"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

30 maggio 2007

Confermato lo svolgimento del sinodo della chiesa caldea in Iraq

Confermato al SIR lo svolgimento del sinodo della chiesa caldea irachena.

SIR: IRAQ. DAL 1 GIUGNO AD AL QOSH IL SINODO DELLA CHIESA CALDEA

Si apre il 1 giugno ad Al Qosh, cittadina nel nord iracheno, a 25 chilometri da Mosul, il Sinodo della chiesa caldea. A confermare la notizia al Sir è il procuratore caldeo presso la Santa Sede, padre Philip Najim. Al centro dei lavori sicuramente “la situazione dei cristiani in Iraq, il futuro del seminario Babel college e la condizione delle diocesi dentro e fuori l’Iraq”. “A preoccupare molto i vescovi – dichiara il procuratore caldeo – è la persecuzione in atto contro la minoranza cristiana. Una vicenda che sta a cuore del Santo Padre che spesso parla della situazione che sta vivendo l’Iraq. E’ un sinodo che giunge in un momento cruciale per l’Iraq. Spero che questo sinodo in qualche modo riesca a svegliare l’opinione pubblica e la comunità internazionale su quanto sta avvenendo nel Paese. A volte sembra che ci si stia abituando a sentire e vedere morti e stragi e questo non può e non deve accadere”.

Fatti e non parole per gli iracheni cristiani

By Baghdadhope

A leggere le cronache degli ultimi giorni sulla tragica situazione dei cristiani risulta evidente quanto la differenza tra parole e fatti sia in Iraq più che mai grande.
Le parole sono quelle che, dopo l’accorato appello dei vertici delle chiese irachene, tutti stanno spendendo a favore dei “fratelli cristiani” che nei fatti però nessuno difende.
Non lo fa il governo, incapace di garantire la sicurezza, e che in un estremo tentativo di recuperare dignità, ed una facciata democratica di garante “anche” delle minoranze, lancia un’operazione militare congiunta con le forze americane nella zona di Dora, da più di un anno ormai diventata il cimitero della cristianità irachena, e terreno di lotta tra fazioni sunnite e sciite che ne rivendicano il possesso.
Ergere barricate, istituire posti di blocco, impedire agli abitanti rimasti di lasciare la zona o ad altri di entrarvi, imporre tre giorni di coprifuoco, e accordarsi perchè i soldati americani procedano casa per casa alla ricerca delle milizie che hanno insanguinato il quartiere in perfetta impunità per mesi, sa tanto infatti di stalla chiusa dopo la fuga dei buoi, e certamente non servirà a riportare a Dora coloro che, cristiani, ma anche musulmani, ne sono fuggiti terrorizzati.

Nè serviranno le promesse dello stesso Primo Ministro Nouri Al-Maliki che ha dichiarato di aver predisposto l’assegnazione di 100 milioni di dinari iracheni per la ricostruzione ed il restauro di edifici di culto cristiani danneggiati o distrutti. Sebbene 100 milioni di dinari iracheni corrispondano a circa 80.000 $, una cifra ragguardevole in Iraq, è chiaro come essa non sia sufficiente nè a sanare materialmente i danni nè, soprattutto, a risolvere i problemi che gli iracheni cristiani hanno. Problemi non certamente legati alla agibilità delle chiese quanto al fatto che la mancanza di sicurezza ha svuotato le stesse dai fedeli.
In un Iraq dove il caos permette che ognuno si dichiari capo di se stesso vuote suonano anche le parole dei rappresentanti delle diverse anime religiose del paese. Così la condanna epressa dal Gran Muftì sunnita Jamal Abd Al-Kareem Al-Dabban
nei confronti dello “spargimento di sangue iracheno a dispetto dell’appartenenza religiosa e del credo” e la sua preoccupazione per la sorte dei “fratelli cristiani” non hanno avuto alcun effetto ad esempio sull’imam sunnita della moschea An-Noor a Dora, nominato “principe” della zona dall’organizzazione armata Stato Islamico in Iraq, che pretende dalle famiglie cristiane il pagamento della “jizya” la tassa di protezione o, in alternativa, la loro conversione all’Islam o l’allontanamento “volontario” dal quartiere.
Da parte sciita poi a pronunciarsi contro le violenze sui cristiani è stato addirittura Moqtada As-Sadr che, come ha riferito la televisione iraniana Alalam, tornato alle scene dopo mesi di silenzio venerdì 25 maggio a Kufa, ha chiesto un calendario per il ritiro delle truppe straniere in Iraq, ha appoggiato un’apertura verso i “fratelli sunniti” con i quali cooperare, ed ha promesso di proteggere loro, ma anche le minoranze cristiane, dalle fazioni sunnite violente e da Al-Qaeda, perchè “uccidere sunniti e cristiani è un peccato ed obbligare questi ultimi alla conversione all’Islam è spregevole.”
Come voglia Moqtada As-Sadr tradurre in pratica queste parole non è ancora chiaro. Affidando la “protezione” dei cristiani all’Esercito del Mahdi, la sua milizia? Se così fosse bisognerebbe chiedersi quale sarebbe il prezzo da pagare per i cristiani. Proprio oggi, infatti, l’agenzia AINA pubblica, in arabo ed in inglese, il testo di una lettera senza data firmata dall’Esercito del Mahdi ed indirizzata alle famiglie cristiane di Baghdad. In essa, appellandosi alla Vergine Maria, si ordina alle donne cristiane di seguirne l’esempio e di velarsi il capo, un’usanza che le irachene cristiane hanno sempre seguito, ma solo all’interno degli edifici di culto per rispetto della sacralità del luogo, ma che ormai è diventata per loro un modo per cercare di passare inosservate nel mare nero di donne islamiche. La mancanza di data della lettera può fare sperare che essa sia antecedente ai buoni propositi di Moqtada As-Sadr, se così non fosse, però, il comandante in capo dell’Esercito del Mahdi dovrebbe capire, e con lui tutti gli altri, che gli iracheni cristiani non devono essre “protetti” ma “rispettati.” Se è chiaro a tutti ormai che sperare in una democrazia irachena sia un’utopia, il pensiero di uno stato civile non ha ancora abbandonato del tutto chi ama, o dice di amare l’Iraq, ma non c’è civiltà se non nel rispetto di “tutte” le componenti della società, senza pregiudizi etnici e religiosi, e nella salvaguardia di tutte le tradizioni purchè non contrarie al diritto umano, ed un capo femminile scoperto certamente non lo è.
Tra tante parole e pochi fatti intanto gli iracheni cristiani continuano a soffrire, ed in questo tragico scenario si dovrebbe tenere nel prossimo futuro un sinodo della Chiesa Caldea dove certamente le questioni liturgiche lasceranno il passo a quelle più scottanti di una realtà sempre più insostenibile.

29 maggio 2007

Christian religious leaders condemn the attack to Abdul Qader Al-Kilani Sunni mosque in Baghdad

According to an official communiqué undersigned by Chaldean Patriarch Mar Emmanuel III Delly and by Mgr. Avak Asadorian, bishop of the Armenian Apostolic Church, the Council of the Leaders of Christian Churches in Iraq strongly condemns the attack to the Abdul Qader Al Kilani Sunni mosque in the Sinak area in Baghdad.
The attack “to all Iraq and all Iraqis without exception can undermine the unity of the country and to foment discord and division.”
The Christian leaders appeal also to unity and love among all the factions and religions of Iraq, homeland of human civilization.

I capi religiosi cristiani condannano l'attacco alla moschea sunnita di Abdul Qader Al-Kilani

In un comunicato ufficiale sottoscritto dal Patriarca Caldeo Mar Emmanuel III Delly e dal vescovo della Chiesa Armena Apostolica Monsignor Avak Asadorian, il Consiglio dei capi delle chiese cristiane in Iraq condanna fermamente l'attacco avvenuto a Baghdad contro la moschea sunnita di Abdul Qader Al Kilani nella zona di Sinak.
Un attacco "a tutto l'Iraq ed a tutti gli iracheni senza eccezione, in grado di minare l'unità del paese e di fomentare discordia e divisione."
I capi cristiani si appellano anche all'unità ed all'amore tra tutte le fazioni e le religioni dell'Iraq, terra di origine della civiltà umana.

26 maggio 2007

Finalmente gli USA decidono di aiutare gli interpreti che hanno lavorato per loro in Iraq ed Afghanistan

Fonte: Reuters

Washington. La Camera dei Rappresentanti americana lo scorso martedì ha dato la sua approvazione ad una legge che garantirà i visti per immigrazione a centinaia di traduttori iracheni ed afghani che hanno messo a rischio le proprie vite aiutando le forze armate USA.

Clicca su "leggi tutto" per l'articolo della Reuters tradotto in italiano
Con 412 voti a favore ed 8 contrari la Camera ha approvato la proposta di legge già passata in Senato alcuni mesi fa e che ci si aspetta venga ratificata anche da George W. Bush. La legge garantirebbe più di 500 visti speciali per gli interpreti ed i traduttori che hanno aiutato gli americani in guerra.
“Questi traduttori e questi interpreti che hanno coraggiosamente lavorato al fianco delle nostre truppe hanno bisogno del nostro aiuto immediato. Accusati di collaborazionismo molti di loro sono bersaglio delle squadre della morte, delle milizie e di Al-Qaeda” ha dichiarato il rappresentante democratico californiano Howard Berman.
I Democratici hanno fatto pressione sull’amministrazione Bush perché gli Stati Uniti ammettano un numero maggiore di rifugiati iracheni ma hanno riconosciuto che la legislazione a riguardo riuscirà ad aiutarne solo un numero limitato. Si stima che circa 4 dei 24 milioni di iracheni siano fuggiti dal paese a causa delle violenze settarie o hanno abbandonato le proprie case rifugiandosi in aree dell’Iraq più sicure.
I legislatori si sono lamentati del fatto che lo scorso anno gli Stati Uniti abbiano accettato solo 220 iracheni sui 70000 posti destinati all’accoglienza dei rifugiati da tutto il mondo, e ciò a dispetto del peggioramento della crisi del paese.

Tradotto ed adattato da Baghdadhope

Grave lutto nella chiesa caldea: scomparso Monsignor Gabriel Bacos

Foto: www.st-adday.com

Il sito ufficiale del Patriarcato Caldeo ha annunciato il decesso dopo lunga malattia di Monsignor Gabriel Bacos spentosi nel Monastero del Sacro Cuore di Mosul.

Vescovo Vicario della diocesi caldea di Mosul nato nel 1923, Monsignor Bacos ha trascorso la sua vita in quella città dove ha completato la propria formazione ed espletato il suo dovere in seno alla chiesa caldea.
I funerali sono stati celebrati a Mosul dal vescovo della città, Monsignor Faraj P. Rahho.
La scomparsa di Monsignor Bacos rappresenta il terzo grave lutto che in pochi mesi ha colpito la comunità caldea, alla fine di febbraio si era infatti spento Monsignor Abd Ahad Sana, ed agli inizi di aprile Monsignor Stephane Babaqa.
L'unica consolazione, se di ciò si può parlare, è che malgrado il periodo nerissimo che la comunità irachena cristiana sta attraversando, i tre prelati sono tornati alla casa del Signore per cause naturali.

25 maggio 2007

Altre voci irachene contro le violenze sui cristiani

Fonti: Ankawa.com e AINA

Le parole del Patriarca caldeo Mar Emmanuel III Delly a proposito della situazione dei cristiani in Iraq, ed il suo appello alle forze di governo perchè la tragedia di quella minoranza possa terminare, e con essa le violenze che hanno portato migliaia di famiglie alla fuga verso il nord del paese o l’estero sembra stiano trovando riscontro. Alle voci che chiedono il rispetto delle minoranze si sono unite quelle del Ministero dei Diritti Umani e quella della del massimo esperto sunnita di legge islamica .
La dichiarazione del Ministero dei Diritti Umani raccolta dall’agenzia agenzia di stampa kuwaitiana KUNA e riportata da Ankawa.com, ha definito “inaccettabili” le minacce verso la popolazione cristiana, un pericolo per la pacifica coesistenza di varie realtà basata sui valori delle diverse religioni. IL Gran Muftì sunnita Jamal Abd Al-Kareem Al-Dabban, della High Commission of Legal Opinion ha da parte sua espresso “tristezza e preoccupazione” per ciò che sta accadendo ai “fratelli cristiani” proibendo, inoltre, lo “spargimento di sangue iracheno, a dispetto dell’appartenenza religiosa e del credo” e condannando addirittura i colpevoli.

24 maggio 2007

Primo corso di lingua curda per i cristiani del nord dell'iraq



"Il primo corso è terminato oggi" ha dichiarato a Baghdadhope Padre Rayan P. Atto, parroco della Chiesa Caldea di Mar Qardagh ad Erbil. Il sacerdote si riferiva al corso di lingua curda * che la sua chiesa, in collaborazione con il Governo Regionale Curdo, ha offerto ai quei cristiani che trasferitisi nel nord Iraq per la drammatica situazione del resto del paese hanno qualche problema con la lingua curda.
D: Com'era articolato il corso?
"Il corso è durato un mese, due ore al giorno - lingua scritta ed orale - per cinque giorni alla settimana. La frequenza era obbligatoria e tre assenze portavano all'esclusione dello studente. Oggi ben 16 studenti hanno superato l'esame del primo livello ed hanno ricevuto il diploma ed anche 50.000 Dinari (circa 40 Euro) a parziale rimborso delle spese di trasporto visto che il corso era gratuito. "
D: Il diploma è riconosciuto?
"E' il primo corso di questo tipo ed è anche stato molto breve. In questo senso non ha un riconoscimento formale da parte del Governo Regionale Curdo che pure lo ha sostenuto, diciamo però che sarà utile per i curricula degli studenti in cerca di un lavoro, e che a garantirne la serietà è il professore che ha firmato i diplomi."
D: Ci saranno altri corsi di questo tipo?
"Vorremmo non solo ripeterlo quanto istituire anche corsi di livello superiore, ad esempio per gli studenti già diplomati, e per chi ha già una conoscenza di base della lingua. Siamo certi che corsi di questo tipo possano avere non solo una utilità pratica quanto anche morale, i cristiani che hanno lasciato tutto dietro di sè per sfuggire alle violenze hanno bisogno di impegnarsi a costruire il proprio futuro."

* Il corso è intitolato a Monsignor Yacoub Denha Scher, vescovo caldeo di Erbil deceduto nel 2005

Per le fotografie della festa di diploma presso la chiesa di Mar Qardagh vai al sito:
http://www.mar-qardagh.com

Articolo ed intervista di Baghdadhope

Artisti contemporanei iracheni in mostra a Roma



Fonte: Adnkronos

Evento promosso dal ministero degli Esteri e dalla CVAS
Iraq, la voce degli artisti
Una mostra di arte contemporanea irachena apre i battenti domani a Roma, a Castel Sant'Angelo, con le opere di 12 artisti i cui lavori costituiscono un tributo alle vittime di Saddam e delle violenze di questi giorni.

Alcune immagini delle opere dal sito di Adnkronos

Roma, 24 mag. - (Aki) - La mostra d'arte contemporanea irachena e di fotografia 'Mondo da Ritrovare', che si svolgerà a Castel Sant'Angelo dal 25 maggio al 10 giugno, è "un'occasione per prendere contatto con gli artisti italiani". Lo hanno dichiarato all'AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL il pittore Zamel Nasser Inad e il fotografo Ziyad Turki, due dei 12 artisti che presenteranno i loro lavori all'evento promosso dal ministero degli Affari Esteri Direzione Generale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente - Task Force Iraq in collaborazione con la Contemporary Visual Arts Society (CVAS), la prima organizzazione culturale costituita in Iraq dopo l'aprile del 2003, e organizzato da Adnkronos Comunicazione.Il merito al contributo artistico in favore di Baghdad e della sua gente, Inad ha spiegato che i suoi lavori sono un tributo a "tutte le vittime innocenti in Iraq, quelle dell'ex regime di Saddam e quelle di oggi. La vittima se ne va in un attimo, ma dopo i suoi cari patiscono enormi sofferenze". In questo senso le sue opere vogliono esprimere il "grido di aiuto delle famiglie di queste vittime, di cui anch'io faccio parte". Infatti, più di un anno fa il fratello di Inad è stato rapito e da allora non si è più saputo niente di lui. Da quell'episodio Inad e i suoi familiari sono stati costretti a lasciare l'Iraq e a rifugiarsi in Siria. A Baghdad, dove viveva, gli risultava impossibile "anche solo trovare il materiale basilare per dipingere", ha detto. L'esperienza artistica di Inad, diplomato in educazione fisica, nasce come esigenza di esprimere i propri sentimenti, soprattutto alla luce della situazione in cui è sprofondato il suo paese. Diverso il percorso di Ziyad Turki, che dopo il diploma in studi teatrali ha frequentato vari corsi serali di fotografia, specializzandosi in questo settore. I personaggi che appaiono nei suoi lavori "sono le vittime delle emigrazioni, le cui case sono state distrutte dai bombardamenti, dagli attentati e dalle operazioni militari". La sua arte prende in considerazione soprattutto "la distruzione, la rovina, la fuga delle famiglie, la privazione di un rifugio". Turki, che ha lavorato anche alla realizzazione di diversi documentari, è stato costretto a scappare in Siria dopo aver ricevuto una serie di minacce legate alle sue attività. "Lavorare a Baghdad al momento è impossibile, perché la fotografia mette in evidenza delle realtà nascoste che non giova a nessuno svelare", ha detto."I miei colleghi sono costretti a nascondere le loro macchine fotografiche nelle borse per rubare scatti che potrebbero rovinare loro la vita, se venissero scoperti", ha aggiunto. Turki è tuttavia convinto che "l'arte sia profondamente legata al nostro amore per la vita. Dare espressione a ciò che accade attorno a noi: questo è il nostro scopo", ha concluso l'artista.

23 maggio 2007

Iraqi Goverment declaration about Iraqi Christians plight




Sign the International petition to support the Iraqi Christians.
Click
here to sign.



AINA (Assyrian International News Agency) agency posted yesterday its English translation of Iraqi Government declaration about Iraqi Christians plight.

Republic of Iraq
Spokesman for Iraqi government
May 22, 2007
The official spokesman of the Iraqi government declared the following:The Iraqi Cabinet addressed the issue of threats and expulsions of Christian families in Baghdad by terrorist groups. The Cabinet expressed its full support to provide all necessary assistance needed to protect them, and provide any assistance to face this threat that is rejected by our orthodox Islamic religion and the forgiving Iraqi society, between all of its components -- especially the relationship with our Christians brothers.

Click on "leggi tutto" for the 24 May 2007 Asia News article
Asia News
Thursday May 24 2007 12:24
Iraqi government offers its “full support” to the persecuted Christians of Baghdad
In an official statement the Iraqi cabinet pledges protection to Christian families persecuted by Islamic extremists and condemns all violence perpetrated against the Christian community. Christians in Iraq welcome favourably the government’s statement, but call for “concrete steps”. Muslim religious leaders speak out in defence of their “Christian brothers”. The Iraqi government has expressed its solidarity to the Christians of Baghdad and has pledged to protect them. In a statement in English reported yesterday by the AINA news agency, a spokesman for the Iraqi government said that the “Iraqi Cabinet addressed the issue of threats and expulsions of Christian families in Baghdad by terrorist groups. The Cabinet expressed its full support to provide all necessary assistance needed to protect them, and provide any assistance to face this threat that is rejected by our orthodox Islamic religion and the forgiving Iraqi society, between all of its components—especially the relationship with our Christians brothers.” Iraqi Christians, both at home and abroad, have welcomed the government’s statement, which they have been waiting for a long time following many complaints by bishops and the clergy. They note however that the statement is only about intentions and that it does not contain any concrete steps to limit the campaign of persecution directed at the Christian community in the capital and Mosul. These two cities are at present the most affected by violence, threats and abuses, including seizure of property and forced conversion to Islam. Similarly, Muslims are coming to the defence of their ‘Christian brothers’ in two ways. On the one hand, there are secular groups, unarmed and with no political influence, who in Baghdad have organised some protection for persecuted Christian families, including giving them refuge in their own homes; on the other, there are Muslim religious leaders who are speaking out against bloodshed regardless of faith. This is the case of the secretary general to the grand mufti of Iraq who in a signed message said: “We hear with sadness and distress about what is happening to our Christian brothers in Iraq. We [. . .] incriminate the perpetrator (sic).” A few days ago, Shia leader Hussain Sadr also spoke about the issue. In an interview to a Christian satellite channel, he expressed his solidarity vis-à-vis his “Christian” brothers and all of Iraq’s minorities.

Dichiarazione del governo iracheno sulla situazione dei cristiani in Iraq

Firma la Petizione internazionale a favore degli iracheni cristiani.
Clicca qui per il testo in inglese ed italiano e per la guida alla firma in italiano.

L'agenzia AINA (Assyrian International News Agency) ha diffuso ieri la traduzione inglese della dichiarazione del governo iracheno sulla situazione dei cristiani in Iraq.

Di seguito la traduzione in italiano ed il testo inglese diffuso da AINA in attesa, se possibile, di un comunicato ufficiale e di un testo più preciso da parte dello stesso governo iracheno.

Repubblica dell'Iraq
Portavoce del Governo Iracheno
22 maggio 2007
Il portavoce ufficiale del governo iracheno ha dichiarato:
Il Gabinetto iracheno ha esaminato la questione delle minacce e delle espulsioni delle famiglie cristiane di Baghdad da parte di gruppi terroristici. Il Gabinetto ha espresso il suo pieno sostegno affinchè si prendano le necessarie misure per la loro protezione, e sia dia loro sostegno nell'affrontare tali minacce contrarie alla religione islamica ed alla società irachena basata sulla tolleranza per tutte le sue componenti - specialmente nei confronti dei nostri fratelli cristiani.

Republic of Iraq
Spokesman for Iraqi government
May 22, 2007
The official spokesman of the Iraqi government declared the following:
The Iraqi Cabinet addressed the issue of threats and expulsions of Christian families in Baghdad by terrorist groups. The Cabinet expressed its full support to provide all necessary assistance needed to protect them, and provide any assistance to face this threat that is rejected by our orthodox Islamic religion and the forgiving Iraqi society, between all of its components -- especially the relationship with our Christians brothers.

Clicca su "leggi tutto" per l'articolo di Asia News del 24 maggio 2007
Giovedì 24 maggio 2007 10:56
Governo iracheno: “pieno sostegno” ai cristiani perseguitati a Baghdad
In un comunicato ufficiale il Consiglio dei ministri promette protezione alle famiglie perseguitate dagli estremisti islamici e condanna la violenza perpetrata contro la comunità. Cristiani in patria accolgono con favore la dichiarazione di Baghdad, ma chiedono ora “provvedimenti concreti”. Anche leader religiosi musulmani si schierano a difesa dei “fratelli cristiani”.

Il Consiglio dei ministri iracheno esprime solidarietà e promette protezione ai cristiani di Baghdad. In un comunicato ufficiale diffuso ieri nella traduzione inglese dall’agenzia Aina, il portavoce del governo dichiara che “il Gabinetto ha esaminato la questione delle minacce e delle espulsioni delle famiglie cristiane di Baghdad da parte di gruppi terroristici. Il Gabinetto ha espresso il suo pieno sostegno affinché si prendano le necessarie misure per la loro protezione e si provveda a dare loro assistenza nell'affrontare tale minaccia contrarie all’ortodossia della nostra religione islamica e alla società irachena basata sulla tolleranza per tutte le sue componenti - specialmente nei confronti dei nostri fratelli cristiani”.
I cristiani iracheni, in patria e all’estero, accolgono con favore la dichiarazione del governo, attesa da tempo dopo le numerose denunce di vescovi e clero; notano però che si tratta per ora “solo di intenzioni” e che il comunicato ufficiale non contiene alcun provvedimento “concreto” per arginare la campagna di persecuzione diretta contro la comunità nella capitale e a Mosul; sono queste le due città al momento più colpite da violenze, minacce e soprusi come la confisca dei beni e l’obbligo di convertirsi all’islam.
Intanto anche parte del mondo musulmano in Iraq si schiera in difesa dei “fratelli cristiani”. Si tratta di due tipi di sostegno: da una parte ci sono gruppi laici, non armati e senza influenza politica che a Baghdad si organizzano in difesa delle famiglie cristiane perseguitate, alcuni ospitandole nelle proprie case; dall’altra vi sono leader religiosi che stanno parlando contro ogni spargimento di sangue senza distinzione di fede. È il caso del Segretario generale del gran mufti dell’Iraq, che in un messaggio a sua firma dice di “avere appreso con tristezza e dolore ciò che sta avvenendo ai nostri fratelli cristiani e ne condanniamo i responsabili”.
Pochi giorni fa si era espresso sul problema anche il leader sciita Hussain Sadr. In un un'intervista ad un canale satellitare cristiano ha dichiarato la propria solidarietà nei confronti dei "fratelli" cristiani e di tutte le minoranze irachene.

21 maggio 2007


PADRE NAWZAT P. HANNA E' STATO LIBERATO QUESTA SERA A BAGHDAD DOPO DUE GIORNI DI SEQUESTRO.
Secondo le prime notizie sta bene ed è al sicuro.
Ne dà notizia anche il sito della chiesa di Mar Qardagh ad Erbil


FATHER NAWZAT P. HANNA HAS BEEN RELEASED IN BAGHDAD TONIGHT AFTER HAVING BEEN KIDNAPPED TWO DAYS AGO.
According to first news he is ok and safe.
Reported also by Mar Qardagh church web site in Erbil

La notizia del rilascio di Padre Nawzat data ieri sera da Baghdadhope è stata confermata questa mattina dalle agenzie di stampa vaticane. Leggi le interviste a
Monsignor Sako
(Kirkuk) e Monsignor Warduni (Baghdad)

The news of Fr. Nawzat's release reported yesterday night by Baghdadhope has been confirmed by the vatican press agencies. Read the interviews to Mgr. Sako (Kirkuk) and Mgr. Warduni (Baghdad)



Martedi 22 Maggio 2007 Agensir
09:31


IRAQ: PADRE HANNA LIBERATO; MONS. SAKO (KIRKURK), "I CRISTIANI SONO DIMENTICATI"
Padre Nawzat P. Hanna
è stato liberato nella serata di ieri a Baghdad dopo due giorni di sequestro. Ne dà notizia anche il sito della chiesa di Mar Qardagh ad Erbil. Già ieri mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, qualche ora prima del rilascio aveva dichiarato al Sir di aver sentito al telefono il sacerdote consigliando "prudenza e saggezza". Nonostante la bella notizia restano le gravi preoccupazioni per la persecuzione in atto contro i cristiani nel Paese. Raggiunto telefonicamente nella diocesi di Kirkurk, l'arcivescovo Louis Sako ha detto al Sir: "A Kirkuk va meglio, ma a Bagdad e a Mosul i cristiani non possono più vivere. Non c' è autorità, non esiste ordine. I terroristi sono dappertutto e controllano molti quartieri. Le notizie di violenza continuano. Hanna è stato il settimo prete rapito a Bagdad e fortunatamente ora è libero. Ma ci sono tanti che hanno dovuto lasciare la patria e sono emigrati all'estero". "Siamo davvero dimenticati. E troppe voci intorno assordano - aggiunge mons. Sako - Noi continuiamo il nostro lavoro per la pace “sebbene sappiamo quanto sia fragile e cerchiamo di costruire e alimentare una cultura di dialogo con l’obiettivo di una vita diversa da quella che stiamo vivendo. Ogni giorno tante famiglie a Bagdad e a Mosul lasciano tutto ciò che posseggono perché sono minacciate, obbligate a uscire della propria città e quindi non possono fare altro che trasferirsi”.

Tuesday 22 May 2007 Agensir 09:31

IRAQ: FATHER HANNA FREED; MGR. SAKO (KIRKURK), "CHRISTIANS ARE FORGOTTEN"
Father Nawzat P. Hanna
was freed last night in Baghdad after two days’ abduction. The news is also relayed by the website of the church of Mar Qardagh at Erbil. Yesterday, mgr. Shlemon Warduni, auxiliary bishop of Baghdad, a few hours before the release, had stated to SIR that he had spoken on the phone with the priest and had advised to be “cautious and wise”. Despite the good news, serious concern remains for the ongoing persecution of the Christians in the country. Speaking with him over the phone from the diocese of Kirkurk, the archbishop Louis Sako said to SIR: "Things are better in Kirkuk, but the Christians in Baghdad and Mosul have a really hard life. There’s no authority, there’s no order. The terrorists are everywhere, and many districts are under their control. News of violence keep flooding in. Hanna has been the seventh priest abducted in Baghdad, and luckily now he’s free. But many had to leave the country and migrate abroad". "We are really forgotten. And too many voices around are deafening – adds mgr. Sako –. We keep working for peace,“although we know how fragile it is”, and we try to build and fuel a culture of dialogue for a different life to the one we are living. Every day, lots of families in Baghdad and Mosul leave all they have, because they are threatened, forced to leave their cities, and so they can only move out”.

Martedì 22/05/2007 Asia News 10:52

Libero, ma “provato” il sacerdote caldeo rapito a Baghdad
È stato rilasciato ieri dopo tre giorni di prigionia p. Nawzat P. Hanna. Al momento è al sicuro nella capitale, ma porta segni di percosse. Vescovo ausiliare di Baghdad: “Preghiamo perché questi episodi non accadano più e perché il nostro sacerdote trovi il coraggio di rimanere in Iraq, a servire la sua Chiesa”. Porta i segni di percosse il sacerdote caldeo Nawzat P. Hanna, liberato ieri sera a Baghdad dopo tre giorni di prigionia. È stato lo stesso mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei cattolici caldei della capitale, ad andare a prendere il sacerdote in “un luogo della città”, come racconta oggi ad AsiaNews. Il rilascio è avvenuto intorno alle 9.30 di sera. “Quando mi ha visto – riferisce il presule - p. Nawzat mi ha abbracciato forte, piangeva ed era molto scosso; ha poi ringraziato tutti quelli che hanno pregato per lui in questi giorni, la Madonna e il santo della sua parrocchia, Mar Pithion”.Ora il sacerdote sta bene, “si è calmato” e si trova a Baghdad. “Speriamo abbia il coraggio di continuare a servire la Chiesa in Iraq – auspica mons. Warduni – la sua famiglia è già all’estero ma lui aveva scelto di rimanere qui, per rimanere a fianco dei suoi fedeli”. In passato altri sacerdoti rapiti nella capitale sono stati trasferiti o al nord dell’Iraq o all’estero proprio per l’alto rischio legato alla sicurezza.Parroco della chiesa di Mar Pithion, nel quartiere di Baladiyat, p. Nawzat usciva dall’abitazione di un malato, cui era andato a fare visita, quando il 19 maggio scorso è stato fermato da persone “che lo aspettavano”. I sequestratori hanno subito attivato contatti con il Patriarcato caldeo a Baghdad per chiedere un riscatto in denaro, che è stato riferito essere “molto elevato”.“Preghiamo ora – conclude il vescovo – perché questi episodi non avvengano più”.

Tuesday 22/05/2007 Asia News 10:52

Free, but “deeply marked” the Chaldean priest kidnapped in Baghdad
Fr. Nawzat P. Hanna was released yesterday after three days in captivity. Currently he is in safe keeping in the capital, but he bares marks of having been beaten. Baghdad’s auxiliary bishop: “Let us pray that these episodes do not happen again and that our priest finds the courage to remain in Iraq, to serve his Church”.
Chaldean priest Nawzat P. Hanna freed yesterday evening in Baghdad after three days of captivity carries the signs of having been beaten. Msgr Shlemon Warduni, auxiliary bishop of the capital’s Chaldean Catholic Church himself went to fetch the priest “in a certain part of the city” as he told AsiaNews today. His release took place at around 9.30 in the evening. “When he saw me – tells the prelate – Fr. Nawzat strongly embraced me, he was in tears and he was deeply tried; he then thanked all of those who had prayed for him in these days, The Virgin and the saint of his parish, Mar Pithion”.
The priest has recovered somewhat, “he has calmed” and he is in Baghdad. “Let us hope that he finds the courage to continue serving the Church in Iraq – augurs msgr. Warduni – his family have already moved abroad but he instead chose to remain with his parishioners”. In the past other priests kidnapped in the capital were subsequently transferred to Northern Iraq or abroad because of the high security risk.
Parish priest of the Mar Pithion Church, in the Baladiyat quarter of the capital, Fr Nawzat was leaving the home of a sick parishioner May 19th when he was stopped by a group of people who “had been waiting for him”. The abductors immediately contacted the Patriarchate demanding a “very high” ransom for his release.
“Let us pray – concluded the bishop – that events such as these do not happen again”.

Padre Najim: in atto una persecuzione contro i cristiani in Iraq


La situazione dei cristiani in Iraq è sempre più drammatica: sabato, è stato rapito padre Nawzat Hanna, parroco caldeo del quartiere Baladiyat della capitale irachena. Ma la crisi è generale. Ai nostri microfoni, padre Philip Najim, visitatore apostolico per i fedeli Caldei in Europa, intervistato da Massimiliano Menichetti:

Clicca su "leggi tutto" per l'intervista di Radiovaticana a Mons. Najim
"C’è una persecuzione contro tutti i cristiani che stanno in Iraq e che si trovano dunque costretti ad una sorta di forzata immigrazione dalle zone di Baghdad: sono centinaia e centinaia di famiglie cristiane in fuga. Le Chiese adesso hanno aperto le porte, così come le scuole affinché queste famiglie possano trovare rifugio e dormire, ed affinché possano trovare sostegno nelle chiese locali. La situazione è molto difficile. E’ una situazione di sofferenza, di martirio e di testimonianza della nostra fede cristiana: questa è la nostra terra, siamo nati qui, siamo cresciuti qui e moriremo qui."
Sabato il rapimento di un altro sacerdote caldeo…
"I sacerdoti sono proprio coloro che danno la loro vita per tutto il popolo iracheno: non distinguono tra musulmani e cristiani, ma cercano di aiutare tutti coloro che ne hanno bisogno. Mentre questo sacerdote faceva il suo dovere pastorale è stato rapito ed ora chiedono una somma veramente elevata al Patriarcato, ma il Patriarcato attualmente non può certo offrirla. Questi rapimenti non sono responsabilità del popolo iracheno, ma di forze oscure venute dall’estero, incoraggiate da qualcuno, che non vuole un processo di pace ed un futuro migliore per l’Iraq e per gli iracheni."
Un’altra notizia allarmante è che in alcuni casi i cristiani sono costretti a pagare o ad andarsene per continuare a professare la propria fede...
"Sì, li stanno infatti costringendo a diventare musulmani. Se non diventano musulmani devono pagare una somma di denaro ogni mese. Sono gruppi di integralisti che hanno applicato questa norma ai cristiani ed i cristiani hanno dovuto lasciare la zona ed immigrare altrove. Questa è l’attuale situazione dei nostri cristiani in Iraq."
Lei ha più volte ribadito che la situazione dei cristiani è grave. Come è grave la situazione di molti iracheni…
"I cristiani fanno parte del popolo iracheno e soffrono come soffre tutto il popolo iracheno e quindi sia i cristiani che i musulmani. Queste forze oscure che entrano nel Paese vogliono creare disagi, vogliono complicare la vita di tutta la popolazione irachena, vogliono impedire un futuro di pace in Iraq. Vogliono impedire lo stesso processo di democratizzazione irachena. Qui non viene rispettata neanche la dignità umana di ciascuna persona irachena. Serve la preghiera e serve che la Comunità internazionale attui la sua responsabilità verso questo popolo, che soffre ogni giorno, sia esso musulmano, sia esso cristiano."

Minacciato un convento di suore a Tellesqof



Secondo alcune fonti la cittadina di Tellesqof, 25 kilometri a nord-est di Mosul, sarebbe nuovamente nel mirino della violenza che l'ha colpita lo scorso aprile quando un'autobomba guidata da un kamikaze fece strage causando dieci morti e decine di feriti.
Un convento di suore avrebbe ricevuto una lettera di minacce che imporrebbe alle religiose di lasciare la struttura pena la sua distruzione.


A convent of nuns threatened in Tellesqof

According to some sources the village of Tellesqof, 25 Km north-east of Mosul, is again threatened by the violence that hit it last April when a car loaded with explosive killed 10 and wounded dozens of its citizens.
A convent of nuns in the village received a threatening letter according to which if they will not leave the convent it will be destroyed.

Riscatto “molto elevato” per il sacerdote rapito a Baghdad

Fonte: Asia News

Lo rende noto mons. Warduni: “Siamo in contatto costante con i sequestratori, preghiamo per la sua liberazione”. Smentite le voci, circolate ieri, sulla liberazione di p. Nawzat, da tre giorni nelle mani dei suoi rapitori. Continua l’esodo dei cristiani dalla capitale: una Ong a Dora censisce le famiglie rimaste e le invita a non fuggire.

“Chiedono un riscatto molto elevato” i rapitori di p. Nawzat P. Hanna, il sacerdote caldeo sequestrato lo scorso 19 maggio a Baghdad. Lo riferisce ad AsiaNews mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei cattolici caldei della capitale, che smentisce le voci circolate ieri sulla liberazione del parroco.

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“P. Nawzat è ancora nelle mani dei suoi rapitori – dice preoccupato il presule – con loro manteniamo contatti telefonici e abbiamo avuto garanzie della ‘buona salute’ del nostro sacerdote”. Rivolgendosi “a tutto il mondo”, mons. Warduni lancia il suo appello: “Preghiamo perché il Signore illumini i cuori di queste persone e p. Nawzat torni sano e salvo a casa”.

Parroco della chiesa di Mar Pithion, nel quartiere di Baladiyat, p. Nawzat usciva dall’abitazione di un malato, a cui era andato a fare visita, quando è stato fermato da persone “che lo aspettavano”. I sequestratori hanno subito attivato contatti con il Patriarcato caldeo a Baghdad per chiedere un riscatto in denaro.

Il rapimento di sabato scorso rientra nel più ampio quadro di violenze e intimidazioni dirette contro la comunità cristiana della capitale, dove gruppi integralisti stanno conducendo una campagna di “pulizia” porta a porta, quartiere per quartiere. Nella zona storica dei cristiani, Dora, la maggior parte delle chiese sono ormai chiuse, le famiglie fuggite, importanti istituzioni cattoliche sono state spostate al nord e dopo i numerosi sequestri di religiosi, il Patriarcato è stato costretto a trasferirne molti all’estero. In un’intervista ad Ankawa.com, p. Timathaus Alqas Isha, parroco della chiesa di Mart Shmoni (Antica chiesa assira dell’Est) a Dora racconta che un’Ong sta censendo le famiglie cristiane del quartiere invitandole a non lasciare le proprie case, senza poter offrire però una alternativa reale alla violenza che le insegue di strada in strada. Il sacerdote invita quindi le famiglie, che vivono nelle zone ancora considerate sicure, ad ospitare temporaneamente chi è costretto a fuggire.

"High" ransom demanded for Priest kidnapped in Baghdad

Source:Asia News



Msgr. Warduni confirms: “we are in constant contact with his abductors, and we are praying for his release”. Rumours, spread yesterday, of Fr Nawzat’s release are quashed. The priest is now in his third day of captivity. Meanwhile the Christian exodus from the capital continues: an NGO in Dora counts the remaining families and urges then not to flee.
“They are asking for a very, very high ransom” Msgr Shlemon Warduni informs AsiaNews of the latest developments regarding the plight of Chaldean Priest, Fr. Nawzat P. Hanna, kidnapped May 19th in Baghdad. The Chaldean auxiliary bishop in the capital also firmly denies rumours that the parish priest was freed yesterday.

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“P. Nawzat is still in the hands of his abductors – refers the worried prelate – we have telephone contact with them, and we have been assured of our priest’s “good health”. Then, in an open appeal “to the entire world”, Msgr Warduni urges: “Let us pray that God illuminate the hearts of these men and that Fr. Nawzat may come home safe and sound”.

Paris priest in Mar Pithion, in the Baladiyat neighbourhood, Fr. Nawzat was leaving the home of a sick parishioner when he was stopped by people who “were waiting for him”. The kidnappers immediately established contact with the Chaldean Patriarcate in Baghdad to demand a ransom.

Saturday’s kidnapping is part of a wider operation of intimidation and violence directed at the capital’s Christian community, against whom fundamentalists are carrying out a “door to door”, neighbourhood by neighbourhood campaign of ethnic cleansing. In the historic Christian quarter of Dora, the majority of the Churches are now closed, families have fled and important Catholic institutions have been moved northwards and after the numerous abductions of religious, the Patriarchate has been forced to transfer many of them abroad. In an interview with Ankawa.com, p. Timathaus Alqas Isha, parish priest of Mart Shmoni (an ancient eastern Assyrian Church) in Dora tells that one NGO is carrying out a census on the families in the area and inviting them not to flee, however without offering the man alternative to the violence which shadows them from street to street. The priest instead has appealed to those who live in areas considered safe to temporarily host families forced to flee.

20 maggio 2007

Svizzera: Porte chiuse ai nuovi rifugiati iracheni

Fonte: Swissinfo



Il Consiglio federale ha deciso di non accogliere nuovi rifugiati iracheni in Svizzera, preferendo invece un aiuto agli sfollati interni.
Secondo il ministro di giustizia Christoph Blocher, la Confederazione è già il secondo paese in Europa per numero di rifugiati accolti dall'Iraq. Una decisione, quella del governo, che non ha mancato di sollevare critiche.

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La decisione del governo di rifiutare di accogliere un contingente di rifugiati iracheni è stata comunicata mercoledì dal responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia. Christoph Blocher ha giustificato la posizione del Consiglio federale rammentando che ci sono già 5'000 iracheni in Svizzera, ciò che situa la Confederazione «al secondo posto in Europa» in questo ambito.
«Tutti gli altri paesi europei» hanno ugualmente sostenuto che i contingenti dell'Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) non rappresentano una soluzione, in ragione dell'effetto di richiamo dell'Europa. È quindi preferibile aiutare le persone sul posto, ha dichiarato Blocher sulle onde della Radio svizzera di lingua francese.
Il no del governo a nuovi rifugiati dall'Iraq è in contrasto con quanto auspicato dall'UNHCR, che durante una conferenza internazionale tenutasi in aprile a Ginevra aveva espresso il desiderio di vedere i paesi ricchi accogliere, quest'anno, 20mila iracheni «molto vulnerabili». L'UNHCR si riferiva a persone traumatizzate dalle violenze e torturate, nonché alle donne e ai bambini abbandonati.
Decisione «scioccante»
«È scioccante vedere il Consiglio federale chiudere le porte di fronte ad una crisi così ampia», ha reagito il consigliere nazionale socialista Carlo Sommaruga. Secondo il deputato ginevrino alla Camera del popolo, il ministro Blocher ha brandito la minaccia di un afflusso massiccio di rifugiati iracheni in Svizzera, quando invece si tratta unicamente di rispondere a delle richieste puntuali dell'UNHCR in favore di «minoranze» che non hanno avuto accesso ai campi per rifugiati.
Quattro milioni di sfollati
Durante la conferenza di Ginevra, Berna aveva annunciato l'intenzione di raddoppiare il budget destinato all'aiuto agli sfollati iracheni, portandolo a quattro milioni di franchi. A causa delle violenze quotidiane che stanno lacerando il paese, l'UNHCR stima che circa quattro milioni di iracheni abbiano dovuto lasciare le proprie abitazioni. Due milioni hanno trovato rifugio nella vicina Siria e in Giordania, mentre altri due milioni figurano tra gli sfollati interni. Ogni mese, la crisi costringe 50'000 persone a fuggire dal domicilio.


CONTESTO


Il 3 maggio, Berna ha annunciato che i richiedenti l'asilo iracheni in provenienza dalle tre province del nord, sotto amministrazione curda, posso essere rimpatriati.
L'Ufficio federale delle migrazioni stima questi rinvii «ragionevolmente esigibili», dal momento che «queste tre province non sono confrontate ad una situazione di violenza generalizzata».
Il 9 maggio, una bomba ha causato 15 morti e oltre 100 feriti a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno.
Quattro giorni dopo, un kamikaze ha ucciso 45 persone e fatto 115 feriti a Makhmur, ad una cinquantina di chilometri da Erbil.
I richiedenti l'asilo che scelgono di partire di spontanea volontà possono beneficiare di un programma di aiuto al ritorno (che prevede un aiuto di 2'000 dollari a testa), messo in atto con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni.
Tra le 550 persone al momento iscritte, 470 hanno già lasciato la Svizzera.


Bern decides against more refugees from Iraq

The Swiss government has decided against receiving further refugees from Iraq, contrary to the wishes of the Geneva-based UN refugee agency (UNHCR).
Government spokesman Oswald Sigg said that Bern "refused to accept new Iraqi refugees", preferring to help displaced Iraqi people on the spot.
Justice and Police Minister Christoph Blocher told French-language Swiss radio other European countries had also decided that accepting contingents of refugees was no solution to the problem. "We already have 5,000 Iraqis in Switzerland and our country is in second place in Europe in accepting them," he commented.A Geneva member of the Swiss House of Representatives, Carlo Sommaruga of the Social Democratic Party, was angered by the cabinet decision."It is shocking to see the government lock the doors in the face of such a large crisis," he said.
Threat
He added that Blocher was brandishing the threat of a massive arrival of Iraqis in Switzerland, at a time when the UNHCR was talking of responding to a call to accept "minorities" who had not been able to go into refugee camps. Switzerland announced in April at a UNHCR conference in Geneva that it was doubling its humanitarian aid to displaced Iraqi people and refugees to SFr4 million ($3.27 million). During the meeting, the refugee agency called on rich countries to receive 20,000 "very vulnerable" Iraqis. These included people traumatised by the violence in the country, those who had been tortured, women and abandoned children. The conference agreed on the "urgent need" to aid nearly four million people who had fled to neighbouring countries or elsewhere inside Iraq.
Humanitarian programme
The non-governmental Swiss Refugee Council urged the Swiss authorities to renew a humanitarian programme to help alleviate the crisis. "We appeal to the Swiss government to accept a regular contingent of Iraqi refugees from Iraq's neighbouring countries," a statement said. The council added that Switzerland had the necessary capacity to take in more displaced people from Iraq as the number of asylum seekers from Balkan countries has decreased significantly. Between 1950 and 1995 Switzerland regularly accepted a few hundred Iraqi refugees at the request of the UN refugee agency. But the policy was suspended later in an effort to give priority to asylum seekers from the former Yugoslavia.

CONTEXT

On May 3, Bern announced that Iraqi asylum seekers from three northern provinces, under a Kurdish regional administration, should be sent home.
The Federal Migration Office said that this was "reasonable" because the three areas were not experiencing general violence.
On May 9, a truck exploded in Erbil, capital of the Kurdish regional government, in the north of the country.
Four days later, a suicide bomber drove his vehicle into offices of a political party in Makhmur, 50 kilometres south of Erbil, killing 45 people and injuring 115 others. Iraqi asylum seekers in Switzerland wanting to return home have since 2003 been able to take part in an aid programme supported by the International Organization for Migration.
Out of 550 people registered for the programme, 470 have left Switzerland.

Porte close à de nouveaux réfugiés irakiens

Le gouvernement suisse a décidé de ne pas accueillir de nouveaux réfugiés irakiens. Il préfère accorder son aide aux déplacés sur place.
Selon le ministre de Justice et Police Christoph Blocher, la Suisse est en Europe le deuxième pays qui accueille le plus d'Irakiens. Une annonce qui soulève la critique.
«Il est choquant de voir le Conseil fédéral verrouiller les portes face à une crise aussi grande», s'est emporté le député socialiste Carlo Sommaruga sur les ondes de la Radio Suisse Romande. Selon lui, Christoph Blocher a brandi la menace d'une arrivée massive de réfugiés irakiens en Suisse, alors qu'il s'agit uniquement de répondre à des demandes ponctuelles du Haut commissariat de l'ONU aux réfugiés (HCR) pour des «minorités» qui n'ont pas pu entrer dans des camps de réfugiés.
Aider sur place
C'est la ministre des Affaires étrangères Micheline-Calmy-Rey qui voulait faire ce geste, mais l'idée a été rejetée par la majorité de ses collègues du Conseil fédéral. A l'appui de la décision gouvernementale, Christoph Blocher a fait valoir qu'il y avait déjà 5000 Irakiens en Suisse, ce qui place «notre pays à la deuxième place en Europe» en la matière. «Tous les autres pays européens» ont également dit que les contingents (du HCR) ne sont pas une solution, en raison de l'effet d'appel vers l'Europe, et qu'il est préférable d'aider les gens dans la région, a déclaré le ministre, également à la RSR. Lors d'une conférence internationale à Genève le mois dernier, le HCR avait dit souhaiter que les pays riches accueillent cette année 20'000 Irakiens «très vulnérables». Le HCR parlait de personnes traumatisées par les violences, torturées, de femmes ou d'enfants abandonnés.
Quatre millions de déplacés
A Genève, Berne avait annoncé un doublement de son budget destiné à l'aide aux déplacés irakiens, le portant à quatre millions de francs.Près de quatre millions d'Irakiens ont fui leur domicile en raison des violences quotidiennes dans leur pays. Deux millions d'entre eux sont réfugiés principalement en Syrie et en Jordanie, et les autres sont déplacés à l'intérieur de leur pays. Selon le HCR, presque 50'000 personnes fuient leur domicile en Irak chaque mois.

CONTEXTE

Le 3 mai, Berne annonce que les requérants d'asile irakiens provenant des trois provinces du Nord, sous administration kurde, peuvent désormais être renvoyés.
L'Office fédéral des migrations estime ces renvois «raisonnablement exigibles», sachant que «ces trois provinces ne connaissant pas de situation de violence généralisée».
Le 9 mai, l'explosion d'un camion piégé fait 15 morts et plus de 100 blessés à Erbil, capitale du Kurdistan irakien.
Le 13 mai, à Makhmur, ville à majorité kurde à une cinquantaine de kilomètres au sud d'Erbil, mais hors des limites de la région autonome kurde, un autre véhicule piégé fait 45 morts et 115 blessés, parmi lesquels Abdul Rahman Delaf, écrivain kurde de renom et maire de la ville.
Les requérants irakiens en Suisse qui choisissent de partir eux-mêmes peuvent bénéficier du programme d'aide au retour (avec notamment une aide de 2000 dollars par personne).
Parmi les quelque 550 personnes inscrites à ce jour, 470 ont déjà quitté la Suisse.

19 maggio 2007. Rapito a Baghdad Padre Nawzat P. Hanna, parroco caldeo della chiesa di Mar Pithion.

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Fonte: Ankawa.com

In un’intervista ad Ankawa.com Padre Timathaus Alqas Isha, parroco della chiesa di Mart Shmoni * (Antica chiesa Assira dell’Est) a Dora ha descrittola situazione nell’area come peggiore in alcune zone (Al Mu’hallimin, Al Tu’ma Al Iskan, ecc) e migliore, anche se di poco, in altre (Athuriyn, Sa’ha, ecc).
Secondo Padre Timathaus la situazione è talmente grave che le uniche celebrazioni si tengono nella sua chiesa dove la messa domenicale riunisce i fedeli di tutte le confessioni – quasi tutti anziani, specifica il sacerdote – e dove si è celebrata anche l’Assunzione e la stessa Mart Shmoni.
Per quanto riguarda le altre chiese a Dora secondo Padre Tamathaus sono tutte chiuse. Così è per quelle caldee di Mar Jacoub, Mar Yohanna ed i Santi Apostoli, per quelle assire di Mar Gewargis e Mar Zaiya, e quelle siro-ortodosse di Mar Behnam e Mar Matti. Chiusi sono anche i conventi della zona.
Per quanto riguarda l’esodo dei cristiani da Dora Padre Timathaus ha riferito di un’organizzazione non governativa che in questi giorni sta censendo le famiglie cristiane di Dora invitandole a non lasciare le proprie case, senza poter offrire però una alternativa reale alla violenza che le insegue di strada in strada.
Un’alternativa che per ora il sacerdote sembra vedere solo nelle famiglie che vivono nelle zone ancora considerate sicure, e che egli invita ad ospitare temporanemanete chi è costretto a fuggire da Dora.

* Mart Shmoni - Santa Shmoni. Nel secondo libro dei Maccabei è narrata la storia di Shmoni che preferì essere uccisa insieme ai suoi sette figli da Re Antioco piuttosto che rinunciare a Dio.

19 maggio 2007

Petizione internazionale a favore degli iracheni cristiani

19 maggio 2007. Rapito a Baghdad Padre Nawzat P. Hanna, parroco caldeo della chiesa di Mar Pithion.

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Il sito
iraqichristians.net ha lanciato una petizione internazionale a sostegno della comunità irachena di fede cristiana.
Ciò che segue è la traduzione in italiano del testo inglese della petizione che è indirizzata agli organi di governo iracheni, alle Nazioni Unite ed alle organizzazioni ed ai singoli che hanno a cuore il destino delle minoranze, ed in particolare quello di quella irachena cristiana.Fino ad ora la maggior parte delle firme appartiene ad iracheni che vivono in patria o all’estero, sarebbe bello però che a quei nomi ne venissero aggiunti molti di italiani.
Essere cristiani per noi è facile, scontato e soprattutto non pericoloso.
Esserlo, e rimanerlo, in Iraq invece non è niente di tutto ciò.
Le nostre firme, se non serviranno a mettere fine alla tragedia che ha colpito quella comunità, serviranno a far capire che essa non passerà inosservata, che non si tratterà di un ennesimo genocidio silenzioso. Perchè noi “sappiamo” ciò che sta accadendo, ed il mondo saprà che non siamo testimoni ignoranti e muti, ma che vogliamo gridare la nostra partecipazione alla tragedia della comunità irachena cristiana.

Questo è un appello nell’appello: Firmate la petizione, invitate quante più persone a farlo, inviate loro i links che gli permetteranno di capire ciò che gli iracheni cristiani stanno vivendo:

http://www.baghdadhope.blogspot.com

Grazie!
Baghdadhope

Clicca su "leggi tutto" per il testo della petizione in ITALIANO ed in INGLESE e per la GUIDA ALLA FIRMA IN ITALIANO
Campagna di sostegno internazionale a favore dei cristiani dell’Iraq.

Sua Eccellenza Segretario Generale delle Nazioni Unite
Onorevoli membri del Consiglio di Sicurezza
Sua Eccellenza Mr. Jalal Talabani, Presidente dell’Iraq
Onorevole Mr. Mahmood Al Mashhadani, Presidente dell’Assemblea Nazionale
Onorevole Mr. Nouri Al-Maliki, Primo Ministro dell’Iraq
Onorevoli rappresentanti dei partiti e delle entità politiche irachene
Organizzazioni per i Diritti Umani, in Iraq ed all’estero
Organizzazioni a difesa dei diritti religiosi ed etnici delle minoranze
Sostenitori dei diritti, della libertà e della dignità dell'Uomo
Iracheni e loro amici in tutto il mondo

Le radici storiche dei cristiani Caldei Siri Assiri dell’Iraq rislagono a più di 7000 anni fa. Essi sono gli eredi della prima civilizzazione mesopotamica che ha contribuito allo sviluppo della specie umana attraverso il progresso scientifico e la conoscenza in campi come l’agricoltura, l’irrigazione, la scrittura e l’astronomia.

I cristiani sono una delle più antiche componenti dell’Iraq di cui hanno difeso territorio ed integrità. Con coraggio, insieme ai loro fratelli musulmani, essi sono stati i primi a proteggere il paese ed ad operare per la sua liberazione, il suo sviluppo e la sua prosperità nei secoli.I cristiani dell’Iraq credono nella convivenza fraterna insieme agli altri cittadini di altre religioni e nazionalità. I valori dell’amore e della tolleranza sono diventate le fonti della sicurezza, della stabilità, della pace e dell’armonia.

Sebbene i cristiani siano vittime di persecuzione, uccisioni, oppressioni, deportazioni, conversioni forzate all’Islam, obbligo di lasciare i propri averi ed abbandonare il paese, essi restano profondamente attaccati ad esso e vogliono costruire un futuro comune senza guerra, terrorismo e persecuzioni per tutti gli iracheni.

Oggigiorno a causa della mancanza di sicurezza, del caos, dell’assenza delle leggi, i cristiani, i sabei e gli yazidi dell’Iraq, e specialmente di Baghdad, stanno affrontando una campagna di pulizia etnica da parte di bande di fanatici religiosi islamici. Attacchi giornalieri colpiscono i cristiani e le altre minoranze con minacce di morte, rapimenti con richieste di riscatto o deportazione se non accettano la conversione.

Le autorità irachene, i dipartimenti di sicurezza, le forze di invasione, i poteri politici nazionali ed islamici, i centri religiosi e tutte le organizzazioni per le libertà civili sono a conoscenza della tragedia che ha come vittime gli iracheni di fede cristiana, ma sono rimasti in silenzio, specialmente quando le chiese sono state attaccate ed i religiosi cristiani sono stati uccisi. Queste azioni barbariche rappresentano il peggior crimine contro la nazione perchè ne colpiscono la libertà, la dignità, il nazionalismo ed il futuro.

Oggi gli iracheni cristiani hanno bisogno di solidarietà, sostegno e protezione. Per questa ragione i firmatari di questa petizione chiedono alle autorità ed alle forze politiche irachene che si assumano le proprie responsabilità, che rivedano la legislazione, e che provvedano ad istituire un sistema di sicurezza e protezione delle libertà sociali e religiose dei cristiani, ed ad assicurare i loro diritti nazionali.


International Campaign to Support the Christians of Iraq.

His Excellency Secretary General of United Nations
Honourable Members of Security Council
His Excellency Mr. Jalal Talabani president of Iraq
The honourable Mr. Mahmood Al Mashhadani President of the National Assembly
The honourable Mr. Nouri Al-Maliki Prime Minister of Iraq
The honourable leaders of Iraqi political entities and parties
Human Rights Organisation, inside and outside Iraq
Defensive Organisations of religious and Ethnic Minority Rights
All Honest Supporters of Human Rights, Liberty and Dignity
Iraqi People and all Friends around the globe

The historical roots of Chaldean Syriac Assyrian Christians of Iraq date back to more than 7000 years.The historical roots of Chaldean Syriac Assyrian Christians of Iraq date back to more than 7000 years. They are the inheritors of the first civilizations of Mesopotamia developing the human race with scientific achievements and knowledge such as agriculture, irrigation, writing and astronomy.

Christians are one of the oldest constituents of Iraq, they defended their adherence to the soil and integrity of Iraq courageously and together with their Moslems brothers were the first to protect their country working hard for its liberation, development and prosperity through out the centuries.

The Christians of Iraq believe in fraternal living unified with its citizens from other religions and nationalities. The values of love and tolerance became the source of security, stability, peace and harmony.

Although the Christians are facing persecution, killing, oppression, forced deportation, converting immediately to Islam or to consign their property and leave the country ; they remained deeply related to their country.. They look forward to build a common future without war, terrorism and persecution among all Iraqis.

Today, with the lack of security, chaos, and the absence of the rule of law, the Christians, Sabias Yazidies of Iraq and especially in Baghdad and defendants are facing the worst campaign of ethnic cleansing by fanatic Islamic religious gangs. Daily terrorism is targeted towards the Christians and others minority groups and constantly threatening them to convert to Islam or face the consequences of paying a ransom or deportation.

Iraqi Authorities, security departments, the Invading forces, National and Islamic political powers, religious centres and all Organisations of Civil liberty are aware of the Iraqi Christians tragedy.They have remained silent in particular when the churches were attacked and Christian clergy were killed. These barbaric acts are considered the worst crime against this nation targeting its liberty, dignity, nationalism and future of its country.

Today, the Iraqi Christians need solidarity, support and protection, thus we the signatories ask the authorities and political forces of Iraq to take responsibility. Correcting the legislations and providing a better security system for Christians and other minority groups will protect and secure their social, religious freedom and insure their national rights.


Per chi non conosce l’inglese, ma vuole ugualmente firmare la petizione ecco una pratica guida:

2. In alto a destra cliccare su “SIGN THE PETITION”

3. Dopo aver ammirato la bellezza della scrittura araba scendete con il cursore fino a fine pagina. Sì, lo so, il cursore è a sinistra e non a destra, ma l’arabo si scrive da destra verso sinistra quindi è logico. Anche tutto ciò che scriverete apparirà in progressione da destra verso sinistra ma non preoccupatevi, il risultato finale sarà corretto.

4. NAME: Nome. OBBLIGATORIO, COMPARIRA’ NELLA PETIZIONE

5. OCCUPATION: Occupazione. OBBLIGATORIO, COMPARIRA’ NELLA PETIZIONE

6. COUNTRY: Italy. OBBLIGATORIO, COMPARIRA’ NELLA PETIZIONE

7. E- MAIL: OBBLIGATORIO, NON COMPARIRA’ NELLA PETIZIONE

8. Se intendete lasciare un COMMENTO scrivetelo nel campo vuoto a sfondo rosa che ha un piccolo cursore sulla sinistra. Trattandosi di una petizione internazionale lanciata in arabo e tradotta in inglese sarebbe meglio usare quest’ultima lingua. Se non sapete come fare potete in ogni caso scrivere in italiano o lasciare il campo vuoto. Personalmente ho postato questo commento: GOD is one and we are ALL His sons and daughters = Dio è uno e noi siamo TUTTI Suoi figli e figlie. Se non avete fantasia e non volete scrivere in italiano copiatelo pure. (n° 2981)

9. Per inviare la firma dovete cliccare sulla finistrella che è sotto quella del commento, quella con la scritta ﻝﺍﺴﺭﻻﺍ ﻮ ﺢﻳﻘﻮﺘﻠﺍ.

10. Se siete curiosi e volete sapere chi ha firmato prima di voi cliccate su “current signatures”

11. Se avete già firmato altre petizioni online sarete abituati a vedere la vostra firma comparire quasi immediatamente. Per questa petizione ci vuole un pò di pazienza, io ho atteso circa un quarto d'ora.




Hussain Sadr, clerico sciita, esprime solidarietà nei confronti degli iracheni di fede cristiana

RAPITO A BAGHDAD PADRE NAWZAT P. HANNA, PARROCO CALDEO DELLA CHIESA DI MAR PITHION.

Vedi post precedente

Fonte: Ankawa.com

Dopo Hamid Majid Moussa, segretario generale dell'Iraqi Communist Party, anche il clerico sciita Hussain Sadr ha dichiarato, in un'intervista ad un canale satellitare cristiano, la propria solidarietà nei confronti dei "fratelli" cristiani e di tutte le minoranze irachene.
Tace però per ora il vertice del governo iracheno.
Il rapimento di un sacerdote cambierà l'atteggiamento di un direttivo non in grado di proteggere i propri cittadini?

Another priest kidnapped in Baghdad

First news coming from a church source in north Iraq report that another catholic chaldean priest has been kidnapped this early morning in Baghdad: Father Nawzat P. Hanna, parish priest of the church of Mar Pithion.

Updating during the day.

Other sources in Baghdad unfortunately confirm Fr. Nawzat's kidnapping

Confirmed to Asia News Fr. Nawzat P. Hanna's kidnapping by Mgr. Shleimun Warduni, Bishop of Baghdad

Asia News

05/19/2007 13:11

A Chaldean priest is kidnapped in Baghdad. Fr. Nawzat P. Hanna, parish priest of Mar Pithion, was abducted this morning in the capital’s al-Baladiyat quarter. Baghdad’s auxiliary bishop: “We will pray for his immediate release, but we will not submit to fear”. Local Christians warn of systematic plan by terrorists to “clean-up” the city quarter by quarter.

Click on "leggi tutto" for the article by Asia News
Yet another Chaldean priest was kidnapped this morning in Baghdad. He is Fr. Nawzat P. Hanna, parish priest of Mar Pithion, from the Baladiyat quarter. Confirmation of the abduction reached AsiaNews, via Msgr. Shlemon Warduni, Chaldean auxiliary bishop in the capital, who has invited Catholics to “pray for Fr. Nawzat’s immediate release”. The abductors have already made contact with the Chaldean Patriarchate, but as of yet there is no further news.
The priest was leaving the house of an ill parishioner, when he was stopped by a group of persons who had been waiting for him, says the bishop. Msgr. Warduni is convinced that a motive for ransom is behind the abduction, but among Baghdad’s faithful the rumour has spread that this morning’s sequester is in response to the Patriarch and bishops recent denouncements of persecution against the Christian community there. “By kidnapping another priest – anonymous sources tell AsiaNews – the terrorists kill two birds with one stone: they get rich and at the same time force the Patriarch to transfer him abroad, thus giving the whole community a very strong message”.
In the meantime in the capital the witch-hunt against Christians continues. It has emerged, from what has been reported to AsiaNews, that the persecution is being carried out according to a well studied plan, quarter by quarter across the city. After Dora, Al-Baya’a, al-Thurat and al-Saydia, now it’s the turn of al-Habibia and al-Baladiyat. Those groups who subscribe to the “Islamic state in Iraq” are putting up posters which demand women wear the veil and distributing pamphlets imposing protection taxes on Christians. “They use the same technique on each and every quarter – locals tell – soon they will begin to call house to house to sequester all our possessions”. “The coalition and Iraqi forces are present on the round in these neighbourhoods – they lament – they can see what’s going on, but they refuse to get involved”. Thus many make the decision to leave their homes, packing their most precious belongings in cases and seeking refuge in those few Churches which are still open. But most are already full to capacity, forcing many families to live and sleep on the streets.
“We cannot go on living like this – affirms Msgr. Warduni – its inhuman, it’s humiliating”. And he adds “but we will not be bowed by fear, we will continue to make our voice heard and to denounce this tragedy which is the Iraqi people and above all the Iraqi Christian’s daily reality”.

Rapito sacerdote caldeo a Baghdad

Arrivano tragiche ma ancora scarne notizie da Baghdad riportate a Baghdadhope da una fonte della chiesa caldea nel nord Iraq.
Questa mattina è stato rapito Padre Nawzat P. Hanna, parroco della chiesa cattolica caldea di Mar Pithion, nel quartiere di Baladiyat.

Per adesso questo è tutto ciò che si sa. Durante la giornata seguiranno aggiornamenti.

La notizia del rapimento di Padre Nawzat è stata confermata purtroppo da altre fonti di Baghdad.

La notizia del rapimento di Padre Nawzat è stata confermata ad Asia News da Monsignor Shleimun Warduni, Patriarca Vicario dei Caldei.

Asia News.

19/05/2007
11:17

A Baghdad rapito un sacerdote caldeo. Si tratta di p. Nawzat P. Hanna, parroco di Mar Pithion, sequestrato stamattina nel quartiere al-Baladiyat. Vescovo ausiliare di Baghdad: “Preghiamo per il suo pronto rilascio, ma non ci faremo spaventare”. Cristiani locali denunciano un piano sistematico dei terroristi per “ripulire” la città quartiere per quartiere.


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Un altro sacerdote caldeo è stato rapito stamattina a Baghdad. Si tratta di p. Nawzat P. Hanna, parroco della chiesa cattolica di Mar Pithion, nel quartiere di Baladiyat. Lo conferma ad AsiaNews, mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei cattolici caldei della capitale, che invita a “pregare perché p. Nawzat venga rilasciato il più presto possibile, sano e salvo”. I rapitori si sono già messi in contatto con il Patriarcato caldeo, ma al momento non vi sono altre notizie.
Il sacerdote usciva dall’abitazione di un malato, dove era andato a fare visita, quando è stato fermato da persone che lo aspettavano, riferisce il vescovo. Mons. Warduni è convinto che il movente del sequestro sia ottenere un riscatto in denaro, ma tra i fedeli a Baghdad è diffusa l’idea che si tratti della risposta alle forti denunce sulla persecuzione dei cristiani giunte dal Patriarca e dai vescovi caldei nelle ultime settimane. “Rapendo un altro prete – dicono ad AsiaNews fonti che vogliono tenere l'anonimato – i terroristi prendono due piccioni con una fava: cercano di arricchirsi e allo stesso tempo dopo aver liberato l’ostaggi, costringono il Patriarcato a trasferirlo all’estero e danno un segnale forte a tutta la comunità”.
Intanto nella capitale continua la sistematica cacciata dei cristiani. A quanto appreso da AsiaNews la persecuzione è portata avanti con un piano ben studiato, quartiere per quartiere. Dopo Dora, Al-Baya’a, al-Thurat e al-Saydia, è la volta di al-Habibia e al-Baladiyat. Qui gruppi dello “Stato islamico in Iraq” hanno cominciato ad affiggere manifesti che intimano alle donne di indossare il velo e volantini con cui si impone ai cristiani l’esosa imposta di protezione. “Usano la stessa tecnica per ogni quartiere – raccontano gli abitanti – tra poco inizieranno a venire casa per casa e a sequestrare i nostri averi”. “Le forze irachene e quelle della coalizione sono presenti in queste zone – denunciano – vedono quello che succede, ma non intervengono”. Così in molti decidono di lasciare le proprie abitazioni , mettendo in valigia il necessario e si recano nelle chiese ancora aperte a cercare protezione. Ma molte sono già piene, così numerose famiglie sono costrette a vivere e dormire per strada.
“Non si può vivere così - afferma mons. Warduni – è disumano, umiliante”. E aggiunge: “Non ci faremo spaventare, continueremo a far sentire la nostra voce e denunciare la tragedia che vivono ogni giorno gli iracheni e i cristiani in particolare”.


18 maggio 2007

Vandalismo sacrilego a Dora: bruciati i resti di una chiesa

Non solo gli atti di violenza, ma anche quelli di vandalismo sacrilego contribuiscono a seminare il terrore tra l'ormai esigua minoranza cristiana di Dora. Ieri è stato dato alle fiamme ciò che rimaneva della chiesa di Mar Gewargis. L'edificio di culto appartenente alla Chiesa Assira dell'Est era già stato distrutto nei violenti attacchi che il 16 ottobre del 2004 avevano colpito cinque chiese a Baghdad, ed ora l'incendio di ciò che rimaneva e la distruzione della croce rappresentano un chiaro segnale per i cristiani: Dora, ma anche tutta Baghdad, non è più per i cristiani.
Un segnale da essi recepito tanto che, come ormai moltissime fonti in Iraq ed all'estero riportano, la fuga è incontenibile.
"Quelli che rimangono lo fanno perchè non possono proprio fuggire" rivela una fonte dal nord dell'Iraq, "molti aspettano solo che le scuole finiscano il prossimo mese per partire."
Dove si rifugeranno quei cristiani? Ormai a rimanere sono solo quelli che per motivi di lavoro non possono allontanarsi, e quelli che non hanno avuto i mezzi economici per farlo prima. Per queste persone la notizia data dal Patriarca Caldeo Mar Emmanuel III Delly che il Governo Regionale Curdo sta facendo costruire villaggi e case in grado di accogliere più di 7000 famiglie deve essere sembrata un miracolo e certamente cercheranno, malgrado le difficoltà, di raggiungere quella "nuova vita" nel nord contribuendo così - ma chi non lo farebbe al loro posto? - a "svuotare" Baghdad della presenza cristiana, una situazione che non si esclude possa prevedere in futuro addirittura il trasferimento delle stesse istituzioni ecclesiastiche in luoghi più sicuri, il nord dell'Iraq o addirittura l'estero.
Una "nuova vita" sempre più difficile però. Alle difficoltà che sempre accompagnano le deportazioni forzate - perchè di questo si tratta - e che implicano problemi pratici di ogni tipo: casa, lavoro, adattamento, dolore, si aggiungono in questi giorni quelle degli attentati che hanno colpito il nord Iraq e che stanno creando una situzione di estrema tensione.
Dohuk, Bartella, Ankawa, in queste cittadine negli scorsi giorni è infatti salito il livello di allarme a causa di minacce di attentati. Si parla di una BMW carica di esplosivo pronta a colpire, addirittura di un auto guidata da un attentatore suicida travestito da sacerdote, e mentre il Governo Regionale Curdo sta intensificando le misure di sicurezza per prevenire incidenti l'incubo ricomincia a perseguitare coloro che pensavano di aver finalmente trovato la pace.
Per quanto riguarda invece l'appello lanciato agli organi di governo iracheni nei giorni scorsi dai rappresentanti delle chiese a favore di misure di protezione nei confronti dei cristiani c'è da registrare fino ad ora l'unica presa di posizione a riguardo. Come riporta il sito Ankawa.com Durante l'ottava riunione del Comitato Centrale dell'Iraqi Communist Party il Segretario Generale del partito, Hamid Majid Moussa, ha definito le violenze contro i cristiani come "atti contrari ai diritti umani ed alla democrazia" ed ha invitato il governo a provvedere alla protezione dei cristiani, al loro ritorno a casa ed ad eventuali forme di compensazione dei danni subiti.