“Negli ultimi sei anni la serenità è stata del tutto assente dal comune sentire degli iracheni. Assistere al ritiro di militari, carri armati e altri macchinari da guerra incoraggia la gente a sperare in un futuro di normalità”: lo ha detto Qassem al Salman, responsabile dell’agenzia irachena ‘Aswat al Iraq’ contattato dalla MISNA nel giorno che celebra la "sovranità nazionale" e il ritiro delle truppe americane dalle città e dai centri abitati del paese. “Gli iracheni stanno festeggiando da ieri” racconta al Salman, aggiungendo che dai balconi delle case a Kirkuk e Mossul “è stato appeso il tricolore, mentre per le strade si sente l’eco di canzoni tradizionali e inni”. A Baghdad, nel centralissimo parco di Al Zawra’a, è stato allestito un palco sul quale si stanno esibendo cantanti e musicisti, accorsi per festeggiare l’evento. “La paura non è passata e tutti sanno che in futuro attentati e violenze potranno ripetersi, ma il senso di orgoglio per un paese che vuole uscire dall’incubo in cui era piombato negli ultimi anni è troppo forte. La gente ha voglia di sperare in un futuro diverso”.
“Baghdad ha perduto la sua bellezza e non ne è rimasto che il nome.
Rispetto a ciò che essa era un tempo, prima che gli eventi la colpissero e gli occhi delle calamità si rivolgessero a lei, essa non è più che una traccia annullata, o una sembianza di emergente fantasma.”
Ibn Battuta
Baghdad, 19 luglio 2014
30 giugno 2009
Soldati americani: e gli iracheni guardano al futuro
“Negli ultimi sei anni la serenità è stata del tutto assente dal comune sentire degli iracheni. Assistere al ritiro di militari, carri armati e altri macchinari da guerra incoraggia la gente a sperare in un futuro di normalità”: lo ha detto Qassem al Salman, responsabile dell’agenzia irachena ‘Aswat al Iraq’ contattato dalla MISNA nel giorno che celebra la "sovranità nazionale" e il ritiro delle truppe americane dalle città e dai centri abitati del paese. “Gli iracheni stanno festeggiando da ieri” racconta al Salman, aggiungendo che dai balconi delle case a Kirkuk e Mossul “è stato appeso il tricolore, mentre per le strade si sente l’eco di canzoni tradizionali e inni”. A Baghdad, nel centralissimo parco di Al Zawra’a, è stato allestito un palco sul quale si stanno esibendo cantanti e musicisti, accorsi per festeggiare l’evento. “La paura non è passata e tutti sanno che in futuro attentati e violenze potranno ripetersi, ma il senso di orgoglio per un paese che vuole uscire dall’incubo in cui era piombato negli ultimi anni è troppo forte. La gente ha voglia di sperare in un futuro diverso”.
Vescovi cattolici: fra “speranza e paura”, l’Iraq assiste al ritiro delle truppe Usa
Oggi inizia il ritiro ufficiale dell’esercito Usa dall’Iraq, che dovrebbe essere completato entro la fine del 2011. Per capire con quale spirito la popolazione vive il ritiro delle truppe Usa, AsiaNews ha interpellato mons. Louis Sako – arcivescovo caldeo di Kirkuk, nel nord del Paese – e mons. Sleimon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad.
“La gente è preoccupata – afferma mons. Sako – e ha paura del futuro. Ieri le famiglie cristiane non hanno mandato i loro bambini al catechismo per la prima comunione, e anche nei prossimi giorni non verranno. Aspettano di vedere cosa succederà; non hanno fiducia”. L’arcivescovo di Kirkuk ricorda gli attentati degli ultimi giorni, che hanno causato decine di vittime, e invita le autorità irakene a far fronte alla situazione “con forza” e mostrare “competenza” nella gestione del passaggio dei comandi.
Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, racconta di un clima di “grande speranza” fra le vie della capitale, dove si festeggia con fuochi artificiali il ritiro delle truppe americane. “Si spera – sottolinea il prelato – nella riconciliazione nazionale e nella cooperazione per il bene del Paese, senza guardare solo agli interessi propri”. Egli conferma una sensazione generale “di paura”, ma aggiunge anche la “speranza degli irakeni di essere in grado da soli di mantenere la pace”.
Divisioni interne e minacce esterne restano questioni irrisolte e il principale ostacolo sul cammino della pacificazione. “La popolazione – spiega mons. Sako – aspetta la riconciliazione fra le fazioni politiche, la stabilità, costruzioni, progetti e infrastrutture e il ritorno dei rifugiati”. Il prelato è “sicuro” che il governo lavorerà per “rendere stabile la situazione” ma non è altrettanto certo che l’obiettivo verrà raggiunto. “Ho paura – aggiunge – dell’influenza negativa dei Paesi vicini. L’esercito irakeno da solo non è ancora in grado di proteggere l’ordine. A questo si sommano divisioni etniche acuite nel corso degli anni, che hanno portato profonde divisioni fra sunniti, sciiti, arabi, turkmeni, curdi e persino fra gli stessi cristiani”.
Preoccupazioni che riguardano anche il vescovo ausiliare di Baghdad, che parla di “persone che sono un peso enorme e un ostacolo al cammino di pace” perché “non la vogliono”. “Speriamo – afferma mons. Warduni – che gli irakeni stessi prendano coscienza del valore dell’unità e lascino da parte quanti vogliono il male e il caos. Vogliamo che l’Iraq governi se stesso con le sue forze, politiche, economiche e militari. Ma vi sono interessi esterni che mirano a fomentare divisioni”.
Una frammentazione che contraddistingue anche la comunità cristiana, suddivisa in fazioni politiche e partiti. “Dobbiamo essere un esempio per gli altri – concludono i vescovi irakeni – e collaborare alla ricostruzione del Paese all’insegna dell’unità e del rispetto”.
Fonti di AsiaNews a Mosul, intanto, descrivono una situazione di “tensione e preoccupazione” per la strada. Restano le “divisioni fra sunniti e curdi”, i quali non vogliono “abbandonare intere zone di territorio sottoposte al loro controllo attraverso le milizie Peshmerga”. I sunniti, vincitori alle ultime elezioni, aspirano a riprendere il possesso della zona e “la partenza delle truppe americane potrebbe esasperare la tensione”.
A Baghdad, un giornalista irakeno – che chiede l’anonimato – spiega ad AsiaNews che “le truppe irakene non sono pronte ad assumere la responsabilità della sicurezza nazionale”. Le ragioni, sottolinea la fonte, sono duplici: l’esercito è carente “sia dal punto di vista delle attrezzature”, sia sotto il profilo “psicologico, perché hanno perso le motivazioni per sacrificarsi a difesa del Paese”.
Il nazionalismo e lo spirito di appartenenza nazionale sono in forte calo. La fonte avanza il dubbio di “un piano americano”, in base al quale “gli Usa sanno che l’esercito irakeno non è pronto ad assumere il controllo della nazione, ma hanno deciso ugualmente di ritirarsi, per poi ribadire che la presenza statunitense è fondamentale per la sicurezza. Gli Usa intendono rientrare in un secondo momento, negoziando nuovi accordi”. (DS)
Catholic bishops: between "hope and fear”, Iraq witnesses the withdrawal of U.S. troops
Today the official withdrawal of the U.S. from Iraq begins, which should be completed by the end of 2011. To understand the spirit in which people are witnessing the withdrawal of U.S. troops, has appealed to AsiaNews, Mgr. Louis Sako - Chaldean archbishop of Kirkuk in the north of the country - and Msgr. Sleimon Warduni, auxiliary bishop of Baghdad.
"People are worried - says Msgr. Sako - and afraid for the future. Yesterday, Christian families did not send their children to catechism classes for first communion, and neither will they in coming days. They are waiting to see what will happen, they have little confidence”.
Shlemon Warduni, auxiliary bishop of Baghdad, tells of a climate of "great hope" on the streets of the capital, where they are celebrating the withdrawal of American troops with fireworks. “There is hope - says the bishop - for a new era of national reconciliation and cooperation for the good of the entire country, not only personal interests." He also confirms a general feeling of “fear,” but adds the "hope of the Iraqis to be able to maintain peace by themselves."
Internal and external threats and unresolved issues remain the main obstacle on the path to peace. "The people - said Msgr. Sako - expect reconciliation among political factions, stability, construction, infrastructure projects and the return of refugees”. The prelate is "sure" that the government will work to "stabilize the situation" but is not so sure that the target will be achieved. "I'm afraid - he adds – of the negative influence of the neighbouring countries. The Iraqi army by itself is not yet able to protect order. This is compounded by ethnic divisions exacerbated over the years that have brought deep divisions between Sunnis, Shiites, Arabs, Turkmens, Kurds and even among Christians themselves. "
Concerns that the auxiliary bishop of Baghdad shares. He speaks of "persons who are a burden and a huge obstacle to the path for peace" because "they do not want it." "We hope - said Msgr. Warduni - that the Iraqis themselves become aware of the value of unity and leave aside those who want evil and chaos. We want Iraq to govern itself by its own strengths, political, economic and military. But there are outside interests that seek to foment divisions. "
A fragmentation that characterizes the Christian community, divided into factions and political parties. "We must set an example for others - the Iraqi bishops conclude - and take part in the reconstruction of the country in a sign of unity and respect."
Sources for AsiaNews in Mosul, meanwhile, describe a situation of “tension and concern” on the streets. There are still “divisions between Sunnis and Kurds”, who do not want to "abandon entire areas of the territory under their control through the Peshmerga militia”. The Sunnis, winners of the last elections, are seeking to regain possession of the area and "the departure of American troops could exacerbate the tension."
In Baghdad, an Iraqi journalist - who has asked to remain anonymous - tells AsiaNews that "the Iraqi troops are not ready to assume the responsibilities of national security." The reasons, the source points out, are twofold: the army is lacking "both in terms of equipment”, and "psychological terms”, because “they have lost the motivation to lay down their lives in defence of the country. "
Nationalism and the spirit of nationality is in sharp decline. The source puts forward the possibility of "an American plan", according to which "the U.S. knows that the Iraqi army is not ready to take control of the nation, but have also decided to withdraw, to then later on confirm that the U.S. presence is essential for security. The United States intends to return at a later date, negotiating new agreements”. (DS)
29 giugno 2009
Le suore domenicane rimangono in Iraq a dispetto della violenza crescente
By Carmen Blanco - Catholic News Service
Tradotto ed adattato da Baghdadhope
Malgrado il crescente numero di iracheni cristiani che sfuggono dalla violenza e dalla persecuzione una suora domenicana irachena rimarrà nel suo paese.
"Mi sono impegnata a rimanere in Iraq per coloro che vi rimangono: i poveri, i più vulnerabili, le vedove ed i loro bambini" ha dichiarato Sorella Maria Hanna in un incontro nel corso di una conferenza dei vescovi cattolici americani a Washington lo scorso 22 giugno. Sorella Hanna, delle domenicane di Santa Caterina da Siena a Mosul ha visitato Washington a giugno per parlare del suo lavoro e per aggiornare le agenzie ed le organizzazioni cattoliche sulle attuali condizioni nel paese.
Dominican sister vows to remain in Iraq despite increasing violence
By Carmen Blanco - Catholic News Service
Despite growing numbers of Iraqi Christians fleeing their country to escape the violence and persecution, an Iraqi Dominican nun says she will remain in her country.
"I am committed to staying in Iraq for those who remain: the poor, the vulnerable, the widows and their children," Sister Maria Hanna said in a meeting at the U.S. Conference of Catholic Bishops. Sister Hanna, a member of the Dominican Sisters of St. Catherine of Siena in Mosul, Iraq, visited Washington in June to talk about her work and to give Catholic agencies and organizations an update on current conditions in the country. She has set goals to build schools and hospitals for those remaining in Iraq and to give hope to all Iraqis."Our services are not just for Christians," Sister Hanna said. "Our hospital offers care to Christians and Muslims. And the students in our schools are mostly Muslims." In 1992, the sisters opened the Al-Hayat maternity hospital, which offers a 24-hour emergency clinic. They hope to add a surgical hospital and a general hospital in northern Iraq, she said. For Sister Hanna, messages of peace and solidarity are communicated to Iraqis through schools and hospitals that provide patients from all religious and ethnic groups with spiritual, emotional and physical healing. "Reconciliation is an important part of health care," she said. The nuns also hope to build a new church that will serve the 40,000-45,000 people from the city of Karakosh and its surrounding villages, she said. The intent is that it will serve other faith and minority ethnic groups. The sisters hope to join forces with other religious orders to inform the public about conflict resolution. "We want Iraqis to come, meet and reconcile," Sister Hanna told Catholic News Service. Christians have been the target of kidnappings and violent attacks that have escalated since the 2003 U.S. invasion of Iraq. Since then, the sisters have had to evacuate two of their living spaces. One in particular was the target of several attacks, prompting some of the nuns to move to safer locations. "We are more concerned about the mission than the convents," Sister Hanna said. This year, the Dominican Sisters renovated and opened a private secondary school for girls in Baghdad. The school, founded in the 1960s, was appropriated by the government in the 1970s and given back in 2007. "Opening this school poses a threat to our safety," she said, referring to the area's dangerous and unstable conditions, "but it is a sign of hope for women and neighboring families." Sister Hanna expressed deep concern for the well-being of the children. Currently, Iraq has only two orphanages for its growing number of orphans. For children who know far too much of war and civil unrest, the sisters hope to begin the first Montessori school in Iraq. Dominican Sister Amman, a translator for Sister Hanna, told CNS that the Montessori method appealed to them because of the ways it nurtures the mind, body and spirit of the child.
28 giugno 2009
Fotogiornalista italiana mette in luce la realtà dei rifugiati iracheni
Italian Photojournalist Zooms in on Iraqi Refugees
Through her camera lens Italian native Delizia Flaccavento explores the plight of Iraqi immigrants who have fled to Turkey. In a project this winter the photojournalist took over 6,000 photos of the Chaldean Christian Iraqi community in Turkey raising awareness on the 'other victims' of the Iraqi War.
In a rare project, Italian photojournalist Delizia Flaccavento spent months capturing the hopes and lives of Istanbul's Iraqi migrants in an effort to remind the world of some of the war's forgotten victims. "My intent with the project was to create awareness," Flaccavento told the Hürriyet Daily News. "When we hear news of Iraq we never hear about the refugees who are one of the most tragic consequences of the war. So for me it was important to shed a little light on this."
Flaccavento, a professor of documentary photography and photojournalism at Yeditepe and Bilgi Universities, has been living in Istanbul for a year and her work with Iraqi immigrants was her first project here. Her work was exhibited at the Italian Cultural Center earlier this month and the photographer said she hopes to show the collection wherever it is welcome.
Her exhibition had a very positive response and she said the opportunity to share her experience with some of her students was valuable to her. Many of them were not aware of the Iraqi community in the city.
"They were surprised by the kind of access I got - entering the houses of some people, becoming familiar with your subject - and this is something I try to teach them," she said. "Everything you do requires time. In photography you might be talented and have a good eye, but to get really meaningful images you have to understand first, connect with your subject and take a lot of time taking photos."
Flaccavento estimates that she took approximately 6,000 photos of Turkey's Iraqis this winter with her digital Canon; never using a flash.
"In other situations I use a flash, but in this case I didn't want to be intrusive at all; if the room was badly lit I wanted to show that, so I only used natural light," she said.
Many of the photos were taken at the epicenter of the community, St. Antoine Church, in Istanbul, where Iraqis, most of whom are Aramaic speaking Chaldean Catholics, gather every Sunday. There, she said, she witnessed one of the grimmer sides of the Iraqi War, even though it was kilometers away.
"I think some of the saddest moments were in the church when relatives got news that someone got killed in Iraq," said Flaccavento. "There were special services, and the women were dressed in black, and crying to the priest; you know this happens quite often. The deaths do happen daily."
Flaccavento said gaining access to the Iraqi community here was easy.
"They are very welcoming," she said.
The photographer said there is a pattern of justified frustration among the refugees.
"They come here with the hope to move quickly and be able to start a new life soon, but they get stuck here," she said. "On the other hand adapting to Turkey is not hard for them. The food is similar, some words come from Arabic; so culturally it's not exactly a shock. But in other aspects it is frustrating to adapt. They cannot work, it's difficult to obtain a work permit and they miss their own country."
Apart from some families with "big American dreams," Flaccavento said, most would not have chosen to leave Iraq.
"I heard 35-year-old women saying, 'my life is finished, everything I'm doing is for my children, I hope a better future for them," Said Flaccavento. "That's how old I am. I would never see my life as finished, but that's how they see it. They always say: 'It's for our children."
While in the United States Flaccavento did a project on the Italian American community in Brooklyn, which she describes as "much lighter" than the Iraqi endeavor though she said the immigration experience is always traumatic suspending people between worlds.
"One thing is an economic migration and one thing is a war situation that forces you to seek asylum," she said.
The predominating tension the immigrants describe is the rise of intolerance in their home country as allied forces encourage segregation based on religion. Under Saddam Hussein's regime they said Muslims and Christians lived in peace. So in some ways Istanbul better represents the Iraq they feel they have lost, explained Flaccavento.
"They long to go back,"said Flaccavento. "Those who say they'll never go back are also more reticent to talk and have probably had very traumatic experiences during the war. God knows what happened. They are very attached. They would tell me, Inshallah one day you will come to Iraq and you will be our guest; we will eat Iraqi food, we will dance together and we will show you all the beautiful places."
Flaccavento said she hopes to start a new project in Turkey soon. "It's a very visual country, very diverse, very complex so it's really a challenge to try to work on projects here, but also it can be really rewarding."
Cronache da Kirkuk. Terrore e vita
Viviamo nella tecnologia, i mezzobusti dei telegiornali viaggiano alla velocita' della luce all' interno delle nostre vite sempre indaffarate ed impegnate, tuttavia spesso riusciamo a congelare le varie preoccupazioni per informarci su cio' che accade nel nostro Paese, e di conseguenza nel Mondo intero. Si tratta di un momento intimo, di tregua, quiete dopo la tempesta. Sabato hanno fatto esplodere un "camion bomba" davanti ad una moschea Turcomanna, le stime parlano di quasi settanta morti, ma non si sa nulla di certo, sono andati avanti a scavare a lungo, con soccorsi che arrivavano da ogni parte della Nazione, i feriti, anche in modo grave, sono stati piu' di duecento: non credo che esista un modo preciso per reagire di fronte a queste violenze su persone innocenti. Non esiste nessun manuale che ti indichi il sentimento giusto da tirare fuori dagli scompartimenti dell' anima, non puo' esserci perche' altrimenti non saremmo esseri umani, ma semidei.
Le soluzioni per un corretto contrasto al Terrorismo (ma anche a tutti coloro che ci propinano la forza militare, nelle strade in Italia e nelle capitali del Terzo Mondo, come mezzo di risoluzione sicura per ogni problema) sono ogni giorno sotto i nostri occhi, esistono gia'. Per una madre la risposta consiste nell'accompagnare ogni benedetto giorno il proprio figlio a scuola, a costo di fare le corse in auto, di arrivare tardi al lavoro! Per una coppia di fidanzati consiste nel lavorare dodici ore al giorno, per potersi pagare le vacanze estive, per costruirsi un futuro insieme. Per tutti coloro che si ritengono amici la reazione e' il senso stesso della parola "amicizia", il contare l'uno sull' altro, in un' epoca dove tutto e' incerto, insicuro. Mantenere la normalita', uscire la sera in collina, trovarsi la mattina per bere una spremuta prima di inziare la giornata, godendosi il vento sulla faccia. Chiedete ad un padre in Cassa Intergrazione cosa significa mantenere una famiglia, in mezzo alla tormenta economica. Siamo noi la soluzione al terrore, siamo noi con le nostre umili vite quotidiane, che dimostrano ogni ora, ogni fine del mese, che nonostante tutto si puo' andare avanti, senza calpestare i piu' deboli, senza lasciare indietro nessuno. Quando la tentazione di fregarcene del resto dei nostri simili ci assale guardiamoci intorno, fissiamo dritto negli occhi chi ci sta tendendo la mano in maniera tale da poterlo abbracciare forte, talmente tanto da rialzarlo in piedi, sputando ogni genere di pregiudizio, perche' noi vogliamo essere diversi, vogliamo stare sempre e per sempre dalla stessa parte, nella sponda degli ultimi, la piu' facile da trovare, la piu' difficile da mantenere.Immaginate un sogno, un lago, una montagna, i raggi del Sole sul viso, questa e' la nostra Terra, che appartiene a tutti.Non sappiamo cosa ci attenda dopo questa vita, ma siamo a conoscenza di come possiamo comportarci per utilizzare al meglio il tempo che ci viene concesso. Se lo faremo, sara' in onore di tutti coloro che non hanno ricevuto le stesse nostre fortune, sara' dedicato a chi e' schiacciato e non riesce a rialzarsi, e se anche verra' un giorno dove tutti questi discorsi non avranno senso e la paura avra' la meglio sulla nostra forza, oggi noi scegliamo di non fare un solo passo indietro, di Esistere e di farlo per tutti coloro che amiamo.
Non puo' piovere per sempre: le case bruciano, le persone muoiono, ma la vera Amicizia e il vero Amore saranno incise in ogni pagina e in ogni riga dei nostri ricordi, anche pensando a coloro che ci hanno lasciato troppo presto, e arrivando alle magiche parole "..E vissero tutti felici e contenti....Fine", potremo dire, con un leggero sorriso e un pizzico di orgoglio, che siamo stati noi, a scrivere questo libro d' Oro.
23 giugno 2009
Pax Christi Francia, una conferenza internazionale per la pace
“Forte condanna” degli attentati che sabato 20 e lunedì 22 giugno hanno colpito le città di Kirkuk e di Baghdad è stata espressa nella serata di ieri da Pax Christi Francia nella persona del suo presidente, il vescovo di Troyes, Marc Stenger che auspica anche una conferenza internazionale sull’Iraq. “Ancora una volta – afferma il presule – il popolo iracheno conosce giorni di morte e di desolazione. Condanniamo con forza questo nuovo uso della violenza. Esprimiamo tutta la nostra più profonda solidarietà a questo popolo martire e non dimentichiamo di mobilitarci, a tutti i livelli, per aiutarlo a costruire un futuro di speranza, di libertà, di pace e di unità nazionale”. Mons. Stenger lancia, inoltre, un appello “ai politici” francesi affinché intervengano “per fermare tali situazioni dove non sono garantiti il diritto al rispetto per l'integrità della persona, la garanzia di poter vivere in pace a casa propria, la possibilità di pluralismo delle culture e di appartenenza religiosa”. “Per lottare faccia a faccia contro questi assassini che uccidono tante persone innocenti” il presidente di Pax Christi Francia auspica una conferenza internazionale, su iniziativa francese e sotto l’egida dell’Unione Europea e degli Stati della regione, volta a ristabilire la pace e la speranza per il futuro per la popolazione irachena.
Pax Christi France, an international conference for peace
“A firm condemnation” of the terrorist attacks that on Saturday 20th and Monday 22nd June hit the cities of Kirkuk and Baghdad was expressed last night by Pax Christi France, in the person of its president, the bishop of Troyes, Marc Stenger, who also would like to hold an international conference on Iraq. “Once again – the prelate states –, the Iraqi people are living days of death and desolation. We firmly condemn this renewed use of violence. We express all our deepest solidarity to this martyr people and we do not forget that we have to take action at all levels to help them build a future of hope, peace and national unity”. In addition, mgr. Stenger urges the French “politicians” to do something “to stop such situations which breach the right to respect people’s integrity, the guarantee to be able to live in peace at home, the possibility of a pluralism of cultures and religious confessions”. “To fight face to face these murderers who kill so many innocent people”, the president of Pax Christi France would like to hold an international conference, on France’s initiative and under the aegis of the European Union and the States of the region, to restore peace and hope for the future of the Iraqi population.
22 giugno 2009
Reliquie di Padre Ragheed Ganni a Roma nel secondo anniversario della sua morte. Padre Youkhanna: "Un sordo, persistente dolore"
Domenica 7 giugno 2009 si è svolta nella cappella del Pontificio Collegio Irlandese di Roma una messa in ricordo di Padre Ragheed Ganni, il sacerdote cattolico caldeo iracheno ucciso a sangue freddo insieme a tre suddiaconi della chiesa del Santo Spirito a Mosul il 3 giugno 2007, e che dal 1996 al 2003 aveva studiato presso l’ ateneo pontificio.
"Durante l’omelia Mons. Bergin ha detto come l’intenzione è quella di donare la stola alla Basilica di San Bartolomeo sull’Isola Tiberina mentre il libro di preghiere verrà definitivamente sistemato nel Collegio Irlandese. Oltre a ciò un ritratto di Padre Ragheed entrerà a far parte del grande mosaico che il collegio ha commissionato al genio creativo del gesuita Padre Marko Ivan Rupnik a ricordare il primo martire del Collegio Irlandese morto per la sua fede nel XXI secolo.”
Clicca su "leggi tutto" per il testo della Preghiera per i martiri
PONTIFICIO COLLEGIO IRLANDESE
Secondo anniversario del martirio di Padre Ragheed Ganni
20 gennaio 1972 - 3 giugno 2007
"Solennità della Santissima Trinità"
I Tuoi servi Ti applaudano: Pregate o Santi Martiri Maestri della fede, perché ci sia tranquillità nel mondo, le guerre cessino ed i conflitti si allontanino da noi, affinché la Chiesa possa lodare Dio per bocca dei suoi figli.
Relics of Fr. Ragheed Ganni in Rome in the second anniversary of his death. Fr. Youkhanna: "A dull, persistent pain"
On Sunday June 7, 2009, in the chapel of the Pontifical Irish College in Rome there was a mass in memory of Father Ragheed Ganni, the Iraqi Chaldean Catholic priest killed in cold blood along with three sub-deacons of the church of the Holy Spirit in Mosul on June 3, 2007, and who from 1996 to 2003 studied at the pontifical university.
During the celebration were there specific moments in remembrance of Father Ragheed?
"Sure. At the end of the Mass celebrated according to the Latin rite and in English, I recited in Italian and Aramaic, and together with the other three Iraqi students of the college, one of the hymns that our liturgical tradition dedicates to the martyrs of the faith. Two priests led to the altar two relics donated the Diocese of Mosul to the Irish College that after being blessed on the altar have been placed temporarily at the bottom of the chapel in a glass display case. They are one stole of Father Ragheed and the prayer book he used when living in Rome and that came from Ireland, and specifically from Lough Derg, a major pilgrimage site in Donegal County where Father Ragheed spent a long time."
The relics will be moved to another place?
"In his homily Msgr Bergin said that the intention is to donate the stole to the Basilica of San Bartholomew on the Tiber Island while the prayer book will be placed permanently in the Irish College. In addition to this a portrait of Father Ragheed will be part of a great mosaic the College commissioned to the creative genius of the Jesuit Father Marko Ivan Rupnik and will recall the first martyr of the Irish College who died for his faith in the XXI century."
And you, Father Amer, what signs did the deaths of two people so close to you leave to you?
"A dull, persistent pain that sometime become worse. With Father Ragheed I lost a brother, with Monsignor Raho a father. It is not easy but now I know, even more than before, the value of the faith in God and the task I have in spreading it."
I cattolici in Egitto ricordano l’inizio del quinto anno di Pontificato di Benedetto XVI
I cattolici d'Egitto si apprestano a celebrare il quinto anno di Pontificato di Papa Benedetto XVI con diverse cerimonie. Il 25 giugno una Messa verrà celebrata ad Alessandria (225 km a nord-est del Cairo, sul Mar Mediterraneo), presso la Cattedrale di Santa Caterina. La Messa sarà presieduta da Sua Eccellenza Mons. Makarios Tawfik, Vescovo copto cattolico di Ismaelia, alla presenza di Sua Eccellenza Mons. Michael Fitzgerald, Nunzio Apostolico in Egitto. La Messa verrà seguita da un momento di raccoglimento spirituale animato da quattro corali. Il 27 giugno al Cairo verrà celebrata una Messa presso la Cattedrale caldea di Nostra Signora di Fatima, presieduta da Youssef Ibrahim Sarraf, Vescovo dei Caldei in Egitto, alla presenza del Nunzio. Queste celebrazioni sono molto partecipate in Egitto sia a livello ufficiale, sia a livello di religiosità popolare, dove molti vi assistono per esprimere amore e gratitudine nei confronti di Sua Santità. (L.M.)
19 giugno 2009
Cronache da Kirkuk. Mons. Louis Sako
"Antica Babilonia: la missione militare di cui ha fatto parte per alcuni anni il contingente Italiano, prima di ritirarsi anche al seguito della tragedia di Nassirya. I nomi delle operazioni degli eserciti hanno spesso e curiosamente il nome di epoche storiche perse nei meandri della storia, come le vecchie foto ingiallite che ogni tanto saltano fuori riesumando i calzini perduti nei cassetti in legno di mogano, qualcosa di incredibilmente lontano, ma che posto come nastrino su di una divisa fornisce un senso di forza, di coraggio, come se i fantasmi dei popoli che abitarono questa terra non si stessero rigirando nella tomba a forza di vedere continuamente i loro figli morire per mano della violenza". Oggi ho pensato questo, incontrando Louis Sako, Arcivescovo della Chiesa Caldea a Kirkuk e rappresentante dei Cristiani in Iraq. Sono arrivato di buon mattino, accompagnato dal mio amico curdo Marwan, di fronte alla magnifica entrata della Basilica. La prima impressione che ho avuto è stata quella di avere di fronte un castello di sabbia, talmente era conservato ed integrato col resto del paesaggio quel luogo, che sembrava uscito da un film di Harrison Ford in Indiana Jones. Le guardie del corpo del Cardinale ci hanno fatto sedere senza troppi commenti in una baracca vicino al cancello, mentre una di loro dopo aver detto qualcosa in arabo e' andata a chiedere conferma della nostra presenza. Pochi minuti dopo, stavolta con un sorriso piu' ampio da parte dei soldati, siamo stati condotti in quella che è la sala di rappresentanza, una specie di stanza quadrata, molto ampia, piena di sedie intorno alle pareti, come un conclave nascosto. Sako e' arrivato circa cinque minuti dopo il nostro ingresso, giusto il tempo di ammirare documenti risalenti a migliaia di anni fa, in arabo e in siriano. La prima impressione che ho avuto è quella del classico brav'uomo, che in qualsiasi altra vita avrebbe potuto fare tranquillamente l'insegnante elementare o il diplomatico, ma che il destino ha condotto a diventare un uomo tra i piu' a rischio nel Nord Iraq. Dopo avermi fissato per un secondo si e' sciolto in un sorriso e mi ha abbracciato: "Buongiorno, ma sei cosi' giovane.." poi con aria sconsolata: "Ma perche' sei venuto qui..?", per un attimo mi e' venuto da ridere, poi la conversazione si e' spostata sulle poltroncine vicino, bevendo un fortissimo caffe' alla turca. Abbiamo conversato piacevolmente per circa un'ora, durante la quale mi ha spiegato come la tragedia umanitaria in Iraq si divida in tre passaggi: i bombardamenti, i rapimenti di bambini e maestri, gli omicidi politici e religiosi. Si ha un grosso senso di ansia, soprattutto per quanto riguarda il futuro, la sorte di coloro a cui si tiene: perche' quando colpiscono, colpiscono coloro che amiamo.
Kirkuk, 19/06/2009
Il concetto fondamentale è: "O si esce tutti insieme o si precipita definitivamente, a pochi oramai interessa il futuro di questo Paese dimenticato".
L' Arcivescovo Caldeo di Kirkuk Louis Sako dichiara in quest' intervista la sua visione dei fatti dalla caduta di Saddam in poi: da uomo di Fede e da essere umano, che non desidera più vedere i figli di questa Nazione, curdi, arabi, assiri o turcomanni che siano, morire sotto i colpi della violenza.
Cos'è oggi l'Iraq?
"Una tragedia umana palpabile, reale, un luogo dove le anime sono divise dalla religione, dalla politica, dalle etnie e dal petrolio. Dove i cittadini sono stati sacrificati, sfruttati, in tre diverse guerre senza alcuna giustificazione. I moderni Cavalieri dell' Apocalisse: Bombardamento, Rapimento, Assassinio, Intimidazione. La situazione di primaria importanza è l'assenza di sicurezza e, soprattutto per i Cristiani e le altre minoranze l'incremento delle emigrazioni e delle fughe Si ha un grosso senso di ansia riguardo al futuro, specialmente dopo gli eventi di Mosul e Baghdad"
Quali sono le cause di questa degenerazione?
Gli Americani occupando il Paese hanno commesso alcuni errori fondamentali: il più grave sicuramente è stato consentire la dissoluzione completa di ogni forma di Istituzione, dall'esercito, considerato troppo fedele al regime abbattuto, alla Polizia, ai Vigili urbani. Sono state aperte le frontiere, senza la benchè minima forma di controllo sulle persone che entravano, anche da Nazioni di dubbia natura laica e democratica, un esempio per tutti l'Iran. I nuovi Governanti in carica hanno strappato con la forza il consenso alle minoranze, anche tramite l'inganno e la minaccia, questo ha creato un enorme senso di frustrazione. La chiamata alla linea dura Islamica per una Teocrazia ha avuto un durissimo impatto sulla comunità Cristiana, alla quale vanno aggiunti i toni da Crociata assunti da determinati politici occidentali. In questo modo sono stati associati tutti i Cristiani residenti come collaboratori degli invasori, verso i quali sono stati compiuti veri e proprio massacri, più per odio insensato che per motivazioni politiche. I Cristiani sono stati accusati di tutto, dalla miscredenza al politeismo, senza nessuna forma di protezione da parte delle istituzioni, già nel caos per motivi loro, sopra citati. Poco tempo fa sono stati uccise circa 500 persone, inclusi tre preti e un vescovo, questo ha condotto il 50% dei credenti a fuggire da Baghdad verso il Kurdistan.
Quale può essere una delle conseguenze più gravi di tutto ciò?
Probabilmente lo smarrimento più completo di ogni regola di autocontrollo e legalità, le recenti elezioni provinciali hanno causato un crescente scontento tra la gente, molti gruppi sono stati emarginati, umiliati, senza rappresentanza e partecipazione, e tutto ciò è molto grave e pericoloso per la stabilità collettiva. I media sono stati più volte intimiditi ed è stata indebolita la cultura della coesistenza. Infine, ma non per ultimo, l'incremento della criminalità comune, che niente ha a che vedere con il terrorismo, ma che è sintomo di un progressivo deterioramento di questa civiltà.
Quali possono essere delle proposte per il Cambiamento vero?
La sopravvivenza della Chiesa Cristiana si basa sulla capacità di ciascuno di fare testimonianza di pace, bisogna difendere i bambini, che sono il nostro unico futuro, proteggerli e difenderli. Ci sono molti potenziali umani che rimangono inutilizzati a causa di una mancanza di visione a lungo raggio, di concetto di leadership collettiva, di unità nazionale. La partenza dei cristiani è un dato indubbiamente molto triste anche per i Musulmani, perchè in questi periodi difficili abbiamo bisogno gli uni degli altri, non ci possono essere spazi per parsonalismi vari, sono dannosi per tutti. Nella storia ci sono stati periodi in cui collaboravamo e ci proteggevamo a vicenda, è tempo di riprendere quegli insegnamenti, prima che sia troppo tardi.
Benedetto XVI: "Ogni giorno prego per i cristiani iracheni"
La “pace in Medio Oriente” e i cristiani dell’Iraq sono “ogni giorno” nel cuore e nelle preghiere del Papa. Lo ha detto lo stesso Benedetto XVI incontrando questa mattina in udienza il neo Patriarca della Chiesa di Antiochia dei siro-cattolici, Sua Beatitudine Mar Ignace Youssef III Younan, accompagnato, in questa sua prima visita ufficiale, dai Patriarchi emeriti, dai Vescovi e da fedeli provenienti dal Medio Oriente e da diverse parti del mondo.
Benedict XVI: "Every day I pray for Iraqi Christians"
18 giugno 2009
Il neo Patriarca di Antiochia dei Siri manifesta la sua comunione al Papa
Il Patriarca è stato intronizzato nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora dell’Assunzione, a Beirut, il 15 febbraio, dopo essere stato eletto dal Sinodo di questa Chiesa celebrato a Roma nel gennaio scorso.
In questa sua prima visita ufficiale lo hanno accompagnato 250 pellegrini, secondo quanto reso noto da "L'Osservatore Romano".
"La nostra Chiesa è piccola ma risale ai tempi apostolici – ha affermato il Patriarca – e custodisce una grande tradizione, un prezioso patrimonio liturgico e spirituale. Siamo qui a rinnovare la comunione con il successore di Pietro per poi rispondere meglio ai problemi che ci opprimono e continuare a testimoniare il Vangelo in un contesto tribolato, segnato anche da un fanatismo violento".
Alla fine dell'udienza, Benedetto XVI ha salutato pubblicamente la delegazione siro-cattolica e in particolare il Patriarca, ringraziando per la visita "che mantiene un vivo legame con la tradizione orientale cristiana e il Vescovo di Roma".
Il Papa ha ricordato che giovedì, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, alla presenza del Rappresentante papale, il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, avrà luogo la cerimonia ufficiale di concessione della comunione ecclesiastica del Papa al nuovo Patriarca, come prevedono i sacri canoni.
"Mentre assicuro per Lei, venerato Fratello, e per quanti La accompagnano la mia preghiera, vorrei nel contempo esprimere la mia sollecitudine e considerazione a tutte le Chiese Orientali Cattoliche, incoraggiandole a proseguire la missione ecclesiale, pur tra mille difficoltà, per edificare ovunque l'unità e la pace", ha detto il Papa al termine dell'Udienza.
Dal 9 al 13 giugno, nel monastero di Nostra Signora della Salvezza a Charfé, in Libano, si è celebrato il primo Sinodo siro-cattolico presieduto dal Patriarca.
Secondo quanto riferito dal sito “Baghdadhope”, i Vescovi della Chiesa cattolica siriaca hanno espresso la propria “soddisfazione” per la visita di Benedetto XVI in Terra Santa e per lo “svolgimento pacifico” delle elezioni in Libano, ma anche “preoccupazione per la situazione dei rifugiati iracheni” I cattolici siriaci sono oggi circa 150.000 nel mondo. Vivono soprattutto in Iraq (42.000), in Siria (26.000), in Turchia e circa 55.000 nella diaspora.
Pope Benedict XVI - Mar Ignatius Joseph III Younan
Syriac Leader Renews Communion With Rome
El nuevo patriarca de Antioquía de los sirios manifiesta su comunión al Papa
El sínodo de la Iglesia católica siria preocupado por los refugiados iraquíes
Novo patriarca de Antioquia dos Sírios manifesta sua comunhão ao Papa
Liban : Clôture du synode de l'Eglise syro-catholique
البابا يرحب ببطريرك السريان الكاثوليك
17 giugno 2009
Alessandro Ciquera. Cronache da Kirkuk.
Alessandro Ciquera è un uomo pieno di entusiamo e voglia di fare che ha canalizzato l'energia e la forza della sua giovinezza in un'impresa ciclopica: aiutare i bambini dell'Iraq, per ora in particolare quelli di Kirkuk, con una serie di progetti che mirano alla ristrutturazione di alcune scuole elementari ed alla creazione di un campo che, similmente all'Estate Ragazzi italiana, impegni i bambini coinvolti in attività ludiche nei lunghi mesi di chiusura delle scuole. Quei mesi che, se passati per strada, rappresenterebbero un pericolo per bambini che, purtroppo, vivono in un paese non ancora pacificato.
Baghdadhope pubblicherà i resoconti che Alessandro Ciquera invierà nei prossimi mesi. A cominciare da quello scritto non appena arrivato in Iraq: Ancora una volta, Kirkuk.
Benedict XVI: To the Oriental Churches: "Let us pursue our mission to build peace and unity"
At the end of today’s audience, Benedict XVI greeted the Syrian-Catholic delegation led by the Syrian Catholic Patriarch of the Church of Antioch, His Beatitude Mar Ignace Youssef III Younan, on his first official visit. He was accompanied by distinguished Patriarchs, Bishops and the faithful coming from the Middle East and from all over the world. In his greetings, the Pope expressed his “esteem and respect for the Oriental Catholic Churches” encouraging them to “continue their ecclesial mission, despite the many difficulties, to build peace and unity everywhere.” Tomorrow, a Divine Liturgy will be celebrated in the Basilica of St Mary Major in Rome following the Syrian-Antiochian rite, a “public sign of the ‘communio ecclesiastica’ which was already granted to Patriarch Youssef when he was elected,” said the Pope. The Prefect of the Congregation for the Oriental Churches, card. Leonardo Sandri, will represent the Pope tomorrow.
Benedetto XVI: alle chiese orientali "proseguire missione per edificare pace ed unità"
Al termine dell’udienza di oggi Benedetto XVI ha salutato la Delegazione siro-cattolica guidata dal Patriarca della Chiesa di Antiochia dei siro-cattolici, Sua Beatitudine Mar Ignace Youssef III Younan, accompagnato, in questa sua prima visita ufficiale, dai Patriarchi emeriti, dai Vescovi e da fedeli provenienti dal Medio Oriente e da diverse parti del mondo. Nel saluto il Papa ha espresso la sua “sollecitudine e considerazione a tutte le Chiese Orientali Cattoliche”, incoraggiandole “a proseguire la missione ecclesiale, pur tra mille difficoltà, per edificare ovunque l'unità e la pace”. Domani nella basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma, si terrà una Divina Liturgia in rito siro-antiocheno, “pubblica significazione”, ha detto il Papa, della ‘communio ecclesiastica’ già concessa al patriarca Youssef, al momento della sua elezione. A rappresentare domani il Pontefice sarà il card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.
Mons. Najim. 25 anni di vita sacerdotale
Nella foto da sinistra Padre Paul Rabban, Mons. Philip Najim e Padre Sami Al Rais
Negli scorsi giorni tre sacerdoti della Chiesa caldea hanno celebrato i loro 25 anni di servizio sacerdotale: Padre Emanuel Shaleta, nominato nello stesso giorno Corepiscopo, Padre Yoshia Lazar e Mons. Philip Najm, Visitatore Apostolico per l'Europa e Procuratore presso la Santa Sede. La celebrazione che ha segnato il 25 ° anniversario di sacerdozio di Mons. Najim si è svolta in Svezia, e in particolare nella città di Eskilstuna, nella chiesa di Mar Efrem il 31 maggio. Celebranti sono stati Mons. Najim, Padre Paul Rabban, il sacerdote della comunità caldea in città, e Padre Sami Al Rais, parroco della chiesa di Addai e Mari a Essen (Germania) e segretario dei sacerdoti caldei in Europa. Dopo la messa, e anche per celebrare la fine del mese dedicato a Maria, i tre sacerdoti hanno guidato i fedeli in processione al di fuori della chiesa.
16 giugno 2009
Msgr. Najim. 25 years of priestly service
By Baghdadhope
In recent days three priests of the Chaldean church celebrated their 25 years of priestly service: Father Emanuel Shaleta, appointed in the same days as Chorepiscop, Father Yoshi Lazar and Msgr. Philip Najm, Apostolic Visitator for Europe and Procurator to the Holy See. The celebration that marked Msgr. Najim's 25th anniversary of priesthood was held in Sweden, and specifically in the city of Eskilstuna in the church of Mar Ephrem on May 31. Celebrants were Msgr. Najim, Father Paul Rabban, the priest of the Chaldean community in the city, and Father Sami Al Rais, parish priest of the church of Addai and Mari in Essen (Germany) and secretary of the Chaldean priests in Europe. After the mass, and to celebrate also the end of the month dedicated to Mary, the three priests led the faithful in procession outside the church.
Iraq: Pena di morte. Mons. Sako (Kirkuk) "Atto orribile da abolire"
Iraq: Death penalty, Mgr. Sako (Kirkuk) "A horrible deed to be abolished"
Terminato in Libano il sinodo della chiesa siro cattolica
Finished in Lebanon the Synod of the Syriac Catholic church
Source and photo: Syriac Catholic Diocese of Mosul
The first Synod of the Syriac Catholic church chaired by Patriarch Mar Ignatius Joseph III Younan is finished. All the bishops of the church, except for Mar Jacob George Hafouri, Archbishop Emeritus of Hassaké-Nisibi of the Syriacs, were present. The beginning of the synod was marked by a Mass celebrated by Mar Joseph III who gave a speech stressing the needs of the Syriac Catholic church in the east but also in the countries of diaspora. Speech followed by that of Mar Jacob Barnabas, Apostolic Visitor for the Syro-Malankara community in the extra territorial regions of India and Titular bishop of the Diocese of Bapara. (India)
The final document of the synod marked 13 points of discussion:
List of the participants to the synod:
Mar Ignatius III Joseph Younan, Patriarch of the Syriac Catholic Church of Antioch