"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

28 settembre 2008

Patriarca Caldeo al governo iracheno: si revochi l’abrogazione dell’art. 50 della legge elettiva per i consigli provinciali

By Baghdadhope

In una lettera datata 26 settembre ed indirizzata ai vertici del governo, del parlamento iracheno ed a personalità politiche il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Cardinale Emmanuel III Delly, ha ribadito l’appartenenza dei cristiani alla società irachena in quanto abitanti originari del paese, suoi fedeli servitori e rispettosi dei propri doveri patriottici.
Soprattutto però ha chiesto la revoca dell’abrogazione dell’articolo 50 approvata dal parlamento iracheno qualche giorno fa che ha suscitato in Iraq e nel mondo le proteste della comunità irachena cristiana che si sente – e si dichiara – non più legittimamente rappresentata nelle prossime elezioni per i consigli provinciali.
Il 22 luglio scorso 127 parlamentari sui 142 presenti dei 275 totali avevano approvato la Iraqi Election Provincial Law che avrebbe dovuto regolare il sistema delle quote rappresentative alle elezioni provinciali previste ad ottobre. La legge si era però subito arenata con il rifiuto della firma da parte del Presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani, che l’aveva tacciata di anticostituzionalità perché approvata da neanche la metà dei membri del parlamento, ed era tornata al parlamento per la ristesura.
Il nodo della discussione era stato, allora, la questione di Kirkuk e delle elezioni provinciali nel governatorato di Tamim di cui la città è capitale. Una questione che vede coinvolte tutte le parti che su di essa – ma soprattutto sulle sue immense risorse petrolifere – vantano dei diritti: arabi, curdi e turcomanni.
La soluzione trovata fu una ridiscussione della legge che ha portato ad una sua nuova approvazione giorni fa.
Per quanto riguarda Kirkuk il parlamento ha deciso di posporre le elezioni a dopo marzo del 2009 mentre ancora da definire è la data di quelle che si terranno nei tre governatorati che costituiscono la regione semi-autonoma del Kurdistan.
Il problema sembrava quindi essere stato risolto con una formula compromissoria che presagisce ulteriori rinvii non fosse che, questa volta, ad alzare la voce sono le comunità minoritarie che lamentano l’esclusione dal gioco politico del paese.
La legge approvata il 22 luglio, infatti, prevedeva che in sei province alle minoranze avrebbe dovuto essere garantito un certo numero di seggi così ripartiti:
Per i cristiani 13 seggi in totale:

Baghdad= 3
Ninive=3
Erbil=2
Dohuk=2
Kirkuk=2
Bassora=1
Per gli Shabak e gli Yazidi 1 seggio per comunità.

Questi seggi avrebbero permesso ai votanti di esprimere il proprio consenso ai propri candidati nella certezza di una loro rappresentatività nei consigli provinciali.
Immediate sono state le reazioni delle minoranze. Per i cristiani i primi a parlare sono stati i politici e le varie associazioni nel mondo che hanno gridato alla scandalo.
Così, Yonadam Kanna, unico rappresentante eletto al parlamento iracheno in una lista cristiana e leader dell’Assyrian Democratic Movement, ha parlato di “confisca della libera volontà delle minoranze” finalizzata a farli rappresentare politicamente da “fantocci.”
Così anche il governo curdo – peraltro da alcune fonti accusato di avere favorito la situazione bocciando, il 22 luglio, la legge che comprendeva l’articolo 50 per posporre ogni decisione sul futuro di Kirkuk – ha pubblicato sul sito web della Kurdistan Region Presidency, un appello al parlamento perché trovi una soluzione per una giusta rappresentatività politica delle minoranze.
“Una nuvola nera in un buon giorno per l’Iraq e la democrazia” ha definito la questione Staffan De Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite in Iraq che in una conferenza stampa con il presidente del parlamento, Mahmoud Al Mashadani, ha dichiarato l’impegno delle Nazioni Unite alla consultazione con la High Indipendent Electoral Commission per trovare una soluzione al problema della rappresentatività delle minoranze.
A queste voci si è quindi unita quella del Patriarca Delly che nella lettera ha definito la cancellazione dell’articolo 50 come “ingiusta” nei riguardi della partecipazione dei cristiani nella società del nuovo Iraq democratico.
Difficile dire come l’appello del Patriarca Caldeo potrà influire sulle decisioni del Parlamento.
Un cambio di rotta potrebbe essere prevedibile se tutta la componente irachena cristiana facesse sentire la sua voce, appello rivolto alle parti anche dal capo dell'ufficio governativo per i non musulmani, Abdallah Al Naufali. Quando a maggio del 2007 il Cardinale Delly parlò apertamente della persecuzione di cui gli iracheni cristiani erano oggetto furono molte le voci di religiosi che si unirono alla sua nella denuncia, e le sofferenze della comunità tornarono alla ribalta dei media internazionali.
Il governo iracheno non può, se davvero vuole definire il suo come un “cammino verso la democrazia” ignorare le richieste ed i diritti delle minoranze che tanto hanno dato alla storia dell’Iraq e che tanto potrebbero contribuire alla sua rinascita.