"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

28 giugno 2022

Iraq: card. Sako (patriarca caldeo), “denaro e potere. Politici curano solo interessi di parte


A otto mesi dalle elezioni del 10 ottobre 2021, non si sblocca la situazione politica in Iraq. Notizia di questi ultimi giorni è la decisione da parte dei 73 deputati del movimento che fa capo al leader sciita Muqtada al-Sadr di dimettersi in blocco dal Parlamento. Una mossa che rende ancora più difficile la nomina del presidente e di conseguenza la formazione di un governo di maggioranza. Per l’Iraq si prospettano nuove elezioni e proteste popolari.
Il commento del patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako.
“Un disastro. È tutto bloccato e nessuno sa come andrà a finire e cosa potrà accadere in futuro. Non c’è un sentimento di unità nazionale ma solo una mentalità settaria. Gruppi e fazioni in campo curano solo interessi di parte e non cercano il bene comune e l’interesse nazionale. Così facendo hanno distrutto il sentimento patriottico”.
Non usa mezzi termini il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, per esprimere al Sir tutto il suo disappunto circa lo stallo politico in cui versa l’Iraq. Una crisi che va avanti da ottobre scorso, quando dalle urne uscì vincitore il religioso sciita Muqtada al Sadr, uno dei personaggi iracheni più influenti del Paese, il cui movimento ottenne 73 parlamentari (su un totale di 239). Da allora ogni tentativo di eleggere il presidente iracheno, step necessario per procedere alla formazione del nuovo governo, è fallito. Il cardinale più volte, nei suoi interventi pubblici, ha richiamato l’urgenza di arrivare a sbloccare l’impasse istituzionale per dare al Paese un Governo forte e stabile.
Denaro e potere. Il patriarca indica nella “sete di denaro e di potere” i motivi del fallimento. “Denaro e potere – spiega – alimentano questa mentalità settaria, soprattutto adesso che il prezzo del petrolio è tornato a salire”. 
Desta preoccupazione, poi, la scelta di Muqtada al-Sadr di ritirare i 73 deputati del suo movimento politico: “si sono dimessi in massa – annota il cardinale – ed è un peccato perché lui è uscito vincitore dalle urne”. Guardando all’odierno panorama politico iracheno, Mar Sako sottolinea:
“non vedo un sentimento e una volontà di creare uno Stato sovrano, democratico basato sulla cittadinanza, sul progresso, sulla stabilità. Le sfide sono tante ed enormi ma senza il dialogo, le idee e la volontà sarà difficile affrontarle”.
“Si vuole perseguire solo il proprio interesse settario e per questo non vuole dialogare, e peggio ancora, ascoltare. Serve un dialogo coraggioso e leale, mai come adesso. Purtroppo – ribadisce il cardinale – ognuno avanza le proprie condizioni e ciò non fa altro che creare uno stallo pericoloso che porterà, probabilmente a nuove elezioni”. Emerge un quadro frammentato con “spaccature evidenti in campo sciita, tra Muqtada al-Sadr e suoi rivali sostenuti dall’Iran, divisioni anche tra gli stessi sunniti e tra le componenti curde. La frammentazione non è l’humus ideale per prendere decisioni importanti e buone”.
“Manca la libertà perché questi gruppi dipendono da attori regionali e dalla politica internazionale. Tanti Paesi – denuncia il patriarca caldeo – non vogliono un Iraq forte, stabile, unito e florido. Non è nel loro interesse”.
Crisi in aumento. Le conseguenze sono visibili e, aggiunge il cardinale, “ricadono sulla testa dei cittadini e dei più poveri che non vedono prospettive e sono privi di speranza. In questi ultimi mesi, complici anche la grande siccità e la guerra in Ucraina, sono aumentati i prezzi dei principali beni di consumo. In Iraq la produzione agricola, così come quella industriale, è poca cosa. Come Paese importiamo moltissimi di questi prodotti. Il grano comincia a scarseggiare. Ma i politici non hanno di queste preoccupazioni”. Da qui la previsione di Mar Sako: “Credo che al-Sadr punterà molto sul malcontento popolare e cercherà di bloccare la formazione di un nuovo governo organizzando grandi manifestazioni di protesta”. In questo quadro così complicato i cristiani non hanno la forza di incidere: “Come cristiani non abbiamo particolare rappresentanza. Quattro dei 5 seggi riservati ai candidati cristiani, dal sistema elettorale nazionale, sono andati al ‘Movimento Babilonia’ collegato alle milizie sciite filo-iraniane, opposte ad al-Sadr. Candidati che non hanno libertà di movimento per proporre idee e progetti. A fronte di ciò la comunità cristiana è molto più rispettata grazie anche alla visita di Papa Francesco (5-8 marzo 2021), che ha contribuito ad aprire la mentalità della gente, ma non quella della politica. Speriamo – conclude – che tra i nostri politici emergano presto personalità che abbiano a cuore il bene dell’Iraq e del suo popolo”.

24 giugno 2022

Kurdistan Region remains ‘first choice’ for Iraqi Christians: Erbil Archbishop


The Kurdistan Region remains the “first choice” destination of Iraq’s dwindling Christian population, Archbishop Bashar Matti Warda of the Chaldean Archdiocese of Erbil told Kurdistan 24 on Thursday.
Warda made the remark in a discussion about the ongoing dangers faced by Iraqi Christians. He noted that the Kurdistan Region had become a haven for the minority after its population rapidly decreased in post-2003 Iraq.
Many of these Christians resettled in the villages of Zakho and Duhok and Erbil's Christian-majority Ankawa district, Warda said. 
In addition to finding sanctuary in the Kurdistan Region, members of the religious community have also found job opportunities in many sectors, he said. 
While there is no official tally on the current number of Christians in Iraq, it’s believed that the total number is less than 250,000. 
Warda noted that the Christian community in the Kurdistan Region wants more services from the Kurdistan Regional Government (KRG). 
Decades of political instability, persecutions, and civil strife have contributed to the mass departure of the Christians from Iraq. 
In 2014, the bloody rise of ISIS displaced thousands from the country. In the three-year fight against the terror group, the Kurdistan Region has hosted over a million refugees and internally displaced persons (IDPs). 
Kurdistan Region Prime Minister Masrour Barzani said his government spends over $1 billion annually on services for displaced people living in the camps of the Kurdistan Region.

21 giugno 2022

New report on Christians in Iraq shows desperate situation and needs

By The Arab Daily News
Ray Hanania

The American Foundation for Relief and Reconciliation in the Middle East (American FRRME) published its 2020/21 Impact Report on Monday June 20, 2022 on supporting the ongoing needs of Iraqis – primarily Christian Iraqis – who fled Iraq and Kurdistan during the ISIS insurgency in 2014.
Many fled to neighboring countries including Jordan, where according to the UN Refugee Agency (UNHCR) close to 67,000 remain living as refugees.
Susan Greer, Executive Director at American FRRME says that Christianity is in crisis in the Middle East, noting that “Iraq remains plagued by conflict and sectarian violence and many Christians are seriously affected by intolerance and persecution in the Middle East.
This is a region previously home to some of the oldest practicing bodies of Christians in the world initially evangelized by the Apostle Thomas.”
It is reported that Iraq’s Christian population has dwindled considerably due to conflict and terrorism. More than 80% have fled the country since 2003 and just an estimated 150,000 remain, down from 1.5 million a century ago. Today Christians make up just 0.4% of the country’s 42.6 million population.
American FRRME provides relief, comfort and aid to the displaced and marginalized persons of the Middle East, seeking to rebuild families and communities through programs that include humanitarian aid, education and job skills.
The organization supports the needs of Iraqi refugees in Jordan, displaced Iraqis in Iraq and Baghdad and Iraqi Christians who remained in Kurdistan and northern Iraq. In Jordan, through their Olive Tree Center and in partnership with four churches based in Jordan, American FRRME is supporting around 6,000 Iraqi refugees.
“These people were given three choices by ISIS,” continues Greer, “to convert to Islam, be killed, or leave immediately without packing. Thousands left on foot, with children and babies, the clothes on their backs and whatever they could carry.”
American FRRME also supports those displaced within Iraq, many of whom remain living in Internally Displaced People (IDP) camps in Baghdad and northern Iraq. Through their partnership with St George’s Anglican Church in Baghdad, the organization helps fund ongoing relief aid, a K5 school and the St. George’s Medical Clinic, offering free dental procedures.
For those who remained on the Nineveh Plain, the organization has funded the establishment of small business enterprises such as greenhouses, farms, bakeries and traditional industries such as olive oil production.
“We initially responded to the humanitarian crisis brought on by the ISIS invasion,” said Greer. “Since then, we have tailored our mission in response to countless conversations with the refugees we support. Many expressed losing hope for the future, unable to work due to their refugee status in Jordan, or without the financial means to rebuild their homes and businesses in Iraq and Kurdistan.”
“In Jordan, Iraqi refugees are not permitted to work, so they have no choice but to rely on aid from local churches and organizations like American FRRME. Life in Jordan is very hard and from the outset, we understood how important it was to this community to have somewhere they could gather together as Iraqis and celebrate their culture, traditions and faith,” says Greer.
In 2019, the organization opened the Olive Tree Center in Madaba, Jordan where they provide art and music therapy programs, education programs including English language classes for children and adults, cosmetology and sewing classes and a garden which provides refugees and the community with fresh vegetables. In 2021, in collaboration with the refugees, they built a woodworking shop and a mosaic making workshop.
“The refugees we support are in dire need of healing from the trauma they experienced and are desperate for a chance to rebuild their lives and regain a sense of purpose,” said Greer. “These activities provide therapeutic benefits to children and adults and give refugee women and men the chance to hone their skills, learn new skills and make practical furniture items.”
The Report also highlights the education crisis faced by Iraqi refugee children. Globally, 91% of children attend elementary school, whereas only 63% of refugee children have this opportunity; of that 63%, only 24% attend high school. According to UNHCR, there are around 18,000 school-aged Iraq refugee children in Jordan who face myriad barriers to going to school.
“Education is highly regarded within the Iraqi community,” says Greer. “Trauma and years of displacement as a result of war and persecution has disrupted these children’s education. In addition, those living as refugees in Jordan are not afforded the same rights as Jordanians so access to education is not equitable. The majority of the schools are for those of the Muslim faith, which for Christian children brings its own challenges. Many Iraqi children are missing out on attending school with a regular schedule. They begin to lose the opportunity to gain any meaningful qualifications. They really are stuck.”
In March this year, the organization launched a scholarship fund to help refugees in Jordan gain an education. The General David E. Greer Scholarship Fund was established in memory of former American FRRME Executive Director Brigadier General David E. Greer who lost his life to a tragic accident in 2020.
“Through the work of American FRRME, I have met many Iraqi families living as refugees in Jordan,” says Greer. “I am constantly impacted by the effects of displacement on the children. A few months ago I met a teenage girl who desperately wanted to progress beyond eighth grade and become a teacher. Sadly, her family cannot afford to send her on to the local Christian school to complete her education.”
“It’s young people like this who we want to help through the General David E. Greer Scholarship Fund.”
According to their 2020/2021 Impact Report, American FRRME enabled 400 refugee children to attend various education classes in Jordan, distributed 29,424 food packages to Iraqi refugees in Jordan, funded 1,500-2,000 medical treatments at St George’s Medical Clinic in Baghdad and invested $90,155 in development projects in the Kurdistan region of northern Iraq.

Full impact figures can be found in the enclosed 2020/21 Impact Report.

17 giugno 2022

Da Bagdad al nido Farfabruco per apprendere la cultura della prima infanzia


Una delegazione di insegnanti e educatrici della Scuola Saint Joseph di Bagdad (Iraq) ha fatto visita la mattina del 15 giugno al Nido d'infanzia Farfabruco della Cooperativa sociale Itaca, con l'obiettivo di verificare in prima linea e conoscere il metodo educativo dei servizi alla prima infanzia che contraddistingue Itaca da ben 16 anni al nido di viale Treviso a Pordenone.
L'incontro si è inserito all'interno del progetto "Involving! Garantire un'educazione inclusiva e di qualità a Bagdad con focus su diritti umani e costruzione di resilienza delle minoranze perseguitate", gestito in Iraq dalla Fondazione Giovanni Paolo II con i partner locali Latin Community of Iraq e Caritas di Baghdad.
Tra i punti di forza del progetto Involving rientra, infatti, la spinta a migliorare i servizi educativi rivolti ai bambini aumentandone la qualità intervenendo sulle metodologie didattiche, ma anche favorendo l'accesso e garantendone l'inclusività. Con questo focus, la delegazione irachena è stata accolta al Farfabruco per apprenderne le best practice educative, a partire proprio dalla cultura della prima infanzia. Nei servizi di nido, infatti, ed anche al Farfabruco, accanto al modello di gestione tradizionale strutturato per sezioni, Itaca ha attivato un modello innovativo ispirato alla logica dell'open space per ripensare la gestione della dimensione temporale e spaziale rivolta ai bambini, riorganizzando aree ludiche, luoghi di routine e spazi di attività per allenare il bambino alla capacità di scelta, alla proattività e a sostenere i processi di conoscenza di sé, nel pieno rispetto dei bisogni e dei tempi di ciascun bambino.

IL PROGETTO INVOLVING - LA SCHEDA
Involving mira ad intervenire a favore delle minoranze cristiane perseguitate a Bagdad intervenendo in primis sui bambini per offrire loro, sin dalla giovane età, una qualità della vita migliore attraverso un'educazione basata sull'inclusione, l'accoglienza e la convivenza serena delle diverse culture e rappresentanze religiose frequentanti la scuola Saint Joseph. Nello specifico intende dare sostegno alle minoranze cristiane vulnerabili in Iraq e a rischio sicurezza a seguito del conflitto iracheno. L'azione si struttura in tre risultati principali ed ha come target primario i minori della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, i giovani e le donne residenti nell'area di Baghdad. Per aumentare la resilienza delle comunità cristiane e dei gruppi più vulnerabili, in particolare le donne, Involving prevede, altresì, l'attivazione di percorsi di supporto psicologico, empowerment femminile, diritti delle donne, prevenzione di violenza di genere e abuso, come anche la realizzazione di percorsi di formazione professionale a favore dei giovani, accompagnamento e orientamento per l'inserimento lavorativo, oltre all'opportunità per alcuni di ricevere un fondo start-up per creare la propria impresa.

14 giugno 2022

Mosul: dalla chiesa di mar Thomas, devastata dall’Isis, emergono reliquie antiche

11 giugno 2022

Syriac Orthodox Church Facebook page
Una scoperta di grande valore storico, religioso e culturale che conferma - una volta di più - il legame dei cristiani con l’Iraq e, più in generale, con la regione mediorientale della quale sono popolo originario e componente integrante sin dai primi secoli. Nei giorni scorsi sono emerse una decina fra reliquie e pergamene antiche appartenenti ad alcuni santi rivenute all’interno di una chiesa devastata dallo Stato islamico (SI, ex Isis), oggi oggetto di un’opera di restauro. Teatro del rinvenimento la chiesa siro-ortodossa di mar Thomas a Mosul, un tempo capitale economica e commerciale del nord e nel recente passato roccaforte del “califfato” islamico instaurato dall’Isis. Ritrovati al suo interno sei contenitori in pietra, recanti iscrizioni aramaiche dei santi e diversi manoscritti in lingua siriaca e aramaica.
I lavoratori che hanno effettuato la scoperta hanno subito chiamato i vertici della Chiesa locale, a partire dall’arcivescovo siro-ortodosso di Mosul Mor Nicodemos Sharaf.
Fra le reliquie emerse un contenitore in pietra con iscrizione relativa a san Teodoro, soldato romano nato nella provincia di Corum, in Turchia, nel III secolo e decapitato per essersi convertito.
Il prelato ha subito contattato Mor Ignace Ephrem II, il patriarca della Chiesa siro-ortodossa che si trovava a Damasco, con una videochiamata per permettergli di condividere in diretta la scoperta.
A conclusione degli scavi sono stati raccolti altri cinque reliquiari: di san Simone “lo Zelota”, apostolo del primo secolo; le reliquie di Mor Gabriel vescovo di Tur Abdin (593-668); le reliquie di San Simeone il Saggio (I secolo), anziano che accoglie Gesù bambino nel Tempio di Gerusalemme; reliquie di san Giovanni, (Yohanan Shliha) apostolo di Cristo; reliquie di san Gregorio Bar Hebraeus (1226-1286) Maphrien (primate regionale) della Chiesa siro-ortodossa dal 1264 al 1286.
Quest’ultimo è stato un grande scrittore che ha redatto varie opere nei campi della teologia cristiana, filosofia, storia, linguistica oltre a essere poeta e letterato. Per i suoi contributi allo sviluppo della letteratura siriana, è stato acclamato come uno degli scrittori più sapienti e versatili tra i siro-ortodossi. Fra le rovine della chiesa sono state scoperte anche pergamene scritte in siriaco, armeno e arabo avvolte e protette in bottiglie di vetro.
In parallelo a questa importante scoperta per la comunità cristiana e per tutto l’Iraq, nella regione torna di stringente attualità il tema del furto e contrabbando di antichità. Di recente è emersa infatti una rete dedita al commercio illegale di antichità con epicentro nel Medio oriente che ha visto coinvolto anche Jean-Luc Martinez, ex alto dirigente del Louvre. L’inchiesta ha scoperchiato un traffico clandestino e illegale, che si è andato allargando all’ombra dei moti della Primavera araba nello scorso decennio e ha alimentato sul piano finanziario anche le violenze dello Stato islamico.
Il racket comprende reperti saccheggiati da siti archeologici (anche tombe di grande valore) trasformati in “supermercati all’aperto” o in nazioni teatro di guerra o di rivolte politiche e sociali come Siria, Iraq ed Egitto che si prestano allo spoglio. Dai Paesi di origine (che toccano anche Africa e Sud America) si passa alle aree di transito nel Golfo, in Israele e Libano per poi arrivare a destinazione in Europa, in Russia, in Giappone e Cina e, da qualche tempo, pure nelle nazioni più ricche del Golfo. Allo scandalo che ha coinvolto l’ex dirigente del Louvre si lega la condanna a 15 anni comminata da un tribunale di Baghdad a un britannico per tentato contrabbando di antichità. Il volume di affari è nell’ordine delle centinaia di milioni di euro, con un commercio che alimenta il piccolo malvivente e la criminalità organizzata internazionale, con legami appurati coi trafficanti di droga e armi, oltre a gruppi terroristi che usano internet per alimentare canali e contatti.


Syrian Orthodox Patriarchate Facebook Page
7 giugno 2022

بشرى سارة :
تم اكتشاف عظام وذخائر القديسين في كنيستي مارتوما والطاهرة الداخلية (القلعة) في يوم ٤-٦-٢٠٢٢
حيث قام نيافة راعي الأبرشية المطران مارنيقوديموس داود متي شرف يرافقه الاب الخوري نبيل بولص والشماس الانجيلي رافع بني الطويل مع مجموعة من ابناء الأبرشية بالذهاب الى الموصل للبحث عن هذه الذخائر بعدما بحث راعي الابرشية في الوثائق الكنسية والمجلة البطريركية التي كان قد ذكر فيها عن احتضان ابرشية الموصل لذخائر وعظام القديسين التي كانت قد اكتشفت في كنيسة الطاهر الخارجية سنة ١٩٤٠ بعدما تعرضت الكنيسة للهدم الكامل على يد عصابات داعش الاجرامية سنة ٢٠١٤ حيث كانت الكنيسة تحتضن هذه الذخائر في بيت القديسين وكان الحزن كبير اذ شعرنا اننا فقدنا هذه الكنوز الروحية العظيمة ولكن الله هو من يحفظ قديسيه وذخائرهم لبركة المؤمنين حيث ان الله اعمى عيون ابناء الشر عن الدخائر الموجودة في بقية كنائس الابرشية، وبعد التدقيق اكتشف راعي الابرشية ان هذه العظام كانت قد وزعت على كنائس الابرشية انذاك.
وبعد اخذ بركة صاحب القداسة مار اغناطيوس افرام الثاني والتشاور مع نيافة الحبر الجليل مار سيويريوس روجيه اخرس الذي ساعد في البحث في الوثائق الكنسية والمجلة البطريركية الصادرة سنة ١٩٤٠ والتي كان قد ذكر فيها اكتشاف ذخائر وعظام للقديسين في الابرشية.
فهم راعي الابرشية مع الغيارى من ابناء الكنيسة في النزول الى مدينة الموصل في صباح يوم السبت الموافق ٤-٦-٢٠٢٢ والذهاب الى كنيسة مارتوما اولاً ومن ثم الى كنيسة الطاهرة الداخلية (القلعة) وبعد التنقيب والبحث تم اكتشاف عظام لكل من القديسين:
١- مار سمعان القناني الملقب بالغيور وهو احد تلاميذ السيد المسيح ٢-ومار ثيودوروس ٣- ومار كبرئيل اسقف طور عابدين ورئيس دير قرتمين ٤- والقديس مار قومي المدعو شمعون ٥- والقديس مار يوحنا ٦- ومار غريغوريوس يوحنا ابن العبري.
وبهذا تكون ابرشيتنا اليوم تمتلك كنزاً روحياً عظيماً بالاضافة الى عظام مار توما الرسول شفيع الأبرشية يتبارك بها المؤمنين كافة فهنيئاً لنا جميعاً بهذه النعمة التي افتقدنا بها الرب يسوع له كل المجد امين.
هذا وسنعلن لاحقاً عن موعد القداس الالهي الذي سيحتفل به باكتشاف هذه الذخائر المقدسة لينال المؤمنين بركتها.

Muqtada al Sadr prolunga la campagna per la restituzione di case e terre sottratte illegalmente ai “fratelli cristiani”

11 giugno 2022

Foto Rudawarabia.net

Il leader sciita iracheno Muqtada al Sadr, a capo della coalizione di forze più rilevante nell’attuale Parlamento di Baghdad, ha annunciato la proroga dell’attività svolta dal comitato ad hoc istituito su sua iniziativa all’inizio del 2021 con l’incarico di recuperare e restituire beni immobiliari sottratti negli ultimi anni in maniera abusiva e illegale a legittimi proprietari iracheni appartenenti alle comunità cristiane o alla comunità religiosa dei mandei (seguaci di dottrine religiose di matrice gnostica).
Il prolungamento delle attività di ricerca svolte dal Comitato è stato annunciato in un testo firmato dallo stesso Muqtada al Sadr, nel quale vengono annunciati anche i nomi di tre nuovi membri inseriti nell’organismo istituito – così si legge nel documento diffuso dal leader sciita – “per restituire le case e le proprietà dei fratelli cristiani e appartenenti a altre comunità minoritarie”, che abbiano denunciato e attestato con prove adeguate i casi di esproprio illegale di cui sono stati vittime. Il prolungamento dell’incarico affidato al Comitato – ha sottolineato Muqtada al Sadr – conferma il valore e l’importanza dell’iniziativa, e è stato disposto per far fronte al numero crescente di denunce e segnalazioni pervenute all’organismo.
All’inizio del 2021, come riferito dall’Agenzia Fides, Muqtada al Sadr aveva disposto la creazione di un Comitato ad hoc, incaricato di raccogliere e verificare notizie e reclami riguardanti i casi di esproprio abusivo di beni immobiliari subiti negli ultimi anni da proprietari cristiani e mandei in diverse regioni del Paese. L’intento dell’operazione sponsorizzata dal leader sciita – si leggeva in un comunicato diffuso allora dai promotori dell’iniziativa - era quello di ristabilire la giustizia, ponendo fine alle violazioni lesive dei diritti di proprietà dei “fratelli cristiani”, anche quando a commetterle fossero stati membri dello stesso Movimento sadrista. La richiesta di segnalare casi di espropriazioni illegali subite era estesa anche alle famiglie di cristiani che hanno lasciato il Paese negli ultimi anni, con la richiesta di far pervenire al comitato le segnalazioni di usurpazioni fraudolente subite.
A febbraio  il Comitato ad hoc del Movimento, diffondendo un aggiornamento sui risultati delle proprie attività, aveva riferito che più di 120 beni immobiliari – terreni e case – oggetto di precedenti espropri illegali erano già stati restituiti ai legittimi proprietari cristiani nell’area di Baghdad e in altre regioni del Paese.
Il fenomeno della sottrazione illegale delle case dei cristiani ha potuto prendere piede anche grazie a connivenze e coperture di funzionari corrotti e disonesti, che si mettono a servizio di singoli impostori e gruppi organizzati di truffatori.  Il furto “legalizzato” delle proprietà delle famiglie cristiane è strettamente collegato all'esodo di massa dei cristiani iracheni, accentuatosi a partire dal 2003, dopo gli interventi militari a guida Usa messi in atto per abbattere il regime di Saddam Hussein. Tanti truffatori si sono appropriati di case e terreni rimasti incustoditi, contando sulla facile previsione che nessuno dei proprietari sarebbe tornato a reclamarne la proprietà.
Muqtada al Sadr è noto per essere stato anche il fondatore dell'esercito del Mahdi, la milizia – ufficialmente sciolta nel 2008 - creata nel 2003 per combattere le forze armate straniere presenti in Iraq dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Gli analisti hanno registrato negli ultimi dieci anni diversi cambi di passo del leader, che nel 2008 ha sciolto la sua milizia e non appare allineato con l'Iran. Le elezioni parlamentari tenutesi il 10 ottobre 2021 hanno visto una netta affermazione della alleanza elettorale guidata dal leader sciita Muqtada al Sadr, che in Parlamento ora occupa 73 dei 329 seggi disponibili. Dalle elezioni è uscito invece ridimensionato il peso parlamentare dei Partiti sciiti filo-iraniani, che hanno duramente contestato i risultati. Finora non è stato possibile procedere alla formazione di un nuovo governo, né all’elezione di un nuovo Presidente.



10 giugno 2022

Il patriarca caldeo, Cardinale Mar Louis Raphael Sako, si congratula con il nuovo patriarca della Chiesa antica dell'est e continua ad auspicare l'unione tra i cristiani in Iraq

By Baghdadhope* - Patriarcato caldeo

Il sito del Patriarcato caldeo ha pubblicato oggi la lettera di congratulazioni del patriarca Cardinale Mar Louis Raphael Sako per il nuovo patriarca della Chiesa Antica dell'Est, Mar Jacoub III Daniel eletto il 2 giugno scorso dal sinodo svoltosi a Chicago.
Nella lettera il patriarca Sako esprime non solo il desiderio di collaborazione con il nuovo patriarca "al servizio dei cittadini iracheni e dei cristiani in particolare che devono affrontare molti problemi che li spingono a lasciare il paese" ma sottolinea come le circostanze attuali richiedano ai leader delle chiese "sincera volontà e dialogo costruttivo" al fine di "unificare posizioni e toni" dato che la comunione non esclude la diversità fonte di ricchezza.    
Una posizione favorevole all'unità dei cristiani in terra d'Iraq già espressa dal cardinale Sako in un'intervista rilasciata a Baghdahope alla vigilia dell'inizio degli incontri tra la Chiesa antica dell'est e quella Assira dell'est che avrebbe dovuto portare nelle intenzioni alla riunificazione delle due chiese dopo lo scisma che le aveva divise nel 1968, e che invece sono terminati con un nulla di fatto a parte il vago accenno a futuri lavori allo scopo. 

Baghdad, polemiche sulla proposta ministeriale di abolire le classi miste


Una proposta avanzata per saggiare la reazione dell’opinione pubblica, come era avvenuto già in passato in altre occasioni, e che anche stavolta ha sollevato feroci polemiche in rete e sui social fra favorevoli e contrari. Il mese scorso il ministero iracheno dell’Istruzione ha prospettato la separazione dei sessi nelle aule scolastiche, in prima battuta per gli istituti primari e secondari, poi una successiva estensione a studenti di grado più elevato. Una norma che incontrerebbe il sostegno dei partiti di ispirazione islamica e degli ambienti radicali, ma che è osteggiata dalla società civile. “Una discussione che ogni tanto esce - spiega ad AsiaNews Saad Salloum, giornalista e professore associato di Scienze politiche all’università di al-Mustanṣiriyya a Baghdad - e incontra una forte opposizione nelle superiori e nelle università”.
Secondo le intenzioni del ministero, nel ciclo primario di istruzione si vorrebbe introdurre il divieto di formare classi miste a favore di una rigida separazione dei generi. Un test preliminare, a detta di alcuni osservatori, per saggiare la reazione dell’opinione pubblica prima di estendere le stesse norme anche a un livello superiore. Le divisioni riguarderebbero anche il personale docente negli istituti riservati ad un solo sesso, con insegnanti donne per le ragazze e uomini per i maschi. In caso di trasferimento ad altro istituto, il passaggio sarebbe ammesso solo se il genere dello studente corrisponde a quello dell’istituto, mentre verrebbero congelati gli spostamenti misti.
Uno dei baluardi dell’istruzione in Iraq è quello della commistione dei sessi, che si è affermato negli ultimi decenni a dispetto dei vari governi che si sono alternati al potere. Tuttavia, dall’invasione Usa del 2003 e con l’avanzata dei partiti di ispirazione islamica sono aumentate le pressioni sull’esecutivo e le istituzioni per far votare in Parlamento una legge che introduca la separazione. Un tentativo di forzare la mano che incontra però una forte resistenza nella società civile e in una parte del corpo docente, che difende con forza il concetto di una educazione laica e libera da condizionamento religiosi.
Dibattiti sull’argomento, racconta Saad Salloum, “ogni tanto emergono” ma vi è una “forte opposizione” in una parte consistente degli iracheni, non a caso il provvedimento è pensato per il primo ciclo. “Negli istituti di grado superiore - sottolinea - dove gli alunni sono più grandi, è impossibile immaginare una separazione. Nessuno la vorrebbe accettare, né gli studenti così come i professori”. Per i proponenti e quanti la sostengono, prosegue, “non vi sono solo motivazioni religiose” ma pure “questioni di carattere educativo” che non sembrano però sufficienti per far presa sulla massa e il ministero stesso “non ha preso ancora una posizione netta” sulla controversia.
A seconda delle aree del Paese o delle diverse città vi può essere una “diversa” accettazione e un “sostegno” crescente alla proposta, che è legata anche “a fatti di cronaca accaduti in alcune scuole private del Paese”. Il riferimento è a episodi “particolari e controversi”, fra i quali la diffusione di un video relativo a una festa di fine anno in un istituto privato di Baghdad che ha sollevato polemiche per frasi e atteggiamenti ritenuti osceni.
Tuttavia, la maggioranza è convinta che eliminare le classi miste non sia la soluzione corretta, ma solo la consacrazione di una società islamizzata. “Le divisioni - conclude il prof. Salloum - sono contrarie alla nostra cultura e una parte del Paese ha reagito con risentimento, tanto che il ministero si è subito affrettato a chiarire che essa avrebbe solo una applicazione limitata ad alcuni istituti particolari. Fra gli insegnanti ve ne sono di favorevoli e contrari… di certo vi è che resta una questione dibattuta e controversa” che non può essere affrontata o risolta basandosi sulla reazione emotiva a fatti controversi.

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June 2, 2022
Classes separated by gender return to Iraq 

8 giugno 2022

Iraq: card. Sako (patriarca), “la religione dovrebbe essere separata dalla politica”

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Il dialogo dipende dal rispetto dell’altro, dal suo ascolto e dal suo pieno diritto di esprimere il suo credo. La convivenza richiede per tutti il diritto alla piena cittadinanza con protezione legale e sociale e il rispetto della fede religiosa: la religione dovrebbe essere separata dalla politica.
Foto Patriarcato caldeo
È quanto ha sostenuto il card. Louis Raphael Sako, patriarca caldeo di Baghdad, nel suo intervento tenuto ieri alla sessione plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso che si è chiusa oggi a Roma (dal 6 giugno). 
Secondo quanto riportato dallo stesso Patriarcato caldeo, Mar Sako ha ribadito che il clero ha una grande responsabilità di educare e sensibilizzare al rispetto della fraternità umana, del pluralismo religioso e della diversità culturale. Nell’intervento del patriarca sono riecheggiati alcuni punti che lo stesso aveva trattato in una nota di pochissimi giorni fa in cui chiedeva piena cittadinanza per i cristiani iracheni e per le altre minoranze presenti nel Paese.
Il tema della plenaria è stato “Dialogo interreligioso e convivialità”.
L’Assemblea plenaria, sottolinea il Dicastero in una nota diffusa nei giorni scorsi, “rappresenta sempre una felice ed opportuna occasione per riflettere sull’attuale situazione del dialogo interreligioso in varie parti del mondo e per approfondire quale debba essere il ruolo della comunità cristiana per la promozione della convivialità e della fraternità tra appartenenti alle diverse tradizioni religiose perché esse possano contribuire al bene di tutta l’umanità”.

7 giugno 2022

Mar Yakoob III Danil eletto nuovo Patriarca della Antica Chiesa d’Oriente


L’Antica Chiesa d’Oriente ha un nuovo Patriarca: si tratta di Mar Yakoob Danil, finora Metropolita di Australia e Nuova Zelanda. Il Sinodo dei Vescovi dell’Antica Chiesa d’Oriente, convocato per eleggere il successore del Patriarca Mar Addai II – scomparso l’11 febbraio all’età di 74 anni– si è svolto dal 30 maggio al 1° giugno presso la chiesa di San Odisho (Chicago, Illinois).
Il nuovo Patriarca prenderà il nome di Mar Yacoob III. La liturgia di consacrazione patriarcale avrà luogo presso la Cattedrale di Santa Maria, a Baghdad, il prossimo 19 agosto, giorno in cui l’Antica Chiesa d’Oriente celebra la Festa della Trasfigurazione.
L’Antica Chiesa d’Oriente è una piccola ma non trascurabile compagine ecclesiale di tradizione siro orientale che conta circa 70mila battezzati e affonda le sue radici nel cristianesimo delle origini, essendo sorta da una scissione avvenuta in seno alla Chiesa assira d’Oriente. Insieme alla Chiesa caldea e alla Chiesa Assira d’Oriente, la Chiesa ora guidata da Mar Yakoob III si richiama all’eredità della prima antica Chiesa d’Oriente, quella che per prima portò il cristianesimo in Persia, in India e in Cina.
Lo scisma che portò alla formazione della Antica Chiesa d’Oriente  avvenne nel 1964, in reazione a alcune riforme liturgiche introdotte dal Patriarca Shimun XXII, allora a capo della Chiesa assira d'Oriente.
A quel tempo il Patriarca Shimun viveva in esilio negli Stati Uniti, essendo stato espulso dall'Iraq nel 1933. La sua decisione di abbreviare il digiuno quaresimale e adottare il calendario gregoriano per la celebrazione delle principali solennità liturgiche, provocò in Iraq la reazione di settori ecclesiali che da tempo contestavano la prassi della successione patriarcale ereditaria, allora in vigore (per la quale la carica di Patriarca passava sa zio a nipote), e si opposero alle ulteriori “novità” imposte dall’estero, a dispetto della prassi secolare che vigeva nelle terre di radicamento originario. La parte di clero che entrata in contrasto con il Patriarca Shimun XXII si pose sotto la giurisdizione del Vescovo Thoma Darmo, che si fece consacrare Patriarca nel 1969, stabilì la sua sede a Baghdad e iniziò a guidare la nuova compagine ecclesiale, denominata Antica Chiesa d’Oriente.
Dopo la morte di Thoma Darmo, nel 1970 come suo successore fu eletto Patriarca Mar Addai II, che ha retto la sede patriarcale di Baghdad fino alla morte.
La vicenda personale del nuovo Patriarca eletto Mar Yakoob III è essa stessa segnata dai travagli dello scisma tra le due Chiese: fino al 1985, Yacoob Danil era infatti Metropolita di Kirkuk (Iraq) della Chiesa assira d’Oriente. In quell’anno avvenne il suo passaggio all’Antica Chiesa d’Oriente, nella quale rivestì negli anni successivi i ruoli di Vescovo in Siria e poi di Metropolita in Australia e Nuova Zelanda.
L’elezione del nuovo Patriarca Mar Yakoob III è avvenuta subito dopo il sostanziale fallimento di un ennesimo tentativo messo in atto per provare a risanare lo scisma tra Chiesa Assira d’Oriente e Antica Chiesa d’Oriente. Lo scorso 9 maggio, proprio presso la chiesa di Sant’Odisho a Chicago (la stessa in cui si è poi tenuto il sinodo che ha eletto Patriarca Mar Yacoob), erano stati avviati i colloqui tra Vescovi rappresentanti della Chiesa assira d’Oriente e della Antica Chiesa d’Oriente, incaricati di provare a ricomporre l’unità tra le due antiche compagini ecclesiali separatesi nel 1967.
Diverse sedute di lavoro tra le due delegazioni si sono svolte durante il mese di maggio, senza produrre risultati concreti.
Secondo diverse fonti, durante le riunioni non sarebbe stato raggiunto un accordo su alcuni punti controversi da sciogliere per favorire la piena riunificazione tra le due compagini ecclesiali. Tra le altre cose, come riportato dal sito BaghdadHope, le delegazioni non avrebbero trovato un compromesso sulla definizione di un calendario liturgico comune e su questioni relative alla composizione delle rispettive gerarchie in un unico corpo episcopale.

Patriarca caldeo Sako: i cristiani iracheni sono veri patrioti, non sono “minoranza” di “infedeli”


I cristiani iracheni rappresentano una comunità autoctona, presente nella terra della Mesopotamia ben prima dalla nascita dell’islam. Loro, con dedizione e creatività, hanno contribuito in maniera determinante alla originale civiltà sviluppatasi nella regione, e rappresenta un’offesa all’umanità e anche all’intelligenza la definizione che li bolla come “infedeli” e “politeisti”, definizione rintracciabile anche su testi e piattaforme digitali del Sistema educativo nazionale. Lo rimarca il Cardinale iracheno Louis Raphael Sako, in un’ampia analisi focalizzata su problemi e opportunità che connotano la vita quotidiana delle comunità cristiane irachene nell’attuale fase storica.
L’ampia analisi, inviata all’Agenzia Fides, viene offerta dal Patriarca come contributo per avviare un confronto con esponenti e rappresentanti delle altre compagini ecclesiali locali, in vista di una eventuale conferenza dedicate alle emergenze che affaticano la vita delle comunità cristiane in Medio Oriente e mettono a rischio la loro millenaria presenza in quella regione del mondo.
Nel suo contributo, tra le altre cose, il Patriarca ribadisce che “dalla caduta del precedente regime, nell’aprile 2003 in Iraq non ha ancora visto la luce una vita politica normale, visti i continui fallimenti dei governi nel realizzare ciò di cui il popolo ha bisogno”. Il Primate della Chiesa caldea critica anche il fatto che la Costituzione citi solo l’islam come fonte della legislazione, offrendo la base giuridica per pratiche politiche e sociali che finiscono inevitabilmente per discriminare i cristiani e gli appartenenti a altre comunità di fede come “cittadini di serie B”.
La mentalità che mira a imporre una religione alle coscienze – rimarca il Cardinale Sako – non favorisce "il rispetto, la coesistenza e la tolleranza”. Il Patriarca riconosce che in epoche passate anche la cristianità ha pagato il suo pegno a tale mentalità, aggiungendo che adesso ogni discorso che istiga alla discriminazione, all’esclusione e all’odio tra cittadini per ragioni legate al settarismo religioso, “dovrebbe essere condannato legalmente”. A questo riguardo, il Patriarca critica anche la concezione che identifica le varie comunità di fede come ‘componenti’ separate della società irachena, concezione che “nutre le identità tribali e settarie, e non aiuta a stabilire uno Stato nazionale moderno”, fondato sui principi di cittadinanza e eguaglianza dei diritti. “I cristiani” insiste il Patriarca Sako “sono iracheni autoctoni e non sono una comunità proveniente da un altro Paese. Loro sono popolo di questa terra, quindi non è accettabile etichettarli come ‘minoranza’ ”.
Critiche radicali vengono riservate dal Patriarca ai cosiddetti ‘Partiti cristiani’, le piccole sigle politiche irachene create da singoli cristiani e da gruppi di battezzati che aspirano a presentarsi come proiezioni politiche delle comunità cristiane locali. “Questi Partiti” scrive il Cardinale Sako “servono solo a fomentare nazionalismi regionali. Di conseguenza, non sono riusciti nè al centro nè nelle diverse aree regionali a giocare un vero ruolo come strumenti per favorire la coesione tra I diversi gruppi cristiani e trovare un nome unitario su cui far convergere le loro forse, giocando come un’unica squadra al servizio del bene dei cristiani e di tutto il Paese”.


Problems of Iraqi Christians and Future Opportunities


In light of the current situation, prevailing chronic political “blockage” as well as retreat on several levels and facing the rise of patriotic and honest voices from all around; the last of which was the cry of the Iraqi activist, Ms. Hana Adwar, in her meeting with the UN representative in Iraq, I would like to present here a reading of the political map of Iraq Today, and the “actual life” of Christians in it, while pursuing the future opportunities for Iraq and its citizens.
Since the fall of the former regime in April 2003, Iraq has not realized a normal political life, due to the failure of successive governments in achieving what the people of this country are looking for, in terms of: building peace and stability; restructuring the state; implementing important reforms; establishing true democracy; and attaining justice, equality, and prosperity.
On the contrary, we are witnessing an escalation in political corruption, conflicting agendas, challenges and crises have been accumulated in the absence of a clear and effective strategy. The current political blockage is nothing but a natural result for such a deteriorated situation imposed on this society by sectarian and quota system.

Christians in Iraq
Christians are indigenous of this land, citizens of authenticity, and a historical witness to the originality and glory of their country’s civilization, starting from the Chaldeans, Assyrians, Syriacs, and Armenians, followed by the arrival of Arab Muslims. Christians have integrated very well in this beautiful Iraqi fabric, and have proven that they are more patriotic and loyal to it. Along the history Christians have contributed a lot to the progress and growth of their society culturally, economically and socially, by all means, including intellect, money and sincerity. While the charter of Human Rights signed by Iraq indicates that Christians have the right of “full” citizenship in terms of rights and duties, they are considered, unfortunately as second-class citizens in their homeland because of their religion. Violation of human rights and freedom of belief obviously hurt Christians’ feelings by calling them infidels and polytheists in a number of religious and educational platforms (we have documented texts). It is worth mentioning the following example: merging the exam of Islamic education with the subject of Arabic language to confuse Christian students, affect their markings and ultimately, decline their ranking.
In view of this qualitatively unprecedented situation, and by simple theological and jurisprudential analysis, we can conclude that this is a short-sighted, confused and clear ignorant way of looking at Christianity that believes in one God. This kind of behavior has directly accelerated Christians’ emigration, they were one and a half million before the fall of the previous government (2003), the number has decreased today, to less than five hundred thousand.
From this platform, and through our national responsibility as a supreme religious authority for an Iraqi Christian component, with a prominent geographical area, we affirm that the mentality and social culture must change to preserve the present diversity and pluralism in Iraq for the future. The identity of Christian, Muslim, Sabean Mandaets and Yazidi should be maintained as a respected Iraqi heritage of living “the actual” culture of tolerance and reconciliation, sharing a true partnership and spreading noble religious and human values, ​​away from classifying citizens as people of faith versus infidels. Hence, citizens would be valued according to their education and creativity in serving their country, as is the case in civilized societies.People from religions other than Islam have the rights to be treated equally in terms of their full rights and duties at all levels. The Muslim majority should bear the responsibility for the survival of “the so-called minorities”, by enhancing their presence, and defending their rights, because of their uniqueness in religious, education, linguistic and social diversity. Christians of Iraq and the East, are known to be the salt of the earth and the mirror of their country! The dilemma of marginalizing them must be addressed legally and socially by endorsing new legislation that respects all religions, emphasizes equal citizenship and criminalizes speeches provoking discrimination and hatred.

Major Problems of Christians
Discrimination and Hatred Discourse: Extremism is as aggressive as cancer in demolishing “the body” of the society. That is the case with Al-Qaeda, and members of the Islamic State “ISIS”, if it won’t be treated and dismantled. Generally, faith is an individual matter (of choice) for all citizens, but not a system for managing the state or society because state should be a sovereign social “creature” free from doctrinal and religious belief. However, the adoption of one religion in the legislation, as stated in Article (2) of the Iraqi Constitution, is not right, since the same article bears in its two subsequent paragraphs what contradicts that: Paragraph B – of the same article states that it is not acceptable to endorse a law that opposes the principles of democracy; and Paragraph C of the same article also does not allow passing a law that is inconsistent with the basic rights and freedoms stipulated in this Constitution). Also, Paragraph A of this article contradicts with the logic of a strong national, civil and democratic state. Eventually, this creates discrimination and discrepancy in legislation and in dealing with people of other religions, especially with regard to belief, as shown in the marriage and inheritance of “Personal Status Law”: for example, when Christian women get married to a Muslim man, she is not entitled to inherit anything. Here, we need to reassure that the civil system does not mean detracting Islam or other religions, but rather respects spiritual values ​​and good morals. As we know, Islam is a religion of mercy and tolerance, just as Christianity is a religion of love. Therefore, the mentality of imposing one religion is not helpful in tolerance, respect and coexistence. Also, according to human rights, it is unfair to discriminate citizens because of their religious belief. Such kind of mentality traced back to the Middle Ages, and Christianity paid the price for that. The “logic” is that religion is for God and the homeland is for the nation, which is consistent with the Qur’an verse, “You have your religion and I have mine” (Al-Kafirun 6), also “there is no compulsion in religion” (Al-Baqarah 256), and “religion is offered not imposed”. From this standpoint of view, all forms of discourse that “inflames” discrimination, exclusion and hatred among citizens because of their religion, should be condemned legally. It is necessary as well, to review and improve religious and national education curricula in terms of understanding the actual and scientific meaning of the text rather than relying on traditional interpretations. Moreover, it is very important to review the “terminology” in order to learn how to deal with the human feelings based on fraternity and the logic of citizenship that may enable us to live actually the Hadith statement “we are all children of God”. With heartfelt love and respect, I suggest that religions in Iraq should be listed as follows: Islam, which is the religion of the “majority”, Christianity, Sabean Mandaets, Yazidis, etc. These identities should remain together because they are designed by God and represent a civilized model for peaceful coexistence!
On the other hand, it is so sad to note that the heritage of Christians is neglected, as if they had no history. Christian history should be included in the curricula of Iraqi public schools. This heritage could be an important resource for religious tourism. It is enough to have a look at the “Koukhi Church” located at the country side of Baghdad, and belongs to the 1st and the beginning of the 2nd Centuries, unfortunately, there is nothing remaining from it more than neglected walls. This is an evidence of disregarding Iraqi archaeological treasures!
Problem of Citizenship: Citizenship is the foundation for social relations and its criterion is to belong to this homeland. Citizenship means equality and that the law protects everyone equally and promotes mutual respect, coexistence and harmony among all citizens. The heresy of the concept of “components” nourishes tribal and sectarian identity and does not serve the establishment of a strong and modern national state, but rather endorses a culture of special interests and encourages exclusion. Christians are indigenous Iraqis and not a community that came from another country, they are people of the land, so it is not acceptable to call them a “minority”. It is “injustice” and a lack of citizenship privilege that sometimes Christians are “stung” in their religious belief, as mentioned above due to gross confusion and ignorance of knowing their faith. Christians’ rights should be as sacred as the rights of others, and they cannot be considered second-class citizens because of their religion. Diversity and differences must be a richness, a source of energy for creativity, balance and prosperity.
Problems of Peace, Security, Stability, and Trust in Having Better Future: Yes, Christian individual, is well known for seeking peace and safety in his life and that of his family when he does not find it, he leaves! Problem of Employment and Processing Paperwork: Christian’s major difficulty is in finding job, because of the “quota”. In spite of having a law of replacing a retired or immigrant Christian with the another Christian, but this “stayed” on paper only and has never been “effective”! Also, the problem of paying bribes with every single attempt to process a paperwork, especially in having their seized properties back, for example, the bribe will make the cost doubled, or at least more than the actual price of the property!
Problems of Immigration and the Future. The tendency to emigrate has increased in the last two decades due to instability. Furthermore, the “bleeding” of emigration to the West still exists due to the following: loss of confidence and future uncertainty; unemployment; poverty; deterioration of basic services; desertification; and the failure of governments to build a real democratic and civil state. In addition to the repeated attacks on Christians in various forms: extremism (al-Qaeda and ISIS), seizing their properties and the systematic demographic change in their historical areas (towns and villages) in addition to excluding them from jobs. I find it unavoidable to emphasize once again that religion is for God and the homeland is for the nation. Migration is nothing but uprooting us from our land, even though we are authentic.
Problem of Christian parties. These parties were based on nationalism and “formalities”, served nothing, but in reviving regional fanaticism. Consequently, they failed in the center and the region to play their real role in achieving cohesion between Christian “groups” in finding a unified name and investing their presence as one team for the benefit of Iraq and Christians in general. Its struggle was and still is for personal interests, so they used double-language speeches in deceiving their followers. Hence, the natural outcome of all that was offending Christians, when they discover that these “so-called Christian representatives” are loyal to the political “whales” that supported them initially, for this reason the “Christian representatives” did not say a word of truth against: injustice and manipulation of Christian properties and changing the demographic structure! Overall, Christians’ current situation should lead them to realize that the future depends on their unity. The HOPE is to have one “front” from which we can come out with a single list of “actual representation” to encounter whoever try to kidnap Christians’ quota. Otherwise, being divided is nothing but surrender to keep Christians marginalized, ineffective and displaced.
Note: It is intended to hold a conference that brings together Iraqi Christians to study these issues with a clear vision and effective responsibility.

4 giugno 2022

L’Antica Chiesa dell’Est elegge il patriarca e frena sulla riunificazione

By Asia News - Baghdadhope

L’Antica Chiesa dell’Est ha un nuovo patriarca, eletto all’interno di un sinodo lampo durato soli due giorni e che si è tenuto fra fine maggio e inizio giugno a Chicago, negli Stati Uniti. Dall’incontro fra le massime cariche della Chiesa orientale sembra arrivare anche un freno - forse non definitivo, ma certo un duro colpo - alla faticosa e difficile opera di riunificazione con la Chiesa Assira dell’Est. Una prospettiva che aveva ripreso vigore, con un moderato ottimismo iniziale, in seguito all’annuncio dei dialoghi fra le due realtà avviati il 9 maggio scorso nella metropoli del Nord America.
Il nuovo patriarca dell’Antica Chiesa dell’Est, e successore del defunto Mar Addai II Gewargis scomparso nel febbraio scorso, è Mar Yacoub III Daniel. Egli stava già ricoprendo l’incarico di reggente del seggio patriarcale in questa fase di latenza, oltre a essere metropolita di Australia e Nuova Zelanda, nazioni in cui era arrivato nel 2005 dopo aver servito come vescovo in Siria. Alcune fonti ecclesiastiche locali affermano che la cerimonia di intronizzazione è in programma a Baghdad, capitale dell’Iraq e sede patriarcale, il prossimo 19 agosto.
Secondo quanto sottolinea il sito Baghdadhope, il sinodo di breve durata rispetto ai tempi canonici di queste assisi, si è tenuto nella stessa città in cui il 9 maggio era iniziato l’incontro tra i vertici della chiesa e quelli della Chiesa Assira dell’Est “per esplorare la possibilità di riunificazione”. Una frattura che si era consumata dopo decenni di contrasti con lo scisma del 1968, quando “divergenze di diversa natura terminarono con la creazione dell’Antica Chiesa dell’Est” che ha nominato nei giorni scorsi il suo terzo patriarca.
Per quanto riguarda i dialoghi sulla riunificazione, pur non risultando dichiarazioni ufficiali delle due Chiese, da fonti bene informate - rilanciate da siti e pagine social - prendono sempre più quota voci di “fallimento” circa un tentativo di riunione. Studiosi di questioni ecclesiastiche invitano a prendere queste notizie con tutte le tutele del caso, fino ad una eventuale conferma o smentita ufficiale della notizia. Tuttavia, sulla vicenda si è espresso in via informale il vescovo di Chicago e segretario del sinodo della chiesa Antica dell’Est Mar Gewargis Younan, il quale ha spiegato i motivi di maggiore contrasto. Per il vescovo, fra le due realtà restano delle divergenze sul nome della futura chiesa nata dall’unione delle due, il calendario liturgico comune, il procuratore generale del patriarca. Su quest’ultima carica, la più importante, non vi è stato sinora nemmeno un accenno di confronto e il nodo è tutt’altro che semplice da sciogliere. Vi è poi la questione del rapporto con le altre chiese, fra le quali la cattolica romana di cui entrambe non riconoscono l’autorità. A dispetto dello stallo nei colloqui, il cui esito è sinora negativo, Mar Gewargis Younan precisa che si è deciso di “continuare a lavorare” nella direzione della riunificazione.

3 giugno 2022

How Iraq’s Christians are rebuilding their ancient churches

Stella Martany - Meethak Al-Khatib

When Islamic State (IS) marched into the Nineveh region of northern Iraq in 2014 and declared it a caliphate under sharia law, it destroyed one of the oldest communities of Christians in the world. Jihadists desecrated ancient churches and 50,000 Christians fled. After its capital Mosul was liberated in 2017, Al-Bishara Church was the first to reopen. Five years on, local journalists Stella Martany and Meethak Al-khatib visited on Easter Sunday to speak to the Christians tentatively reassembling their lives.
During the occupation of Nineveh, IS turned churches into torture and execution centres, bomb factories, shooting ranges and Jihadi training schools for children. Included among the many humiliations was the exhumation of the graves of priests and clergy, whose bodies were searched for gold and valuable items. IS broke every cross, destroyed all the paintings and looted ancient sacred scriptures. According to reports, more than 30 churches inside Mosul city were converted, damaged or destroyed by IS before battles to retake the city began. Many of these were ancient buildings that embody the beginning of Christianity in Iraq. The Church of St Thomas the Apostle in the old city of Mosul, for example, is thought to be more than 1,500 years old, having been built on the site believed to be the house where the apostle lived during his stay in the city during the first Century.
Before 2003, more than 50,000 Christians - mostly from the Assyrian and Armenian ethnic groups - lived in Mosul. Today, only a few individuals from 70 families have returned to the city.
Fr Emmanuel was one of the first Christians to return to Mosul after it was liberated from IS in 2017. His church, and the surrounding parish, had been reduced to rubble. “When I first visited the church after the war, I found it collapsed,” he says. “As I looked at the rubble, I remembered the Sunday services when the church was filled with crowds and there were not enough seats for everyone.” Fr Emmanuel raised funds to reconstruct Al-Bishara, where he had pastored his flock for 15 years, and it officially reopened in 2019.

Youhana Yousif, 64, is currently living in Qaraqosh, Nineveh Plains
Youhana was forced to leave Mosul with his family in 2006 when al-Qaeda threatened to kidnap his sons unless they paid a ransom. He believes they were targeted for being Christians. “I still have my house in Mosul,” he says. “I would not sell or rent it because we were living with the hope of returning home one day. I believe if Christianity is lost from Mosul, it could easily be erased from the Nineveh Plains too, because this region’s Christian heritage and history began in Mosul, and that is why Mosul is our symbol [of religious freedom].” Since the day he was displaced, Youhana has returned to Mosul city every Sunday to attend the service at Al-Bishara Church. But he believes that assurances of safety will not be enough to encourage other Christians to return, many of whom have already lost hope and established a new life elsewhere. “If they return, there is a possibility that their lives will be destroyed again,” he says. “I wish that Christians from this city would keep their property and wait for the right conditions to return. It is unfortunate that in five years since the city was liberated, only 100 or so individuals have returned seeking their former jobs and to secure their properties, of whom very few are whole families.” He adds: “Fr Emmanuel’s return to Mosul has played a significant role in encouraging Christians to return to the city, and Al-Bishara Church is a symbol of resilience to Mosul Christians.”

Abu Omar, 77, is a Sunni Muslim from the old city of Mosul 
Abu remembers the days when Christians represented the majority of inhabitants in his neighbourhood. He is unhappy that he has lost so many of his Christian neighbours, who used to bring him coloured eggs and welcome him to church on Easter Sunday. He points to the ruins of his neighbourhood, where all the Christian houses remain collapsed. “Hanna, Butrus, Joseph, Mikhail, Fadila and Lasha were all good people, who are all in exile now,” he says. “I wish all the Christians would return to Mosul one day.”
Abu says he was happiest last year when Pope Francis prayed at Al-Bishara Church and he got the chance to see some of his Christian friends again: “We have lost our diversity, and living here does not feel the same without our Christian neighbours and childhood friends. It is even hard to tell it is Easter without having our beloved Christian friends here.”

Eman Noel, 49, from Mosul, is currently living in Erbil
Eman fled Mosul with her husband and three children in 2014 afterIS attacked and threated the Christian population there. She travelled to Mosul with her family to attend Easter Sunday Mass this yearin their former church, Al-Bishara. Eman wants to attend every Sunday service in Mosul, but it’s challenging now that they have established a new life in Erbil. “The church used to be overcrowded on Easter,” she remembers. “Most Mosul Christians have resettled in other cities or are in exile due to all the previous threats and instability, and only very few have returned. We wish to return one day, but we do not have anything left to return to, except for our church.”

Sarah, 66, from Mosul, is currently living in Erbil
In 2013, Islamic jihadists executed Sarah’s brother in front of his children and wife and threatened to kill them, too, unless they left the city. “They killed my brother because he was the head of department in Al-Salam hospital,” she says. In 2003, al-Qaeda began to kidnap and execute Christians working in senior positions in public and private sector institutions because they believed it was haram (forbidden) for Muslims to be under the authority of non Muslims. “My memories of Easterin Mosul are not beautiful after 2003. Al-Qaeda prohibited church bell ringing and we did not dare to wear a cross or hang it on our vehicles because the jihadists killed and kidnapped people for that. We felt terrified attending Easter Masses in Mosul because of potential terrorist attacks and the mass killing of Christians.” Sarah remembers walking in the street with her twelve-year-old niece when they received a verbal warning from a stranger threatening to kill them if her niece wore a T-shirt again. “Neither al Qaeda nor IS were comprised of outsiders. They were our friends and neighbours who turned into extremists and turned against us. Foreign fighters did not exist back then but there were local informants on almost every corner of the street and at every workplace, who were cooperating with al-Qaeda to get Christians killed. The horror we lived is indescribable,” says Sarah. She now lives with her martyred brother’s family in Erbil, part of the autonomous Kurdistan region of Iraq where many Christians have relocated and churches remain full. None of them feels they can ever return to Mosul because of the painful memories associated with their former home. She says reintegration with the Muslim community of Mosul would be impossible now.

Deacon Nabil Al-Hindi from Mosul, is currently living in Duhok
Like Eman, Deacon Nabil longs to return to his life in Mosul with his family. However, after three years of displacement in Duhok, they have established new lives and moved their jobs, which makes the return more difficult. But he has been attending and serving at Al-Bishara Church every Sunday since it was rebuilt.
“When I first returned in 2017 it was extremely painful to see it destroyed. It had been only five days since my third kidney surgery and I decided to carry my cross and visit the church as soon as the city was liberated. The church is not only a building, but it is our existence; gathering here, like today, celebrating our faith in resurrection together.”

Nuovo patriarca per la chiesa Antica dell'Est ma fallita l'unione con la chiesa Assira dell'Est.


Foto Antica chiesa dell'est

Il nuovo patriarca della chiesa Antica dell'Est, successore di
Mar Addai II Gewargis scomparso lo scorso febbraio, è stato nominato a Chicago dopo un sinodo durato due soli giorni. 
Si tratta di Mar Yacoub III Daniel, già locum tenens del seggio patriarcale e Metropolita di Australia e Nuova Zelanda, continente dove era arrivato nel 2005 dopo avere servito come vescovo in Siria. La cerimonia di intronizzazione del nuovo patriarca si terrà a Baghdad, sede patriarcale, il prossimo 19 agosto.  
Il sinodo si è svolto nella stessa città in cui il 9 maggio era iniziato un incontro tra i vertici della chiesa e quelli della chiesa Assira dell'Est per esplorare la possibilità di riunificazione dopo lo scisma del 1968, quando divergenze di diversa natura terminarono con la creazione della Chiesa Antica dell'Est che ha nominato oggi il suo terzo patriarca. 
 
Per quanto non confermato da fonti ufficiali delle due chiese a partire dal 30 maggio però alcuni siti hanno riportato la notizia del fallimento del tentativo di riunione.
Con il condizionale d'obbligo fino all'eventuale conferma o smentita ufficiale della notizia il segretario del sinodo della Chiesa antica dell'Est e vescovo di Chicago, Mar Gewargis Younan, all'inizio dell'incontro sinodale avrebbe spiegato i motivi che avrebbero  portato alla mancata unione.
I rappresentanti delle due chiese che si sono incontrati a partire dal 9 maggio a Chicago non avrebbero infatti trovato l'accordo sulla base di diversi punti divergenti: il nome della chiesa che sarebbe nata dall'unione delle due, il calendario liturgico comune, il futuro procuratore generale del patriarca, (mentre nessun accenno sarebbe stato fatto al patriarca stesso) il rifiuto della chiesa Assira dell'Est di elevare il rango del clero della chiesa Antica dell'Est dopo l'unione ed i rapporti già esistenti e codificati tra la chiesa Assira dell'Est e le altre chiese tra le quali innanzitutto quella cattolica romana la cui autorità non è riconosciuta da nessuna delle due chiese. 
Mar Gewargis Younan avrebbe comunque spiegato che nonostante gli incontri non avessero avuto esito positivo si sarebbe comunque deciso di continuare a lavorare per la riunificazione delle due chiese. 
I vescovi della Chiesa Assira dell'Est - secondo quanto riferito dal prelato prima del sinodo - avrebbero infatti richiesto che lo stesso venisse posticipato al prossimo luglio ma la richiesta non sarebbe stata accettata data l'indifferibilità della scelta di un nuovo patriarca alla luce delle difficoltà che il clero deve affrontare. 

1 giugno 2022

Padre Ganni, testimone di una Chiesa «con le porte aperte»

Roberta Pumpo

«Chissà se la Vergine Maria quando è arrivata da santa Elisabetta ha dovuto bussare prima di entrare in casa o ha trovato la porta aperta, segno di accoglienza. È proprio per manifestare questa apertura verso il prossimo che padre Ragheed lasciava sempre aperta la sua chiesa, trasmettendo il senso di ospitalità alla sua comunità. Dio non ha orari ed è bello permettere al prossimo di trovare la porta spalancata in qualsiasi momento. Così si è strumento dell’apertura del Padre».
Ieri sera, 31 maggio, nel giorno in cui la Chiesa fa memoria della Visitazione della Beata Vergine Maria, il vescovo Benoni Ambarus, delegato diocesano per la Carità e la pastorale dei migranti, ha introdotto con questo parallelismo la figura del sacerdote caldeo cattolico Ragheed Ganni, iracheno di Mosul, ucciso insieme a tre diaconi il 3 giugno 2007. Assassinato a 35 anni perché aveva lasciato la chiesa aperta. Prima di ucciderlo, infatti, i terroristi gli urlarono che gli era stato ordinato di chiudere la chiesa e lui aveva semplicemente risposto: «Come posso chiudere la casa di Dio?».
Nel 15° anniversario del martirio si è svolta nella parrocchia Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi la celebrazione eucaristica alla quale ha fatto seguito la testimonianza di Wisam Pekandi, anch’egli di Mosul, amico di padre Ragheed e giornalista dell’Adn Kronos. L’incontro è stato organizzato con il sostegno del Centro missionario diocesano, dal Gruppo Nuovi Martiri. «Era una persona eccezionale, infondeva allegria negli altri», ha detto Pekandi, che aveva conosciuto padre Ragheed a Roma nel 1996. Il sacerdote studiava Teologia alla Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino. Pekandi studiava Catechesi missionaria con Propaganda Fide. Un’amicizia che si è rafforzata negli anni. Spesso il sacerdote ha aiutato il connazionale in difficoltà economica e aveva celebrato il suo matrimonio donando le fedi nuziali. «Per noi sono delle reliquie – ha detto il giornalista -. Il suo martirio è stato un duro colpo. Ho cercato in tutti i modi di convincerlo a non tornare in Iraq, le minacce contro i sacerdoti erano sempre più pressanti, ma nel 2003 è rientrato nella sua diocesi. Ci sentivamo spesso al telefono, pochi giorni prima del suo omicidio mi raccontò di essere stato seguito ma che era riuscito a mettersi in salvo. Aveva avuto il via libera dal vescovo per tornare a Roma per completare gli studi. Se il visto fosse arrivato in tempo sarebbe ancora vivo».
Durante l’incontro è stato ricordato che a Roma padre Ragheed aveva conosciuto la Comunità di Sant’Egidio, con la quale tutte le settimane andava a distribuire la cena ai senza dimora. La sua stola sacerdotale è conservata nella basilica di San Bartolomeo all’Isola. Una testimonianza, la sua, da divulgare perché «i terroristi lo hanno ucciso ma i cristiani lo hanno dimenticato», ha detto don Massimiliano Testi, parroco di Sant’Innocenzo I Papa e San Guido Vescovo, che ha concelebrato con don Maurizio Mirilli, parroco del Santissimo Sacramento a Tor de’ Schiavi.