By Baghdadhope
Dichiarazione pervenuta a Baghdadhope di Mons. Philip Najim, Procuratore della Chiesa Caldea presso la Santa Sede.
"In queste ultime settimane stiamo assistendo ad una nuova, ennesima, ondata di violenza che sta colpendo la comunità cristiana di Mosul dove gruppi armati penetrano nei quartieri dove vivono i cristiani ed uccidono a caso chi trovano sulla propria strada. Sono omicidi a sangue freddo compiuti alla luce del giorno e davanti a decine di testimoni, come se questi gruppi volessero dimostrare il proprio poter operare impunemente, il proprio controllo della città. Decine di famiglie di Mosul sono fuggite o perché direttamente minacciate o perché terrorizzate, e le poche che hanno deciso di rimanere vivono barricate nelle proprie case e non osano uscirne, neanche per portare i bambini a scuola. Lo scopo è, chiaramente, seminare il terrore per completare l’opera di svuotamento della città della sua antichissima componente cristiana iniziata ormai da anni.
A queste violenze si è aggiunta la cancellazione dell’articolo 50 dalla legge che fissa le regole per le prossime elezioni dei consigli provinciali che garantiva, nella sua prima stesura, la rappresentatività in seno ai tali consigli delle minoranze del paese. Una mossa, questa, che le priverebbe dei propri diritti in quanto composte da cittadini iracheni che devono avere uguali diritti rispetto a quelli che compongono la maggioranza. Cittadini che hanno sempre dimostrato la propria lealtà nei confronti dello stato e che ne costituiscono parte essenziale.
Perché, è questa la domanda che poniamo al mondo, gli iracheni cristiani devono subire tali attacchi? Perché ci uccidono e ci negano i nostri diritti?
In questo difficile periodo per l’Iraq tutto e le comunità minoritarie in particolare noi ci appelliamo alla comunità internazionale perché ascolti la nostra voce, difenda i nostri diritti, rompa il muro di silenzio che circonda questa questione.
Noi chiediamo che le istituzioni e le organizzazioni internazionali – le Nazioni Unite, i capi di governo, le associazioni che si occupano dei diritti umani – facciano pressione sul governo iracheno perché reintegri l’articolo 50 al più presto e senza modifiche.
Allo stesso governo iracheno ricordiamo l’enorme responsabilità di cui è investito: creare le condizioni per la riconciliazione patriottica dello stato per riportare nel paese la pace e la sicurezza di cui necessita per lo sviluppo e per l’effettiva applicazione dei principi democratici che non possono prescindere dal rispetto dei diritti delle minoranze.
Chiedere, pretendere i nostri diritti, è doveroso. Noi apparteniamo alle minoranze ma rappresentiamo una parte importante della storia del paese che sempre è stata caratterizzata dalla coesistenza delle diverse parti del suo tessuto sociale. Non chiediamo nulla più di quanto ci spetta: i diritti che ci devono essere garantiti naturalmente in quanto cittadini iracheni.
Ai componenti del governo iracheno ricordiamo, inoltre, come il dono della vita sia per tutti un dono di Dio, e chiediamo quindi che si ponga fine alle ondate di violenza perché non c’è pace senza il rispetto della vita umana. Non si tratta di protezione delle minoranze ma, lo ricordo ancora, della protezione che un governo ha il compito di assicurare a tutti i suoi cittadini, a prescindere dalla loro fede o dalla loro etnia.
Solo garantendo tali diritti il governo iracheno potrà dimostrare di essere veramente deciso a fare del paese una nazione democratica. Che le parole si trasformino in fatti: fermate le uccisioni degli iracheni e rispettate i loro diritti.”