"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

28 gennaio 2022

Iraq/UK: A voice of peace for a suffering people

By Aid to the Church in Need (UK)
Fionn Shiner - John Pontifex

Iraq archbishop, who steered his faithful through the genocidal years of Daesh (ISIS) violence, has enthusiastically welcomed an essential lifeline – supported by a leading Catholic charity – for the region’s only Christian radio station.
The UK office of Aid to the Church in Need (ACN) has backed Voice for Peace, which broadcasts across the Nineveh Plains, in northern Iraq and well beyond – attracting an audience of 10,000 listeners.
Syriac Catholic Archbishop Yohanna Boutros Mouche of Mosul said: “Voice of Peace… is the only radio station that publishes and preaches the name of Christianity in all of the towns of the Nineveh Plains.”
Voice for Peace, which has been running since 2006, was out of operation for four years after Daesh captured many of the towns and villages in Nineveh in summer 2014.
The Archbishop said: “The radio has gained a great importance, especially after the massive migration that our people experienced as a result of the occupation by Daesh, so the immigrant people have followed it and listened from all countries of the world via the internet.
“It is a strong link between us and them, and one of the remaining threads that binds us to them.”
Voice of Peace has links to other stations in the south and has good relations with Muslim radio providers.
Among the station’s many listeners are people now in Iraq’s Kurdistan region, where they fled following the Daesh invasion of Nineveh.
Archbishop Mouche said: “The Voice of Peace from Baghdeda [Qaraqosh, the largest Christian town in the Nineveh Plains] is the voice of Christ – it is the voice of the Church.
“This is the identity of the Voice of Peace. This is where it belongs.
“It is a message of civilisation and the hope of the Gospel, a message of education, human culture and taste.”
ACN (UK) National Director Neville Kyrke-Smith said: “The preservation of the Christian community in the Middle East is a top priority for ACN.
“Despite being able to trace their roots back to apostolic times, the future of many of these ancient communities is now highly uncertain.
“Ventures such as Voice of Peace give hope to the suffering people that life can go back to normal following the genocide of Daesh.”

26 gennaio 2022

Iraq: card. Sako (patriarca), “bellezza della diversità tra le Chiese non si trasformi in disaccordo, rivalità e isolamento”


Foto patriarcato caldeo
“La bellezza della diversità tra le Chiese non si trasformi in disaccordo, rivalità e isolamento. La nostra fede è una, i nostri riti simili così come l’essenza delle nostre celebrazioni. Le Chiese non si spoglino della loro identità”: a chiederlo il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, che ieri sera nella capitale irachena ha presieduto la chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
“L’unità – ha affermato il porporato – non è solo un’unità amministrativa, ma una dimensione teologica, spirituale e pastorale. È importante lavorare per unificare alcune espressioni teologiche e dottrinali. Le Chiese sono chiamate a vivere questa spiritualità, che era il desiderio di Cristo, ed è il desiderio di ogni cristiano”. L’unità, ha aggiunto Mar Sako, “esige da tutte le Chiese pentimento, rinnovamento e rispetto, e che ciascuna Chiesa veda nel volto dell’altra quello dell’unica Chiesa, e si sforzi di raggiungere la comunione. Il desiderio di unità sia parte essenziale della nostra fede e del nostro comportamento personale ed ecclesiale”. “Dobbiamo riconoscerci e rispettarci a vicenda e cooperare con fiducia e sincerità, specialmente nel campo dell’educazione, del settore sociale, del servizio pastorale e delle situazioni di emergenza – ha spiegato il patriarca caldeo -. Da questo punto di vista, è necessaria una lettura nuova e approfondita di della diversa eredità ecclesiastica per avvicinare le opinioni, attraverso un dialogo onesto e coraggioso, con un solo cuore e un solo spirito evangelico, come richiesto dalla situazione attuale”.

25 gennaio 2022

Patriarcato caldeo: l’uso dell’arabo nella liturgia non è un “tradimento” della Tradizione


L’uso della lingua araba nelle liturgie della Chiesa caldea non è un tradimento della Tradizione, e risponde alla vocazione missionaria di annunciare la salvezza di Cristo agli uomini e alle donne del tempo presente.
Con questi argomenti il Patriarcato caldeo risponde alle critiche mosse da alcuni circoli della diaspora caldea contro l’aggiornamento liturgico avviato dal Patriarca Louis Raphael Sako e dai Vescovi caldei, che ha portato anche alla pubblicazione di una versione in arabo del Messale.
In una nota diffusa attraverso i propri canali mediatici, il Patriarcato caldeo evidenzia che il costante aggiornamento liturgico, secondo le esigenze dei tempi, ha sempre connotato il cammino della Chiesa cattolica, ed è stato autorevolmente riproposto anche dagli insegnamenti del Concilio Vaticano II.
Ma certi “Super-Caldei” - prende atto la nota patriarcale, chiamando in causa con tale espressione ironica i critici delle recenti riforme – “non si rendono conto che il mondo è cambiato, che molti tra gli stessi caldei non conoscono il siriaco né il caldaico”, e che anche tanti non cristiani (compreso un numero crescente di musulmani) mostrano interesse per le liturgie della Chiesa caldea, “e hanno il diritto di comprendere ciò che ascoltano”. L’autorità ecclesiastica – rassicura la nota del Patriarcato caldeo - sa distinguere tra i dati essenziali originali della liturgia caldea e gli elementi posticci che sono stati aggiunti nel corso della storia. E il criterio seguito è sempre quello di comunicare alle persone la ricchezza del patrimonio liturgico nel linguaggio che può essere da loro compreso. Mentre a volte, chi si oppone a ogni aggiornamento delle forme liturgiche non ha alcuna autentica familiarità con l’origine dei riti, con la teologia che essi esprimono e il ricco tesoro che essi rappresentano per la santificazione e la salvezza delle anime. Nel recente passato, come riferito dall’Agenzia Fides, il Patriarca Sako aveva già esposto in maniera articolata lo spirito e le ragioni che hanno spinto lui e i Vescovi caldei a avviare il processo di aggiornamento della liturgia celebrata dalla propria Chiesa. La liturgia – aveva sottolineato il cardinale iracheno nel suo intervento - non è “la rappresentazione di uno show”, ma è “la più forte espressione della fede viva della Chiesa”, opera di Cristo stesso che attraverso di essa “ci chiama a inserirci nel suo mistero pasquale”. Proprio la natura intima dell’azione liturgica – aveva sottolineato il Patriarca – suggerisce i criteri elementari di ogni autentico rinnovamento delle pratiche liturgiche. Un “aggiornamento” realizzabile solo rimanendo nell’alveo della Tradizione, che non è mai “nostalgia del passato”, ma “porta avanti” la Chiesa nel suo cammino lungo la storia. Come suggeriva il grande teologo Jean Corbon, appassionato del cristianesimo d’Oriente e delle Chiese arabe, in ogni autentico rinnovamento liturgico compiuto nel solco della Tradizione si ritrova e si ripete “il mistero della sorgente: essa è sempre la stessa, ma l’acqua viva che ne sgorga è sempre nuova”.

Mons. Audo: sostegno militare dietro l’attacco Isis al carcere di Ghwayran


 La situazione “sembra stia migliorando” e l’intensità dei combattimenti pare “in calo”, ma il vero “elemento di sorpresa” è come questi gruppi armati “siano arrivati nella zona senza incontrare ostacoli e abbiano attaccato liberamente”. 
È quanto sottolinea ad AsiaNews mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo ed ex presidente di Caritas Siria, commentando l’assalto del 20 gennaio scorso alla prigione di Ghwayran, dove sono rinchiusi miliziani dello Stato islamico (SI, ex Isis) e altri movimenti jihadisti. Un attacco che ha innescato la risposta delle forze curde che controllano la zona, sostenute dai raid aerei della coalizione internazionale a guida Usa, e che per giorni ha tenuto in scacco l’area, compresa la comunità cristiana locale.
“Il sacerdote con cui sono in contatto - spiega mons. Audo - mi ha riferito dell’attacco alla prigione curda, al cui interno vi sono migliaia di prigionieri. Hanno messo a ferro e fuoco la struttura, poi sono fuggiti. La reazione dei curdi ha innescato violenti combattimenti” in cui si è registrato anche l’intervento dell’aviazione e delle forze statunitensi. L’opinione diffusa era che questi gruppi jihadisti “non costituissero più un pericolo” almeno in Siria, invece questo attacco “ha mostrato come siano ancora svegli e pronti a colpire”. I fedeli nella zona “si sono riparati all’interno delle abitazioni e nella chiesa”, ma ora pare che la situazione “si stia calmando”.
Sono almeno 45mila le persone che hanno abbandonato le proprie abitazioni ad Hassaké, nel nord-est della Siria, in un’area a maggioranza curda, teatro nei giorni scorsi di un’offensiva sanguinosa dell’Isis. A destare particolare preoccupazione la sorte di molti bambini, che potrebbero essere finiti nelle mani dei combattenti del “califfato islamico” all’indomani dell’assalto. Secondo alcune stime nel carcere di Ghwayran erano ospitati circa 850 bambini. Ieri 300 miliziani si sono arresi alle forze di sicurezza curde, mentre una prima stima parla di oltre 150 vittime nell’offensiva lanciata da Daesh (acronimo arabo per l’Isis) per la liberazione dei detenuti e delle loro famiglie.
L’attacco a sorpresa mostra quanto siano ancora presenti, e attive, sul territorio siriano (e iracheno) le cellule jihadiste. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (ong con base nel Regno Unito e una fitta rete di informatori sul territorio), dal 20 gennaio scorso sono morti 102 jihadisti, sette civili e 45 fra membri delle forze di sicurezza curde e guardie carcerarie. L’Unicef è allarmata per la sorte di quasi 850 bambini coinvolti anch’essi negli scontri a fuoco; alcuni hanno meno di 12 anni e la loro sicurezza è “in grave pericolo”.
“Mentre i combattimenti continuano - sottolineano gli esperti dell'organismo Onu per l’infanzia - aumenta il rischio di essere feriti o di essere reclutati a forza” come combattenti. L’Isis non è nuovo all’uso di bambini (ribattezzati “i cuccioli del califfato”) per missioni estreme, compresi gli attacchi suicidi o l’esecuzione di prigionieri.
 “In Iraq - spiega mons. Audo - le cellule dormienti pronte a colpire sono di più e possono contare su vaste zone desertiche per ripararsi.
In Siria meno, la concentrazione dei miliziani è nella provincia di Idlib e il controllo dell’esercito è maggiore. Per questo l’attacco ci coglie di sorpresa, per la facilità con cui si sono potuti muovere e questo fa pensare che abbiano beneficiato di un sostegno militare alle spalle”.
Questi focolai di violenza, prosegue il prelato, sono da seguire con attenzione, ma “ciò che più preoccupa è la povertà e la mancanza di lavoro, al momento resta questa la vera emergenza” per la nazione siriana ed è qui che “si concentra l’opera della Chiesa”. Infine, una riflessione sui cristiani: “Sono più deboli - conclude il vescovo - perché costituiscono una minoranza fra due forze, sono presi in mezzo a due fuochi ma, almeno sinora, non sembra che vi siano pericoli immediati di attacchi a chiese o alla comunità. Noi facciamo il possibile per restare, per essere fedeli al Paese e dare testimonianza con la nostra missione”.

20 gennaio 2022

Mosul, sotto le fondamenta della moschea di al-Nouri i resti di una chiesa?

Dai lavori di ricostruzione della moschea di al-Nouri, assieme alla chiesa dell’orologio fra i luoghi simbolo di Mosul, è emersa in questi giorni una importante scoperta: nel sottosuolo sono infatti emerse le fondamenta di un precedente edificio dedicato alla preghiera, precedente al luogo di culto islamico risalente al 12mo secolo. Secondo alcune fonti potrebbe trattarsi di una antica chiesa cristiana, costruita secoli prima della moschea diventata famosa perché proprio al suo interno il leader dello Stato islamico (SI, ex Isis), Abu Bakr al-Baghdadi, aveva proclamato il califfato il 29 giugno 2014. Il luogo di culto è stato poi in gran parte distrutto nel 2017, durante l’offensiva dell’esercito iracheno - sostenuto dagli Stati Uniti - che ha determinato la sconfitta (almeno militare) del movimento jihadista e la liberazione della metropoli del nord.
Secondo quanto spiega Khaireddine Nasser, direttore del Dipartimento antichità e del patrimonio culturale della provincia di Ninive, la sala di preghiera - precedente e ben più grande di quella attuale - è spuntata durante i lavori di scavo nelle fondamenta della moschea. Oltre alla sala sono emerse anche altre quattro stanze dedicate al rito dell’abluzione, aggiunge l’esperto, che fra loro “sono interconnesse e costruite in pietra e gesso”.
Il rinvenimento, prosegue Nasser, permette una “migliore conoscenza” della superficie della moschea di al-Nouri, della sala dedicata alla preghiera e delle vasche per le abluzioni. Ciascuna sala misura tre metri di altezza e 3,5 di larghezza e sono collocate “circa sei metri sottoterra”. La scoperta “amplifica l’importanza del sito storico e archeologico”, la cui opera di ricostruzione è sostenuta dall’Unesco e finanziata dagli Emirati Arabi Uniti (Eau) e dovrebbe concludersi nel 2023.
A destare l’interesse degli storici e della comunità cristiana locale, l’ipotesi che i resti emersi durante i lavori di ricostruzione abbiano portato alla luce i resti di quella che, ben prima della moschea, era una chiesa. Prova ne è la scoperta di alcune colonne che fanno pensare a un luogo di culto cristiano e di alcune monete risalenti al periodo selgiuqide e degli Atabeg. Per gli esperti potrebbe trattarsi della chiesa dei Quaranta martiri, che mutua il proprio nome dai santi Benham, Sarah e altri 40 cristiani uccisi a causa della loro fede nel IV secolo, durante il regno di Sapore II dei Sasanidi. Essi godono di particolare venerazione fra i fedeli delle Chiese di tradizione siriaca.

Khaleijj Times
12th century prayer room found under mosque in Iraq’s Mosul

5 gennaio 2022

Il Cardinale Sako nuovo Membro del Consiglio per l’Economia

4 gennaio 2021
Veronica Giacometti 

Papa Francesco ha nominato questa mattina Membro del Consiglio per l’Economia il Cardinale Louis Raphaël Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei. Il Consiglio per l'Economia, come si legge nella Lettera Apostolica, in forma di motu proprio, di Papa Francesco Fidelis dispensator et prudens (Lc 12,42), ha "il compito di sorvegliare la gestione economica e di vigilare sulle strutture e sulle attività amministrative e finanziarie dei Dicasteri della Curia Romana, delle Istituzioni collegate con la Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. 
Il Consiglio per l’Economia è composto di quindici membri, otto dei quali sono scelti tra Cardinali e Vescovi in modo da rispecchiare l’universalità della Chiesa e sette sono esperti laici di varie nazionalità, con competenze finanziarie e riconosciuta professionalità “. 
 Il Cardinale Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, è nato a Zākhō (Iraq) il 4 luglio 1948. Il 31 gennaio 2013, nel corso del Sinodo convocato a Roma da Papa Benedetto XVI dopo la rinuncia del Patriarca S. B. Card. Delly, è stato eletto Patriarca.Oltre all’arabo e al caldeo, conosce la lingua tedesca e parla francese, inglese e italiano. Da Papa Francesco è stato creato Cardinale nel Concistoro del 28 giugno 2018. E' Membro della Congregazione per le Chiese Orientali e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. La prossima riunione del Consiglio per l'economia è stata fissata per febbraio 2022.