"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 ottobre 2008

Mosul, da dove fuggono i cristiani. Monsignor Warduni: Baghdad “Basta promesse, vogliamo i fatti”

By Baghdadhope

Continuano a Baghdad gli incontri volti a trovare una soluzione al problema delle violenze anticristiane avvenute nelle scorse settimane a Mosul e la conseguente fuga verso zone più sicure di migliaia di famiglie.
Di questo si è parlato durante un incontro tra il Presidente iracheno, Jalal Talabani e Monsignor Shleimun Warduni, il Patriarca vicario caldeo, incontro cui hanno partecipato anche il vice primo ministro Barham Saleh, uno dei due vicepresidenti, Tareq Al Hashimi, il presidente del Governo Regionale Curdo, Massoud Barzani, quello del Parlamento del Kurdistan, Jawhar N. Salem, un consigliere del Primo Ministro iracheno Nouri Al Maliki, ed il ministro dell’industria iracheno, Fawzi Hariri.
“Ho chiaramente denunciato il ritardo con cui il mondo, ed anche il governo, hanno reagito alla tragedia che si stava compiendo a Mosul” ha dichiarato a Baghdadhope Monsignor Warduni, che ha aggiunto di essere comunque grato al governo di aver inviato nella città le forze di polizia che comunque “preferiremmo fossero sostituite totalmente dall’esercito perché la gente ha più fiducia nei soldati.”
“Ho anche detto che dopo tante promesse è arrivata l’ora di fare qualcosa, i bambini devono tornare a scuola, i ragazzi all’università, gli uomini a lavorare, ed il Presidente Talabani ha dato ampie rassicurazioni che verrà fatto tutto il possibile perché Mosul torni ad essere sicura e le famiglie possano tornarci a vivere. Abbiamo anche discusso della cancellazione dell’articolo 50 che garantiva la rappresentatività delle minoranze alle prossime elezioni dei consigli comunali ed anche in questo campo il Presidente Talabani ha assicurato che il Consiglio della Presidenza da lui guidato reintegrerà l’articolo 50, se non nel corpo della legge almeno in forma di annessione ad esso. I nostri diritti sono stati calpestati. Noi non accusiamo nessuno per ciò che è successo a Mosul ma vogliamo che il governo scopra i colpevoli e ci garantisca la sicurezza. Per quanto riguarda le accuse che in questi giorni sono state fatte contro i curdi il Presidente del KRG, Massoud Barzani, ha negato qualsiasi loro coinvolgimento nei crimini commessi contro i cristiani. Dei nostri diritti calpestati, non some cristiani ma come cittadini, ho avuto anche occasione di parlare con l’Ambasciatore francese in Iraq, Jean-François Girault cui ho chiesto di riportare le nostre condizioni in Europa visto che la Francia è in questo periodo presidente dell’Unione Europea, e con un rappresentante della Lega Araba che ha confermato la condanna di ciò che è avvenuto a Mosul ed al quale ho chiesto che la Lega faccia pressione sul governo iracheno perché garantisca la sicurezza e la pace ai cittadini che vogliono tornare a Mosul. Nei giorni scorsi ci sono state voci di una proposta del ministero per l’emigrazione di concedere ad alcune delle famiglie fuggite dei piccoli appezzamenti di terreno per costruire delle case. Non so esattamente dove sarebbero questi terreni ma in ogni caso non è la soluzione giusta: i cittadini di Mosul devono poter tornare dove sono nati e dove hanno sempre vissuto. Questo è ciò che dirò anche al Grand Ayatollah Ali Al Sistani che incontrerò oggi a Najaf. Mercoledì, inoltre, si terrà nella chiesa del Sacro Cuore una giornata di digiuno e preghiera cui parteciperanno i cattolici della capitale, fedeli, sacerdoti, vescovi ed il nunzio apostolico Monsignor Francis A. Chullikat.”

Interrogato su quante fossero le famiglie fuggite da Mosul Monsignor Warduni ha precisato che la cifra totale si aggira sulle 2500 famiglie delle quali 2400 registrate nei villaggi cristiani del nord e le altre fuggite nella capitale o in altre città del paese, e che una trentina hanno però già fatto ritorno in città grazie alla presenza delle forze di sicurezza irachene.
“Sì, anche a me è stato detto che circa trenta famiglie sono tornate a Mosul, ma anche che l’hanno fatto perché le condizioni in cui stavano vivendo erano insopportabili.” A parlare così a Baghdadhope è Padre Amer Youkhanna che in contatto con la comunità cristiana di Mosul ne riporta le notizie ma anche gli umori e che aggiunge: “le chiese ieri erano aperte anche se per poche decine di fedeli. Mi hanno anche riferito che venerdì scorso gli imam, che nella maggior parte dei casi la precedente settimana avevano taciuto su ciò che stava accadendo in città hanno invece dichiarato il proprio appoggio ai concittadini cristiani ricordano come la religione islamica imponga la loro protezione.”
Perché hanno taciuto ed ora parlano?
“La presenza dei soldati li ha resi più sicuri. Hanno meno timore di poter essere attaccati se dimostrano la propria vicinanza ai cristiani.”
Qual è comunque la sensazione che si respira nella comunità?
“Dalle conversazioni che avuto con alcuni miei concittadini direi che l’opinione comune è che un terzo dei cristiani che hanno lasciato Mosul vi faranno prima o poi ritorno, un terzo rimarrà a vivere in altre zone del paese ed un terzo cercherà invece di espatriare. La speranza di tutti però è che i crimini commessi vengano puniti e che non si risolvano come è stato nel caso della morte di Monsignor Rahho con l’incriminazione di un singolo che funga da capro espiatorio. Gli iracheni cristiani devono sentirsi tutelati ma per ora non hanno molte speranze.”