"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

29 settembre 2008

I leaders religiosi ed il popolo condannano la revoca dell'articolo 50

By Baghdadhope
Foto by Ankawa.com

Come prevedibile alla condanna della revoca dell'articolo 50 espressa dal Patriarca caldeo, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly si è unita quella di altri capi religiosi iracheni come il Patriarca dell'Antica Chiesa dell'Est, Mar Addai II, Mons. Toma I. Kurkis, vescovo di Nineveh della stessa chiesa e Mons. Luis Sako, vescovo caldeo di Kirkuk che, in una lettera al
SIR ha invocato il rispetto per la Carta delle Nazioni Unite ed ha spiegato come la revoca dell’articolo 50 potrebbe spingere altri cristiani a lasciare l’Iraq. Una lettera è stata inviata al presidente dell’Iraq, Jalal Talabani ed al presidente del parlamento iracheno, Mahmoud Al Mashadani, da Mar Meelis Zaia, Segretario del Sinodo delle Chiesa Assira dell’Est a nome del suo patriarca Mar Dinkha IV che, secondo coloro che lo difendono dall’accusa di non aver risposto prontamente alla situazione, si starebbe riprendendo dopo il lungo viaggio in Europa terminato a metà mese. A Jalal Talabani è stata indirizzata anche una lettera da parte del Consiglio dei Capi Cristiani di Baghdad firmata da Mar Gewargis Sliwa, vescovo di Baghdad della Chiesa Assira dell’Est a nome di tutti i membri del consiglio inclusi i prelati caldei che si trovavano ad Ankawa per l’inaugurazione del nuovo edificio del seminario maggiore.
Per quanto riguarda la politica l'atto del parlamento è stato condannato in diversi villaggi cristiani come Al Qosh e Bakhdida dove la gente ha sfilato portando degli striscioni con su scritto "no alla dittatura" e dall'ambasciatore iracheno presso la Santa Sede, Albert Yelda, che ha affermato di voler incontrare il Papa per spiegargli la situazione ed i suoi possibili effetti sulla comunità cristiana. “Disappunto” è stato espresso da Barmah Salih, Vice primo ministro iracheno e da Nouri Al Maliki, il Primo Ministro, mentre “preoccupato per il destino delle minoranze irachene” ha dichiarato essere Barak Obama, il candidato presidenziale democratico alle prossime elezioni negli States in una lettera la Segretario di Stato Condoleeza Rice.
Secondo quanto pubblicato oggi da
Al-Sabah, una fonte ufficiale del Parliament Presidency Committee avrebbe attribuito la cancellazione dell’articolo 50 non alla volontà da parte del parlamento di negare i diritti delle minoranze ma alla mancanza di dati statistici su di esse.
Dati che, peraltro, sarebbe difficile raccogliere nei confronti dell'intera popolazione irachena visto che l'ultimo censimento risale al 1987.

Non si è certi che queste voci possano cambiare la decisone del parlamento iracheno, certamente però senza di esse l'abrogazione dell'articolo 50 sarebbe passata inosservata.

Lettera del Patriarca caldeo al governo iracheno

Religious leaders and people condemn the revoke of article 50

By Baghdadhope
Photo by
Ankawa.com

As foreseeable the condemnation of the revoke of Art.50 made by the Chaldean Patriarch Cardinal Mar Emmanuel III Delly was joned by that of other Iraqi religious leaders as Mar Addai II, the Patriarch of the Ancient Church of the East, Mgr. Toma I. Kurkis, bishop of Nineveh of the same church , and Mgr. Luis Sako, Chaldean bishop of Kirkuk who, in a letter to
SIR asked for the respect of the United Nations Chart and explained how the revoke of art. 50 could push other Christians to leave Iraq.
A letter was sent to the president of Iraq, Jalal Talabani and to the president of Iraqi parliament, Mahmoud Al Mashadani, by Mar Meelis Zaia, Secretary of the Holy Synod of the Assyrian Church of the East in the name of its patriarch, Mar Dinkha IV who, according to those who defend him from the accusation of not having answered promptly to the situation, would be recovering from the long journey he made to Europe that ended by the middle of the month. To Jalal Talabani has been too addressed the letter by the Council of Christian Leaders in Baghdad signed by Mar Gewargis Sliwa, Assyrian Church of the East bishop of Baghdad, on behalf of all the members including the Chaldean ones who were in Ankawa for the inauguration of the new major seminary building.
As for politics in the meanwhile the act of the parliament was condemned in different Christian villages in the north as Al Qosh and Bakhdida, by people who rallied the streets holding banners saying "no to dictatorship" and by the Iraqi Ambassador to the Holy See, Albert Yelda, who said he will try to meet the Pope to explain him the situation and its possible effects on the Christian community. "Disappoitment" was also expressed by Barmah Salih, Iraqi deputy PM and by the same PM Nouri Al Maliki, while "worried for the fate of Iraqi minorities" declared himself to be Barak Obama, the American Democratic presidential candidate in a letter to Secretary of State Condoleeza Rice.
According to what published by
Al Sabah an official source of the Parliament Presidency Committee attributed the cancellation of article 50 not to the will of the MPs to deny the rights of the minority communities but to the lack of statistic data about them. Data that, however, would be difficult to have on the entire Iraqi population considering that the last general census dates back to 1987.

There is no certainty that these voices will make change what Iraqi parliament decided but surely without them the abrogation of article 50 would have passed unnoticed.

Letter by the Chaldean Patriarch to Iraqi government

Chaldean Patriarch to Iraqi government: revoke the abrogation of art. 50 of the electoral law for the provincial councils

28 settembre 2008

Il nuovo edificio del seminario caldeo ad Ankawa

By Baghdadhope

Esattamente dieci anni fa nell’assolato chiostro della sua chiesa al centro di Baghdad un sacerdote caldeo mi confidò che se un giorno gli americani avessero deciso di rovesciare il regime che teneva in pugno l’Iraq da decenni avrebbero dovuto fare molta attenzione perché il pericolo della guerra civile sarebbe stato altissimo, ed “i cristiani avrebbero pagato il prezzo più alto.”
Il primo agosto 2004 la paura degli iracheni cristiani si trasformò in terrore. Quella domenica cinque chiese, quattro a Baghdad ed una a Mosul, furono attaccate ed il bilancio dei morti e dei feriti fu pesantissimo. La fuga dei cristiani dal paese e dalla capitale divenne imponente e si iniziò a parlare di un Iraq senza cristiani. Le istituzioni però resistevano, con difficoltà, ma lo facevano. Pur nel pericolo si cercò di tenere aperte le chiese, il Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in tutto il paese, ed il seminario maggiore caldeo. Ma la situazione, proprio a Dora, il quartiere meridionale di Baghdad dove si trovano ancora oggi gli edifici del collegio e del seminario continuò a peggiorare.
Il 15 agosto del 2006 fu sequestrato Padre Sa’ad Sirop Hanna. Non era il primo sequestro che aveva avuto come vittime dei religiosi cristiani, ma fu il primo che durò più di due giorni e scatenò il panico nella comunità cristiana che percepì in esso, ed ebbe la conferma in quelli successivi, un piano preordinato: colpire i simboli religiosi per favorire la fuga dei cristiani, impossessarsi dei loro beni e ripulire quartiere per quartiere una città e poi il paese da quella presenza che per secoli aveva convissuto con la maggioranza islamica e che improvvisamente veniva guardata come estranea e nemica.
A settembre del 2006 era passata solo una settimana dal rilascio di Padre Sa’ad che, il 18, sempre nel quartiere di Dora fu rapito l’allora vice rettore del seminario maggiore, Padre Basel Salem Yaldo che, da tempo minacciato, viveva da mesi nascosto all’interno dell’edificio patriarcale insieme agli studenti. A novembre toccò a Padre Douglas Al Bazi, direttore dell’Istituto per la catechesi ed a dicembre al rettore del seminario, Padre Sami Dinkha
La situazione era ormai chiara: il seminario doveva chiudere. Troppo pericoloso rimanere asserragliati in una sorta di fortino con poche guardie. Con discrezione già in autunno gli studenti erano stati trasferiti nel nord per un lungo ritiro spirituale e con altrettanta discrezione si erano cercati i locali che avrebbero ospitato la sede “distaccata” del seminario in attesa di tempi migliori.
A gennaio del 2007 l’annuncio: per ragioni legate alla sicurezza dei seminaristi e del corpo insegnante, il seminario maggiore caldeo, congiuntamente al Babel College ed all’Istituto per la catechesi furono trasferiti nelle sedi provvisorie ad Ankawa, nel nord del paese controllato dal Governo Regionale Curdo.

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Lì, complice la maggiore sicurezza che la particolare situazione della regione per ora assicura, le lezioni ripresero e con esse il percorso di fede dei seminaristi che, come disse Padre Douglas Al Bazi in occasione del viaggio che la scorsa estate fecero in Europa, “hanno fede e coraggio per voler diventare sacerdoti in Iraq di questi tempi.”
Mentre a Baghdad gli edifici del seminario e del Babel College diventavano, a marzo del 2007, e sono tuttora senza autorizzazione alcuna da parte della chiesa caldea che ne è la proprietaria, la base americana Cop Amache del 4˚ Squadrone di Cavalleria della Prima Divisione di Fanteria Meccanizzata USA, ad Ankawa le lezioni riprendevano con un nuovo rettore e molti studenti, considerando la situazione che gli iracheni cristiani stanno vivendo. A Padre Sami Dinkha, ora parroco della chiesa caldea di Essen in Germania, successe infatti il Redentorista Padre Bashar Warda che, coadiuvato da Padre Fadi Lyon, segue ora i 26 seminaristi. (22 caldei e quattro siro-cattolici)
Ma la sistemazione del seminario ad Ankawa era provvisoria ed i locali in affitto non adatti allo scopo, e fu così che il Patriarcato Caldeo decise di renderla definitiva.
Per questa ragione ad Ankawa oggi è stato inaugurato il nuovo edificio del seminario maggiore caldeo, ed ad esso seguirà quello di un convento per le suore, una chiesa, ed addirittura una sede del Patriarcato che verrà inaugurato in modo solenne in occasione del prossimo sinodo della chiesa caldea che si terrà all’inizio del 2009.
Queste inaugurazioni non rappresentano un cambiamento radicale. Nessuno nella chiesa caldea ha mai pensato di abbandonare Baghdad ed i fedeli che ancora vi abitano. La speranza è di poter un giorno riaprire le chiese, il seminario e l’università nella capitale. Ma la situazione per ora impone di essere realistici, i seminaristi devono poter vivere in un ambiente che permetta loro di studiare e consolidare la propria vocazione, e gli studenti del Babel College devono poter andare a lezione senza rischiare la vita.
A queste esigenze risponde il nuovo seminario alla periferia di Ankawa. Un edificio completamente attrezzato con aule, sale riunioni, 38 stanze per i seminaristi, una cappella, ed edifici annessi per il personale di servizio.
Proprio la cappella all’interno del seminario ha visto sabato pomeriggio il primo atto dell’inaugurazione una Santa Messa celebrata dal Patriarca della chiesa caldea, il Cardinale Mar Emmanuel III Delly cui hanno partecipato Monsignor Shleimun Warduni, Patriarca Vicario, Monsignor Jacques Isaac, Rettore del Babel College, Padre Bashar Warda e Padre Fadi Lyon, Rettore e Vice rettore del seminario, Padre Denis Como, padre spirituale del seminario, altri sacerdoti e naturalmente i protagonisti del futuro dell’istituzione, i seminaristi.
Ma la vera e propria inaugurazione si è tenuta domenica mattina . Ai presenti di sabato si sono aggiunti anche altri rappresentanti del governo e non. C’erano le suore caldee, l'amministratore vescovile di Erbil, Mons. Rabban Al Qas, il sindaco della città, Nawzad Hadi, e Sarkis Aghajan, Ministro delle Finanze del Governo Regionale Curdo che, come ha dichiarato a Baghdadhope Mons. Shleimun Warduni: "ha finanziato i costi della costruzione del nuovo seminario."
“E’ stato un momento di festa”
ha continuato Monsignor Warduni “turbato però dalle notizie giunte sulla cancellazione dalla legge che riguarda le elezioni dei consigli provinciali dell’articolo 50 che assegnava 13 seggi ai cristiani in sei province. Un errore nei confronti delle comunità di minoranza – anche i seggi per gli Shabak e gli Yazidi sono stati cancellati – e del popolo iracheno tutto che nella sua complessità avrebbe dalle minoranze un grande contributo allo sviluppo. In ogni caso bisogna andare avanti. Oggi pomeriggio – domenica, ndr –il Patriarca Delly ha partecipato ad un’altra inaugurazione, quella di una grande sala multifunzionale destinata alla comunità cristiana di Shaqlawa, una cittadina che già da tempo è meta di gite e ritiri spirituali e dove c’era la necessità di dare ai cristiani un grande spazio comune attrezzato per i loro incontri. Tra qualche giorno poi Mar Delly partirà per il Libano per partecipare alla annuale riunione dei vescovi cattolici delle chiese orientali e da lì raggiungerà Roma per il Sinodo dei vescovi cattolici di tutto il mondo.”
Un patriarca attivissimo…
“Si, consideri che proprio sabato in occasione dell’inaugurazione del nuovo seminario abbiamo anche celebrato il suo 81° compleanno. Non poteva esserci un modo migliore.”

The new Chaldean Seminary building in Ankawa

By Baghdadhope

Exactly ten years ago in the sunny cloister of his church in the centre of Baghdad a Chaldean priest confided to me that if the Americans were going to overthrow the regime that had been keeping Iraq under strict control for decennia they should be careful because the danger of a civil war would be very high, and "Christians would pay the highest price."
On August 1, 2004, the fear of Iraqi Christians turned into terror.
On that Sunday five churches were attacked, four in Baghdad and one in Mosul, and the toll of the dead and the injured was serious. The flight of Christians from the country and the capital became huge and someone began to talk of an Iraq without Christians.
The institutions, however, resisted, with difficulty, but they did. While in danger the Chaldean Church tried to keep the churches, the Babel College - the only Christian theological university in the country - and the Chaldean Major Seminary open. But the situation, right in the Dora, the district of southern Baghdad where the buildings of the college and the seminary still are, continued to deteriorate.
On August 15, 2006, Fr. Sa'ad Sirop Hanna was kidnapped. It was not the first abduction having as victims Christians priests, but it was the first that lasted more than two days and unleashed panic in the Christian community who perceived it, and had the confirmation in the following years, as a prearranged plan: hitting the religious symbols to facilitate the flight of Christians, take possession of their properties and clean up, quarter by quarter, one city and the whole country from a presence that for centuries had lived with the Muslim majority and that suddenly was looked upon as alien and hostile.
On September 2006 only a week had elapsed after the release of Father Sa'ad that, on the 18, again in the district of Dora, the then vice rector of the seminary, Father Basel Salem Yaldo who had been threatened for a long time, and who had been living for months inside the patriarchal building together with the students, was kidnapped. In November it was the turn of Father Douglas Al Bazi, director of the Institute for catechesis and in December that of the seminary rector, Father Sami Dinkha.
The situation was clear by then: the seminary had to be closed. It was too dangerous to remain barricaded in a kind of fortress with few guards. Already in the autumn the students were discreetly transferred to the north for a long spiritual retreat, and equally discreetly the church began to search for the premises that were going to house the detached see of the seminary awaiting for better times. On January 2007 the announcement: for the security of the students and the teachers the Chaldean Major Seminary of Saint Peter, the Babel College and the Institute for catechesis were transferred to the temporary offices in Ankawa, in the north of the country controlled by Kurdish Regional Government.

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There, thanks to the security that the particular situation in the region for now ensures, the lessons were resumed and with them the path of faith of the seminarists who, as Father Douglas Al Bazi said on the occasion of the journey they did in Europe on last summer, "have faith and courage as they want to become priests in Iraq in these days."
While in Baghdad the buildings of the seminary and of the Babel College became, on March 2007 - and still are without any authorization by the Chaldean Church detaining their property - Cop Hamanche, the American base of the 4˚ Squadron of the First Infantry Division, in Ankawa the lessons in the seminary began again with the assistance of a new rector and the presence of many students.
Father Sami Dinkha, now pastor of the Chaldean church of Essen in Germany, had been succeded as the new rector by the Redemptorist Father Bashar Warda who, assisted by Father Fadi Lyon, now supervises the 26 seminarists. (22 Chaldean and 4 Syriac Catholic)
But it was a temporary solution, the rented premises were unfit for purpose, and the Chaldean Patriarchate decided to make it permanent. For this reason on Friday, 26 of September, the new building of the Chaldean Major Seminary was inaugurated in Ankawa, to be followed by a convent for nuns, a church, and even a seat of the Patriarchate to be inaugurated in a solemn way on the occasion of the next synod of Chaldean church that will be held in early 2009.
These inaugurations do not represent a radical change. No one in the Chaldean church has ever thought to leave Baghdad and the faithful who still live there. The hope for the future is to reopen the churches, the seminary and the university in the capital. But for now the situation requires to be realistic, the seminarists must be able to live in an environment that allows them to study and consolidate their vocations, and the students of Babel College must attend the lessons without risking their lives.
These needs are met by the new seminary on the outskirts of Ankawa. A building fully equipped with classrooms, meeting rooms, 38 rooms for the students, a chapel and adjacent buildings for the staff.
Right the chapel of the seminary on Saturday afternoon saw the first act of the opening ceremony: a Holy Mass celebrated by the patriarch of the Chaldean church, Cardinal Mar Emmanuel III Delly at the presence of Mgr. Shleimun Warduni, Patriarch Vicar, Mgr. Jacques Isaac, Rector of the Babel College, Father Bashar Warda and Father Fadi Lyon, Rector and Vice Rector of the seminary, Father Denis Como, spiritual father of the seminar, other priests, and of course the protagonists of the future of the institution, the seminarists.
But the real inauguration was held on Sunday morning. Along with those present on Saturday there were representatives of the government and others. There were Chaldean nuns, the episcopal administrator of Erbil, Mons. Rabban Al Qas, the mayor of the city, Nawzad Hadi, and Sarkis Aghajan, Minister of Finance of the Kurdish Regional Government that, as declared to Baghdadhope by Mgr. Shleimun Warduni: "Funded the cost of the building of the seminary."
"It was a moment of celebration," continued Mgr. Warduni "A moment that was, however, disturbed by the news of the revoke of the art.50 of the law concerning the election of the provincial councils which gave 13 seats to Christians in six provinces. An error against minority communities - even the seats for the Shabak and Yazidis were canceled - and the Iraqi people that in its complexity would have by the minority communities an important contribution to its development. In any case we must go ahead. This afternoon - on Sunday, editor’s note - Patriarch Delly took part to another inauguration, that of a large multipurpose hall for the Christian community in Shaqlawa, a city where people go for outings and spiritual retreats and where Christians need a great common equipped area for their meetings. In a few days Mar Delly will leave for Lebanon to attend the annual meeting of Catholic bishops of the Eastern churches and from there he will reach Rome for the Synod of Catholic bishops from all the world."
A very active patriarch ...
"Yes, consider that on Saturday beside the inauguration of the seminar we also celebrated his 81° birthday. It could not be in a better way."

Mons. Najim. Cancellazione dell'art.50: un'ingiustizia

By Baghdadhope

Baghdadhope ha rivolto alcune domande a Monsignor Philip Najim, Procuratore della chiesa caldea presso la Santa Sede a proposito della abrogazione dell’articolo 50 della legge elettiva per i consigli provinciali che riguarda la rappresentatività, in seno a tali consigli, delle minoranze irachene .

Mons. Najim, il Patriarca della chiesa caldea, Cardinale Emmanuel III Delly, ha inviato ieri una lettera ai vertici del governo e del parlamento iracheno con la richiesta di revoca dell’abrogazione dell’articolo 50. Lei pensa che tale richiesta potrà essere accolta? Quanto peso avrà l’appello del Cardinale Delly?
“Penso che avrà un peso significativo. Il Patriarca di Babilonia dei Caldei è sempre stato il referente principale presso il governo per la comunità irachena cristiana. Per prima cosa il Patriarcato di Babilonia dei Caldei ha sempre avuto la sua sede in Iraq e non dobbiamo dimenticare il contributo che come comunità abbiamo dato alla costruzione ed allo sviluppo del paese. Se il futuro della nostra patria è la democrazia è necessario applicarne i principi e quindi rimediare a questa ingiustizia che riguarda tutto il popolo e le minoranze in particolare.”
Perché, secondo Lei, l’articolo 50 è stato abrogato?
“Certamente si tratta di una decisione affrettata che deve essere rivista perché il popolo iracheno deve essere rappresentato politicamente nella sua interezza. Si tratta di una legge che riguarda i consigli provinciali. Non si sta mettendo in discussione la maggioranza ma, d’altra parte, le minoranze vivono anche nelle province, se non si danno loro i diritti come si può pensare di imporre loro i doveri?
Questa decisione aumenta il rischio, più volte denunciato, che i cittadini che fanno parte delle minoranze diventino “cittadini di seconda classe?”
“Certamente. Il rischio è legato alla stabilità del paese intero. Le minoranze devono avere diritti e doveri per poter collaborare con le componenti maggioritarie nella sua crescita. Regolandone la rappresentatività politica esse sarebbero incoraggiate a rimanere nel paese partecipando della sua vita, e quindi favorendone la stabilità che necessita della presenza attiva di tutte le componenti . I 13 seggi che a luglio erano stati assegnati ai cristiani hanno un’enorme peso morale. Negarli equivale al fatto che lo stato non riconosce i nostri diritti come cittadini, la nostra stessa esistenza di iracheni uguali agli altri.”
In passato Lei, ma anche altri rappresentanti iracheni cristiani, avete parlato di “forze oscure” che operavano per svuotare l’Iraq dalla sua componente cristiana. Il riferimento era alle violenze che avevano colpito tale comunità. Ora siamo davanti a delle forze “legali” che hanno lo stesso obiettivo?
“Questi nuovi sviluppi fanno pensare ad altrettante forze oscure all’interno del parlamento. Si tratta di una “politica nera” nel senso che è la negazione della democrazia rispettosa dei diritti del cittadino. Cosa dobbiamo pensare davanti a tale ingiustizia, che è la maggioranza parlamentare a voler svuotare il paese dai cristiani? Se così fosse non si potrebbe più parlare di democrazia. Chi ne parla dovrebbe ricordare il contributo che i cristiani hanno dato dal momento della creazione dell’Iraq non in quanto legati ad una chiesa o ad una religione, ma in quanto cittadini a tutti gli effetti”
Che riflessi avrà questo episodio sugli iracheni cristiani che a migliaia sono fuggiti all’estero?
“Durante i viaggi in Europa il Primo Ministro Nouri Al Maliki ha sempre incoraggiato gli iracheni, specialmente i cristiani, a tornare in patria, riconoscendo il fatto che essa non può essere svuotata da una presenza secolare. Se l’articolo 50 verrà davvero cancellato come si potrà chiedere loro di tornare? Ad una politica di incoraggiamento seguirebbe quella di scoraggiamento. Oggi ho visto su Al-Sharqiya, una TV satellitare irachena, il Patriarca Delly che ha rilasciato una dichiarazione a proposito. L’aspetto, la voce, l’espressione, tutto in lui tradiva il sentimento che proviamo e che per ben due volte ha voluto sottolineare con una parola: amarezza.”
Il Cardinale Delly sarà a breve a Roma per partecipare al Sinodo dei Vescovi. Pensa che questi nuovi sviluppi saranno oggetto di discussione in Vaticano che sempre, attraverso le parole dei suoi Santi Padri, Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI poi, ha espresso la propria vicinanza alla comunità irachena cristiana?
“Secondo la procedura ogni partecipante ha il diritto di parlare del suo paese partendo dal tema del Sinodo. Ora però non so ancora dire se e come il Cardinale Delly affronterà l’argomento.”
Alle elezioni politiche svoltesi in Iraq nel 2005 i cristiani hanno ottenuto scarsi risultati anche a causa della loro frammentazione politica in una miriade di partiti piccoli e grandi. Pensa che, nel caso della revoca dell’abrogazione dell’articolo 50, potrebbe succedere lo stesso per i consigli provinciali?
"Per quanto riguarda le votazioni per i consigli provinciali per adesso sarei ottimista. La reazione di tutti i partiti cristiani alla cancellazione dell’articolo 50 è stata unanime ed anzi, se la reazione ad essa sarà fruttuosa mi auguro che imparino la lezione che dice che la forza è nell’unità e non nella frammentazione.”
In questa particolare situazione che peso avrà la numerosa comunità irachena caldea che vive in Europa?
“Sarà nostro preciso dovere, e parlo a mio nome ma anche a quello dei sacerdoti, dei cittadini e dei politici iracheni cristiani che vivono in Europa, richiamare l’attenzione internazionale su questa grave ingiustizia, questo grave attentato alla democrazia irachena che, proprio perché appena nata, ha bisogno di iniziare a camminare da sola ma con passi certi. La comunità internazionale dovrà capire quanto proprio la democrazia che tutti auspicano per l’Iraq si nutre della presenza delle minoranze di cui si deve fermare l’esodo.”
Lei che speranze ha?
“Che agli iracheni cristiani vengano riconosciuti tutti i diritti che in uno stato democratico sono appannaggio dei cittadini non perché appartenenti all’una o all’altra etnia o religione ma proprio in quanto suoi figli. Perché è questo che noi siamo: figli dell’Iraq, cristiani, sì, ma figli dell’Iraq.”

Mgr. Najim. Abrogation of Art.50: an unjustice

By Baghdadhope

Baghdadhope addressed some questions to Mgr.Philip Najim, the Procurator of the Chaldean Church to the Holy See about the revoke of Article 50 of Electoral Law for provincial councils which affects the representativeness, within such councils, of the Iraqi minorities.

Msgr. Najim, the Chaldean Patriarch of the Church, Cardinal Emmanuel III Delly, yesterday sent a letter to the leaders of the government and of the Iraqi parliament requesting the revoke of the abrogation of Article 50. Do you think that this request will be accepted? How important the appeal of Cardinal Delly will be?
"I think that it will have a significant importance. The Patriarch of Babylon of the Chaldeans has always been the main contact between the government and the Iraqi Christian community. First, the Patriarch of Babylon of the Chaldeans has always had its headquarters in Iraq and we must not forget the contribution that we as a community gave to the construction and development of the country. If the future of our country is democracy it is necessary to apply its principles and then find a remedy for this injustice that concerns all the people and minorities in particular. "
Why, in your view, Article 50 was revoked?
"Certainly it has been a hasty decision that must be reviewed because the Iraqi people should be represented politically in its wholeness. This is a law concerning the provincial councils. The majority is not the topic but on the other hand, minorities also live in the provinces, if you do not give them rights how can you think to impose on them duties?"
Does this decision increase the risk, repeatedly complained of that people who are part of minorities can become "second-class citizens?"
"Absolutely. The risk is linked to the stability of the entire country. The minorities should have rights and duties in order to collaborate with the components of majority in its growth. Ruling their political representation they would be encouraged to stay in the country taking part in its life, and thus encouraging stability that requires the active presence of all components. The 13 seats that in July had been allocated to Christians have an enormous moral weight. To deny them means that the state does not recognize our rights as citizens, our very existence of Iraqis equal to the others. "
In the past you, but also other Iraqi Christians representatives, talked of "dark forces" operating to empty Iraq of its Christian component. The reference was to the violence that affected the community. Are we now in front of "legal" forces that have the same goal?
"These developments make think to other dark forces within the parliament. This is a "black politics" in the sense that it is the negation of democracy that respects the rights of the citizen. What can we think of this injustice, that the parliamentary majority wants to empty the country of the Christians? If that were the case it would not be possible to talk about democracy. Who speaks of democracy should remember the contribution Christians gave since the creation of Iraq not as linked to a church or a religion, but as citizens in every respect"
How this episode will reflect on the thousands Iraqi Christians fled abroad?
"While travelling in Europe Prime Minister Nouri Al Maliki always encouraged Iraqis, especially Christians, to return home, acknowledging the fact that the country cannot be emptied of a secular presence. If Article 50 is really revoked how you can ask them to return? A policy of discouragement would follow that of encouragement. Today I saw on Al-Sharqiya, an Iraqi satellite TV, Patriarch Delly’s statement about the topic. His appearance, voice, words, everything in him showed the feeling we feel that he twice sought to emphasize by the word: sorrow."
Cardinal Delly will be in a short time in Rome to attend the Synod of the Bishops. Do you think these new developments will be discussed in the Vatican that always, through the words of his Fathers, John Paul II and Benedict XVI, expressed its closeness to the Iraqi Christian community?
"According to the procedure each participant has the right to speak of his country linking the speech to the theme of the Synod. But now I do not know yet whether and how Cardinal Delly will address the topic."
In the general elections held in Iraq in 2005 Christians had poor results also for their political fragmentation in a myriad of small and big parties. Do you think that if Article 50 is revoked, the same could happen for provincial councils?
"Regarding the vote for provincial councils by now I am optimistic. The reaction of all the Christian parties to the cancellation of Article 50 was unanimous and indeed, if the reaction to it will be fruitful, I hope they can learn the lesson that says that the strength is in unity and not in fragmentation."
In this particular situation what will be the role of the Iraqi Chaldean community living in Europe?
"It is our duty, and I speak on my behalf but also on that of priests and Iraqi Christians citizens and politicians living in Europe, to call international attention on this grave injustice, this serious attack on democracy in Iraq that, just because newborn, needs to start to walk alone but with certain steps. The international community should understand how the democracy all hope for Iraq is nourished by the presence of minorities the exodus of which must be stopped."
What is your hope?
"The recognition to Iraqis Christians of all the rights that in a democratic country are the prerogative of citizens not because they belong to one or another ethnicity or religion but because they are its sons.
Because this is what we are: sons of Iraq, Christians, yes, but sons of Iraq. "

Letter by the Chaldean Patriarch to Iraqi government

By Baghdadhope

Here is the text of the letter that the Patriarch Mar Emmanuel III Delly sent to Iraqi Prime Minister Nouri Al Maliki. It was confirmed to Baghdadhope by the Chaldean Patriarch Vicar, Mgr. Shleimun Warduni, that identical letters were sent to the Iraqi President, Jalal Talabani, the two Vice Presidents Abdel Abdel Mahdi and Tareq Al Hashimi, the President of Parliament, Mahmoud Al Mashadani, and the religious Shi'a leader Ayatollah Ali Al Sistani.
Below is the original version of the letter. It has been translated into Italian by Mgr.Philip Najim, the Procurator of the Chaldean Church to the Holy See and adapted by Baghdadhope.

Following is the English translation by Baghdadhope who advises its readers to check English/American websites for a more precise direct translation from Arabic into English.

To His Excellency Nouri Al Maliki, Prime Minister of Iraq,
a sincere wish for peace and health.

As it is known Christians are the oldest original people of Iraq, and history bears witness to their fidelity in the service and the defense of the homeland and their being its sons, faithful in their duty.

With your wise administration we feel equal to all other components of the country without any discrimination, but the revoke by the parliament of art.50 of the Iraqi Provincial Election Law concerning the representativeness of minorities within the quotas previously established, came as a shock to us. We consider this revocation an injustice against us and for our representation and participation in the society of the new democratic Iraq.

His Excellency, we hope the injustices and the forced emigration that hit us, the Christians, can be considered.

We hope that our right government under your wise leadership look with a right eye to the above mentioned article so that it is not revoked.

We confirm to His Excellency our imperishable commitment to our patriotic duties and our supplication to God Almighty is that he gives you health and success.

Cardinal Emmanuel III Delly
Patriarch of Babylon of the Chaldeans
President of the Episcopal Conference


Lettera del Patriarca Caldeo al Governo iracheno

By Baghdadhope

Ecco il testo della lettera che il Patriarca Mar Emmanuel III Delly ha inviato al Primo Ministro iracheno Nouri Al Maliki.

Come ha confermato a Baghdadhope il Patriarca Vicario Caldeo, Monsignor Shleimun Warduni, lettere identiche sono state inviate al Presidente iracheno, Jalal Talabani, ai due Vice presidenti Abdel Abdel Mahdi e Tareq Al Hashimi, al Presidente del Parlamento, Mahmoud Al Mashadani, ed al capo religioso sciita Ayatollah Ali Al Sistani.
In calce la lettera in versione originale. Di seguito la sua traduzione ed adattamento di Monsignor Philip Najim, Procuratore della Chiesa Caldea preso la Santa Sede e di Baghdadhope.


A Sua Eccellenza Nouri Al Maliki, Primo Ministro dell’Iraq,
un augurio sincero di pace e salute

Come si sa i cristiani sono il più antico popolo originario dell’Iraq e la storia testimonia la loro fedeltà nel servizio e nella difesa della patria e il loro essere suoi figli fedeli nel dovere.

Con la Sua saggia amministrazione ci sentiamo uguali a tutte le altre componenti del paese, senza alcuna discriminazione, ma grande è stato il colpo da noi ricevuto per l’abrogazione da parte del parlamento dell’articolo 50 della Iraqi Provincial Election Law che riguarda la rappresentatività delle minoranze all’interno delle quote precedentemente stabilita. Consideriamo questa abrogazione un’ingiustizia nei nostri confronti, per la nostra rappresentatività e la nostra partecipazione alla società del nuovo Iraq democratico.

Sua Eccellenza, speriamo che siano considerate le ingiustizie e l’emigrazione forzata che hanno colpito noi cristiani.

Speriamo che il nostro retto governo sotto la Sua saggia guida guardi con occhio giusto all’articolo sopra menzionato perché esso non sia abrogato.

Confermiamo a Sua Eccellenza il nostro imperituro impegno ai nostri doveri patriottici e la nostra supplica a Dio onnipotente è che Le dia salute e Le assicuri il successo.

Cardinale Emmanuel III Delly
Patriarca di Babilonia dei Caldei
Presidente della Conferenza Episcopal

Patriarca Caldeo al governo iracheno: si revochi l’abrogazione dell’art. 50 della legge elettiva per i consigli provinciali

By Baghdadhope

In una lettera datata 26 settembre ed indirizzata ai vertici del governo, del parlamento iracheno ed a personalità politiche il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Cardinale Emmanuel III Delly, ha ribadito l’appartenenza dei cristiani alla società irachena in quanto abitanti originari del paese, suoi fedeli servitori e rispettosi dei propri doveri patriottici.
Soprattutto però ha chiesto la revoca dell’abrogazione dell’articolo 50 approvata dal parlamento iracheno qualche giorno fa che ha suscitato in Iraq e nel mondo le proteste della comunità irachena cristiana che si sente – e si dichiara – non più legittimamente rappresentata nelle prossime elezioni per i consigli provinciali.
Il 22 luglio scorso 127 parlamentari sui 142 presenti dei 275 totali avevano approvato la Iraqi Election Provincial Law che avrebbe dovuto regolare il sistema delle quote rappresentative alle elezioni provinciali previste ad ottobre. La legge si era però subito arenata con il rifiuto della firma da parte del Presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani, che l’aveva tacciata di anticostituzionalità perché approvata da neanche la metà dei membri del parlamento, ed era tornata al parlamento per la ristesura.
Il nodo della discussione era stato, allora, la questione di Kirkuk e delle elezioni provinciali nel governatorato di Tamim di cui la città è capitale. Una questione che vede coinvolte tutte le parti che su di essa – ma soprattutto sulle sue immense risorse petrolifere – vantano dei diritti: arabi, curdi e turcomanni.
La soluzione trovata fu una ridiscussione della legge che ha portato ad una sua nuova approvazione giorni fa.
Per quanto riguarda Kirkuk il parlamento ha deciso di posporre le elezioni a dopo marzo del 2009 mentre ancora da definire è la data di quelle che si terranno nei tre governatorati che costituiscono la regione semi-autonoma del Kurdistan.
Il problema sembrava quindi essere stato risolto con una formula compromissoria che presagisce ulteriori rinvii non fosse che, questa volta, ad alzare la voce sono le comunità minoritarie che lamentano l’esclusione dal gioco politico del paese.
La legge approvata il 22 luglio, infatti, prevedeva che in sei province alle minoranze avrebbe dovuto essere garantito un certo numero di seggi così ripartiti:
Per i cristiani 13 seggi in totale:

Baghdad= 3
Ninive=3
Erbil=2
Dohuk=2
Kirkuk=2
Bassora=1
Per gli Shabak e gli Yazidi 1 seggio per comunità.

Questi seggi avrebbero permesso ai votanti di esprimere il proprio consenso ai propri candidati nella certezza di una loro rappresentatività nei consigli provinciali.
Immediate sono state le reazioni delle minoranze. Per i cristiani i primi a parlare sono stati i politici e le varie associazioni nel mondo che hanno gridato alla scandalo.
Così, Yonadam Kanna, unico rappresentante eletto al parlamento iracheno in una lista cristiana e leader dell’Assyrian Democratic Movement, ha parlato di “confisca della libera volontà delle minoranze” finalizzata a farli rappresentare politicamente da “fantocci.”
Così anche il governo curdo – peraltro da alcune fonti accusato di avere favorito la situazione bocciando, il 22 luglio, la legge che comprendeva l’articolo 50 per posporre ogni decisione sul futuro di Kirkuk – ha pubblicato sul sito web della Kurdistan Region Presidency, un appello al parlamento perché trovi una soluzione per una giusta rappresentatività politica delle minoranze.
“Una nuvola nera in un buon giorno per l’Iraq e la democrazia” ha definito la questione Staffan De Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite in Iraq che in una conferenza stampa con il presidente del parlamento, Mahmoud Al Mashadani, ha dichiarato l’impegno delle Nazioni Unite alla consultazione con la High Indipendent Electoral Commission per trovare una soluzione al problema della rappresentatività delle minoranze.
A queste voci si è quindi unita quella del Patriarca Delly che nella lettera ha definito la cancellazione dell’articolo 50 come “ingiusta” nei riguardi della partecipazione dei cristiani nella società del nuovo Iraq democratico.
Difficile dire come l’appello del Patriarca Caldeo potrà influire sulle decisioni del Parlamento.
Un cambio di rotta potrebbe essere prevedibile se tutta la componente irachena cristiana facesse sentire la sua voce, appello rivolto alle parti anche dal capo dell'ufficio governativo per i non musulmani, Abdallah Al Naufali. Quando a maggio del 2007 il Cardinale Delly parlò apertamente della persecuzione di cui gli iracheni cristiani erano oggetto furono molte le voci di religiosi che si unirono alla sua nella denuncia, e le sofferenze della comunità tornarono alla ribalta dei media internazionali.
Il governo iracheno non può, se davvero vuole definire il suo come un “cammino verso la democrazia” ignorare le richieste ed i diritti delle minoranze che tanto hanno dato alla storia dell’Iraq e che tanto potrebbero contribuire alla sua rinascita.

Chaldean Patriarch to Iraqi government: revoke the abrogation of art. 50 of the electoral law for the provincial councils

By Baghdadhope

In a letter dated Sept. 26 and addressed to the leaders of the government, to Iraqi parliament and politicians the Patriarch of Babylon of the Chaldeans, Cardinal Emmanuel III Delly, confirmed the belonging of Christians to Iraqi society as original inhabitants of the country, faithful servants and respectful of their patriotic duties.
But above all, however, he demanded the revoke of the abrogation of Article 50 approved by the Iraqi parliament a few days ago that caused in Iraq and worldwide the protest of the Iraqi Christian community that feels - and declares to be - no more legitimately represented in the upcoming elections for provincial councils.
On last July 22, 127 parliamentarians out of the 142 present of the 275 in total approved the Iraqi Provincial Election Law that would rule the representative quota system for the provincial elections planned for October. The law bogged with the rejection of its signature by the President of Iraq, the Kurdish Jalal Talabani, who accused it of being unconstitutional because approved by not even half the members of parliament, and was sent back for changes.
The crux of the matter was, by then, the issue of Kirkuk and the provincial elections in the governorate of Tamim of which the city is the capital. A matter which involved all parties that on it - but mainly on its huge oil resources – set up claims: Arabs, Kurds and Turkmens. The solution found was a new discussion of the law that led to its new approval some days ago. As for Kirkuk, the parliament decided to postpone the elections until after March 2009 while still to be determined is the date of the elections in the three governorates that make up the semi-autonomous region of Kurdistan.
The problem seemed to be resolved with a formula of compromise that makes presage further delay but, this time, to raise their voices are the minority communities complaining for their exclusion from the political game in the country.
The law passed on July 22, in fact, ruled that in six provinces the minorities should have been guaranteed a certain number of seats as follows:

For Christians 13 seats in total:
Baghdad = 3
Nineveh = 3
Erbil = 2
Dohuk = 2
Kirkuk = 2
Basra = 1
For the Shabak and Yazidis 1 seat for each community.

These seats would allow voters to express their consent to their candidate in the certainty of their representation in the provincial councils.
Immediate was the reaction of the minorities. For Christians the first crying shame were the politicians and different associations in the world.
Thus, Yonadam Kanna, the only representative elected to Iraqi parliament in a Christian list and leader of the Assyrian Democratic Movement, spoke of "the confiscation of the free will of minorities" aiming at having them politically represented by "puppets."
So the Kurdish government – even if accused by some sources to have favored the rejecting, on July 22, of the law which included Article 50 to postpone any decision on the future of Kirkuk - published on the website of the Kurdistan Region Presidency, an appeal to Iraqi parliament to find a solution for a just political representation of minorities.
"A black cloud in a good day for Iraq and democracy" has defined the issue Staffan De Mistura, Special Envoy of the United Nations in Iraq who, in a press conference with the President of parliament Mahmoud Al Mashadani, declared the United Nations commitment to consultation with the Independent High Electoral Commission to find a solution to the problem of representation of minorities.
To these voices the one of the Patriarch was added in the letter that defined the revoke of Article 50 as "unjust" as for the participation of Christians in the society of the new democratic Iraq.
It’s difficult to say how the appeal of the Chaldean Patriarchate will influence the decisions of Parliament. A change of direction could be foreseeable if all the Iraqi Christian components would raise their voices. When, on May 2007, the Cardinal Delly spoke openly of the persecution of Iraqi Christians religious leaders joined him in his complaint and the suffering of the community returned to the spotlight of international media. Iraqi government cannot, if really wants to define its as a "path to democracy" ignore the demands and rights of minorities that gave so much to the history of Iraq and that could contribute to its rebirth.

26 settembre 2008

Arabi Cristiani.

Intervista con Mons. Shleimun Warduni

Radio 3

Il Terzo Anello

Per ascoltare l'intervista a Mons. Warduni clicca qui

25 settembre 2008

Iraq: l'UNHCR sollecita l'impegno europeo per la protezione dei rifugiati

Fonte: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) sollecita i Ministri della Giustizia e degli Affari Interni dell’Unione Europea, in occasione del meeting del 25 settembre a Bruxelles, a riaffermare il loro impegno nella protezione dei rifugiati iracheni e ad accordarsi sull’istituzione di un programma europeo di reinsediamento.
Nel 2007, 38.500 iracheni ha fatto richiesta di asilo nei 27 Stati membri dell’Unione Europea. Nei primi sette mesi del 2008 sono state presentate circa 16mila domande. I paesi con più richieste in questi mesi sono stati la Germania e la Svezia, l’Olanda ed il Regno Unito. Tra gli altri paesi europei, la Turchia e la Norvegia hanno ricevuto un numero significativo di richieste. Si stima che circa 2 milioni di iracheni sradicati dal loro paese vivano in Siria, Giordania e altri paesi della regione.
L’8 e il 9 settembre a Parigi, l’Alto Commissario António Guterres, durante una Conferenza sull’Asilo organizzata dalla presidenza francese dell’UE, ha affermato che l’UNHCR spera che la maggioranza degli iracheni possa tornare nel proprio paese, una volta che le condizioni di stabilità e sicurezza saranno state ristabilite. Ma attualmente quelle condizioni non sono presenti. La sicurezza è ancora precaria, soprattutto al centro e al sud del paese, dove devono ancora trovare una soluzione i problemi legati agli alloggi, alla restituzione delle proprietà o agli eventuali indennizzi. In più l’accesso dei rifugiati rimpatriati ai sistemi pubblici di distribuzione e ad altri servizi è fortemente limitato. Per questo l’UNHCR chiede ai paesi di asilo di estendere la protezione agli iracheni provenienti dall’Iraq centro-meridionale e di evitare qualsiasi rimpatrio forzato in quelle zone.L’UNHCR ha ancora necessità di trovare posti per reinsediare rifugiati iracheni particolarmente vulnerabili e anche rifugiati palestinesi fuggiti dall’Iraq.
L’UNHCR si augura che i Ministri della Giustizia e degli Affari Interni si impegnino a far partecipare l’Unione Europea agli sforzi per organizzare i reinsediamenti. Ad oggi solo una piccola minoranza dei 27 stati membri ha istituito programmi di reinsediamento.Tra l’aprile 2007 e la metà di settembre 2008, l’UNHCR ha reinsediato 14.600 rifugiati iracheni dalla Siria, dalla Giordania e da altri paesi della regione. Gli Stati Uniti ne hanno accolti più del 60%, mentre solo il 10% è stato preso da paesi europei. Inoltre l’UNHCR chiede aiuto per il reinsediamento di 3.000 rifugiati palestinesi che sono fuggiti dall’Iraq e sono bloccati in condizioni molto difficili. Fra questi, molte donne e bambini. Fino ad oggi solo 300 di loro sono stati reinsediati – 47 in stati membri della UE.

UNHCR urges reinforced EU commitment to protection of Iraqi refugees

Source: United Nations High Commissioner for Refugees

This is a summary of what was said by UNHCR spokesperson William Spindler – to whom quoted text may be attributed – at the press briefing, on 23 September 2008, at the Palais des Nations in Geneva.
UNHCR urges the European Union Ministers of Justice and Home Affairs, at their meeting in Brussels on 25 September, to reaffirm their commitment to the protection of Iraqi refugees and to agree on the establishment of an EU resettlement programme.
In 2007, a total of 38,500 Iraqis applied for asylum in the 27 EU member states. The number of applications during the first seven months of 2008 was approximately 16,000. The main receiving countries during those seven months were Germany, Sweden, the Netherlands and the United Kingdom. Elsewhere in Europe, Turkey and Norway received significant numbers. An estimated 2 million uprooted Iraqis remain in Syria, Jordan and other countries in the region.
On September 8-9 in Paris, High Commissioner António Guterres told a Conference on Asylum convened by the French EU Presidency that UNHCR hopes that the majority of Iraqi refugees will be able to return home in safety once the necessary conditions of stability and security are established. However, these conditions are not yet present. The security environment remains precarious, particularly in Central and Southern Iraq, where issues relating to shelter and property restitution or compensation have yet to be solved. In addition, access by returnees to public distribution systems and other services remains limited. UNHCR therefore appeals to asylum countries to extend protection to Iraqis who originate from Central and Southern Iraq and to refrain from forcible returns to these regions at this time.
UNHCR still needs resettlement places for particularly vulnerable refugees from Iraq, as well as for Palestinian refugees who fled Iraq. We hope that the Ministers of Justice and Home Affairs will commit the European Union to participation in organised resettlement efforts. At present, only a minority of the 27 EU member states have implemented resettlement programmes.
Between April 2007 and mid-September 2008, UNHCR resettled 14,600 Iraqi refugees from Syria, Jordan and other countries in the region. The United States admitted over 60 percent of them, with just 10 percent taken in by EU countries.
In addition, UNHCR is appealing for resettlement places for some 3,000 Palestinian refugees who have fled Iraq and remain stranded in very difficult conditions. This group includes a large number of women and children. Just over 300 of these refugees have been resettled to date – 47 of them to EU member states.

24 settembre 2008

Baghdad. Mons. Warduni: "L’unità del nostro popolo ci sta a cuore"

By Baghdadhope

A distanza di pochi giorni dall’incontro che il Patriarca Caldeo, Cardinale Mar Emmanuel III Delly, ha avuto con il leader del Supreme Islamic Iraqi Council, Abdul Aziz Al Hakim, gli incontri tra i rappresentanti cristiani e musulmani in Iraq continuano.
In un colloquio telefonico con Baghdadhope, Monsignor Shleimun Warduni, Patriarca Vicario della chiesa caldea, ha infatti rivelato come proprio stasera si sia svolta una cena nella sua chiesa, la parrocchia dedicata alla Vergine Maria di Palestine St. cui hanno partecipato una cinquantina di persone circa.
“Eravamo cristiani, musulmani, arabi, curdi. C’era il Sayyd Jassim al-Jazairi della vicina moschea sciita di Baqiat Allah, un rappresentante dell’ufficio governativo per gli affari dei non musulmani e molti rappresentanti delle famiglie che vivono nella zona.”
Una cena per un’occasione particolare, legata all’incontro che il Cardinale Delly ha avuto con i rappresentanti dello SIIC, o cosa?
“No, non c’è relazione con l’incontro avuto dal Patriarca e non si trattava neanche di un’occasione particolare. Questi incontri sono meno rari di quanto si pensi. Nella chiesa della Vergine quello di stasera non era il primo. I nostri rapporti con le altre componenti del paese che vogliono il dialogo sono buoni e questi incontri servono a cementarli.”
Sayyd Jassim al-Jazairi si era congratulato di persona con Mar Emmanuel III Delly in occasione della sua nomina a cardinale…
“Si. In quell’occasione, subito dopo il ritorno del Cardinale da Roma, si era tenuta nella mia parrocchia una grande celebrazione cui aveva partecipato anche il Nunzio Apostolico in Iraq, Mons. Francis A. Chullikat e Sayyd Jassim al-Jazairi aveva dichiarato di voler mostrare con la sua presenza l’unità del popolo iracheno”
Un’unità che incontri come quello di stasera vogliono favorire?
“Certamente. L’unità del nostro popolo ci sta a cuore. Gli iracheni condividono l’amore per l’unico Dio e Dio è amore nei cuori, amore che ci deve portare all’accordo. Malgrado tutte le difficoltà che abbiamo vissuto e che viviamo l’intesa tra tutte le componenti del paese è di primaria importanza perché il nostro amato paese possa ritrovare la pace ed il suo giusto posto nel mondo. Per questo lavoriamo, dialoghiamo, cerchiamo di trovare e proporre delle soluzioni che vadano a vantaggio degli iracheni, di tutti gli iracheni. Lo facciamo come figli di questo paese, cristiani che lo hanno abitato da tempi remotissimi e che tuttora, nonostante l’emigrazione, ci vivono e vogliono continuare a farlo.”

Baghdad. Mgr. Warduni: "The unity of our people is very important to us"

By Baghdadhope

Only some days after the meeting between the Chaldean Patriarch, Cardinal Mar Emmanuel III Delly and the leader of the Supreme Islamic Iraqi Council, Abdul Aziz Al Hakim, the meetings between Christians and Muslims representatives in Iraq continues.
In a telephone conversation with Baghdadhope, Mgr. Shleimun Warduni, Patriarch Vicar of the Chaldean Church, told about the dinner he offered to about fifty people in his church dedicated to the Virgin Mary in Palestine St. in the Iraqi capital.
"We were Christians, Muslims, Arabs, Kurds. There was the Sayyd Jassim al-Jazairi of the nearby Shiite mosque of Baqiat Allah, a representative of the governmental office for the affairs of non-Muslims and many representatives of the families living in the area. "
A dinner for a special occasion, linked to the one Cardinal Delly had with representatives of SIIC, or what?
"No, there is no link with the meeting the Patriarch had, and it was not a special occasion. These meetings are less rare one can think. In the church of the Virgin it was not the first. Our relations with the other components of the country who want dialogue are good and these meetings serve to cement them. "
Sayyd Jassim al-Jazairi congratulated Mar Emmanuel III Delly on his appointment as cardinal ...
"Yes. On that occasion, shortly after the return of the Cardinal from Rome, there was a great celebration in my church attended also by the Apostolic Nuncio in Iraq, Mgr. Francis A. Chullikat, and the Sayyd Jassim al-Jazairi stated that he wanted to show by his presence the unity of Iraqi people "
A unit that meetings like the one of tonight promote?
"Absolutely. The unity of our people is very important to us. Iraqis share the love of the only God and God is love in the hearts, love that must lead us to concordance. Despite all the difficulties we experienced and we are still experiencing the concordance among all the components of the country is of paramount importance so that our beloved country can find peace and its rightful place in the world. For this we work, we dialogue, we try to find and propose solutions for the benefit of Iraqis, all Iraqis. We do so as sons of this country, Christians who inhabited it since remote ages and who, despite the emigration, live in it and want to continue to do so. "

23 settembre 2008

Mosul: cristiani minacciati. Baghdad: Incontro tra il Patriarca Caldeo ed il capo del maggior partito sciita

By Baghdadhope

Mentre il Cardinal Bagnasco parla apertamente di “pulizia religiosa” in Iraq, ed il Procuratore caldeo presso la Santa Sede, Monsignor Philip Najim, ricorda come sia lo stesso Corano a richiedere un dialogo di pace con i cristiani, le notizie che arrivano dall’Iraq sono contrastanti.
Da un lato c’è la denuncia di sempre maggiori intimidazioni ad opera delle milizie islamiche nei confronti della comunità cristiana di Mosul dove le donne cristiane non possono esimersi dall’obbligo di indossare il velo islamico ed alle famiglie viene richiesto il pagamento della tassa di protezione e/o la conversione all’Islam. E dove la paura per i propri cari, specialmente per i propri figli che proprio in questi giorni hanno ricominciato, dove possibile, ad andare a scuola, sta spingendo la comunità cristiana cittadina alla fuga verso zone più sicure.
Dall’altro lato il dialogo sembra riprendere a Baghdad dove ieri il Patriarca caldeo, Cardinale Emmanuel III Delly ha incontrato Abdul Aziz al-Hakim e Ammar al-Hakim, rispettivamente Presidente ed Vice Presidente del Supreme Islamic Iraqi Council, il partito sciita che ha il maggior numero di seggi nel parlamento iracheno (83 su 275). Durante l’incontro, secondo quanto riferito dal sito web del SIIC, il Cardinale Delly ha riconosciuto gli sforzi che il governo iracheno sta compiendo per promuovere la sicurezza e la stabilità ed a favore dell’unità delle diverse componenti del paese, unità sottolineata anche da Abdul Aziz al-Hakim che ha ricordato i legami storici che il paese ha con la comunità cristiana.

Mosul: Christians threatened. Baghdad: Meeting between the Chaldean Patriarch and the leader of the major Shi'a party

By Baghdadhope

While Cardinal Bagnasco speaks openly of "religious cleansing" in Iraq, and the Chaldean Procurator to the Holy See, Mgr. Philip Najim, recalls how the Koran calls for a dialogue of peace with Christians, the news coming from Iraq are contradictory.
On the one hand there is the allegation of increasing intimidations by Islamic militias against the Christian community of Mosul where the Christian women can not exempt themselves from the obligation to wear the Islamic veil and families are asked to pay the protection tax and/or to convert to Islam. And where the fear for the loved ones, especially for the children who in recent days began, where possible, to go to school, is pushing the Christian community to flee towards safer areas.
On the other hand the dialogue seems to resume in Baghdad where yesterday the Chaldean Patriarch, Cardinal Emmanuel III Delly met with Abdul Aziz al-Hakim and Ammar al-Hakim, respectively President and Vice President of the Supreme Islamic Iraqi Council, the Shiite party holding the most number of seats in the Iraqi parliament (83 on 275) During the meeting, as reported by the website of SIIC, Cardinal Delly recognized the efforts Iraqi government is making to promote security and stability and in favour of the unity of the different components of the country, unity stressed also by Abdul Aziz al-Hakim who recalled the historical ties the country has with the Christian community.

Iraq: Najim (Procuratore caldeo Santa Sede), soddisfazione per le parole del Cardinal Bagnasco

Fonte: SIR

Le parole del cardinal Bagnasco “descrivono una situazione reale, che i cristiani iracheni si trovano a soffrire” ma al tempo stesso evidenziano che la causa di questa “non è l’Islam ma quei fondamentalisti che hanno l’assurda pretesa di rappresentarlo”.
Padre Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede, commenta così, al Sir, l’intervento del presidente della Cei, che ieri al Consiglio permanente, aveva denunciato “il calvario cui da troppo tempo ormai è sottoposto il cristianesimo dell’Iraq” parlando di “pulizia religiosa”.
“Siamo nel Ramadan, tempo in cui il musulmano è invitato a digiunare e a fare un esame di coscienza. Siamo stupiti che proprio in questo periodo accadano violenze contro i cristiani” afferma Najim richiamando le parole di Bagnasco riferite ai due caldei ultimi assassinati in Iraq. “E’ lo stesso Corano – ricorda - che chiama ad un dialogo di pace con i cristiani, che credono all’unico Dio. Il dialogo, tuttavia, deve essere basato sulla centralità di Dio e non sul dogma. Ciò che ci unisce è la fede nell’unico Dio”. Per il procuratore “perseguitare i cristiani e le altre minoranze vuole dire togliere Dio dalla propria vita e prendere il suo posto. L’Islam non è rappresentato dai fondamentalisti che spargono sangue in nome della fede che non può essere strumentalizzata per creare divisioni e sofferenze alla gente”.

Iraq: Najim (Chaldean Procurator to the Holy See), Satisfaction for Cardinal Bagnasco's words

Source: SIR

Translated by Baghdadhope

Cardinal Bagnasco words "describe a real situation Iraqi Christians are suffering for" but at the same time show that its cause is not Islam but those fundamentalists who absurdly claim to represent." Father Philip Najim, the Chaldean procurator to the Holy See, commented in this way to Sir, the statement made by the President of the CEI who yesterday, during the Permanent Council, denounced "the too long suffering of Christianity in Iraq" talking of "religious cleansing". "We are in Ramadan, when the Muslim is required to fast and to examine his conscience. We are amazed for the violence against Christians in this time,"said Najim recalling Bagnasco's words referring to the two Chaldeans lately killed in Iraq. "It is the same Koran - he recalls - that calls for a dialogue of peace with Christians who believe to the only God. The dialogue, however, must be based on the centrality of God and not on dogma. What unites us is the faith in the only God." For the procurator "to persecute Christians and other minorities means to remove God from one's live taking his place. Islam is not represented by fundamentalists who spread blood in the name of faith that cannot be manipulated to create division and suffering for the people. "

22 settembre 2008

Cardinal Bagnasco: "Pulizia religiosa" in Iraq

By Baghdadhope

Dalla prolusione di S.E. Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente del Consiglio Episcopale Permanente, Roma, 22 settembre 2008.

"Negli stessi giorni delle violenze in India, e mentre intolleranze ed emarginazioni ai danni dei cristiani venivano denunciate nel vicino Pakistan, è tornato alla ribalta il calvario cui da troppo tempo ormai è sottoposto il cristianesimo dell’Iraq, dove altri due caldei sono stati assassinati, ultimi anelli di una catena di sangue in corso da oltre quattro anni e che aveva visto nel marzo scorso la morte dello stesso Arcivescovo di Mosul, nel quadro di una vera e propria “pulizia religiosa” che sta portando alla decimazione di una comunità che cinque anni fa contava un milione di fedeli, ed è oggi ridotta a circa la metà, dopo la fuga nei Paesi vicini. "

Cardinal Bagnasco: "Religious cleansing" in Iraq

From the prolusion by H.E. Cardinal Angelo Bagnasco, President of the Permanent Episcopal Council, Rome, September 22 2008

Translated by Baghdadhope

"In the same days of violence in India, and while intolerance and marginalization against Christians were reported in neighboring Pakistan, the too long suffering of Christianity in Iraq, where two more Chaldeans have been killed, has come to the fore again.
They were the weakest links in a chain of violence that began more than four years ago and that saw the death of the same Archbishop of Mosul on last March as part of a "religious cleansing" that is leading to the decimation of a community that five years ago numbered one million faithful, and is now reduced to about half after the flight into neighboring countries."

Art and Empire treasures from Assyria in the British Museum

By Baghdadhope

Museum of Fine Arts. Boston. USA
September 21, 2008
January 4, 2009

From the ninth to the seventh centuries BC, the Assyrians emerged as the dominant power in the Near East, controlling all of present-day Iraq, Syria, Jordan, Lebanon, Israel, and Egypt, as well as large parts of Turkey and Iran.
It was the largest empire known until that time. In their homeland in northern Iraq, in the area of Mosul, the kings built splendid palaces, their gates flanked by colossal human-headed bulls and lions, their walls lined with great stone slabs intricately carved in relief with scenes memorializing in fascinating and sometimes grisly detail the king’s exploits in warfare and in hunting, palace life, and court rituals.
After the fall of Assyria, the kings’ palaces were deserted and covered with sand, their names and those of the kings who built them remembered only in the Bible and by Greek historians.
In the 1840s and 1850s, French and British explorers dug up the mounds covering these palaces, revealing the glory of ancient Assyria and the fabled cities of Nimrud and Nineveh. British archaeologist Austen Henry Layard excavated literally miles of reliefs and sent the most interesting to the British Museum. After the Second World War, excavations were carried out under Sir Max Mallowan (the husband of mystery writer Agatha Christie). The finds were divided between England and Iraq and, as a result, the British Museum today holds the largest collection of Assyrian art outside of Iraq itself.
“Art and Empire: Treasures from Assyria in the British Museum” includes the most powerful and moving of these reliefs. Military dress and equipment and horse trappings and harnesses illustrate life in the army. Carved ivories, furniture fittings, and metal vessels showcase the luxurious, cosmopolitan lifestyle enjoyed by the king and his court. An array of three-dimensional objects—figures of deities, clay tablets, clay seals and sealings—address the administration of the empire, trade, legal and social issues, and interrelationships between religion, magic, and medicine. Exorcisms, omen texts, mathematical texts, and literary compositions from the royal library (where the king sought to gather together all the world’s learning in one place) enshrine the wisdom of ancient Mesopotamia, the cradle of western civilization.

Presto un nuovo patriarca per la chiesa siro cattolica

By Baghdadhope

Source: Ankawa.com

Inizierà a Beirut il 23 settembre il sinodo della chiesa siro cattolica che dovrà eleggere il nuovo patriarca. Lo scorso gennaio il settantottenne Mar Ignace Pierre VIII Abdel-Ahad aveva rassegnato le proprie dimissioni dal ruolo di Patriarca della chiesa di Antiochia dei siro cattolici che aveva assunto nel 2001.
Secondo le disposizioni vaticane, in attesa della nomina del nuovo patriarca, il governo della chiesa è stato affidato in questo periodo ad un Comitato episcopale formato da S.E. Théophile Georges Kassab, arcivescovo di Homs, Hama e Nabk dei Siri che ha anche governato l'Eparchia patriarcale, da S.E. monsignor Athanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo di Baghdad dei Siri e da S.E. monsignor Gregorios Elias Tabé, arcivescovo di Damasco dei Siri.

Soon a new patriarch for the Syriac Catholic church

By Baghdadhope

Source: Ankawa.com


The synod of the Syriac Catholic church that will elect the new patriarch will begin in Beirut on September 23.
On last January the seventy eight years old Mar Ignace Pierre VIII Abdel-Ahad resigned from the role of Patriarch of the Church of Antioch for Syriac Catholics he had since 2001.
According to the Vatican, pending the appointment of the new patriarch, the government of the church was given to a Episcopal Committee formed by S.E. Théophile Georges Kassab, Archbishop of Homs, Hama and Nabk of the Syriacs who also ruled the Patriarchal Eparchy, S.E. Athanase Matti Shaba Matoka, Archbishop of Baghdad and S.E. Gregorios Elias Tabé, Archbishop of Damascus.

Roger Etchegaray: faccia a faccia con Saddam

Fonte: Famiglia Cristiana n° 36

di Maurizio de Paoli

Nel febbraio del 2003, Giovanni Paolo II inviò il porporato francese a Baghdad per una "missione impossibile": convincere il dittatore iracheno a scongiurare la guerra.

Tra le tante "missioni impossibili" che il cardinale Etchegaray è stato chiamato ad assolvere, figura certamente l’incontro con Saddam Hussein nel febbraio del 2003, alla vigilia della seconda Guerra del Golfo. Ecco come il cardinale francese racconta quell’incontro, in uno dei capitoli del libro Ho sentito battere il cuore del mondo di Benard Lecomte (San Paolo, pagg. 440, 32 euro).
"Sono arrivato a Baghdad l’11 febbraio. In attesa dell’appuntamento con Saddam, sono partito per Mosul e Ninive, quattrocento chilometri a Nord di Baghdad, dove ho passato la giornata con alcuni cristiani locali, sacerdoti, religiose, famiglie, in maggioranza caldee, con cui ho pregato per la pace, scandendo la parola in arabo, tra gli applausi: Salam! Salam! Salam!
Il 15 febbraio, al mattino presto, è stato confermato il mio colloquio con Saddam Hussein. Dopo avere cambiato posto tre volte, sono arrivato, infine, verso le 11, in uno dei palazzi del presidente. Il colloquio è durato un’ora e mezza.
Dopo aver rammentato a Saddam il nostro incontro del 1985, gli ho consegnato una lettera personale del Papa, ricordando la solidarietà del Santo Padre con «le sofferenze e le privazioni del popolo iracheno» – un’allusione all’embargo – e il suo desiderio di «fare tutto» per evitare la guerra.
Ho insistito perché lo Stato iracheno intensificasse la propria collaborazione con le Nazioni Unite, in conformità ai princìpi della giustizia e del diritto internazionale, affinché il ristabilimento della fiducia permettesse all’Irak di ritrovare il suo posto nella comunità mondiale. Ho aggiunto che «la sorte del popolo iracheno, amante della pace, doveva prevalere su qualunque altra considerazione».
Che cosa si esige dall’Irak?
Risposta di Saddam: «Conosco e apprezzo la posizione del Papa e della Santa Sede. L’Irak non possiede armi di distruzione di massa. Nonostante tutto, siamo pronti a collaborare con gli ispettori dell’Onu, e anche con gli agenti della Cia (!). Ma non spetta a nessuno raccomandare un cambiamento di regime a Baghdad! Che cosa si esige dall’Irak? L’Irak non ha alcuna pretesa egemonica, contrariamente agli Stati Uniti... Quanto ai princìpi, quelli che hanno sempre ispirato il nostro regime sono il rispetto degli altri Paesi e di tutte le credenze religiose. Fra tutti i Paesi arabi, l’Irak è quello che rispetta nel migliore dei modi la libertà dei cristiani. Eppure, vede come la comunità internazionale tratta in maniera diversa l’Irak e Israele!...».
Dopo aver rilevato il nostro accordo sui princìpi del diritto internazionale, ho sottolineato che il Papa faceva appello alla «coscienza» di tutti, «e specialmente dei governanti», che deve «prevalere su tutte le strategie, tutte le ideologie e, perfino, tutte le religioni».
Saddam non ha visto che nel corso di tutto il colloquio stringevo in mano il rosario mariano... così come anche lui sgranava di quando in quando il rosario coranico! E ha messo fine al colloquio con una battuta inaspettata. Congratulandosi con me per la mia buona salute ha detto: «Se lei non fosse un sacerdote, le avrei suggerito di sposarsi, E le avrei trovato anche una bella irachena!». Questo spiega, sulla foto scattata alla fine del colloquio, una risata proprio fuori luogo, in una circostanza così grave.
Ho pregato e meditato molto su questa missione mai terminata. Il mercoledì delle Ceneri ho scritto a Giovanni Paolo II: «Santo Padre, non dovrei scriverle oggi, in questo giorno in cui, mediante un rinnovato impegno nella preghiera e nel digiuno, lei ha invitato a credere che la pace sia ancora possibile. Se le scrivo, è perché sono spinto dalla mia coscienza di semplice discepolo di Cristo a sottoporle una richiesta che non è né un colpo di testa, né un moto del cuore, ma rientra (mi sembra) nella pura logica del Vangelo.
Perché non tornare a Baghdad?
Ho avuto la grazia di essere il suo inviato in Irak, come messagero di pace. La sua preoccupazione principale era testimoniare il suo amore paterno per una popolazione che ha sofferto tanto, e vive un’ansia indicibile. Ora, perché non portare a questa popolazione, in maniera ancora più forte, un altro segno di questa solidarietà con coloro per i quali ormai Dio è l’unica speranza?
All’epoca di un esodo sotto la minaccia di una guerra imminente, perché – controcorrente – non tornarvi senza alcuna missione, semplicemente (non come scudo umano) per condividere in silenzio – giusto per il tempo eccezionale della prova – le condizioni di vita probabilmente molto dure che si annunciano? Santo Padre, perché non lasciarmi partire... con la sua benedizione, che si diffonderà tutt’intorno? So che una tale domanda deve passare al vaglio della "sapienza del mondo", ma essa non può rientrare maggiormente nel campo della "stoltezza di Dio... più sapiente degli uomini" (1Cor 1,25)?Ecco, Santo Padre, non le presento né un sogno, né una perorazione, ancor meno una richiesta imbarazzante. Mi affido totalmente al Signore che, attraverso di lei, dirà al suo servo: "Va!’", ed egli va. "Resta!", ed egli resta»’’.

19 settembre 2008

Chiesa caldea. Una realtà anche in Europa

By Baghdadhope
Foto: cortesia di P. Sami Dinkha
per Baghdadhope



Nella località di Kamena Vourla, affacciata sull’azzurro mare della Grecia centrale, si è svolto il quarto raduno dei sacerdoti caldei che risiedono e svolgono la loro opera in Europa.
Comunione, vicinanza, accordo, sono le parole che vengono in mente ad ascoltare Monsignor Philip Najim, Procuratore Caldeo presso la Santa Sede e Visitatore Apostolico per l’Europa che ha fortemente voluto quest’incontro.
"Eravamo in 13 sacerdoti. Oltre a me e a Padre Yousef Shamoun che è parroco a Karamles e che si trovava in visita in Grecia proprio in quei giorni, c’erano sacerdoti provenienti da 7 paesi europei: Svezia, Germania, Belgio, Olanda, Danimarca, Francia e Grecia. Già questo si può considerare un successo ed una dimostrazione di quanto il nostro clero voglia e sappia trovare il tempo e l’occasione di riunirsi per confrontarsi per il bene della chiesa e dei suoi fedeli. Per un intero giorno, inoltre, è stato ed ha pregato con noi Monsignor Dimitrios Salachas, l’Esarca Apostolico per i cattolici greci di rito bizantino titolare della sede vescovile di Carcabia che ha reso materialmente possibile l’incontro e che ha voluto manifestare il suo aprezzamento per l’iniziativa con una bella lettera."
Un ritiro spirituale ma anche una riunione con molti temi in agenda, quali?
"Dal punto di vista spirituale l’incontro è stato caratterizzato dalla Santa Messa che ogni mattina veniva celebrata alla presenza di tutti i sacerdoti, e da una bellissima conferenza tenuta da Padre Firas Ghazi, il nostro parroco in Olanda, incentrata sul tema della Carità e dell’Amore. Sulla necessità di “sentire” nel profondo del nostro animo la carità e l’amore per poter comunicare questi valori non in modo superficiale ma penetrando nel cuore dei fedeli che diventano a loro volta loro comunicatori nei loro ambiti di vita: la famiglia, gli amici, i colleghi di lavoro.
Dal punto di vista dell’agenda dell’incontro ci sono stati diversi momenti. Per iniziare ogni sacerdote ha raccontato l’esperienza del proprio lavoro pastorale, le problematiche che la comunità del paese in cui vive deve affrontare, specialmente quelle legate all’enorme afflusso di fedeli fuggiti dall’Iraq e che in molti casi vivono una situazione difficilissima di illegalità, di mancanza di lavoro, di incertezza del futuro.
A questi racconti seguivano le domande degli altri sacerdoti che in questo modo cercavano di capire ed apprendere dall’esperienza altrui per servire meglio le proprie comunità."
Come sono organizzate le parrocchie caldee in Europa?
"L’organizzazione è diversa da quelle latine. Secondo il diritto canonico si parla di “parrocchie personali” nel senso che, ad esempio, Padre Faris Toma, parroco in Danimarca, segue le circa 400 famiglie che risiedono nel paese in due centri diversi e la sua parrocchia, quindi, non ha confini."
Come ha già accennato l’emigrazione è stato uno degli argomenti principe dell’incontro. Che proposte sono state fatte dai sacerdoti che come primi referenti delle comunità migranti sono anche i depositari di tutti i dolori e le difficoltà che la fuga dal proprio paese sempre comporta?
"Si è discusso sui programmi da attuare per aiutare queste persone a ricostruirsi una vita, ad integrarsi nei paesi che li hanno accolti. Una discussione interessante perché ha chiarito che scopo dell’integrazione della nostra comunità all’estero non è solo la loro sistemazione burocratica ed economica, ma anche la conservazione dei valori della tradizione, della liturgia, della lingua e della cultura che sono il prezioso bagaglio di queste persone. Un bagaglio che deve essere valorizzato per due motivi. Il primo è far capire a queste persone che essendo state costrette a lasciare la propria patria, il proprio lavoro, i propri beni sentono di aver perso tutto e di non contare nulla che sono invece importanti perché ognuna di esse, a proprio modo ed in misura diversa, è parte integrante della nostra antichissima storia. Il secondo è far comprendere ai paesi che li ospitano che proprio quel bagaglio culturale diverso è fonte di arricchimento e non di scontro o incomprensione. Integrazione non vuol dire cancellazione del proprio essere. Così come i caldei in Europa apprenderanno nuovi modi di vivere e di affrontare il futuro, gli europei verranno a conoscenza di una realtà religiosa, quella delle chiese d’oriente, che non potrà non stupirli per la profondità del sentire cristiano.
Un altro tema in agenda ha riguardato proprio il campo liturgico con la riforma del Messale approvata dalla Santa Sede nel febbraio 2006 e studiata a fondo dalla Commissione Liturgica Patriarcale della Chiesa Caldea di cui, ricordo, fanno parte Mons. Sarhad P. Jammo (California), Mons. Jacques Isaac (Baghdad) e Mons. Petrus Yosif (Francia). A questo proposito abbiamo inviato a Monsignor Jammo la richiesta dei testi già stampati in aramaico e dei libretti che spiegano il rito della Santa Messa dai punti di vista della tradizione e liturgico in arabo ed inglese. Ricevuto il materiale i sacerdoti inizieranno a studiarlo per poterlo spiegare ai fedeli e, gradualmente metterlo in pratica."
Può farci un esempio di come, in applicazione della riforma liturgica, il rito caldeo differisce da quello latino?
"Di esempi ce ne sarebbero molti ma per citarne uno che salta agli occhi è che il sacerdote durante la presentazione del pane e del vino e durante la preghiera eucaristica rivolge, come i fedeli, la propria preghiera a Dio e lo fa volgendo lo sguardo alla Croce, il simbolo di Cristo Figlio di Dio."
Sarà difficile avvicinare i fedeli al rito secondo le nuove disposizioni?
"Sarà una sfida per i sacerdoti che li guideranno ma che mi sono apparsi pronti a raccoglierla. In ogni caso durante l’incontro in Grecia sono nate due comitati. Uno è quella liturgico, guidata da Padre Paul Rabban (Svezia) e Padre Roni Isaac (Grecia) che si occuperà proprio della materia così come di proporre l’uniformazione dei riti riguardanti i sacramenti come il battesimo, il matrimonio, il funerale. L’altro invece è il comitato per le vocazioni, guidato da Padre Sami Dinkha, ex rettore del seminario maggiore caldeo di Baghdad e da Padre Firas Ghazi che ha una speciualizzazione in spiritualità, il cui compito sarà quello di favorire e seguire la vocazione dei giovani che sentono di volersi avvicinare a Dio ed alla Sua chiesa."
La realtà di tanti immigrati dall’Europa è quindi fatta anche di vocazioni?
"Si. La parrocchia di Essen, ad esempio, d’accordo con il Rettore del Seminario Caldeo dei Santi Pietro e Paolo che ora è ad Erbil, Padre Bashar Warda, ha già inviato due studenti che hanno sentito la vocazione qui in Europa."
Come procede la Chiesa Caldea nel caso di queste vocazioni maturate al di fuori dell’Iraq?
"Per quanto riguarda l’Europa colui che sente di voler dedicare ed affidare la sua vita a Dio contatta in genere il suo parroco il cui compito è esaminare la vocazione della persona e le sue vere intenzioni per poi comunicarle al vescovo latino della diocesi nel cui territorio si trova la chiesa. A quel punto l’aspirante sacerdote viene inviato a compiere il suo percorso di studio o presso un seminario latino o presso quello patriarcale in patria."
Come Visitatore Apostolico della Chiesa Caldea in Europa ed organizzatore dell’incontro avvenuto in Grecia ha certamente il polso della situazione riguardo alle decine di migliaia di iracheni cristiani che vivono nel Vecchio Continente sia perché immigrati anni fa, sia perché fuggiti recentemente dall’Iraq. Cosa ci può dire delle diverse realtà europee?
"Sono diverse perché diverse sono le regole che riguardano i rifugiati. La Svezia, ad esempio, ha accolto il maggior numero di profughi iracheni, musulmani e cristiani, ma ora, proprio a causa del loro alto numero e di nuove regole, cominciano ad esserci dei problemi ad esempio dei ritardi nella concessione del permesso di residenza.
In Grecia la situazione è peggiore perché al profugo non viene riconosciuto il diritto alla residenza e quindi alla sanità, all’istruzione ed al lavoro. I profughi sono clandestini e come tali sono costretti a vivere. I 2500 iracheni cristiani caldei presenti in Grecia, ad esempio, dipendono dalla chiesa perché anche quando e se trovano lavoro è sempre un lavoro in nero sottopagato che non è sufficiente per vivere."
Come commenta la recente presa di posizione del governo olandese che vorrebbe favorire il rimpatrio di molti profughi iracheni assicurando però speciale protezione ai membri delle minoranze più a rischio come, tra le altre, i cristiani?
"Si tratta di una questione piuttosto delicata che per ora non vorrei commentare. Sarà meglio aspettare gli eventuali sviluppi futuri, ed in ogni caso la chiesa non interferisce con le decisioni dei singoli governi riguardo le diverse politiche da attuare nei confronti dei rifugiati."
In Italia ci sono profughi iracheni?
"Qualcuno certamente c’è, ma l’Italia è considerata solo una nazione di transito verso quelle che non solo hanno già sul proprio territorio delle comunità formate, quanto hanno un programma di assistenza ai profughi che l’Italia non prevede."
Al prossimo sinodo dei vescovi che si terrà a Roma dal 5 al 26 ottobre dedicato alla “Parola di Dio nella vita e nella missione della chiesa” prenderà parte il Patriarca della Chiesa Caldea, S.B. Cardinale Mar Emmanul III Delly. Che importanza avrà la testimonianza di un uomo di chiesa cha ha sempre sostenuto le parole del dialogo in una situazione delicata come quella che l’Iraq sta vivendo?
"In Iraq il dialogo è sempre esistito, non è nato dopo o in conseguenza degli ultimi eventi bellici. La Chiesa ed il popolo tutto né è sempre stato protagonista nella vita giornaliera, una vita fatta di chiese e moschee vicine, non solo fisicamente ma anche nei rapporti personali. L’importanza del dialogo è ovvia. Significa parlare, discutere, comprendere ma soprattutto costruire con l’altro. Se il dialogo si è interrotto è solo a causa delle forze oscure che hanno usato la religione per dividere il paese, per interrompere una tradizione di convivenza. Dialogare significa creare rapporti sulla base del rispetto dell’altro e non, come qualcuno erroneamente pensa, portare l’altro verso di sé. Il dialogo ha, e deve avere, al centro l’uomo ed il suo futuro e può averlo perché parte dal punto in comune a tutte le religioni che è Dio."
La fuga degli iracheni sembrerebbe però testimoniare il fallimento dell’opzione dialogo…
"Le cifre riguardanti gli iracheni che hanno lasciato il paese sono testimonianza viva dell’insuccesso delle scelte politiche attuate. Se l’UNHCR riferisce di 2.3 milioni di iracheni rifugiati all’estero ed il Dipartimento di Stato americano di 12.000 iracheni accolti negli Stati Uniti nell’ultimo anno la misura di questo insuccesso è evidente. Successo ci sarebbe stato se quelle persone non fossero state costrette a fuggire, o se avessero avuto la possibilità di tornare a casa. Purtroppo non è stato così."
In Europa ci sono ormai decine di migliaia di iracheni cristiani. In una comunità in diaspora che importanza ha, se esiste, il dialogo interreligioso?
"E’ un fatto che la realtà degli iracheni cristiani in Europa, in maggioranza caldei, non possa più essere ignorata. E’ una realtà che soffre ma è viva, e ciò ha fatto sì che anche qui si creassero forme di dialogo basate sul nostro essere una comunità in diaspora che condivide esperienze e problemi al di là dell’appartenenza religiosa. Proprio a testimonianza del fatto che il dialogo ed il confronto esistono venerdì 19 settembre noi cristiani iracheni che risiediamo a Roma siamo stati invitati alla cena di rottura del digiuno giornaliero del sacro mese di Ramadan all’Ambasciata irachena dall’incaricato d’affari Dr.Mazin Abdulwahab Thiab. Cena cui dovrebbe partecipare anche l’Ambasciatore iracheno presso la Santa Sede Dr.Albert Yelda.
Mi sembra che questo invito sia la migliore testimonianza di come gli uomini vogliano e possano incontrarsi e dialogare perché a dispetto dell’appartenenza religiosa siamo tutti iracheni in un periodo difficile, uniti da Dio e dalla patria alla cui rinascita ed al cui sviluppo tutti vogliamo contribuire."

I sacerdoti presenti alla riunione in Grecia:

Mons. Philip Najim (Italia)

Padre Peter Patto. Monaco di Baviera (Germania)
Padre Sami Dinkha. Essen (Germania)
Padre Cesar Sliwa. Stoccarda (Germania)
Padre Faris Toma. Danimarca
Padre Suleyman Oz. Belgio
Padre Samir Dawood. Svezia
Padre Maher Malko. Sodertalje(Svezia)
Padre Paul Rabban. Eskilstuna (Svezia)
Padre Roni Isaac. Grecia
Padre Firaz Ghazi. Olanda
Padre Sabri Anar. Sarcelles (Francia)
Padre Yousif Shamoun. Karamles (Iraq)