche. Benedetto XVI, vestito con un piviale di seta dorata avanza lento. E lentamente procede la cerimonia interamente celebrata in latino.
“.. intrepidi testimoni di Cristo e del suo Vangelo nella Città di Roma e nelle regioni più lontane.” Sono queste le parole che Benedetto XVI usa per descrivere “questi nostri fratelli” nuovi “Cardinali di Santa Romana Chiesa” che vengono poi elencati in ordine di nomina insieme all’Ordine Presbiteriale o Diaconale al quale vengono assegnati.
Dei 23 nuovi “Principi della Chiesa” il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Mar Emanuel III Delly, è diciannovesimo nella lista e primo dei “non elettori” quei Cardinali cioè che, avendo superato gli 80 anni, non partecipano ai conclavi elettivi (Motu Proprio di Papa Paolo VI, Ingravescentem aetatem, 1970 ) e secondo quanto disposto sempre da Paolo VI nel 1965 con il Motu Proprio Ad Porpuratorum Patrum non hanno diritto, proprio in quanto Patriarchi di Rito Orientale e non appartenenti al clero di Roma, a titoli o diaconie.

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All’udire il nome del Patriarca caldeo gli iracheni presenti nella Basilica liberano un caloroso applauso e le donne emettono il tipico urlo beduino che nelle regioni mediorientali sottolinea i momenti di festa.
Ad indirizzare al Pontefice il discorso di omaggio e gratitudine è il primo dei nuovi cardinali, Monsignor Leonardo Sandri, Arcivescovo di Cittanova e Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che dedica
“una menzione speciale (alla) scelta di un venerato rappresentante delle Chiese orientali cattoliche, il Patriarca di Babilonia dei Caldei, trovato a svolgere il servizio patriarcale tra lacrime e sangue e nel doloroso esodo di tanti cristiani dalla terra che vide un tempo partire Abramo, padre comune nella fede e nella speranza, una terra che fu tra le prime ad avere la grazia di udire l’annuncio del Santo Vangelo.”
Se l’udire il nome del Patriarca Caldeo aveva suscitato entusiasmo tra gli iracheni presenti la menzione di Abramo rende l’applauso ancora più caldo. Agli iracheni cristiani che sono e si sentono eredi della cristianità delle origini e ne vanno giustamente fieri si aggiunge infatti quello di molti fedeli che sembrano aver ricordato ora le notizie che in questi anni hanno segnato le tappe della sofferenza di quei loro fratelli lontani: chiese distrutte, sacerdoti rapiti ed uccisi, famiglie costrette a fuggire dalle proprie case ed a divenire profughe nel proprio paese o all’estero.
Ma è l’omelia di Benedetto XVI che suscita vera commozione e gli applausi diventano lacrime trattenute negli occhi di molti. “Penso ora con affetto alle comunità affidate alle vostre cure” dice Benedetto XVI indirizzandosi ai nuovi cardinali “ed in maniera speciale a quelle più provate dalla sofferenza, da sfide e da difficoltà di vario genere. Tra queste, come non volgere lo sguardo con apprensione ed affetto, in questo momento di gioia , alle care comunità cristiane che si trovano in Iraq? Questi nostri fratelli e sorelle nella fede sperimentano nella propria carne le conseguenze drammatiche di un perdurante conflitto e vivono al presente in una quanto mai fragile e delicata situazione politica. Chiamando ad entrare nel Collegio dei cardinali il patriarca della Chiesa Caldea ho inteso esprimere in modo concreto la mia vicinanza spirituale ed il mio affetto per quelle popolazioni. Vogliamo insieme, cari e venerati fratelli, riaffermare la solidarietà della Chiesa intera verso i cristiani di quella amata terra ed invitare ad invocare Dio misericordioso, per tutti i popoli coinvolti, l’avvento dell’auspicata riconciliazione e della pace.”
Dopo l’omelia la cerimonia continua fino ad arrivare al momento da tutti atteso: l’imposizione della berretta cardinalizia che ogni cardinale riceve inginocchiandosi davanti al Papa con cui scambia l’abbraccio di pace. Con passo fermo i più giovani, lentamente i più anziani, i neo cardinali salgono le scale che conducono dal Pontefice negli applausi di chi li ha accompagnati dalle proprie città o paesi in questa giornata di festa e che, contrariamente a quanto ho letto su
La Stampa,
che parla di cinque (5) persone, sono tante anche per Mar Emmanuel: una delegazione formata da 8 vescovi, una ventina di sacerdoti, almeno 200 fedeli provenienti da Iraq, Francia, Germania, Svezia, Stati Uniti, Canada ed Australia e rappresentanti sia del governo iracheno che di quello regionale curdo.
Nell’ala dove ci troviamo la folla, che fino a quel momento si è alzata e seduta a proprio piacimento, segue una regola non stabilita ma giusta. Ad alzarsi per fotografare, filmare o semplicemente ad applaudire sono di volta in volta i sostenitori di questo o quel cardinale. Ciò permette anche a me di poter filmare Mar Emmanuel mentre riceve la berretta che è diversa da quella degli altri cardinali a sottolineare la sua appartenenza ad una chiesa di rito orientale: un tamburello rosso bordato di nero sulla sommità.
Al momento di alzarsi il neo cardinale iracheno ci regala anche un attimo di suspense: sembra infatti non farcela, ma viene prontamente aiutato e lentamente lascia l’altare verso la navata sinistra.
Dopo la consegna della berretta la cerimonia prosegue con la preghiera universale che dispiace non preveda neanche una parte in arabo. Alla luce delle dichiarazioni di orgoglio nazionale espresse ufficialmente dal governo centrale iracheno che si è detto felice della nomina del primo cardinale nella storia del paese, infatti, ed ipotizzando che spezzoni della cerimonia verranno trasmessi e riportati dai media di lingua araba, proprio l’uso della stessa lingua avrebbe rimarcato l’importanza ed il peso della nomina. Magari si sarebbe potuto scegliere la parte della preghiera che invece è stata letta in tedesco: “Per i capi delle nazioni e per coloro che le governano: affinché sappiano realizzare concretamente le attese di libertà, di giustizia, di pace e di solidarietà che sono nel cuore di tutti i popoli.” Si sarebbe in questo modo sottolineato l’importanza che la Chiesa da’ a tali valori che sono anche quelli che lo stesso governo iracheno, formato nella sua quasi totalità da fedeli islamici, dichiara di voler seguire ma che faticano a trovare applicazione pratica, una cosa che gli iracheni cristiani, come ha detto il Papa nell’omelia, ben sanno.
La celebrazione termina con la benedizione papale ed il congedo del Diacono. La folla inizia a scemare verso le porte della Basilica che sono però ancora chiuse. Si attende nella luce di nuovo fioca e davanti a noi, sopra un mare di teste, brilla la cappella della Pietà di Michelangelo che però sfortunatamente non possiamo ammirare.
Finalmente le porte si aprono e la piazza ed il cielo grigio ci attendono. La confusione regna. I gruppi e le persone si cercano, i cellulari squillano, le bandiere sventolano. Proprio davanti all’obelisco due bandiere irachene ci fanno da guida. Sono grandi e belle ma, noto, quelle, come la maggior parte delle altre, non hanno la scritta “Allah Akbar”come a voler sottolineare la specificità non araba e non islamica dei proprietari. Una presa di posizione che contrasta con le parole del Cardinale Delly che proprio ieri durante la conferenza stampa è tornato a sottolineare come non ci sia una persecuzione dei cristiani in Iraq che soffrono della stessa violenza di cui sono vittime i “fratelli musulmani” attribuendo le sue dichiarazioni contrarie risalenti allo scorso maggio alla specificità del momento anche se, per dovere di cronaca esse erano precedenti all’episodio più efferato di cui la comunità cristiana irachena è stata vittima: l’uccisione a sangue freddo di un sacerdote, Padre Ragheed Ganni, e di tre diaconi senza neanche la “giustificazione “ di un rapimento.
In ogni caso, con scritta o senza scritta, le bandiere irachene aumentano e convergono verso il lato destro della piazza dove accompagnati da canti e grida delle donne alcuni iracheni esprimono la loro felicità con una danza improvvisata. Vengono da tanti paesi quegli iracheni. I paesi dove sono emigrati già molti anni fa e dove si sono rifatti una vita con lavoro e sacrificio, ripagato ora da questo viaggio che è sì celebrazione me anche pellegrinaggio e vacanza: in fondo siamo a Roma!
Dopo circa mezz’ora una certa agitazione segnala l’arrivo del neo cardinale scortato da uno dei suoi vicari, Monsignor Shleimun Warduni, dal Procuratore della Chiesa Caldea presso la Santa Sede, Monsignor Philip Najim e da Mr. Yousef Aziz, segretario personale di Sarkis Aghajan, il Ministro delle Finanze del Governo Regionale Curdo che, non fanno altro che ripetere tutti, tanto ha fatto per gli iracheni cristiani che sono fuggiti nel nord.
A decine le persone si stringono attorno al nuovo cardinale formando un muro invalicabile che mi permette di scattare solo una foto: quella della famosa nuova berretta!
Mi allontano pensando che a volte un qualche centimetro in più non ci starebbe male ed a questo punto non so se a far scomparire quel muro sia l’andar via del Cardinale o il tempo.
Comincia piano infatti, ma nel giro di pochi minuti la pioggia diventa violenta. A centinaia i fedeli ancora in piazza si radunano sotto il colonnato che, alto com’è ferma solo in parte l’acqua. Tra i capannelli che si formano nella parte occupata dagli iracheni che finalmente si sono riuniti arrivano i vescovi. C’è Monsignor Warduni, vescovo vicario di Baghdad, Monsignor Jibrail Kassab, vescovo dell’Australia e della Nuova Zelanda, i due vescovi dell’Iran, Monsignor Ramzi Garmou da Teheran e Monsignor Thomas Meran da Urmia, Monsignor Ibrahim Ibrahim, vescovo di Detroit, Monsignor Faraj P. Rahho, vescovo di Mosul e Monsignor Hanna Zora, vescovo del Canada.
Cosa si fa? I gruppi si dividono per il pranzo ma la parola d’ordine è una sola: oggi pomeriggio tutti alla Porta di Bronzo a San Pietro per le visite ai cardinali, quelle che una volta si chiamavano “visite di calore” previste dalle 16.30 alle 18.30.
Alle 16,00 la fila inizia già da Porta Sant’Anna. A balzi si procede verso il primo controllo di polizia e si esce in piazza per constatare che è già piena. Un procedere relativamente veloce mi fa illudere, ma la mia speranza si esaurisce ad un passo dal colonnato dove tutto si ferma per un’ora.
C’è tempo per guardarsi intorno. Attorno a me un gruppo di sacerdoti e suore francesi che indossano dei pesanti mantelli di lana nera che sprigionano calore solo a guardarli, degli spagnoli e dei tedeschi, due amiche italiane che approfittano per raccontarsi con dovizia di particolari i propri figli, un indiano con il turbante tipico degli indù che continua a guardare male chiunque senza volerlo lo sfiora. Approfitto dell’attesa per chiamare qualcuno e scoprire che un gruppo ha già passato il secondo posto di controllo ma che è ancora in attesa sotto il colonnato. Alle 17.00, mezz’ora dopo l’apertura della Porta di Bronzo, ci si comincia ad agitare a vedere ancora tutto fermo. La disorganizzazione appare già evidente. Al di là delle transenne che bloccano gli accesi tra le colonne i poliziotti sono irremovibili con chi cerca di entrare accampando una qualsiasi motivazione, ora un bambino in passeggino, ora un anziano, non fosse che gli stessi poliziotti spariscono quando, prima una e poi un’altra, alcune persone capiscono che il modo migliore per entrare è proprio solo spingere quelle stesse invalicabili transenne. Nella folla, come è chiaro dai discorsi che pur non volendo arrivano alle orecchie, ci sono quelli che devono incontrare i cardinali e quelli che devono entrare in basilica, e solo una misteriosa logica vaticana a noi ignota fa sì che migliaia di persone dirette in due luoghi diversi debbano fare la fila insieme all’unica entrata. Mi guardo intorno e mi consolo: Monsignor Hanna Zora ed il gruppo di iracheni dal Canada sono circa duecento persone dopo di me. Ma no, improvvisamente alla mia destra i poliziotti rimuovono una transenna tra due colonne ed il gruppo riesce ad entrare sotto il colonnato mentre noi, già sulle scale, rimaniamo bloccati.
Dopo circa un quarto d’ora la situazione appare sbloccarsi: metal detector e via, di nuovo in fila!
Il nervosismo è ormai palpabile. Sono le 17.30 e la Porta di Bronzo neanche si vede. Arrabbiati come siamo tutti blocchiamo delle suore che, quatte quatte, cercano di saltare la fila. Sono americane e vorrebbero raggiungere i sacerdoti che sono proprio lì davanti. La fortuna, la Provvidenza e la pietà umana a questo punto però non le aiutano ed in diverse lingue si eleva la stessa protesta: Ferme lì sorelle, la fila non si salta!
A fianco a me due ragazze, anch’esse americane, approfittano per ripassare la lezione di italiano: siamo ai pronomi dimostrativi, mentre delle ragazzine italiane fanno quello fanno le ragazzine alla loro età: gridano, ridono e mandano messaggini alle amiche ormai perse tra la folla. Ormai in dirittura d’arrivo vedo i poliziotti che regolano l’accesso e che respingono la richiesta di due loro colleghi che in borghese provano a passare prima mostrando i tesserini.
Proprio prima di passare vedo che un signore davanti a me ha in mano un foglio e sta dicendo che il cardinale X riceverà i suoi ospiti nella sala Y. In questo caos derogo sulla buona educazione e provo a sbirciare: in quale sala sarà Delly? Non faccio in tempo però a vedere nulla che i poliziotti ci fanno entrare. Lo scalone al di là della Porta di Bronzo del Palazzo Apostolico è lunghissimo, a destra e sinistra a bloccare l’accesso le guardie svizzere che vengono assalite con la stessa richiesta: dov’è il cardinale X? Impassibili e gentili i giovani elvetici con perentorio gesto della mano invitano tutti a continuare a salire. Facendolo rivedo il signore della lista e lo placco: dov’è Delly? Gentile controlla e mi dice: Sala delle Benedizioni. Ma dove diavolo avrà trovato quella lista?
Si sale ancora una doppia rampa di scale superando una colorata e numerosa delegazione senegalese che avanza dietro un’enorme bandiera e si arriva in una sala splendidamente affrescata. In realtà la prima cosa che si vede entrandovi non sono gli affreschi ma altre due gigantesche guardie svizzere che hanno il compito di smistare il pubblico verso le diverse sale. Delly? Sala delle Benedizioni. A destra in fondo. Stringato ma efficente lo svizzero! Eccola. Un’ultima rampa e ci sono. Ad alzare gli occhi si capisce che per apprezzare tanta bellezza ci vorrebbero anni, non fosse altro che per gli enormi finestroni che affacciano direttamente su Piazza San Pietro. Ma non c’è tempo. Nella sala ci sono ben sette cardinali e si deve proseguire zigzagando tra le file che la tagliano in senso trasversale. Mar Emmanuel è invisibile ma se ne intuisce la presenza dalle persone che affollano il fondo della sala. Mi metto ordinatamente in fila e, come sempre succede in questi casi, c'è chi mi rivolge la parola in arabo. Scambiamo due chiacchiere sul caldo e la folla mentre ci guardiamo in giro per il solito gioco del “chi c’è.” Riconosco alcuni vescovi, molti sacerdoti, la madre superiore delle suore caldee di Roma, Mr. Abdallah Naufali, che come responsabile dell’ufficio per gli affari dei non musulmani è uno dei rappresentanti del governo iracheno, la Signora Wijdam Michael, ministro dei diritti umani dello stesso governo e Mr. Yonadam Kanna, segretario generale del’Assyrian Democratic Movement ed unico cristiano nel parlamento eletto nel 2005. Il solito muro di gente si dissolve davanti a noi e possiamo vedere il cardinale che, seduto, riceve le congratulazioni dei suoi ospiti mentre il suo vicario, Monsignor Warduni ed il Procuratore presso la Santa Sede, Monsignor Philip Najim, gli suggeriscono, quando necessario, qualcosa su chi lo saluta. Dietro Mar Delly, quasi a ribadire lo stretto legame tra la chiesa ed il Governo Regionale Curdo, Mr. Yousef Aziz, lo stesso che al mattino lo aveva accompagnato in piazza dopo la cerimonia, questa volta però con una onorificenza appuntata alla giacca. L’avrà ricevuta tempo fa o oggi? Mmah!
Terminato il saluto non rimane che compiere a ritroso il percorso ed uscire nella sera calda ed umida di Roma dopola pioggia. Ora basta cerimonie. Ne riparleremo domani.

Domenica 25 novembre 2007
Ore 8.30. Solita fila e trafila. Navata sinistra però oggi. A Sua Eminenza Mar Emmanuel III Delly viene concessa una posizione privilegiata: non solo è il primo a ricevere l’anello cardinalizio “segno di dignità, di sollecitudine pastorale e di più salda comunione con la Sede di Pietro” quanto è anche il primo tra i due concelebranti che recitano in latino la preghiera per la Chiesa universale ed i suoi pastori. A differenza di ieri però alla preghiera dei fedeli gli spettatori possono udire la lingua araba da un sacerdote libanese che legge: “Concedi, Signore, che il tuo Regno di vita diventi per tutti autentica esperienza di comunione e le comunità familiari e religiose ricerchino sempre le vie della riconciliazione.”
La Santa Messa e la cerimonia, per quanto accompagnate dai canti della Schola Cantorum, sono oggi più brevi perchè si devono rispettare i tempi televisivi dell’Angelus domenicale che il Papa pronuncia non dalla finestra ma dal colonnato centrale facendo un lungo riferimento alla prossima riunione di Annapolis sul Medio Oriente.

Lunedì 26 novembre 2007
Alle 11.30, nell’Aula Paolo VI, da tutti conosciuta come “Sala Nervi” dal nome del famoso architetto italiano che l’ha progettata, Papa Benedetto XVI rivolge un saluto ai nuovi cardinali ed alle 8.000 persone presenti e Mar Delly, seduto alla testa della prima fila davanti ed a sinistra del Pontefice, è il primo a ricevere il suo fraterno abbraccio.
Al pomeriggio un altro evento importante: alle 16.30 nella chiesa di Santa Maria alla Traspontina di Via della Conciliazione, il neo cardinale presiede una toccante cerimonia secondo il rito caldeo. Presenti, oltre a circa un centinaio di fedeli, alcune suore delle Figlie dell’Immacolata Concezione e del Sacro Cuore, i vescovi Ibrahim Ibrahim, Ramzi Garmou, Hanna Zora e Jibrail Kassab come concelebranti e Faraj Rahho tra i fedeli, ed il coro formato dai seminaristi e guidati da un diacono.
E' con la musicalità della lingua di Gesù che si concludono quindi i tre giorni di celebrazioni dedicati al primo cardinale della chiesa caldea. Giorni che hanno visto anche incontri formali ed informali, persone riunirsi dopo lunghe separazioni forzate, racconti di eventi tragici ma anche voglia di vivere in modo normale. Resta solo da vedere se tale nomina avrà un qualche riflesso sulla vita della comunità irachena cristiana, e se sì, quale. Servirà a migliorarne le sorti in quanto, come molti hanno detto, è un segno di rispetto ed onore per l'Iraq intero o, al contrario, un tale riconoscimento verrà interpretato come una sorta di "protettorato occidentale" di ottomana memoria? Tutti si augurano che la prima ipotesi sia quella giusta e che davvero gli iracheni di fede cristiana possano tornare a vivere nel loro paese dal quale sono stati costretti a fuggire.