"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

28 febbraio 2019

Nasce l’Intergruppo parlamentare per la difesa della libertà religiosa dei cristiani nel mondo

By Tempi 

«Fratelli d’Italia ha promosso la nascita dell’Intergruppo parlamentare per la difesa della libertà religiosa dei cristiani nel mondo perché non si può più chiudere gli occhi davanti alla più sanguinaria discriminazione al mondo, che è quella di natura religiosa che colpisce i cristiani, soprattutto nel Medio Oriente. Secondo i dati della Fondazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, un cristiano su 7 nel mondo viene perseguitato e ben 300 milioni di persone vivono in aree nelle quali subiscono discriminazioni o persecuzioni».
Lo ha detto il capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Esteri alla Camera, Andrea Delmastro delle Vedove, nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio alla quale hanno partecipato la Ong libanese Nawraj, SOS Chrétiens d’Orient, Modavi ONLUS, Steadfast Onlus e la sezione italiana della Fondazione CitizenGo.
«L’Intergruppo ha raccolto tante adesioni, hanno aderito parlamentari di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, Movimento 5 Stelle e Gruppo Misto e vuole essere un gruppo di pressione a favore della libertà religiosa nel mondo. In particolare, vogliamo avere un focus su quei trattati bilaterali con quegli Stati all’interno dei quali ancora ci sono persecuzioni o discriminazioni di natura religiosa. Oggi depositiamo, inoltre, una mozione di FdI sulla libertà religiosa e sul ricollocamento dei cristiani nel mondo: è necessario accendere i riflettori per difendere il diritto dei cristiani a non emigrare e a rimanere, nel caso del Medio Oriente, nelle terre della prima cristianità», ha aggiunto Delmastro.

26 febbraio 2019

Lamborghini donata al Papa diventa solidarietà per i cristiani in Iraq

Barbara Castelli

Aiuto alla Chiesa che soffre “darà concretezza al gesto del Pontefice finanziando la ricostruzione di due strutture della Chiesa siro-cattolica distrutte dai terroristi: l’asilo intitolato alla Vergine Maria e il centro polivalente dell’omonima parrocchia”. Così Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro, presidente e direttore di Acs-Italia, spiegano come la donazione di 200 mila euro ricevuta in seguito alla messa all’asta della Lamborghini donata da Papa Francesco si concretizzi in sostegno per le famiglie cristiane tornate nella Piana di Ninive, dopo la sconfitta militare dello Stato Islamico. Entrambi gli edifici si trovano a Bashiqa, circa 30 chilometri da Mosul. Il villaggio è stato gravemente danneggiato dalla guerra, ma la comunità cristiana è tornata numerosa. I due interventi, aggiungono Mantovano e Monteduro, “andranno anche a beneficio delle altre minoranze della zona, giacché il centro polivalente, capace di accogliere oltre mille persone, verrà utilizzato per matrimoni e feste religiose delle diverse comunità”.

Ricostruzione e speranza in Iraq

A oltre due anni dalla liberazione della Piana di Ninive, i villaggi si stanno ripopolando: lo scorso 11 gennaio erano ben 9.108 le famiglie tornate a casa, vale a dire quasi il 46% delle 19.832 che vi vivevano nel 2014, prima dell’arrivo dello Stato Islamico. Tutto questo è stato possibile grazie all’opera di ricostruzione, in larga parte finanziata da ACS, che ha permesso di riedificare o riparare il 41% delle 14.035 abitazioni distrutte o danneggiate dai terroristi.
L’intervento, che ha visto la Fondazione in prima linea, insieme con le Chiese locali, ha trovato nel Pontefice un benefattore assiduo. Nel 2016 Papa Francesco ha finanziato con 100 mila euro la “Saint Joseph Charity Clinic” di Erbil, che offre assistenza medica gratuita.

Il rombo della solidarietà

Nel 2017 la casa automobilistica italiana dona a Papa Francesco un numero unico del modello Lamborghini Huracán, di colore bianco con strisce gialle lungo la carrozzeria, in omaggio ai colori della bandiera di Città del Vaticano. La vettura, autografata dallo stesso Pontefice, è stata messa all’asta da RM Sotheby’s il 12 maggio 2018. Il ricavato della vendita è stato devoluto, oltre ad Aiuto alla Chiesa che soffre, anche alla Comunità Papa Giovanni XXIII e al Gruppo internazionale chirurghi amici della mano.

Card Sako: Quaresima di preghiera e opere per una società 'più pacifica, stabile, giusta’


I cristiani sono chiamati a “mantenere la loro identità irakena” e “aggrapparsi” a essa, superando “con coraggio” la tendenza a considerarsi “minoranza” e andando oltre “paure e dipendenze” per rafforzare “la loro permanenza” nel Paese. È quanto scrive il primate caldeo, il card Louis Raphael Sako, nel messaggio ai fedeli per la Quaresima,  in cui esorta a proseguire con pazienza nella costruzione di “legami con musulmani, yazidi e sabei”. Nella missiva, inviata per conoscenza ad AsiaNews, il presule sottolinea il “contributo” dei cristiani “alla costruzione di una società più pacifica, stabile, giusta e sicura”. 
Rivolgendosi ai fedeli in occasione del periodo di riflessione che precede la Pasqua, il primate caldeo ricorda “l’impegno di fede, umanità e patriottismo” cui sono chiamati i cristiani in quanto cittadini irakeni. “Il digiuno - prosegue - è un tempo dedicato alla preghiera, al pentimento, alla correzione di quanto è necessario” per rendere più saldi “pensieri, comportamenti e relazioni”.
Per il cardinale irakeno è essenziale utilizzare questo periodo per “aiutare il fratello bisognoso: il malato, l’affamato, l’assetato, chi è nudo e abbandonato”. Anche per quest’anno in occasione della Quaresima nelle chiese di Baghdad vi sarà una cassetta dedicata alle offerte, dove “si potrà mettere quello che si vuole. Il patriarcato - aggiunge il porporato - come in occasione del Natale contribuirà con un versamento di 50mila dollari”.
Nel messaggio egli ricorda che “la spiritualità” della Chiesa caldea è “mistica, del martirio” e connotata da “uno spirito di attaccamento alla patria”. Il dramma e le sofferenze dei cristiani sono racchiusi nei numeri: 1225 fedeli uccisi in vari episodi di violenza in Iraq; un milione ha lasciato il Paese.
E ancora, 120mila sfollati da Mosul e dalla piana di Ninive che hanno dovuto vivere per oltre tre anni nei campi profughi in condizioni di estremo bisogno (senza che il governo centrale di Baghdad sia mai intervenuto per provvedere ai loro bisogni); 58 chiese e molte moschee sono state bombardate o distrutte; circa 23mila proprietà cristiane, di yazidi e sabei sono state espropriate dalla “mafia” locale.
“Il digiuno non è solo una pausa dal cibo” ricorda il card Sako, ma deve unirsi al “digiuno dalle cattive azioni, in particolare quelle della lingua: calunnie e infamie verso gli altri”. L’appartenenza cristiana “è un privilegio, una grazia che Dio ha individuato per noi” che va vissuta “con entusiasmo e gioia” per rafforzare “una cultura dell’amore e una civiltà della pace che arricchisca la società in cui viviamo”.
“Questo digiuno - conclude il porporato - diventa una grande opportunità per approfondire la nostra fede attraverso la preghiera e la meditazione nella Bibbia. Per aiutare il fratello bisognoso suggerisco di donare cibo e bevande, medicine per i malati, contribuire allo studio per i giovani e restaurando una scuola di una delle città distrutte da Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico]”.

Message of Lent in Preparation for Easter 2019: Let us Renew our commitment to Christian Faith and Homeland

By Chaldean Patriarchate

Lent season is dedicated to: pray; self-revision; repentance; improve our thoughts, behavior and relationships; control our passions; and to help needy people, including sick, hungry, thirsty, naked and the abandoned ones. “whatever you did for one of these least brothers of mine, you did for me”.
(Matthew 25:40). Prophet Isaiah stated that too in chapter 58 verse 7 “Sharing your bread with the hungry, sheltering the oppressed and the homeless; Clothing the naked when you see them, and not turning your back on your own”. This means that every one of us is responsible for his /her brother and that God will hold us accountable for what we did to and with them.
Lent is not just to stop eating certain food for a limited time, but should be accompanied by giving up “bad” manners, especially tongue slips and gossip without knowing the truth. Fasting is actually an opportunity for training ourselves to pay attention to the spiritual calls, and the signs of times, and this is how our “ancestors” spent lent season, decently. Therefore, we must follow this spirituality in building our hope, despite the circumstances and challenges we face, on daily basis.
A “genuine” Christian, whatever is his or her position, should not allow anyone or anything affecting his or her attitude in faith negatively, and not let a single day pass without being united with Jesus Christ, the Savior, i.e. without entering the “mystery of Christ’s pascal and resurrection”.
Our Christian identity in all its’ dimensions is “a privilege and a grace from God”. We should practice it with enthusiasm and joy and look at it as a way to spread love and peace, so as to enrich the culture of our society.
In fact, Iraq is “motherland, home and identity” for Iraqi Christian, where our Church was founded, rooted, and made history, and where we were the vast majority, before the arrival of Muslims. Specifically, for Chaldeans who have been here since the time of “Abraham”. Hence, we must remain here, in spite of all the sacrifices. Therefore, Christians today, through their mission, are strongly called upon, to hold on to their Iraqi identity.
Middle East Christians are called to overcome the barrier of minority, fear and dependency, bravely and determinedly and in order to shape-up a clear vision for their stay in these countries, they should unite “with one will” and strengthen their ties with their “native” Muslim, Yazidis and Sabean citizens by enhancing trust, presence and contributing to build a more peaceful, stable, fair and secure society. This kind of relations should be considered as a commitment of faith, humanity and nationalism. On the other hand, when we do not stick to our Christian and national identity, we will be contradicting what the Lord Jesus taught us, and we won’t fulfill our ecclesiastical and national aspirations.
Therefore, during this Lenten Season, I suggest that we donate our savings of daily “meals” to buy food for the starved, medicine for the sick, tuition fees for the overloaded students, as well as rent allowance, and probably renovating a school in one of the towns that has been destroyed by ISIS “Da’ash”. This is the only way to make our lent a great opportunity to live our faith and to put into practice the Bible teaching that we follow.
In Baghdad, there will be a “box” in every Church, where you can put your donation. The Chaldean Patriarchate is allocating $50,000 for this purpose, as we did on Christmas 2018.
In summary, the spirituality of our Church is a “mystical” one, a spirituality of affection, martyrdom, and of being attached to the homeland.
I wish you all, a blessed lent


Cardinal Louis Raphael Sako
Patriarch of the Chaldean Church

A colloquio con il patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Sako. L’Iraq ora ha tutto per rinascere

By L'Osservatore Romano in Il Sismografo Blogspot
Francesco Ricupero

«La visita del Papa ad Abu Dhabi e la messa celebrata davanti a migliaia di cristiani e a milioni di musulmani hanno tracciato la strada del futuro. Sulla scia di questa importante iniziativa del Santo Padre, conclusa con il documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune, la Chiesa in Iraq continuerà a promuovere il dialogo e la convivenza tra le fedi».
È quanto spiega all’Osservatore Romano il patriarca di Babilonia dei Caldei, cardinale Louis Raphaël i Sako.

Lei ritiene che scuola e famiglia potranno essere determinanti per un futuro di pace in Iraq?
 Non ho alcun dubbio. Lo stiamo sperimentando da diverso tempo e i risultati ci stanno dando ragione. Insieme a yazidi e musulmani (sciiti e sunniti) abbiamo realizzato un opuscolo che sarà distribuito in tutte le scuole statali del Paese, dove spieghiamo i valori fondanti delle nostre religioni. All’interno di questo testo abbiamo posto l’accento sull’importanza della tolleranza, del reciproco rispetto, dell’armonia religiosa e dell’unità. Due anni, fa ho costituito un comitato, insieme alle autorità governative e ai leader musulmani, che si incontra periodicamente e discute dei problemi legati alla religione. Grazie a questa iniziativa, posso dire che abbiamo sconfitto il clima di odio e di rancore che c’era tra la popolazione. Se gli imam, per esempio, avvertono che all’interno delle loro comunità ci sono fedeli rancorosi o malintenzionati vengono subito segnalati alla polizia. Le cose sono cambiate.
Iniziative per la Quaresima?

Tante. Cristiani e musulmani andremo a visitare gli ammalati negli ospedali per dare conforto e sostegno. Faremo digiuno perché il digiuno non è individuale, ma è un cammino accompagnato da azioni concrete. Per il 7 marzo prossimo, in accordo con i leader religiosi musulmani, faremo un pellegrinaggio interreligioso a Kerbala (città sciita) e a Ur, la terra nativa di Abramo, padre della fede. Lì, faremo una preghiera comune. Questa iniziativa è stata accolta con entusiasmo non solo dai leader religiosi, ma anche dalle autorità governative che stanno lavorando per garantire supporto e sicurezza. Inoltre, ho preparato una lettera pastorale dove chiederò ai cristiani iracheni di essere fedeli al Vangelo e, allo stesso tempo, all’Iraq. La Pasqua dovrà essere un momento di riflessione, di condivisione e di pace. Lo scorso Natale, i nostri fratelli musulmani, nonostante i diktat di alcuni imam, sono scesi in strada a festeggiare con noi e a farci gli auguri. Questo è l’Iraq che vogliamo.

25 febbraio 2019

France’s former President Hollande encourages rebuilding funds while in Mosul

By Rudaw
Robert Edwards

French former President Francois Hollande visited the Iraqi city of Mosul to observe its improving, but still changing conditions than two years after the country announced the defeat of ISIS.
"The international community played its role, the coalition helped Iraqis to defeat Daesh. But now the international community must be a great support to rebuild and stabilize Iraq," he told reporters on Monday.
Hollande travelled from the Kurdistan Region's capital of Erbil to Mosul. There he visited a church, the city's minorities, and took questions from journalists.
"Today, I really wanted to come personally to see the victory. But now there must be peace, and it’s going to be a difficult job. That is why I wanted to be a witness. I was a player a few years ago," Hollande added.
He also visited the Old City in western Mosul. The area was most devastated by the conflict and where historic al-Nuri Mosque and al-Hadba Minaret were destroyed.
"It is not because Daesh seems to be eradicated that we are done here. If we don’t support each other, we will see a resurrection of those kinds of extremisms. The international community must invest here for Iraq but also for itself," said Hollande.
France's former president twice visited the Kurdistan Region and Iraq during the ISIS conflict.
He recalled visiting forces near the frontlines with then Kurdistan Region President Masoud Barzani.
"Two years ago, I came really close to here with President [Masoud] Barzani. We were on the top of a hill. I could see Mosul’s lights – few – but I could see there was life in Mosul. I could also see there was a war in Mosul," Hollande said.
Hollande thanked the Kurdistan Region for sheltering Yezidis, Christians, and other groups through the conflict.
"...it played a crucial part because, first of all, it fought against Daesh, and then because it rescued Christians, but not just them, also Yezidis and all the minorities which have been persecuted, [putting them] in camps," he added, referring to the Kurdistan Regional Government.
It continues to host 1.2 million IDPs and Syrian refugees.
"When Daesh came between 2014 and 2017, a lot of Christians were rescued and taken in by the KRG for many years. And now with Mosul’s liberation and its areas, it is possible to help them to come back, but we have to make them feel safe, and of course, secure," he added.
Hollande's visit is upon an official invitation from the Rudaw Media Network for a recognition ceremony for Gardi, a Rudaw journalist who died while covering the ISIS conflict in Mosul. He arrived in Erbil earlier on Monday.
Rudaw has established the Shifa Gardi International Award in her honor and as a tribute to all journalists who have died in the line of duty.
France’s close relations to the Kurdistan Region date back to the establishment of the no-fly zone in 1991 under the late French President Francois Mitterrand.

22 febbraio 2019

Nomina di Membro del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso


Il Papa ha nominato Membro del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso Sua Beatitudine Em.ma Card. Louis Raphaël I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei.

21 febbraio 2019

Louis Sako, cabeza de la Iglesia católica caldea, a Infovaticana: “El acusado tiene derecho a defenderse”

By Infovaticana

Minutos antes que de comienzo la cumbre sobre abusos sexuales en el Vaticano, el cardenal iraquí Louis Raphael I Sako, Patriarca de Babilonia de los Caldeos y cabeza de la Iglesia católica caldea, ha señalado a Infovaticana en Roma que “hay que tomar medidas respecto a los abusos sexuales”.
“Tenemos que hacer justicia y también hay que tener misericordia. Un hombre que es acusado, a lo mejor es inocente, y tiene que tener el derecho a defenderse él mismo”, ha subrayado el cardenal a las puertas de la Plaza de San Pedro.
Asimismo, ha explicado que es algo que “depende de la Iglesia, que debe reunir la formación del clero. La formación espiritual es básica”.
Respecto al tema de la homosexualidad ligada a los casos de abusos sexuales dentro de la Iglesia, el Patriarca de Babilonia ha subrayado que “es algo muy limitado” y ha defendido que no se debe generalizar “si son unos cien sacerdotes y obispos…” Al mismo tiempo que ha asegurado que “la Iglesia es una institución divina formada por seres humanos y los seres humanos normalmente son débiles. Pero no tenemos que generalizar y crear un fenómeno. La Iglesia está siendo atacada, y no la persona, tenemos que nombrar a las personas por su nombre”, ha concluido.

18 febbraio 2019

Patriarchi al summit di Monaco: l’Occidente è corresponsabile dei conflitti mediorientali

By Fides

La 55esima Conferenza internazionale non governativa sulla Sicurezza, svoltasi a Monaco di Baviera dal 15 al 17 febbraio, ha ospitato anche una qualificata rappresentanza delle Chiese mediorientali: il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako, insieme a Mor Ignatios Aphrem II, Patriarca siro ortodosso di Antiochia, con la loro partecipazione al summit hanno avuto modo di partecipare a molti incontri bilaterali con rappresentanti politici di diversi Paesi, e hanno svolto interventi articolati e di ampio respiro partecipando insieme a un panel sulla condizione delle comunità religiose in Medio Oriente, organizzato il 16 febbraio dalla Hanns Seidel Foundation.
Il Patriarca Sako, nel suo intervento, ha richiamato le cause di lungo periodo che hanno contribuito nell’ultimo secolo a rendere più precaria la condizione delle comunità cristiane autoctone mediorientali. Il Primate della Chiesa caldea, creato cardinale da Papa Francesco, ha ricordato che fin dal crollo dell’Impero ottomano le potenze occidentali occupanti non hanno mostrato alcuna intenzione di favorire in Medio Oriente la nascita di Stati di diritto, dove fossero garantiti a tutti i cittadini uguali diritti. Il Patriarca ha fatto riferimento al conflitto israelo-palestinese - come fattore storico che ha contribuito a alimentare l’islam politico – e al pregiudizio (risalente a vicende storiche lontane nel tempo, come le Crociate) che etichetta i cristiani mediorientali come “alleati” delle politiche e delle potenze occidentali in Medio Oriente.
Riferendosi alla situazione specifica dell’Iraq, il Patriarca Sako ha ripetuto che gli iracheni hanno sperimentato un vero e proprio caos a partire dalla caduta del regime di Saddam Hussein (2003), che ha prodotto una situazione di vuoto politico-istituzionale dove sono cresciute le piaghe del settarismo, della corruzione e della moltiplicazione di milizie e gruppi armati fuori dal controllo dell’autorità statale. “L’instabilità in Medio Oriente” ha rimarcato il Patriarca caldeo “ha contribuito al dilemma dei cristiani, a causa della ‘politica occidentale’ che incoraggia il conflitto in questa regione piuttosto che promuovere la democrazia e la libertà. In altre parole – ha aggiunto il Patriarca - i ‘decisori’ occidentali hanno fatto tutto il possibile per promuovere la loro economia e servire i propri interessi a scapito dei nostri Paesi. Per esempio, controllando petrolio e altre risorse naturali, così come la vendita di armi per entrambi i fronti dei conflitti”. Riguardo all’emergenza della Piana di Ninive, e dell’auspicato ritorno delle popolazioni cristiane fuggite da quell’area negli anni di occupazione da parte dei jihadisti dello Stato Islamico (Daesh), il Primate della Chiesa caldea ha rimarcato che il governo iracheno non ha fatto nulla per aiutare gli sfollati interni a far ritorno alle proprie case, anche a causa di prassi corrotte che spingono alcuni a chiedere soldi per il restauro di case e chiese distrutte durante il conflitto. “Abbiamo sofferto abbastanza” ha dichiarato il Patriarca caldeo, sottolineando che dall’attuale condizione di crisi i Paesi mediorientali possono uscire solo se si riconoscono l’uguaglianza dei diritti per ogni cittadino, se si emendano i programmi scolastici da ogni istigazione alla discriminazione, e se si punta a eliminare “l'ideologia della Jihad nell'Islam o della Guerra Santa nel cristianesimo e nelle altre religioni”.
Il Cardinale Sako ha anche auspicato che la recente visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti e la pubblicazione del documento sulla Fraternità umana da lui sottoscritto insieme al Grande Imam di al Azhar possano contribuire a far scomparire le cause del fanatismo religioso.
Il Patriarca siro ortodosso Mor Ignatios Aphrem II, nel suo intervento dedicato alla situazione in Siria, ha ricordato i due arcivescovi di Aleppo – il greco ortodosso Boulos Yazigi e il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim – scomparsi durante il conflitto nell’aprile 2013, e ha lamentato l’assenza di rappresentanti del governo siriano tra gli invitati al summit sulla sicurezza. Il Primate della Chiesa siro ortodossa ha rimarcato che nell’attuale fase, le sofferenze della popolazione siriana chiamata alle prese con un Paese devastato dal conflitto vengono aggravate dalla politica delle sanzioni internazionali imposte da alcuni Paesi contro la Siria.
Alla conferenza internazionale di Monaco sulla Sicurezza hanno preso parte, tra gli altri, la cancelliera tedesca Angela Merkel (molto applaudita, alla fine del suo intervento, dalla platea dei circa 450 convegnisti), il vice-Presidente statunitense Mike Pence e il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov.

Munich Security Conference (English)

Card. Sako: Costituzione, scuola e lavoro per il futuro dell’Iraq


Riformare la Costituzione e l’ordinamento del Paese, rafforzando l’obiettivo primario del “rispetto della vita”, eliminando divisioni e abusi che creano “cittadini di seconda classe”; cambiare il curriculum scolastico “aggiornando i programmi di religione” rispettando “le esigenze dei tempi moderni”; garantire “opportunità lavorative per i giovani”. Sono questi i punti delineati dal patriarca caldeo, il card Louis Raphael Sako, nel suo intervento alla 55ma edizione della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, in Germania, in programma dal 15 al 17 febbraio. Nel suo intervento, inviato ad AsiaNews, il presule ha insistito sull’importanza di “eliminare l’ideologia jihadista” nell’islam e il concetto di “guerra santa” contro i cristiani e altre religioni. 
La conferenza annuale nella città tedesca rappresenta l’appuntamento più importante al mondo in tema di sicurezza e politiche internazionali. All’evento partecipano capi di Stato e di governo, politici di primo piano, organizzazioni internazionali e rappresentanti delle Forze armante, della società civile, degli affari e dei media.
Il primate caldeo è intervenuto su invito del presidente Msc Wolfgang Ischinger, ex diplomatico tedesco un tempo ambasciatore a Washington. Nel suo discorso, il card Sako ha ricordato che l’essenza del “messaggio” religioso in genere è volto alla coesistenza e alla cooperazione, alla pace e alla sicurezza, alla libertà e alla dignità. Tuttavia, per oltre un secolo i cristiani in Medio oriente hanno sperimentato un clima di “violenza senza fine”.
Dall’impero ottomano alla Prima guerra mondiale, passando per il conflitto israelo-palestinese e l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 che ha causato violenze, confusione e innescato una spirale di terrore, sono molte le cause che spiegano la persecuzione. In particolare, l’intervento americano ha provocato una situazione di “caos”, frutto della “dissoluzione dello Stato” e preparato il terreno per l’avvento dello Stato islamico (SI, ex Isis).
Il dramma dei cristiani è racchiuso nei numeri: 1225 fedeli uccisi in vari episodi di violenza in Iraq; un milione ha lasciato il Paese; 120mila sfollati da Mosul e dalla piana di Ninive, che hanno dovuto vivere per oltre tre anni nei campi profughi in condizioni di estremo bisogno (senza che il governo centrale di Baghdad sia mai intervenuto per provvedere ai loro bisogni); 58 chiese e molte moschee sono state bombardate o distrutte; circa 23mila proprietà cristiane, di yazidi e sabei sono state espropriate dalla “mafia” locale.
Per fermare questa spirale di odio, avverte il porporato, è necessario “eliminare l’ideologia del jihad” e incoraggiare i leader religiosi musulmani a superare l’interpretazione “letterale” del Corano e degli altri testi sacri. A questo si aggiunge la promozione di una “partecipazione umanitaria e nazionale” allo sviluppo del Paese “in uno spirito di fraternità”, cui si deve affiancare “il mantenimento del patrimonio dei cristiani”.
Il card. Sako sottolinea che è “essenziale” una “rapida stabilizzazione” della piana di Ninive ormai libera dalle milizie jihadiste, ma sulla quale pende la minaccia delle forze sciite che di recente hanno messo nel mirino i cristiani. “La comunità internazionale - conclude - deve assistere gli sfollati e sviluppare una efficace strategia di lungo periodo”, per garantire “pace e prosperità” a una nazione che “si suppone ricca di risorse”.

Chaldean Patriarchate
Friday, February 15, 2019

Address of Patriarch Sako at the 55th Munich Security Conference (MSC) 2019

Munich Security Conference
(English)

15 febbraio 2019

Address of Patriarch Sako at the 55th Munich Security Conference (MSC) 2019

By Chaldean Patriarchate

Munich Security annual conference is the world’s largest gathering of its kind, on international security policy and the list of its’ attendees includes Heads of States, Governments and International Organizations, Ministers, Members of Parliament, high-ranking representatives of Armed Forces, Science, Civil Society as well as Business and Media.
At the invitation of MSC President Wolfgang Ischinger, a former German Diplomat and former Ambassador to Washington, His Beatitude Patriarch Cardinal Louis Raphael Sako arrived Munich on Thursday 14 February 2019  to participate in this important Forum.

Below is the detailed speech:

The 55th edition of Munich Security Conference MSC 15-17 February 2019
Cardinal Louis Raphael Sako, Patriarch of the Chaldean Church

I would like to express my heartfelt thanks to the organizers of the 55th edition of Munich Security Conference (MSC). It is a pleasure to be here, promoting peace and dignity for all humankind regardless of religion, gender  and nationality.
Basically, we all agree that the core of religious “message” in general, is for people to coexist and cooperate; to achieve peace and security; to assure their freedom and dignity; and to protect environment as well. However, our region has been living in a “non-stop violence” for almost one century.
Therefore, I chose the following points to address my topic

  1. Reasons Behind the Deterioration of Christians’ Situation in Iraq
  2. Perspectives for the Future
  3. Role and Impact of the International Community.

Reasons Behind the Deterioration of Christians’ Situation in Iraq

Historically, the deterioration of Christians’ situation in the region started after the Ottoman Empire era and when the west occupied the Middle East after World War I, since the occupiers have no intention to build a state of citizenship, law, justice and equality. Especially that the population of these countries was not homogeneous, both religiously and ethnically. So, the situation was ready to explode at any time in countries like Iraq, Syria, Libya, Yamen etc.
Additionally, the Israeli – Palestinian conflict is creating tension, by making Muslims believe that the west is supporting Israel against Palestinians, which in turn has motivated political Islam to use violence for taking over this region,. On the other hand, there was a common confusion in the minds of Muslims that since Crusades, the loyalty of Middle – Eastern Christians was linked to the West, which is very wrong.
Later on and since 1980, Iraq was involved in a war with Iran for eight years that resulted in one million dead people, followed by Kuwait war in 1991 triggering destruction of the infrastructure; 13 years of economic embargo; and thousands of dead, among whom were vulnerable children and women.
Moreover, Iraqis have experienced a real “chaos”, upon the fall of the Iraqi regime in 2003 and due to the dissolution of the state; firing military and police; as well as the opening of Iraqi borders, which means opening the door wide for Islamic fanatics (terrorists). All this led to sectarianism, corruption, multi-militias! Liquidation of accounts and violence committed in the name of religion, including, bombing, threatening, revenge, kidnapping, murdering, etc.
Such circumstances encouraged politicians, interested in the acquisition of power and money, to create an economic, social and security crisis in Iraq. The consequence were:

  • 1,225 Christians have been killed in various violent incidents across Iraq
  • 1,000,000 Christians left the country
  • 120,000 people were displaced from Mosul and Nineveh Plain towns at one night to face difficulties in camps for three years and half.
  • 58 Churches and many mosques have been bombed, burnt or destroyed and looted, so as Christians’ homes.
  • 23,000 properties owned by Christians, Yazidis and Sabeans were seized by “Mafias”.

Perspectives for the Future
We have suffered enough. Therefore, we need at this “critical” turning point, to think carefully about reasonable ways that enable us to solve the “outstanding” problems and maintain a common ground, where, we can treasure the culture we have built together throughout history.
I would like here to highlight some suggested solutions.

«Dopo l’Isis sunnita, adesso abbiamo l’Isis sciita in Iraq»

By Tempi
Rodolfo Casadei

A lanciare l’allarme è stato un articolo dell’Associated Press pubblicato l’11 febbraio scorso sul New York Times e dall’agenzia di stampa curda online Rudaw: a due anni e passa dalla liberazione dall’occupazione dell’Isis, la popolazione cristiana di Bartella, storica cittadina della Piana di Ninive abitata in prevalenza da siriaci ortodossi, non starebbe rientrando nelle sue case. A trattenerli nelle città curde dove si sono rifugiati nel 2014 o a spingerli all’emigrazione fuori dall’Iraq sarebbero le provocazioni e l’insicurezza causate dalle milizie sciite che controllano la località dopo la liberazione dell’ottobre 2016 e che starebbero favorendo l’insediamento di sciiti di etnia shabak al posto dei cristiani.

Fino a trent’anni fa Bartella, sede di sei chiese e di un monastero e per lunghi periodi dimora della seconda carica della Chiesa siriaca ortodossa dopo il patriarca, era demograficamente cristiana al 100 per cento. Gli shabak, in grande maggioranza musulmani sciiti, vivevano esclusivamente nei villaggi a sud di Bartella e a est di Mosul, oltre che in quest’ultima grande città. L’afflusso di shabak e di altre minoranze all’interno e nei dintorni della cittadina è iniziato ai tempi di Saddam Hussein ed è proseguito dopo la sua caduta, soprattutto per l’insicurezza di Mosul e della regione adiacente.
Il fenomeno si sarebbe accentuato alla vigilia delle elezioni del 2005 e del 2009, allorché gli shabak delle campagne hanno acquistato case in città con fondi di dubbia provenienza: secondo alcuni cristiani di Bartella avrebbero usufruito di sovvenzioni da parte di gruppi sciiti di Baghdad desiderosi di islamizzare la piana di Ninive. Alla vigilia dell’attacco dell’Isis nell’agosto 2014, i 30 mila abitanti di Bartella erano per il 60 per cento cristiani e per il 40 per cento musulmani, prevalentemente sciiti shabak. Oggi invece i cristiani sono diventati la minoranza, perché mentre quasi tutti gli shabak sono rientrati, solo il 30-40 per cento dei cristiani hanno fatto la stessa cosa. E ciò sarebbe dovuto al clima di sfiducia sorto fra questi ultimi di fronte al fatto che tutti i controlli di polizia nella cittadina sono effettuati da milizie paramilitari shabak e arabe sciite (facenti parte delle Forze di mobilitazione popolare, Pmf, in arabo al-Hashd al-Sha’abi) e da una piccola milizia cristiana (le Unità di protezione della Piana di Ninive, Npu) che non è originaria del posto, mentre alla milizia cristiana locale che garantiva la sicurezza prima dell’occupazione dell’Isis (le Forze di guardia alla Piana di Ninive, Npgf) non è stato permesso di tornare.
Le piccole milizie cristiane a causa delle loro ridotte dimensioni e della mancanza di mezzi si sono dovute appoggiare alle forze maggiori sul terreno: alcune operano alle dipendenze delle forze del governo centrale, altre sono subordinate ai peshmerga fedeli al Pdk curdo (il partito del governatore del Kurdistan, Nechirvan Barzani) e altre ancora sono alleate delle milizie sciite (Pmf). Le Npgf di Bartella sono organiche alla polizia militare (zerevani) dei peshmerga, politicamente affiliata al Pdk, e pertanto seguono il destino dei curdi: siccome Bartella è stata ripresa all’Isis dalle milizie composte da sciiti arabi del sud del paese e da shabak della zona, con l’appoggio delle Npu, i peshmerga curdi e i loro alleati delle Npgf restano fuori.
Cittadini cristiani di Bartella e in un video il sacerdote siriaco cattolico Behnam Benoka denunciano la presunta volontà di espellere la componente cristiana da parte degli shabak, che si manifesta anche con molestie sessuali prossime allo stupro nei confronti di donne cristiane. Esponenti politici di alto rango della locale comunità shabak come il deputato Quasy Abbas cercano di sdrammatizzare la situazione, affermando che gli incidenti avvenuti coinvolgono solo responsabilità individuali di elementi indisciplinati e non sono l’espressione di una congiura volta a intimidire la componente cristiana della popolazione, ma molti residenti non sono della stessa opinione. Per raccogliere maggiori informazioni ci siamo messi in contatto con un cristiano siriaco residente a Bartella, che così ha risposto alle nostre domande.
Come è cambiata la composizione etnico-religiosa di Bartella dopo la liberazione dall’Isis nell’ottobre 2016?
Il 30 per cento delle famiglie cristiane non sono rientrate perché hanno timori per quel che riguarda la sicurezza, un altro 30 per cento ha abbandonato l’Iraq e si trova nei paesi vicini in attesa di emigrare in Occidente; solo il 40 per cento circa è rientrato. Invece il 90 per cento degli shabak, compresi quelli dei villaggi della regione, sono tornati a casa.

14 febbraio 2019

Nomina vaticana: Cardinale Sako membro del Consiglio per il dialogo Interreligioso

By Baghdadhope*

Il sito del patriarcato caldeo ha da poco riportato la notizia della nomina da parte di Papa Francesco del Cardinale Louis Raphael I Sako, patriarca della chiesa caldea, a membro del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso a riconoscimento dei risultati da lui ottenuti nel campo del dialogo islamo-cristiano.   

Ninive: dopo l’Isis, le milizie sciite Shabak minacciano il futuro dei cristiani

By Asia News

Non c’è pace per i cristiani nel nord dell’Iraq. Se, da un lato, è ancora viva la memoria delle violenze perpetrate dai jihadisti dello Stato islamico (SI, ex Isis), in queste ultime settimane si profila un’altra minaccia sul futuro della comunità: le milizie sciite legati agli Shabak, che stanno di fatto ostacolando un ritorno nei luoghi originari della piana di Ninive.
Epicentro di questo nuovo capitolo della persecuzione anti-cristiana è Bartella, cittadina in cui campeggiano con sempre maggiore frequenza per le vie e le piazze immagini di miliziani in lotta contro l’Isis, uniti a stendardi che ritraggono santi e figure sacre della tradizione sciita.
“Bartella è un problema, un caso speciale” racconta ad AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, responsabile della comunità cristiana a Karamles. “In questi anni - prosegue - la presenza degli Shabak è aumentata a dismisura e i cristiani hanno paura a tornare. Almeno 600 famiglie fuggite ai tempi dello SI sono ancora a Erbil, nel Kurdistan irakeno, e non hanno al momento alcuna prospettiva di ritorno. Nella città è in atto un vero e proprio stravolgimento demografico, iniziato nel 2003 dopo l’invasione statunitense e che nell’ultimo periodo ha subito una accelerazione”.
La presenza di milizie locali sciite, aggiunge don Paolo, “crea disagio e le prospettive per il futuro destano malumore e preoccupazione”. Per il sacerdote vi sarebbe un tentativo da dietro le quinte di “modificare la demografia dell’area”, secondo alcuni un “disegno” orchestrato dalla leadership sciita e manovrato dall’esterno, con la complicità di una parte “dei politici Shabak e di esponenti a Baghdad che li sostengono”.
Fino a 30 anni fa, la popolazione di Bartella era per intero cristiana. I cambiamenti demografici degli ultimi decenni nel hanno stravolto la composizione, finendo per dividerla a metà fra cristiani e Shabak, una etnia musulmana in larga maggioranza sciita. Quando lo Stato islamico (SI, ex Isis) ha conquistato gran parte del nord dell’Iraq, compresa la piana di Ninive, l’intera popolazione di Bartella ha abbandonato l’area a causa delle persecuzioni dei radicali sunniti.
Oggi, a due anni di distanza dalla cacciata dei jihadisti del “Califfato”, meno di un terzo delle originarie 3800 famiglie che popolavano la cittadina hanno fatto ritorno. La maggior parte di esse è ancora in esilio e vi è timore a rientrate per le persecuzioni, le minacce e le intimidazioni perpetrate da alcuni esponenti della comunità Shabak, che presiede le milizie sciite che controllano l’area.

13 febbraio 2019

Patriarca caldeo: A Mosul caos ed instabilità

By Baghdadhope*

Foto Patriarcato Caldeo

Nonostante la fresca nomina dell'Arcivescovo caldeo di Mosul, il domenicano Mons. Najib Mikhail dopo un periodo di vacanza della diocesi iniziato con la cacciata dei fedeli da parte dell'ISIS nel giugno 2014 è lo stesso patriarca caldeo, Mar Louis Raphael Sako ad ammettere che la situazione a Mosul e nella vicina Piana di Ninive è ancora molto lontana dalla normalità.
E il sito patriarcale a riportare infatti le dichiarazioni di Mar Sako al sito di notizie Al Ghad Press a proposito di una situazione generale di "caos ed instabilità" in cui tutte le chiese di Mosul e della Piana di Ninive sono state distrutte perchè "bruciate o devastate" ed in cui è necessario "ricostruire l'essere umano" e lavorare per "la fine dell'estremismo ed il riconoscimento dell'altro con le sue specificità religiose, culturali ed etniche." Un'ammissione non facile considerando che è lo stesso Patriarca a ricordare come la nomina di un nuovo vescovo a Mosul dovrebbe servire proprio "ad incoraggiare i cristiani a tornare a vivere nella loro città." Un'impresa tutt'altro che facile.

Some Christian returnees again leave homes for IDP camps

By Rudaw

Zayoona camp for displaced Iraqis is seeing many Christians returning back to the camp because they have no livelihood in their places of origin.

Khlud Hanna is a Christian IDP who lived in Baghdad before ISIS.

"I need a salary or money to live. I have no one. How does one live? No one funds me. No one thinks of me. All my sisters live outside Iraq. They don’t have a good life either. I have no one," said Hanna.

She’s been alone for five years and hopes for the pre-ISIS life.

IDPs like Hanna say their hometowns are ruined and lack security and basic services. In the past week, 50 families have returned to the camp.

They say they are ignored by aid organizations.

"No one takes care of us. No one comes to say what we need to do. They come and collect data and never return. No one takes care of us. That’s the problem," said Sabriya Alyas, another Christian IDP.

Around 1.8 million Iraqis remain displaced nearly five years after ISIS began sweeping across the country.

Iraq’s Ministry of Migration and Displacement wants to send them back to their homes, but say they are cash-strapped.

"Unfortunately, we were shocked by the passing of the budget. The amount that was devoted for our ministry for 2019, which is 440 billion IQD ($370 million), was sent to provincial councils. This is the same as in 2018. Except some small changes, we don’t see a benefit to our ministry," said Star Newrozkhan, a migration ministry spokesperson.

Repeated displacement remains a concern in Iraq where basic services such as water, sewage, and electricity are lacking. 

Reporting by Halkawt Aziz

11 febbraio 2019

Iraqi Christians Fear Returning Home, Wary of Shiite Militia

By The Washington Post in AINA
Fay Abuelgasim

In the main square in the northern Iraqi town of Bartella stands a large cross, one of the few overt signs the town was historically Christian.
Nearby, a massive billboard shows Shiite Muslim martyrs alongside a photo of Iran's Ayatollah Khomeini. Posters of Iranian-backed Shiite militiamen killed in fighting with the Islamic State group hang on streets all around the city, along with banners to revered historical Shiite saints.
Thirty years ago, Bartella's population was entirely Christian. Demographic changes over the decades left the town split between Christians and an ethnic group known as Shabak, who are largely Shiites. When the Islamic State group overran the town and the rest of northern Iraq in 2014, Bartella's entire population fled -- since both communities were persecuted by the radicals.
But two years after Bartella was liberated from IS, fewer than a third of its 3,800 Christian families have come back. Most remain afraid, amid reports of intimidation and harassment by Shabak, who dominate the Shiite militias now controlling the town.
Catholic priest Behnam Benoka claimed that the Christian community is being pushed out by the Shabak. He also said multiple cases of sexual harassment have been reported to him and even one robbery of a little girl whose gold earrings were stolen. At one point, Shabak men fired guns in the air front of the town's church for over an hour.
Iqbal Shino, who moved back to Bartella with her family in November 2017, said a Shabak man grabbed her from behind in a market. She screamed and the man was caught by onlookers. She filed a complaint with the police but later dropped it to avoid problems.
"I feel like because I was a Christian, he assaulted me so that they can scare us to leave Bartella," she said.
The town's divisions point to the broader tensions around northern Iraq in the wake of the dispersal caused by the Islamic State group. Now that IS is gone, sectarian divisions are bubbling up the surface, and multiple political and armed groups are vying for power and influence, said Renad Mansour is a research associate at Chatham House, a think tank.
"That's the main priority now: Who can carve out the most influence in the area and naturally that creates a precarious security environment," he said.
Qusay Abbas, the Shabak representative in parliament in Baghdad, said incidents of harassment against Christians are just individual acts that don't represent the community of Shabak or the militias, which are part of the government-sponsored Population Mobilization Forces.
"The security apparatus has a lot of factions so it's inevitable that some mistakes would happen. There are some violations, and a lot of things, sometimes stealing, misusing their position to get money, we know that," said Abbas, who is based between Bartella and the capital. "But that doesn't mean that everyone is bad."
He said the Shabak suffered just as much as the Christians from IS.
"They both suffered collectively, so I say to the Christians brothers, please don't rely on some rumors and sectarian speeches," he said. "We can solve these problems we just need to sit down together."
The Christian community in Iraq has plummeted in the last 15 years because of attacks by Islamic militant groups, including al-Qaida and IS. An estimated 1 million Christians were living in Iraq before the U.S.-led invasion of 2003; today only a fraction remains. The Islamic State group takeover the north only worsened the disaster for the Christians, sending them fleeing for safety in the autonomous Kurdish region, where most remain.
Bartella's demographic changes began around 30 years ago, when Iraqi leader Saddam Hussein nationalized farmland that used to belong to Christians and gave it to families of soldiers killed in the Iran-Iraq war. This brought an influx of Shabak. After Saddam was toppled in 2003, another batch of Bartella land was given to families of Shabak Shiite martyrs.

7 febbraio 2019

Patriarca caldeo: riformare riti e tradizioni, per rispondere alle sfide della modernità

By Asia News
Ha collaborato p. Rebwar Basa

La Chiesa deve “dare delle risposte” alle domande e alle sfide che vengono poste dalla modernità, dal trascorrere del tempo e prepararsi per quelle “che verranno poste in futuro”. Per questo “non bisogna avere paura” di modificare riti e tradizioni, pur senza perderne la natura che “sin dalla sua formazione è missionaria”. È quanto scrive il patriarca caldeo, il card Louis Raphael Sako, in una lettera pastorale - inviata per conoscenza ad AsiaNews - incentrata “sulla originalità e sulla autenticità” del “rinnovamento” che sta interessando la Chiesa caldea.
Nella missiva il porporato esorta a non temere la “modernità” e a quanti criticano per una evoluzione dei riti, dei costumi, delle tradizioni chiede se “indossate ancora oggi l’uniforme che, un tempo, era popolare nei villaggi di origine”. Costumi e tradizioni non sono gli stessi “degli antenati” e questo cambio è fisiologico perché è un adattamento “alla nuova società”. Da qui, prosegue nella sua riflessione il card Sako, la necessità di “preparare i testi della nostra liturgia in arabo, curdo, inglese, francese, tedesco”, ovvero le lingue dei Paesi della diaspora dove sono nate in questi ultimi decenni nuove comunità caldee. Un esodo favorito, nel nuovo millennio, dall’invasione statunitense in Iraq prima e dall’ascesa dello Stato islamico (SI, ex Isis) che hanno provocato una vera e propria emorragia di fedeli.
L’intervento si inserisce in un quadro di polemiche e divisioni sulla riforma della liturgia che coinvolge molte delle Chiese orientali, alcune delle quali intendono rimanere legate in modo ostinato ai dettami della tradizione. In risposta, il porporato cita la Chiesa malabarese in India, che ha tradotto i vari riti dalla lingua originaria “caldea-siriaca, come la nostra” all’idioma malayam e ha promosso “una riforma” perché i riti “siano comprensibili ai loro credenti”.

6 febbraio 2019

Giuseppe Conte incontra a Baghdad i vertici della chiesa

By Baghdadhope

Nel corso della visita lampo in Iraq, e prima di partire alla volta della regione autonoma del Kurdistan iracheno, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha incontrato a Baghdad  il Cardinale Louis Raphael Sako, patriarca della chiesa caldea e vari esponenti religiosi tra i quali il Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq, Mons. Alberto Ortega Martìn e i due vicari patriarcali caldei, Mons. Basel Yaldo e Mons. Robert Jarjis.  Secondo quanto riferito dal Patriarcato Conte ha espresso apprezzamento per gli sforzi compiuti dalla chiesa caldea a favore del dialogo e della riappacificazione tra tutte le diverse componenti dell'Iraq. Da parte sua il Cardinale Sako ha ricordato l'importanza della recente visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti, la sottoscrizione della dichiarazione congiunta firmata da lui e dallo sceicco Ahmed Al-Tayeb, massima autorità del mondo religioso sunnita, e l'impatto positivo che essa avrà nella regione, nel processo di apertura del mondo musulmano verso quello cristiano e viceversa e nella promozione della pace.
La discussione, ha ricordato il patriarcato, non ha mancato di toccare l'argomento della riscostruzione della Piana di Ninive e l'incoraggiamento che essa darà agli sfollati perchè vi facciano ritorno. 
 
Giuseppe Conte ed il Cardinale Louis Raphael Sako


Giuseppe Conte stringe la mano al Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq Mons. Alberto Ortega Martìn. Dietro di questi i due vicari patriarcali caldei, Mons. Basel Yaldo (di profilo) e Mons. Robert Jarjis

5 febbraio 2019

Iraq’s Prime Minister Adil Abdul-Mahdi visits St George’s Anglican Church in Baghdad


The Prime Minister of the Republic of Iraq, Adil Abdul-Mahdi, has paid a visit St George’s Anglican Church in Baghdad. The Prime Minister was greeted by the parish priest, Father Faiz Jerjes, who gave a tour of the church complex, including its clinic and school, and briefed him on the Anglican presence in the Country. St George’s has a long history of peace-building and reconciliation in the region.
In 2017, Father Faiz was recognised by the Iraqi Ministry of Culture as one of the country’s Distinguished Personalities of the Year; and last year the Iraqi Army presented him with an award in honour of “his outstanding contribution to peaceful co-existence in Iraq.” Now, the Iraqi Prime Minister has added his support, thanking “Father Faiz and his staff for all they do for the nation”, the Diocese of Cyprus and the Gulf said.
Iraq has experienced near-constant conflict for since the 1940s, culminating more recently with a series of insurgency attacks, including a concerted effort by Daesh – the so-called “Islamic State” – to take control of the country. The attempt was defeated by the Iraqi army with a range of international support.
St George’s Church in Baghdad has developed a reputation for its peace-building and reconciliation ministry. And it has continued to support the local community through the provision of healthcare and education facilities. Its social initiatives include work to reconcile people from different religious groups, and to confront hate speech.
Last year the Church expanded its education provision when the head of the Chaldean Catholic Church, Cardinal-Patriarch Louis-Raphael I Sako, Patriarch of Babylon, officially opened the new Anglican School of the Redeemer – al-Fadi – extending to primary-level the already popular infant provision. Some 90 per cent of the school’s students are from Muslim families.

4 febbraio 2019

New Iraqi archbishop: Rebuilding of Mosul must include hearts and minds

By Catholic News Service

The new Chaldean Catholic archbishop of Mosul, Iraq, faces a challenge of rebuilding, but not just structurally. What is also needed, he said, is a rebuilding of minds, hearts, coexistence and peace.
One of the most important challenges facing his new mission, Archbishop Najib Mikhael Moussa told Catholic News Service, is “to give hope to our families — all Christian families, not only Chaldeans — to come back to Mosul.”
He also said it was “important to rebuild the bridge” of coexistence between Christians and Muslims as well as with Yazidis and all minorities “and to rebuild the confidence and also peace.”
“We have the same blood and the same tears. That’s why we should live together, to rebuild our future together,” he said. “When we love each other, the confidence and also the future will be rebuilt.”
“It’s very important to have good relationships among all the citizens and at the same time to protect our Christian rights,” added the archbishop, who was installed Jan. 25.
Rebuilding Mosul and the Ninevah Plain pertains not just to reconstruction and infrastructure, he said. Education also needs to be rebuilt, from the curriculum in the schools to the preaching in the mosques.
Moussa noted that “the population for the last four years has been influenced by ISIS” and “this kind of ideology is very dangerous for the future.”
“That’s why we should start with the heart and the mind.”
“It’s not easy,” the archbishop acknowledged, but he stressed that many Muslims in Mosul “are very helpful and understand that ISIS is not the solution for the future and violence is not the solution for humanity.”
Before Mosul fell to Islamic State militants in 2014, it had a Christian population of around 35,000; now, “there are no more than maybe 10 families” living there, Moussa said. Additionally, there are around 50-80 Christians attending college or working in Mosul, but they do not remain in the city at night.
The city was liberated from IS in 2017, but today, in West Mosul, 85 percent of the houses are completely destroyed, the archbishop said.
“Most of the families can’t go back to Mosul because they have no more houses,” he said. They also need jobs and want to give their children a future.
However, he said: “Forgiveness is very important. God helps us. The Holy Spirit helps us.”
Although there are no exact figures, he estimates that around 300-350 families have returned to the nearby Ninevah Plain. That area had Iraq’s largest concentration of Christians, but they, too, were uprooted by IS in the summer of 2014.
For now, the archbishop is working from the nearby city of Karamlis. He noted that his counterparts — the Syriac Catholic and Syriac Orthodox archbishops — also hope to return their seats to Mosul. Moussa said the archbishops are working together as well as with the Assyrian and other Christian churches.
Moussa said he is hoping “for the help of the international community to help Mosul rebuild” and “to help us, especially, to support these families, to rebuild their future.”
Noting that Iraqi Christians feel “very near to the church around the world,” Moussa told Catholic News Service, “God bless all the people who try to help us with prayers and support.”

Chaldean Patriarch calls for unity among Iraqis of all faiths, calls for Iraqis to support UNITAD’s investigative work against Da’esh crimes


Photo by Chaldean Patriarchate
The Patriarch of the Chaldean Catholic Church, His Beatitude Cardinal Mar Louis Raphael I Sako received a delegation from the United Nations Investigative Team for the Accountability of Da'esh/ISIL (UNITAD) on Thursday, led by the Special Adviser and Head of the Investigative Team Karim A. A. Khan QC.
The Special Adviser explained the mandate set by the United Nations Security Council to collect, preserve, and store evidence in Iraq of acts that may amount to war crimes, crimes against humanity, and genocide committed by Da'esh. The Special Adviser also outlined UNITAD's responsibility to work with survivors, in recognition of their right to accountability for crimes committed against them, or against their families. UNITAD's work is carried out with full respect for the sovereignty of the Government of Iraq and its stakeholders.
The Cardinal expressed the importance of co-existence, explaining how Christians, Muslims, and members of other ethno-religious communities in the country have always worked together for the collective good, especially in difficult times.
The Cardinal and fellow senior clergy shared their support for UNITAD's work in Iraq, and called for Iraqis of all faiths to unite in the spirit of human kindness and generosity of spirit to share information relating to Da'esh crimes with the investigative team.

Card Sako: il Papa negli Emirati , un messaggio contro odio, violenze e persecuzioni

By Asia News

Le persecuzioni contro i cristiani nella regione mediorientale sono una delle principali preoccupazioni per il papa Francesco, come ha ricordato ieri all’Angelus prima di partire per gli Emirati Arabi Uniti (Eau), dove resterà fino a domani. È quanto ha sottolineato il patriarca caldeo card Louis Raphael Sako, commentando il primo viaggio di un pontefice in un Paese del Golfo. Ricordando le persecuzioni in Iraq, Siria e Yemen, aggiunge il porporato, il papa “cercherà di voltare pagina nelle relazioni fra cristiani e musulmani” e rilanciare un cammino di pace. 
Il 70enne porporato irakeno, originario di Zakho nel nord, ricopre un ruolo di primo piano nel dialogo interreligioso nel proprio Paese. “Papa Francesco - sottolinea a The National - ci sta dicendo che ne abbiamo abbastanza. Dobbiamo vivere in pace, amore, tolleranza e rinunciare alla violenza e all’odio”.
Il papa negli Emirati, prosegue, promuoverà l’incontro fra cristiani e musulmani e cercherà di contrastare con forza i discorsi fanatici, violenti e improntati all’odio. Secondo il porporato, egli lancerà un appello a tutti i fedeli di ciascuna religione perché prendano coscienza della situazione dei cristiani nella regione e ricorderà i valori sanciti nei testi sacri e nelle scritture, che invitano alla coesistenza fra esseri umani. 
“Gli Emirati Arabi Uniti - prosegue il cardinale - sono diventati un modello per altre nazioni. Possono vantare una economia fiorente. Il nostro messaggio ai cristiani negli Eau è di tenere fede a quel Paese, alle sue tradizioni e di creare legami con i musulmani”. “Le persone dovrebbero vivere - aggiunge - e sviluppare un profondo legame con Dio e con gli altri, personale e spirituale, mettendo da parte odio, divisioni e minacce. Queste ultime non sono in alcun modo legate alla fede”. 
Il card Sako ricorda che oggi in Iraq vi sono poco meno di 500mila cristiani: “Un tempo - prosegue - eravamo il 20% della popolazione, ma il numero è calato in modo repentino è oggi si aggira attorno al 2%”. Nel Paese, afferma, si è assistito a una violazione palese del diritto internazionale, ma la visita del pontefice negli Emirati potrebbe aiutare anche i cristiani irakeni e dare loro nuova fiducia per il futuro. 
“Hanno espropriato le nostre case, siamo stati vittime di sequestri” e sebbene la sicurezza stia migliorando e dopo mesi si sia giunti alla formazione di un nuovo governo, lo status dei cristiani resta incerto. “Tutto questo - conclude - ha spinto a credere che non vi fosse più un futuro […] Abbiamo convissuto in pace per 14 secoli, mi chiedo perché la mentalità [di una parte delle persone] sia cambiata in questo modo”.