"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

30 ottobre 2021

Sinodo della Chiesa Antica dell'Est in Arizona.

By Baghdadhope*

Il patriarca della Antica Chiesa dell'Est, Mar Addai II, ha convocato il santo sinodo il 28 ottobre 2021 a Phoenix, in Arizona. 
Tra le chiese cristiane storiche presenti in Iraq quella Antica dell'Est è di certo la più giovane e quella che ha meno fedeli. Essa nacque infatti solo nel 1968 quando i suoi fedeli facevano ancora capo alla Chiesa d'Oriente, diventata poi Chiesa Assira dell'Est, che era guidata dal patriarca Mar Eshai Shimoun XXIII che dopo essere stato esiliato dall'Iraq e dopo 7 anni vissuti a Cipro nel 1940 si era stabilito negli Stati Uniti. 
Nel 1964 Mar Shimoun aveva deciso di sostituire al tradizionale calendario giuliano quello gregoriano.
Una decisione che, unita a forti rivalità tribali, spinse alcuni chierici ad opporsi al Patriarca al quale chiedevano anche l'abbandono della consuetudine per la quale il titolo patriarcale da secoli passava da zio a nipote ed il ritorno della sede patriarcale in Iraq.
Da questa richieste inascoltate nacque nel 1968 la Chiesa Antica dell'Est ora guidata da Mar Addai II.

Il sinodo della Chiesa Antica dell'Est è così composto:
Mar Addai II, Patriarca 

Mar Yacoub Daniel, Metropolita Australia e Nuova Zelanda
Mar Shimoun Daniel, Arcivescovo Iraq 

Mar Gewargis Younan, Vescovo USA Est 
Mar Boutrous Tamras,  Vescovo USA ovest
Mar Timatheus Shallita, Vescovo Europa
Mar Zaia Khoshaba, Metropolita Usa e Canada





29 ottobre 2021

Pope Francis sends video to city of Mosul, praying for ‘friendship among the people’

Inés San Martín
October 27, 2021

Eight months after visiting Iraq’s war-torn city Mosul, Pope Francis sent a message to the citizens, saying that he remembers the destruction he witnessed. 
“I pray that the Lord will visit Mosul, and give her consolation after so much suffering,” Francis said. “I pray for all the citizens who died, those who were tortured, those who suffered violence. I pray for the families that today are working to rebuild the city. I pray for friendship among the people of Mosul. All brothers. I pray for Mosul.” 
“I remember the destroyed Churches … May the Lord help everyone to rebuild this city!” he said. 
Pope Francis’s words to Mosul came in the form of a video recorded by historian turned journalist Omar Mohammed, who runs the blog Mosul Eye. 
He played a key role in keeping the world informed of the atrocities perpetrated by the Islamic State Group – called Daesh by its victims – during the 2014-2017 occupation of the city. 
On Tuesday, the pontiff welcomed Mohammed at his residence in the Casa Santa Marta. 
Mohammed sent the video to Crux later that day. 
The journalist shared several moments of his encounter with Francis on Twitter, including that the pope called him personally to make the appointment: “That was the funniest and the most beautiful part of it all. He said, I wanted to do everything myself, call you and invite you. He is so cool and fun,” Mohammed wrote. He also said the pope asked to be recorded, so that he could send a message to the people of Mosul. 
Francis made history earlier this year when he became the first pope to visit Iraq, the land of Abraham. 
On March 7, the city of Mosul did its best to show the pontiff why, before being the stronghold of a terrorist organization, it was known as a crossroads of tolerance.
The Argentine had the opportunity to get a bird’s eye view of the devastation caused by the war during his helicopter ride from the nearby city of Erbil, capital of Kurdistan. 
Mosul is the administrative capital of Nineveh, and for the past 2,500 years it has represented the pluralistic identity of the region. The rise of ISIS, and the war that followed, caused vast damage to the city’s skyline, destroying landmarks such as the Al-Hadba minaret of the Al-Nouri Mosque and the clock tower of the Church of Our Lady of the Hour, the first of its kind in the Middle East. 
The Nineveh Plains is a conglomerate of small villages, many of them historically Christian: Teleskof, Batnaya, Bartella, Karamles, Qaraqosh, and others. During his visit, Francis defined the damaged structures as reminders of the “perennial human desire for closeness” to God.
The clock, he added, “for more than a century has reminded passers-by that life is short and that time is precious.”
With the help of private NGOs such as the papal organization Aid to the Church in Need, the Knights of Columbus and the Hungarian government, thousands of Christian families have been able to go home after the region was liberated. The mosque and the church are being rebuilt through the UN-sponsored program “Revive the Spirit of Mosul,” financed by the United Arab Emirates.
This is a concrete result of Pope Francis’s historic Declaration on Human Fraternity, which he signed in 2019 with the Grand Imam of al-Azhar, Cairo’s Sunni university.
In the former capital of the self-proclaimed Islamic caliphate, Francis reaffirmed the conviction that “fraternity is more durable than fratricide, that hope is more powerful than hatred, that peace more powerful than war.”
French-born Dominican Father Olivier Poquillon, who works in Mosul, told Crux earlier this month that the visit had a “very positive impact on Iraq.” “It was something positive, and Iraqi people were bringing something good to the world, instead of being the suffering ones,” he said. “The vast majority of Iraqis are Muslims, but all of them participated in welcoming the pope.”
As he was leaving Mosul, Pope Francis stopped the car and greeted a group of children who were playing on a nearby street. Poquillon later asked their grandfather if they knew who he was, to which the man said “no, but we know he was a man of God and he visited us.”
The priest said that was the significance of the pope’s visit to Iraq: “He opened the door to the weakest, to a suffering people and brought them back within the [global] community.”

26 ottobre 2021

A Erbil un museo custodirà manoscritti cristiani scampati alle devastazioni jihadiste


Manoscritti e libri antichi, sia cristiani che islamici, sottratti in anni recenti alla possibile distruzione da parte dei jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) saranno raccolti e custoditi in un museo-centro studi costituito ad hoc per volontà dei Vescovi della Chiesa caldea.
La decisione di costituire il nuovo centro di conservazione e esposizione è stata presa dagli stessi Vescovi caldei, riunitisi sabato 23 ottobre a Erbil, capoluogo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, sotto la presidenza del Patriarca Louis Raphael Sako.
Il museo sorgerà a Ankawa, distretto di Erbil abitato in maggioranza da cristiani, in un edificio adiacente all’istituto che ospita sacerdoti e seminaristi caldei. L’iniziativa vedrà il coinvolgimento diretto della locale comunità dei Padri Domenicani, da sempre impegnati nella conservazione e nello studio di libri e manoscritti antichi, che rappresentano anche una testimonianza preziosa del radicamento delle comunità cristiane autoctone di origine apostolica nelle terre dell’attuale Iraq.
Il patrimonio che confluirà nel museo è stato presentato alla riunione dei Vescovi caldei da Najib Mikhail Moussa, attuale Arcivescovo caldeo di Mosul e membro dei Frati predicatori. Prima di assumere nel 2019 la guida dell’Arcidiocesi caldea nella città che era stata occupata per lunghi anni dai jihadisti di Daesh, padre Najib Mikhail ha dedicato gran parte della sua vita alla cura e allo studio di manoscritti e testi antichi appartenenti alle antiche Chiese d’Oriente raccolti dai Padri Domenicani.
Nato nel 1955 a Mosul, fin dal 1990 padre Najib Mikhail era stato direttore del Centro di digitalizzazione dei manoscritti orientali nella metropoli nord-irachena. Fino al 2007, il patrimonio di migliaia di manoscritti e libri antichi curato dai Domenicani era custodito presso il complesso della chiesa domenicana di Mosul. Già a partire da quell'anno, per motivi di sicurezza, le opere più preziose e gli 850 manoscritti più antichi in aramaico, arabo e armeno erano stati trasferiti a Qaraqosh, città a maggioranza cristiana a trenta chilometri da Mosul.
Alla fine di luglio del 2014, la preoccupazione davanti all'avanzare dei jihadisti di Daesh – che avevano già conquistato Mosul dal 9 giugno precedente – avevano convinto i Domenicani a iniziare il trasferimento dei manoscritti e dei libri antichi nel capoluogo del Kurdistan iracheno, per salvarli dalle devastazioni iconoclaste e dai roghi di libri perpetrati dai jihadisti nelle terre da loro occupate.
Nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, anche padre Najib Mikhail era fuggito insieme a migliaia di cristiani dalla Piana di Ninive verso Erbil, portando con sé su un furgone un buon numero di manoscritti e documenti antichi dal valore inestimabile, mentre le città della Piana finivano sotto il dominio di Daesh. Negli anni successivi padre Najib Mikhail aveva coinvolto anche decine di profughi rifugiati a Erbil nell'opera di restauro di manoscritti e libri antichi sottratti alla possibile distruzione da parte dei jihadisti. La piccola impresa culturale animata dai rifugiati iracheni ha rappresentato uno sviluppo oltremodo significativo dell'opera di tutela del patrimonio culturale iracheno che da secoli vedeva impegnati in quelle terre gli appartenenti all'Ordine dei frati predicatori, fondato da San Domenico di Guzmàn (1170-1221). In quegli anni difficili, tanti profughi, cristiani e musulmani, hanno potuto acquisire competenze professionali in quest'opera di salvaguardia del patrimonio culturale della regione.

25 ottobre 2021

Preparativi finali per l'incontro a Najaf tra il Grande Ayatollah sciita Ali al-Sistani e il sunnita Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb

By Il Sismografo Blogspot

Una delegazione di alto livello in rappresentanza del sunnita Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb (Egitto) è arrivata sabato scorso in Iraq per chiudere i preparativi della visita che il dignitario egiziano farà prossimamente per incontrare a Najaf il Grande Ayatollah sciita Ali al-Sistani.
Un evento storico non solo per il mondo musulmano che segue il precedente, ugualmente storico e di natura interreligiosa, tra l'anziano leader spirituale dei sciiti e Papa Francesco (sabato 6 marzo 2021 - Allocuzioni del viaggio).
La delegazione sunnita, che per primo ha visitato Najaf, ha avuto diversi incontri con le autorità irachene e ha anche effettuato dei sopralluoghi a diverse istituzioni di rilevante significato religioso per l'Islam, in particolare per i due rami, sciiti e sunniti.
I membri della delegazione in questi giorni hanno in programma altri sopralluoghi simili in altre due città importanti: Karbala e Baghdad, la capitale. Fonti vicine alla delegazione hanno voluto sottolineare alla stampa locale che la visita del Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb, prima della fine del 2021, va inquadrata in due circostanze storiche da non sottovalutare: la prima è che l'Iraq è la terra dove si è visto nascere l'ISIS, cosa che ha causato enorme sofferenze al Paese, nella regione e in altri luoghi del mondo. L'altra circostanza riguarda la ricchezza della diversità etnica e religiosa che fa parte di questi popoli dell'area. Tra queste ricchezze il portavoce della delegazione ha sottolineato il contributo che le culture locali e molti intellettuali musulmani hanno dato alla costruzione della tolleranza e della fratellanza.
Questo è lo spirito che anima il Grande Imam di al-Azhar e questa sua disponibilità è alla base del suo prossimo incontro con il Grande Ayatollah sciita Ali al-Sistani, ha concluso.

Elezioni, vescovi caldei: ‘tensione’ preoccupante, un governo contro il baratro


I risultati delle elezioni parlamentari in Iraq del 10 ottobre hanno innescato una situazione di “tensione” in tutto il Paese che preoccupa la Chiesa caldea, il cui patriarca Sako era intervenuto alla vigilia del voto auspicando una partecipazione in massa contro i brogli.
Per questo i vescovi hanno lanciato un appello in cui chiedono ai politici di “seguire i valori della nazione e della fraternità”, guardando all’interesse pubblico più che alle “agende di partito”.
Alla classe dirigente giunge l’invito a procedere in maniera “spedita” alla formazione di un “governo di competenze nazionali” alla luce di un risultato che ha decretato la vittoria di Moqtada al-Sadr, che però non ha la maggioranza assoluta per formare un esecutivo. Egli dovrà trovare accordi in Parlamento per controllare i 165 seggi necessari.
Intanto il Gulf Centre for Human Rights denuncia attacchi ad attivisti e membri della società civile e dei mezzi di informazione, in un quadro definito “preoccupante” di violazioni ai diritti umani e torture dei civili.
Nel complesso le autorità hanno registrato almeno 77 violazioni durante la tornata elettorale a Baghdad, Kirkuk, Basra, Erbil, Nineveh, Diyala, Anbar, Wasit e Diwaniyah, con tentativi di brogli e intimidazioni degli avversari.
Polemiche si registrano anche sull’assegnazione dei cinque seggi riservati ai cristiani.
Interpellato dal sito curdo Rudaw, l’ex parlamentare Joseph Sliwa ha detto che i nuovi deputati non sono rappresentativi, perché il 90% dei loro voti non vengono da elettori cristiani, ma da sciiti e curdi, che hanno dirottato parte delle loro preferenze in modo da eleggere candidati affini o “manipolabili”.
Immediata la replica degli eletti, secondo cui il processo si è svolto in modo regolare e le denunce sono frutto del malcontento degli sconfitti. Fra quanti non riconoscono i risultati delle urne vi sono i membri della coalizione (sciita) Fatah, vicini all’Iran, che hanno indetto manifestazioni a Baghdad e in altre città fra cui Bassora, Kerbala e Kirkuk.
In risposta, la Commissione elettorale ha concesso un nuovo conteggio di 300 urne, in un clima diffuso di malcontento che preoccupa la Chiesa irachena.

Di seguito il testo del messaggio lanciato dal card. Sako e dai vescovi caldei in Iraq.
Alla luce della situazione attuale di “tensione” in Iraq, innescata dai risultati delle elezioni parlamentari, i vescovi caldei in Iraq, riuniti sotto la presidente di sua beatitudine il patriarca Louis Raphael Sako nella residenza estiva di Ankawa/Erbil, il 23 ottobre 2021, si rivolgono a tutti con questo appello:
Invitiamo tutti i politici iracheni a seguire i valori della nazione e della fraternità, al fine di garantire priorità all’interesse pubblico più che alle agende partigiane e di partito. Questo obiettivo può essere raggiunto mettendosi insieme e dando vita a un dialogo calmo e civile, all’interno del quale si possano esprimere i diversi punti di vista, per porre fine alla situazione attuale di tensione generata dalle recenti elezioni politiche.
I vescovi caldei hanno lanciato ripetuti appelli alla classe dirigente irachena, perché proceda in maniera spedita alla formazione di un governo di competenze nazionali, in grado di realizzare le richieste del popolo iracheno e di impedire al Paese di “scivolare” in una situazione sempre peggiore. Ribadiamo con forza che minacciare o usare le armi per risolvere i problemi fra i cittadini è uno dei principali “peccati” in ogni uso e tradizione, perché le armi devono essere solo un mezzo di difesa della madrepatria.
[In questi tempi bui] Possa l’Iraq essere preservato e protetto nelle coscienze dei suoi fedeli cittadini.

Appeal of the Chaldean Bishops in Iraq

By Chaldean Patriachate 

In light of the current “tense” situation in Iraq, created by the elections, the Chaldean Bishops in Iraq, assembled under the Chairmanship of His Beatitude Patriarch Louis Raphael Cardinal Sako at the Summer Patriarchal Residence in Ankawa / Erbil, on Saturday morning, October 23, 2021 addressed the following appeal:
Calling upon all Iraqi politicians to follow the national and fraternal values, in order to give priority to the public interest rather than partisan agendas. This can be achieved by getting together in a calm and civilized dialogue explaining each other’s point of view, to end the current tension generated by the recent election.
Chaldean Bishops urged Iraqi politicians to expedite the formation of a government of national competencies, capable of realizing the demands of Iraqi people and preventing the country from “slipping” for the worse.
Knowing that threatening or using weapons to solve problems between citizens is one of the major “sins” in all customs, as weapons are for the defense of the homeland only.
May Iraq be preserved and protected in the consciences of its loyal citizens.

22 ottobre 2021

Chiesa caldea: Ordinazione episcopale di Mons. Thabet Habeb Yousif Al Mekko

By Baghdadhope* - Patriarcato Caldeo

Foto Patriarcato caldeo
Si è svolta oggi ad Erbil la cerimonia di ordinazione episcopale di Mons. Thabet Habeb Yousif Al Mekko, vicario episcopale della diocesi caldea di Alqosh con diritto di successione.
Mons. Al Mekko è nato il 14 febbraio del 1976 a Karamles, uno dei villaggi cristiani della Piana di Ninive, nel nord Iraq. Ha due fratelli e tre sorelle.  
Dopo essersi laureato in Geologia ha conseguito la laurea in Teologia ed il dottorato in Scienze Patristiche presso l'Istituto Patristico "Augustinianum" di Roma, istituzione universitaria cattolica aggregata alla Pontificia Università Lateranense. 
Ordinato sacerdote il 25 luglio 2008 ha prestato servizio sacerdotale nella chiesa di Mar Addai a Karamles dal 2011 al 2014 quando ha iniziato ad operare ad Erbil a favore dei cristiani rifugiati cacciati dalle loro case di Mosul e della Piana di Ninive dall'ISIS. Dal 2017 è tornato a prestare servizio a Karamles contribuendo alla ricostruzione del villaggio devastato durante l'occupazione da parte dell'ISIS.     
Attualmente insegna Patristica presso la facoltà teologica Babel College.
La cerimonia di ordinazione è stata presieduta dal patriarca della chiesa caldea, Cardinale Mar Louis Raphael Sako, assistito dal vescovo di Alqosh, Mons. Mikha P. Maqdassi e dall'arcivescovo di Mosul Mons. Moussa Najib Mikhael O.P 
Presenti alla cerimonia per la chiesa caldea i vescovi Mons. Basel Yaldo, Mons. Robert Jarjis, Mons. Felix Shabi, Mons. Bashar M. Warda CSsR, Mons. Shleimun Warduni, Mons. Habib Al Naufali e Mons. Thomas Yousif Mirkis O.P, il Nunzio Apostolico in Iraq Mons. Mitja Leskovar e numerosi altri rappresentanti di altre chiese come quella siro-cattolica, quella siro ortodossa, quella assira e quella antica dell'est.  

“Uniti in Cristo”. Il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako rende visita a Mar Awa III, nuovo Patriarca della Chiesa assira d’Oriente

By Fides - Patriarcato caldeo

Foto Patriarcato caldeo
La condizione delle comunità cristiane autoctone nella delicata fase storica attraversata dall’Iraq e il futuro che le attende nelle terre del loro radicamento millenario sono state al centro della visita resa giovedì 21 ottobre dal Patriarca caldeo Louis Raphael Sako a Mar Awa III, neo-eletto Patriarca della Chiesa assira d’Oriente. 
Il Cardinale Sako, alla guida di una piccola delegazione caldea, è stato ricevuto dal Patriarca Mar Awa nella sua residenza a Ankawa, sobborgo a maggioranza cristiana della città di Erbil, capitale della Regione autonoma del Kurdistan iracheno. Oltre ad esprimere felicitazioni per la nomina patriarcale, il Patriarca caldeo ha augurato al suo omologo assiro di poter servire con dedizione e letizia l’antica Chiesa assira d’Oriente operando anche a favore dell’unità dei battezzati. Il Cardinale iracheno - riferiscono le fonti ufficiali del Patriarcato caldeo - ha portato in dono a Mar Awa un anello e alcuni libri liturgici.

Mar Awa, all’anagrafe David Royel, è stato eletto 122esimo Patriarca della Chiesa assira d’Oriente lo scorso 8 settembre, succedendo al Patriarca Mar Gewargis III Sliwa, che già nel febbraio 2020 aveva annunciato la sua rinuncia all’ufficio patriarcale per motivi di salute. 
Nella prima lettera di congratulazioni che il Cardinale Sako aveva inviato il 9 settembre a Mar Awa da Budapest – città dove stava prendendo parte al 52esimo Congresso Eucaristico internazionale -, il Patriarca Sako aveva manifestato la piena disponibilità della Chiesa caldea “a cooperare con voi” nel comune servizio ai battezzati e a tutti i cittadini iracheni.
Il nuovo Patriarca assiro Mar Awa, come già riferito dall’Agenzia Fides, viene dagli USA e ha studiato nelle accademie cattoliche, compreso il Pontificio Istituto Orientale. Prima di essere eletto Patriarca, era Vescovo della diocesi assira di California (USA) e Segretario del Santo Sinodo. Nato 46 anni fa a Chicago, e quindi figlio della diaspora assira negli USA, David Royel è stato ordinato diacono già a 17 anni, e in seguito ha conseguito titoli di laurea in sacra teologia presso la Loyola University di Chicago (fondata nel 1870 dai Gesuiti) e presso l’University of Saint Mary of the Lake, nota anche come “Mundelein Seminary”, storico istituto incaricato della formazione teologica e spirituale dei sacerdoti cattolici dell’Arcidiocesi di Chicago. Successivamente ha conseguito la licenza in Sacra Teologia e il dottorato presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma. È stato ordinato Vescovo dall’allora Patriarca Mar Dinkha IV nel 2008, prendendo il nome di Awa (che in lingua assira significa “padre”) e divenendo il primo Vescovo della Chiesa assira nato negli Usa. La Chiesa assira d’Oriente non ha mai avuto conflitti dogmatici diretti con il Vescovo di Roma. Il dialogo teologico ufficiale tra Chiesa cattolica e Chiesa assira d’Oriente è stato avviato nel 1984, e ha portato alla dichiarazione cristologica comune del 1994, che ha confessato la fede in Cristo condivisa tra cattolici e assiri. Adesso, tale dialogo teologico fraterno sta proseguendo sul tema dei sacramenti e della vita sacramentale della Chiesa. Già dal 2001 la Chiesa assira d’Oriente ha autorizzato esperienze di ospitalità eucaristica con la Chiesa caldea, in situazioni pastorali che lo richiedono. Un futuro documento congiunto tra Chiesa cattolica e Chiesa assira d’Oriente potrebbe attestare ufficialmente il riconoscimento reciproco della validità dei sacramenti celebrati e amministrati nelle due Chiese.
La teologia e la spiritualità della Chiesa assira e della Chiesa caldea sottolineano con forza la natura umana di Cristo. Tale prospettiva spirituale non potrebbe essere maggiormente valorizzata come una via feconda per l'annuncio cristiano nel tempo presente.
Nel settembre 2013 Louis Raphael Sako, divenuto da pochi mesi Patriarca della Chiesa caldea, aveva rivolto all’allora Patriarca assiro Mar Dinkha IV un invito ufficiale a iniziare insieme un cammino di dialogo per ripristinare la piena comunione ecclesiale tra la comunità cristiana caldea – unita al Vescovo di Roma – e quella assira. “Colgo l'occasione” aveva scritto allora il Patriarca caldeo al Patriarca assiro “per esprimere il desiderio della Chiesa caldea riguardo all'attivazione di un dialogo per l'unità, che è il desiderio di Gesù. L'inizio di questo dialogo è oggi urgente, di fronte alle grandi emergenze che minacciano la nostra sopravvivenza. Senza unità, non c'è futuro per noi. L'unità può aiutare a custodire la nostra presenza.”  Il proposito non ha avuto di fatto sviluppi, anche se all'inizio di ottobre 2013 il Patriarca Mar Dinkha aveva risposto positivamente all'appello del Patriarca caldeo, suggerendo la creazione di un “Comitato congiunto” come strumento per affrontare insieme le urgenze condivise dalle due Chiese sorelle, che hanno in comune lo stesso patrimonio liturgico, teologico e spirituale.

Il patriarca Sako celebra i primi laureati dell’università cattolica di Erbil


Foto Patriarcato caldeo
“Questa università è un luogo meraviglioso per la cultura, l’educazione, il dialogo e per questo va sostenuta”.
È quanto ha affermato ieri sera il patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, durante la solenne cerimonia di laurea del primo gruppo di giovani che hanno concluso il curriculum di studi all’università cattolica di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Un ateneo che ha aperto le porte alla fine del 2015, quando gran parte dell’Iraq era sotto la minaccia dello Stato islamico (SI, ex Isis), che aveva scelto Mosul come sua roccaforte a poche decine di chilometri dal confine con la regione autonoma. “A nome mio e della Chiesa caldea - ha proseguito il primate - desidero esprimere le mie più vive congratulazioni alla diocesi di Erbil, al suo arcivescovo, alla città di Ankawa, al personale universitario e al primo gruppo di laureati”.
La cerimonia solenne, arricchita da un intrattenimento musicale, si è svolta ieri nei giardini dell’ateneo, ad Ankawa. All’evento hanno partecipato numerose personalità religiose e civili, intellettuali, politici, il patriarca della Chiesa assira d’oriente Mar Awa III, il nunzio apostolico in Iraq, vescovi, suore, sacerdoti e parenti degli studenti. Nel corso della serata sono intervenuti anche il figlio del presidente della regione autonoma curda Idris Barzani, alcuni ministri e accademici, oltre al fondatore dell’università mons. Bashar Warda.
I presenti hanno potuto ascoltare, grazie a due filmati realizzati in precedenza e trasmessi durante la cerimonia, le testimonianze di alcuni universitari, i loro sogni e le loro aspirazioni in una realtà che non sempre ha favorito il loro percorso di studi. “La Chiesa cattolica - ha proseguito il card. Sako .- si è distinta fin dai primi secoli per le istituzioni culturali e sociali: scuole, università, enti di beneficienza per poveri, ospedali e cliniche caritative”.
L’università cattolica come il Maryamana Hospital, sempre a Erbil, sono “progetti vitali” che rafforzano il ruolo e la presenza della Chiesa stessa nella società. Nei giorni scorsi vi è da registrare l’apertura di un centro per l’autismo a Kirkuk e la posa della prima pietra del Centro Thalassima e di una struttura per i malati di Alzheimer quasi ultimata a Sulaymaniyah. Queste iniziative sociali, culturali, educative e sanitarie “preparano un futuro di convivenza” nel Paese, osserva il porporato, e offrono occasioni di conoscenza, scambio di esperienze, permettono di prepararsi alle sfide future.
Parlando delle scuole, il primate caldeo auspica che “l’educazione religiosa” sia offerta a tutti gli studenti e che non sia solo cristiana o musulmana, ma abbracci le diverse fedi perché gli studenti “possano conoscere i punti in comune ed evitare l’estremismo”. Oggi, prosegue, vi sono due “tendenze” fra i fedeli delle religioni: la prima è una visione intransigente e radicale, che non ammette revisioni rispetto a un passato immutabile. La seconda legge le religioni “in profondità” e ne ricerca “l’essenza”, o il messaggio, senza perderne “vitalità e slancio”, soprattutto in questa epoca “digitale”. Perché la religione “ha un ruolo importante” nella cosa pubblica e “non può limitarsi a riti e culto”. Il compito delle religioni “è servire le persone” preservandone libertà e dignità, conclude il porporato, e come sottolinea papa Francesco “la fratellanza umana e la fede in Dio, centro di tutte le religioni, devono unirci” rispettando “diversità e pluralismo”.

21 ottobre 2021

Polemiche post-elezioni sulla distribuzione dei seggi riservati a candidati cristiani


A pochi giorni dalle elezioni parlamentari irachene, svoltesi domenica 10 ottobre, torna anche stavolta lo strascico di prevedibili polemiche post-elezioni intorno alla distribuzione dei 5 seggi parlamentari riservati dal sistema elettorale a candidati cristiani. Le obiezioni più esplicite ai risultati relativi alla quota di seggi garantita a politici appartenenti alle locali comunità cristiane, sono state espresse dall’ex parlamentare cristiano Yussef Juseph Sliwa, spintosi a dichiarare in un’intervista diffusa dal network curdo Rudaw, che i cinque nuovi parlamentari aggiudicatari dei seggi di tale quota, in realtà non rappresentano i cristiani iracheni, visto che a suo dire il 90% dei voti espressi a loro favore in realtà non sarebbero arrivati da elettori cristiani.
L’accusa, emersa anche in occasione delle elezioni politiche irachene del 2018, chiama in causa formazioni politiche maggiori, di matrice sciita e curda, che avrebbero dirottato una parte dei propri voti sui candidati in corsa per la conquista dei seggi riservati ai cristiani, in modo da piazzare in quei seggi dei parlamentari totalmente allineati alle proprie strategie politiche. Sliwa, nella sua intervista, ha ribadito che i politici appartenenti a comunità cristiane locali – siri, caldei e assiri – non avrebbero dovuto farsi coinvolgere nei conflitti che contrappongono partiti sciiti a partiti sciiti e sigle curde ad altre formazioni politiche curde.
Alle accuse di Sliwa ha risposto a stretto giro Evan Faeq Yakoub Jabro, ex ministra per i rifugiati e le migrazioni nel governo uscente guidato da Mustafa al Kadhimi, eletta con quasi 11mila preferenze al nuovo Parlamento nelle file del “Movimento Babilonia”, dopo aver gareggiato per occupare il seggio riservato a candidati cristiani nella città di Baghdad.
In un’intervista rilanciata dal Rudaw Media Network, l’ex ministra ha difeso la trasparenza del processo elettorale, sottolineando che nella distribuzione dei seggi riservata ai cristiani si è registrata una eloquente affermazione delle candidate donne (due su cinque), segno che “la nostra società ha iniziato a fare passi avanti verso una certa apertura intellettuale”. Evan Jabro ha liquidato anche le accuse di manipolazione elettorale espresse da Sliwa e da esponenti politici cristiani come reazione comprensibile di sigle politiche uscite sconfitte dal confronto elettorale. Il “Movimento Babilonia”, come riferito dall’Agenzia Fides, ha ottenuto ben 4 dei 5 seggi riservati a candidati cristiani dal sistema elettorale nazionale. Il quinto seggio, assegnato nel distretto di Erbil, è stato assegnato al candidato indipendente Farouk Hanna Atto.
Il Movimento Babilonia è nato come proiezione politica delle cosiddette “Brigate Babilonia”, milizia armata formatasi nel contesto delle operazioni militari contro i jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) che portarono alla riconquista delle aree nord-irachene cadute nelle mani jihadiste nel 2014. Guidate da Ryan al Kildani (Ryan “il caldeo”), le “Brigate Babilonia” avevano sempre rivendicato la propria etichetta di milizia composta da cristiani, anche se risultava documentato il loro collegamento con milizie sciite filo-iraniane come le Unità di Protezione popolare (Hashd al Shaabi). Anche la sigla politica del “Movimento Babilonia” viene considerata vicina alla “Organizzazione Badr”, movimento politico che alle elezioni è confluito nella Alleanza Fatah, cartello che raggruppava nove sigle e organizzazioni sciite di orientamento filo-iraniano, uscite sconfitte dalla tornata elettorale dell’8 ottobre.
I risultati delle elezioni irachene, oltre alla sconfitta del blocco Fatah, hanno fatto registrare anche la crescita del Partito Sadrista, guidato dal leader sciita Muqtada al Sadr che nel Parlamento precedente controllava 58 seggi e siederà come prima forza nella nuova assemblea parlamentare, avendo conquistato 73 dei 329 seggi del Parlamento. La coalizione Fatah ha ottenuto solo 15 seggi a fronte dei 48 controllati dalle stesse sigle della coalizione nel precedente Parlamento, e non ha riconosciuto i risultati del voto, invitando i sostenitori a scendere in piazza.
A Baghdad i manifestanti si sono radunati nei pressi della “Zona Verde”, area dove sono concentrati gli uffici del governo e le ambasciate. Proteste analoghe si sono registrate negli ultimi giorni anche a Bassora, Kerbala e Kirkuk.
Ai seggi si è recato solo il 41% degli aventi diritto al voto, soglia che rappresenta il minimo storico delle 6 elezioni parlamentari tenutesi in Iraq dal 2003, dopo la fine del regime di Saddam Hussein. L’appuntamento elettorale, fissato per il 2022, era stato anticipato dopo le proteste popolari che nell’autunno 2019 avevano manifestato scontento generalizzato verso l’intera dirigenza politica irachena, accusata di corruzione e cattiva gestione.
I risultati delle elezioni irachene hanno registrato un'affermazione importante della presenza femminile in Parlamento. 97 deputate sono state elette, molto di più rispetto alla quota del 25% assegnata per legge (83 su un totale di seggi di 329).