"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

26 settembre 2023

Elezione dell’Arcivescovo di Teheran dei Caldei. (Iran) S.E. Imad Khoshaba Gargees


Foto Patriarcato caldeo


Il Sinodo della Chiesa Patriarcale di Baghdad dei Caldei ha eletto Arcivescovo di Teheran dei Caldei (Iran) il Rev.do Imad Khoshaba Gargees, del clero dell’Eparchia di Duhok, al quale il Santo Padre ha concesso il Suo Assenso.

Curriculum vitae
S.E. Imad Khoshaba Gargees è nato il 4 aprile 1978 a Komane-Amadiyah-Duhok nella regione del Kurdistan iracheno.
Ha studiato Filosofia e Teologia presso il Babel College di Baghdad (1997-2004).
L’8 giugno 2004 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale a Komane ed è stato ascritto all’Eparchia di Duhok dei Caldei.
Dal 2004 al 2010 è stato segretario del Vescovo e al contempo Parroco di Amadiyah.
Da lì si è recato a Roma dove ha conseguito la licenza e il dottorato in Diritto canonico presso il Pontificio Istituto Orientale.
Dal 2016 al 2022 ha ricoperto l’incarico di Protosincello e di Parroco della Cattedrale Mar Ith Alaha a Duhok.
Nel 2016 è stato nominato Direttore dell’Istituto di Catechesi a Duhok.
Dal 2022 è Parroco a Mangesh.

Verso il Sinodo: card. Sako (patriarca Baghdad), “catechismo e liturgia due temi vitali per il sinodo. Parlare di Dio con audacia”

Daniele Rocchi

Catechismo e liturgia: sono due “temi vitali” sui quali, secondo il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, dovrebbe concentrarsi l’imminente sinodo sulla sinodalità che si svolgerà in Vaticano dal 4al 29 ottobre.
In una riflessione, fatta pervenire al Sir, il patriarca auspica una “formulazione del catechismo, espressione della fede, con parole semplici e comprensibili e con un vocabolario accuratamente selezionato, simile a quello che gli apostoli e i primi Padri fecero con l’insegnamento di Cristo nella loro predicazione”.
La Chiesa, sottolinea il patriarca, “deve parlare di Dio con audacia, soprattutto alle nuove generazioni in modo che non vacillino, nonostante le difficoltà e le sfide”. Sfide che riguardano sii i cristiani occidentali che quelli orientali: “I cristiani in Occidente vivono adattandosi alla loro società, che garantisce loro la libertà, nonostante il suo orientamento verso il pieno liberalismo laico, lontano dei valori religiosi, mentre in Oriente i cristiani vivono in uno stato di esclusione e persecuzione a causa di correnti ideologiche estremiste”.
Per quanto riguarda la liturgia, spiega Mar Sako, “l’antica liturgia e le antiche leggi portano il nucleo di una nuova liturgia, di nuove leggi e di nuove strutture che conservano fedelmente il deposito della fede e tengono in debita considerazione le esigenze del momento presente. La storia infatti costituisce una catena continua e l’esperienza degli antenati è una lezione da preservare”.
La Chiesa, “Madre e Maestra, che rappresenta Gesù e la sua autorità”, per il cardinale “deve rendersi conto di ciò che accade oggi nel mondo, affinché sappia predicare Gesù Cristo e instillare la fede nel cuore e nell’anima dei credenti in modo che possano attingere a Lui e preservare la loro dignità e identità. La Chiesa è fatta dai credenti”. Per questo motivo, scrive il patriarca Sako “la Chiesa deve essere attenta allo spirito del Vangelo, aperta al bisogno del mondo di fede, di amore, di bontà, di pace, di gioia e di speranza, dell’amore paterno di Dio e capace di ritornare costantemente alla sua memoria viva per chiarire la visione, comprendere gli errori e correggerli, citando, ad esempio, gli scismi antichi e attuali. La memoria – conclude – ci aiuta a stare in questa storia sacra e a fare crescere la comunione”.

Iraq: card. Sako (patriarca), “i cristiani iracheni vedono violati i loro legittimi diritti umani e nazionali”

23 settembre
Daniele Rocchi

“I cristiani iracheni vedono violati i loro legittimi diritti umani e nazionali”. A ribadirlo con forza è il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, che, in una nota diffusa questa mattina, ricorda gli abusi patiti dalla comunità cristiana irachena che vanno dall’“esclusione dal lavoro all’appropriazione delle loro risorse e proprietà, fino al sistematico cambiamento demografico delle loro città nella Piana di Ninive” il tutto “sotto gli occhi dello Stato iracheno” e nonostante “la lealtà e l’impegno dei cristiani verso la loro patria”.
Mar Sako ricorda anche che “un milione di cristiani ha lasciato l’Iraq dopo la caduta del regime, dopo la loro cacciata da Mosul e dalle città della Piana di Ninive operata da parte di elementi dell’Isis nel 2014, emigrati per motivi di sicurezza (milizie incontrollate), politici (la logica del settarismo e delle quote che hanno riversato l’inferno sull’Iraq), economici (corruzione) e sociali (estremismo religioso)”.
Il patriarca, citando anche alcune statistiche dell’Organizzazione Hammurabi e del Movimento democratico assiro, ricorda oltre 1200 cristiani uccisi, i religiosi e rapiti e uccisi a Mosul e Baghdad, come l’arcivescovo caldeo di Mosul, Boulos Faraj Rahho, e poi 85 chiese e monasteri a Baghdad, Mosul e Bassora bombardati dagli estremisti e poi dall’Isis, il sequestro di beni dei cristiani ad opera delle mafie locali. Rientra in questo elenco del cardinale anche il ritiro “ingiustificato”, da parte del Presidente della Repubblica irachena, Abdul Latif Rashid, del decreto presidenziale n. 147 del 2013 che riconosce il patriarca, nominato dalla Santa Sede, capo della Chiesa caldea “in Iraq e nel mondo”, oltre che “responsabile e custode delle proprietà della Chiesa”.
Una decisione che, ha sempre dichiarato Mar Sako, “è un attacco alla minoranza cristiana” e che rivela manovre politiche per mettere le mani sui beni ecclesiastici. Non meno significative appaiono altre violazioni come le conseguenze “della legge sullo status personale e dell’islamizzazione dei minori, che – spiega il cardinale – hanno fatto perdere ai cristiani la fiducia”.
Davanti a questa situazione, scrive il patriarca, “la Chiesa ha mobilitato tutte le sue energie e compiuto sforzi straordinari per aiutare e incoraggiare i cristiani rimasti (stimati in mezzo milione, scesi dal 4 all’1%), ma la Chiesa non è un sostituto dello Stato. Da qui la domanda: “Come mantenere i cristiani in Iraq e rafforzare la loro presenza, radicata nel Paese dal oltre 2000 anni?”.
Per Mar Sako “le dichiarazioni di solidarietà e le promesse non servono a nulla se non ci sono azioni reali e dirette per fermare queste violazioni, indipendentemente da chi le emette. Crediamo che la soluzione sia trattare le componenti etniche e religiose emarginate secondo il principio dell’uguaglianza davanti alla legge, che garantisce ad ogni cittadino di vivere la sua vita nel quadro delle leggi del Paese. È in base al diritto che i cittadini perseguono liberamente lo sviluppo economico, sociale e culturale del loro paese”.
Chiudendo la sua nota il patriarca respinge al mittente le accuse di “interferire nella politica. Non sono un politico di parte – scrive – non ho alcuna ambizione politica. Come uomo di religione, porto le preoccupazioni delle persone e sento la responsabilità umana, sociale e spirituale nei loro confronti. Difendere i loro diritti, la loro dignità e condannare l’ingiustizia come Cristo ha fatto chiaramente è per me imperativo. Le persone vengono da me e si lamentano delle ingiustizie subite. Questa difesa è parte essenziale della mia missione evangelica. C’è una differenza tra difendere il popolo e il paese e la partigianeria e impegnarsi in politica. Il compianto cardinale Martini – conclude Mar Sako – ha detto: ‘Il più grande atto d’amore è la politica quando si esercita per la crescita del bene comune e della vera sicurezza’”.

Iraq Il Patriarca caldeo Sako si rifugia nel Kurdistan e chiede sostegno. Papa Francesco dovrebbe chiarire la sua posizione e rompere il silenzio

21 settembre 2023 
L.B., R.C. - a cura Redazione "Il sismografo"

 Il Papa, seppure sovrano assoluto, è prima di tutto il Vescovo di Roma che presiede nella carità i suoi confratelli, e tra i suoi doveri c'è quello supremo di difendere le chiese particolari. Per fare questo serve la parresia profetica e non il silenzio ammiccante 
In sostanza, quanto Kevin Clarke scrive sulla rivista dei gesuiti statunitensi America, è verissimo: "Il capo della Chiesa cattolica caldea irachena, il Patriarca Sako, è stato cacciato da Baghdad".
La gravità di questo fatto è enorme al punto che per capire bene, scrive Clarke, occorre ricordare che "l'ultima volta che la leadership caldea fuggì da Baghdad, secondo la Iraqi Christian Foundation, fu nel 1259 d.C. quando un esercito mongolo stava consolidando il controllo della città".
Ma nonostante questa situazione inverosimile, il Vaticano tace.
Il 17 luglio scorso il Patriarca Louis Raphaël Sako spedì all'organizzazione pontificio 'Aiuto alla Chiesa che soffre', un comunicato in cui raccontava e spiegava quanto stava succedendo – e che succede tuttora – nel suo martoriato e disastrato Paese visitato da Papa Francesco dal 5 all'8 marzo 2021.

Le manovre del Presidente iracheno Rashid
L'origine immediato della crisi è stata una decisione del Presidente iracheno Abdul Latif Rashid che, nella sostanza, revoca un decreto del 2013, firmato dall'allora Presidente Jalal Talabani, che riconosceva al cardinale Sako la guida della Chiesa Caldea. Ora il Presidente Rashid, militante dell'Unione Patriottica del Kurdistan, dice di ritenere che quel decreto di dieci anni fa è incostituzionale.
La stampa in generale, tranne qualche eccezione, non ha reagito di fronte a questi eventi. Anzi ha taciuto, diminuito o ignorato i fatti. Washington reagì subito con fermezza. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Matthew Miller, criticò la decisione di Abdul Latif Rashid di revocare un decreto che aveva riconosciuto il cardinale Louis Sako come capo della Chiesa cattolica caldea in Iraq e gli aveva permesso di sovrintendere ai suoi beni. "Dirò che siamo turbati dalle vessazioni al cardinale Sako... e turbati dalla notizia che ha lasciato Baghdad", ha sottolineato Miller durante una conferenza stampa. Poi ha aggiunto: "Non vediamo l'ora che ritorni sano e salvo. La comunità cristiana irachena è una parte vitale dell'identità irachena e una parte centrale della storia irachena fatta di diversità e tolleranza".
A Baghdad il presidente Rashid si è infastidito facendo sapere di essere "deluso dalle accuse mosse contro il governo iracheno" da Miller e quindi avrebbe convocato l'ambasciatore USA per un colloquio.

La reazione del Vaticano
Ma, sino ad oggi, non si trova una sola riga in cui il Papa, il cardinale Parolin o mons. Gallagher, oppure il Dicastero per le Chiese Orientali, scendano in difesa di una chiesa martoriata d'anni come quella caldea in Iraq dove le molte vicissitudini in vent'anni – spesso terribili – hanno ridotto i fedeli da 1,5 milioni a 150mila. Dal Vaticano in questi mesi non è mai arrivato nulla. Si è visto il solito copione di situazioni precedenti di conflitto fra il potere e la chiesa locale: Bielorussia, Cina, Nicaragua, Venezuela e altre situazioni simili ma più discrete o circoscritte.
Dal Vaticano è arrivato solo un curioso documento della Sala stampa: una ossequiosa e rispettosa smentita a Rayan al-Kildani, capo della Brigata Babilonia nemico dichiarato del cardinale Sako, suo calunniatore seriale e considerato da numerosi Paesi occidentali persona pericolosa sulla quale pesano sanzioni statunitensi e canadesi. Questo attivista, potente alleato dell'Iran, amico di numerosi ayatollah della teocrazia di Teheran, che si dice anche lui cristiano, con l'inganno – o forse con qualche complicità vaticana sulla quale s'indaga tuttora – è riuscito ad avvicinare il Pontefice, farsi fotografare mentre si rivolgeva a Francesco, e tutto ciò per dire poi che era stato ricevuto dal Papa di Roma. L'inghippo aveva un solo scopo: fuorviare l'attenzione pubblica irachena e accreditarsi come uno che ha facilmente accesso al Pontefice, in modo di far passare l'idea insensata che tra Sako e Rayan, il Papa preferisce il secondo.
Il 12 settembre, una settimana dopo, mentre la foto della presunta udienza papale circolava ampiamente, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni ha dichiarato: «Durante l’udienza generale in piazza San Pietro del 6 settembre scorso, Sua Santità Francesco ha salutato alcune persone presenti, come avviene di consueto. Tra di esse vi era anche un gruppo di iracheni con il signor Rayan Al-Kildani, con il quale c’è stato un breve saluto di circostanza».

Tutte parole felpate anche se la vittima della montatura è il Papa. Curioso!
Se in Vaticano si trova tempo e idee per correggere Rayan Al-Kildani, non si potrebbe fare un sforzo per trovare tempo e idee per difendere i cristiani caldei dell'Iraq e il loro Patriarca? A questo punto il silenzio del Papa, e dei suoi collaboratori autorizzati a parlare, significa che non hanno nessuna spiegazione convincente.
Ma perché?
Card. Sako: "se Roma tace a rischio il futuro dei cristiani iracheni" Dario Salvi, in un'intervista per AsiaNews, ha chiesto al cardinale Sako: Il silenzio finisce per legittimare gli attacchi contro la sua persona e l’intera Chiesa caldea?
Risposta del Patriarca: "Esatto! La Santa Sede poteva prendere parola, dire che la propaganda di questo signore non è vera, poteva cercare di calmare la gente, i moltissimi cristiani e musulmani in Iraq che stanno soffrendo per questi nuovi attacchi, per queste bugie che fanno del male prima di tutto alla nostra comunità. Il nunzio apostolico mi invita a dialogare, a non umiliare il presidente… ma qui è il presidente a umiliare la Chiesa e il suo popolo. Dice che bisogna lasciare il decreto e accettare una sentenza del tribunale. Ma deve capire la mentalità locale e sostenere la Chiesa: poteva smentire la strumentalizzazione e le bugie di Rayan, chiedere ai vescovi che ricevono soldi da lui di fermarsi, trovare una soluzione che non fosse contro la Chiesa caldea".

Iraq, card. Sako: se Roma tace a rischio il futuro dei cristiani iracheni

By Asia News
19 settembre 2023 
Dario Salvi

Preoccupato per il futuro dei cristiani che oggi devono affrontare una “minaccia diversa”, ma non per questo “meno grave” rispetto a quella rappresentata dallo Stato islamico. Amareggiato per il silenzio della Santa Sede di fronte alle mistificazioni di Rayan il Caldeo, il leader di una milizia locale sedicente cristiana (ma al soldo di Teheran) che ne contesta apertamente la legittimità. Ma anche consapevole del sostegno di una comunità, quella cristiana irachena, e della vicinanza del mondo musulmano, per una lotta che abbraccia il futuro stesso del Paese e dei suoi abitanti. È lo stato d'animo che il patriarca di Baghdad dei caldei, il card. Louis Raphael Sako, confida in questa intervista ad AsiaNews in cui ripercorre le ultime, drammatiche settimane contraddistinte da calunnie, attacchi personali, minacce, ricorsi in tribunale e lo scontro frontale col presidente della Repubblica. Proprio per le udienze in tribunale che sono parte di questa campagna non è potuto partire per prendere parte all'incontro dei vescovi del Mediterraneo a Marsiglia, dove venerdì e sabato si recherà papa Francesco.
Come si ricorderà a metà luglio il porporato aveva trasferito in via temporanea la sede patriarcale dalla capitale a Erbil, nel Kurdistan iracheno, per protesta contro l’annullamento da parte del capo dello Stato del decreto - che riguarda “la sola Chiesa caldea, ed è questa la questione di fondo” precisa il patriarca - che ne riconosce il ruolo e l’autorità. Una decisione sorprendente: Abdul Latif Rashid, infatti, ha sconfessato una tradizione secolare colpendo la massima autorità cattolica locale, che è anche responsabile della gestione del patrimonio e dei beni ecclesiastici. Ed è qui che ruota la questione: il controllo delle proprietà finite nel mirino del sedicente leader cristiano “Rayan il caldeo” e delle milizie filo-iraniane che lo sostengono (una galassia variegata che comprende sciiti, cristiani, sunniti...), minaccia per la pace e la convivenza per la nazione. In risposta, il cardinale non ha escluso il boicottaggio delle prossime elezioni. Ecco, di seguito, l’intervista al patriarca caldeo:

Beatitudine, da settimane sta conducendo una battaglia personale e a nome di tutta la comunità cristiana - per la sua stessa sopravvivenza - contro le massime istituzioni irachene e sedicenti leader cristiani. Come spiega questa vicenda?
Alla base vi è un progetto che ha come obiettivo quello di far tacere la voce della Chiesa e della mia persona. In questi 10 anni da patriarca [la nomina risale al gennaio 2013, ndr] ho sempre difeso i diritti umani, senza distinzioni di fede o appartenenza etnico-religiosa, ho cercato di proteggere i cristiani e non ho mai voluto giustificare la formazione di una milizia cosiddetta “cristiana”. Ho rifiutato tutto questo, da qui nasce il proposito di vendetta da parte di una fazione [le Brigate Babilonia di Rayan al-Kildani] che ha uno scopo ulteriore: spingere i cristiani a partire, fare in modo che emigrino per impossessarsi delle loro case, beni, proprietà. Anche per questo si vuole creare un ambiente non stabile, anche per questo viene osteggiata l’idea di cittadinanza che da sempre rivendico come base per l’appartenenza alla nazione. Tuttavia, nel Paese prevale una mentalità settaria in cui si lotta per avere più potere, visibilità e guadagnare di più. Non vi è la volontà di costruire uno Stato fondato su diritto e giustizia, ma prevalgono confusione e anarchia.
Una confusione che emerge anche nei ruoli e nei poteri delle massime istituzioni?
Questo è uno degli elementi di fondo: il presidente della Repubblica non ha il potere di ritirare decreti emessi in passato, può emetterli ma non può certo cancellarli in modo arbitrario. Andando peraltro contro una tradizione secolare, che risale al tempo del califfato abbaside, poi all’impero ottomano, infine la Repubblica. In un secondo il capo dello Stato ha inteso cancellare 14 secoli di storia e tradizione, ma io non ho paura e non ho nulla da perdere… forse la vita, ma sono pronto anche a questo. Tutto ciò viene fatto per intimidire i cristiani, per fare in modo che lascino il Paese ed è per questo che io li incoraggio nuovamente, e con maggiore forza, a restare e sperare!
 La sua, quindi, è una lotta fondata sul diritto a favore di tutto il Paese, non solo per i cristiani…
Certo! Io non mi sto battendo solo per loro, ma per tutti gli iracheni. E devo riconoscere che, come popolo, la comunità cristiana è al mio fianco e mi sostiene in questa lotta. Non solo, di recente anche un gruppo formato da 13 avvocati musulmani ha presentato una petizione presso la Corte suprema contro il ritiro del decreto presidenziale deciso dal presidente della Repubblica. In questa fase sperimentiamo una coesione, un sostegno forte e una unità a livello di popolo e di comunità cristiana, mentre vi sono divisioni fra le Chiese. Un esempio fra i tanti, le parole di un patriarca che ha definito ‘saggio e con visione chiara’ il presidente della Repubblica, o altri ancora [vescovi e sacerdoti] che traggono profitto dalla vendita di case e di beni.
Dopo l’invasione Usa, la scia di attentati e violenze e l’ascesa dello Stato islamico, con la sua logica di terrore e morte, una nuova minaccia incombe sul futuro?
Questo è un altro stile, un’altra modalità forse più nascosta e subdola ma con lo stesso obiettivo: spingere i cristiani a partire. Un approccio diverso dall’Isis, ma con la medesima logica di fondo.
Vi sono realtà, istituzioni, anche all’interno della Chiesa, dalle quali si aspettava maggiore solidarietà e vicinanza?
Sono deluso dalla posizione della Santa Sede, che in quasi cinque mesi non è intervenuta per sconfessare l’operato del presidente della Repubblica, per respingere gli attacchi contro la persona del patriarca, per prendere le distanze da chi si definisce leader cristiano. La visita a Roma di questo signore [il riferimento è al “breve saluto di circostanza” di Rayan il caldeo al termine di un'udienza generale a inizio settembre, come descritto successivamente in una stringata nota di chiarimento vaticana ndr] e l’incontro con papa Francesco in piazza San Pietro al termine dell’udienza del mercoledì. Che egli ha poi rilanciato a gran voce sui propri canali social, cercando legittimazione usando una autorità ecclesiale ma finendo per mostrare una profonda ignoranza perché ha parlato di Angelus… il mercoledì! Le sue parole sono state un vero e proprio shock per cristiani e musulmani in Iraq, perché si è presentato una volta di più come il vero rappresentante dei cristiani; lui e non il patriarca di cui [secondo quanto dice Rayan il caldeo] il papa avrebbe accettato le dimissioni. Stare in silenzio di fronte a queste dichiarazioni è inammissibile.
Il silenzio finisce per legittimare gli attacchi contro la sua persona e l’intera Chiesa caldea?
Esatto! La Santa Sede poteva prendere parola, dire che la propaganda di questo signore non è vera, poteva cercare di calmare la gente, i moltissimi cristiani e musulmani in Iraq che stanno soffrendo per questi nuovi attacchi, per queste bugie che fanno del male prima di tutto alla nostra comunità. Il nunzio apostolico mi invita a dialogare, a non umiliare il presidente… ma qui è il presidente a umiliare la Chiesa e il suo popolo. Dice che bisogna lasciare il decreto e accettare una sentenza del tribunale. Ma deve capire la mentalità locale e sostenere la Chiesa: poteva smentire la strumentalizzazione e le bugie di Rayan, chiedere ai vescovi che ricevono soldi da lui di fermarsi, trovare una soluzione che non fosse contro la Chiesa caldea. Con cadenza quasi settimanale ormai vengono presentate denunce a mio carico nei tribunali, e nei prossimi giorni dovrò presentarmi in aula e non potrò partecipare ai “Rencontres Méditerranéennes” a Marsiglia. Ho scritto a papa Francesco dopo la visita di Rayan in Vaticano, non ha ancora risposto. Siamo una Chiesa perseguitata, da tempo… che lotta per sopravvivere ma per far questo abbiamo bisogno anche di sostegno, vicinanza, solidarietà.
In questa prospettiva il Sinodo in programma a Roma, a ottobre, potrà essere di aiuto?
La nostra è una questione particolare, ma il Sinodo può essere comunque di aiuto per trovare una soluzione. La Chiesa deve mostrare la propria presenza, la vicinanza, deve trovare la parola che è stata fortemente carente sinora. La Chiesa sono i suoi credenti.

15 settembre 2023

In meeting with Austrian Foreign Minister Schallenberg, Chaldean Patriarch Louis Sako raises concerns over coexistence in Iraq amidst corruption and armed militias

By Syriac Press
September 14, 2023

Photo Chaldean Patriarchate
During a meeting with Austrian Minister of Foreign Affairs Alexander Schallenberg in Erbil, Kurdistan Region of Iraq (KRI), Chaldean Patriarch Mar Louis Raphael Sako shed light on the precarious situation of Christians in Iraq.
During their meeting, Minister Schallenberg and Patriarch Sako candidly discussed the challenges facing Christians in the country, highlighting the troubling factors that erode coexistence
The meeting comes in the aftermath of recent controversies surrounding the ownership of Chaldean Church properties in Iraq. In July, President of Iraq Abdul Latif Rashid issued a decision to withdraw the presidential decree recognizing Patriarch Sako as head of Church endowments.
Patriarch Sako emphasized that coexistence in Iraq has been significantly weakened by pervasive corruption, the presence of militias, the widespread proliferation of weapons, and a concerning lack of respect for human dignity and fundamental rights. These issues collectively contribute to a challenging environment for the Christian community and other minority groups in Iraq.
During a recent visit to the headquarters of the District Commissioner of Ankawa, employees told him that for three months they had not received their salaries. Officials do not consider how these citizens live, he said, especially those who have a rented house, students, etc. If there are some problems between politicians, it is not permissible for the average person to be held accountable, he added.
“A political official is known for his actions, not his speeches,” said the Patriarch. “When I visit them, they give me nice words, but they are not followed by action.”

12 settembre 2023

Bruni: tra il Papa e Al-Kildani “breve saluto di circostanza”

By Vatican News

Ai giornalisti che gli chiedevano una precisazione, il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha detto che durante l’udienza generale di mercoledì 6 settembre scorso in Piazza San Pietro, “Francesco ha salutato alcune persone presenti, come avviene di consueto” e che “tra di esse vi era anche un gruppo di iracheni con il Sig. Rayan Al-Kildani, con il quale c’è stato un breve saluto di circostanza”.

Il capo della milizia irachena si apposta in Vaticano. Così ha finto un incontro con papa Francesco

Francesco Peloso
9 settembre 2023 

Al Kildani è a capo del gruppo Babilonia, sotto sanzioni degli Stati Uniti per la violazione dei diritti umani e le persecuzioni dei cristiani.
Si è appostato in piazza San Pietro per scattare una foto con il pontefice. È un mistero come sia riuscito ad entrare in Italia.
È riuscito a simulare un incontro privato con il papa che non c’è mai stato, almeno in questa modalità.
Eppure il capo miliziano iracheno Rayan al Kildani, sotto sanzioni da parte degli Stati Uniti per violazione dei diritti umani e corruzione, mercoledì si trovava in piazza san Pietro dove, al termine dell’udienza generale ha potuto salutare brevemente il papa.
Tanto è bastato per far circolare in Iraq la fotografia che lo ritraeva insieme a Francesco il quale, con ogni probabilità, era ignaro della vera identità del personaggio che aveva di fronte.
Anche perché solo nell’aprile scorso il papa si era rifiutato di concedere a al Kildani un’udienza privata, senza contare che quest’ultimo è un acerrimo nemico del cardinale Louis Raphael Sako, patriarca di Baghdad e capo della Chiesa caldea dal luglio scorso costretto all’esilio a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno.
Sako è una delle personalità della chiesa del medio oriente più vicina a Francesco. Resta da capire, tuttavia, come è stato possibile che un personaggio simile abbia potuto avvicinare il papa, senza contare il fatto che sia entrato in Italia invitato «da imprenditori e istituzioni italiane», secondo quanto riportato dai media iracheni. Sta di fatto che Rayan al Kildani, Rayan il caldeo, è entrato e uscito dal nostro paese, e ha raggiunto addirittura in piazza san Pietro per vedere di persona, sia pure per pochi momenti, il pontefice.

L’orecchio tagliato
Nel 2019, il governo degli Stati Uniti stabiliva di sottoporre al Kildani a sanzioni economiche e misure restrittive in quanto «responsabile o complice e coinvolto direttamente o indirettamente in gravi violazioni dei diritti umani».
«Al Kildani – si legge nelle motivazioni del provvedimento – è il leader della milizia della 50a Brigata. Nel maggio 2018, tra le organizzazioni irachene della società civile per i diritti umani è circolato un video in cui al Kildani tagliava l’orecchio a un detenuto ammanettato». «Secondo quanto riferito – prosegue il testo del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti – la 50a Brigata costituisce il principale ostacolo al ritorno degli sfollati interni nella pianura di Ninive (storicamente sede delle comunità cristiane, ndr). La 50a Brigata ha sistematicamente saccheggiato le case di Batnaya, che sta lottando per riprendersi dal brutale dominio dell'Isis. La 50a Brigata ha sequestrato e venduto illegalmente terreni agricoli e la popolazione locale ha accusato il gruppo di intimidazioni, estorsioni e molestie nei confronti delle donne».
La notizia che al Kildani abbia potuto vedere il papa, spiega il cardinale Sako a Domani, «è stata uno shock per tutti gli iracheni, anche le sue milizie mi chiamano, i capi politici e i ministri del governo e anche i leader religiosi; come mai questo personaggio è stato ricevuto dal papa si chiedono, questo uomo è un delinquente. Ora sta cercando una un'autorità religiosa cristiana come ombrello per coprire tutto ciò che sta facendo, che lo riconosca come rappresentante dei cristiani. Ha “comprato” anche alcuni vescovi e preti a Baghdad, perché io sono fin dall'inizio contro una milizia cristiana e lui è responsabile di tanti crimini, compresa la corruzione» .
Si tratta, spiega ancora il cardinale, di «un uomo che non ha niente di morale e questa visita è uno scandalo. Certo, non so come abbia ottenuto il visto per entrare in Italia considerato che al Kildani è sotto le sanzioni americane. E poi come abbia ottenuto un biglietto per il baciamano con il papa. Su questo incontro ha potuto costruire tanta propaganda e diffondere menzogne».

L’alleanza con gli sciiti
Al Kildani emerge come leader cristiano intorno al 2014 nella guerra per liberare l’Iraq dall’Isis, fonda il movimento Babilonia e la sua ala militare, la brigata Babilonia; quest’ultima però si pone sotto il controllo delle milizie sciite che combattono l’Isis ma puntano a prendersi il paese per conto di Teheran. Iniziano così i contrasti con la chiesa caldea che disconosce l’azione della brigata Babilonia, mentre il braccio politico del movimento si organizza e alle elezioni legislative del 2021, complice una serie di revisioni delle circoscrizioni elettorali, ottiene 4 dei 5 parlamentari spettanti alla minoranza cristiana, solo che i voti provengono in larga parte dalla componente sciita. Poi, nel luglio scorso, lo scontro definitivo fra patriarcato e il governo di Baghdad e lo stesso al Kildani che lo sostiene. il presidente iracheno Abdul Latif Rashid revoca il decreto n. 147, emanato dal suo predecessore Jalal Talabani, il 10 luglio 2013, che riconosceva il patriarca, nominato dalla Santa sede, capo della chiesa caldea «in Iraq e nel mondo», oltre che «responsabile e custode delle proprietà della Chiesa».
E proprio quest’ultimo aspetto sarebbe quello più rilevante secondo il patriarca Sako perché l’obiettivo finale delle milizie è quello di appropriarsi dei beni dei cristiani e di costringerli nei fatti a farli andare via.
Il decreto, secondo il patriarca Sako, è incostituzionale e il capo della Chiesa caldea si è rivolto alla giustizia irachena per ricorrere contro il provvedimento.

Diritti umani negati
Dietro la contesa giuridica, c’è tuttavia una realtà drammatica. I cristiani prima della guerra erano almeno un milione e mezzo, il 4 per cento della popolazione, forse di più; solo a Baghdad ce n’erano un milione con interi quartieri cristiani. Ora ne restano sì è no mezzo milione, e molti continuano a lasciare il paese. C’è stato l’isis, certo, ma non solo. Le milizie che oggi spadroneggiano nel paese, come la milizia Babilonia, e rappresentano una sorta di stato nello stato, contribuiscono con le loro violenze alla fuga dei cristiani. «Già prima dell'Isis i cristiani hanno molto sofferto, quella cui assistiamo è una persecuzione diciamo così non dichiarata ma nella vita quotidiana c'è, esiste una discriminazione contro i cristiani, certo».
Poi le scuole e gli ospedali del paese, senza distinzione, sono ridotti in uno stato miserabile, mancano elettricità e medicinali. «In occidente – osserva ancora il cardinale Sako – si parla dei diritti dell'uomo, qui non ci sono diritti dell'uomo, non vengono rispettati. Senza contare tutto questo fondamentalismo che punta all’eliminazione dell’altro. Di fronte a tutto questo la chiesa deve fare un po’ di più, è un po’ troppo timida, ma anche l'occidente deve fare pressione su questi regimi affinché rispettino i diritti dell'uomo. Certo, ci vuole tempo e un cambiamento della cultura e anche un aggiornamento della religione».
In quanto al fatto che lui stesso possa rischiare la vita o la prigione per le posizioni che assume pubblicamente, il patriarca risponde: «No, io non ho paura. Poi sono un consacrato e non ho paura di essere ammazzato per una giusta causa. Io sono pronto per ogni evenienza perché ho una causa e il mio scopo è difendere i cristiani. È la mia responsabilità, ma anche, allo stesso tempo, chiedere una vita dignitosa per tutti gli iracheni, cioè la costruzione di uno stato fondato sulla cittadinanza e non settario. È quello che ho sempre chiesto e tutti lo sanno».

2 settembre 2023

Dove Dovrebbe Portare il Prossimo Cammino Sinodale


Patriarca Cardinale  Louis R. Sako

La prima sessione del Sinodo della sinodalità nella Chiesa cattolica del mondo si terrà all’inizio di ottobre 2023 e la seconda sessione l’anno prossimo. Il Sinodo, come espresso più volte da Sua Santità Papa Francesco, è quello di camminare insieme come comunità fedele, impegnata e responsabile per partecipare attivamente allo studio di argomenti e questioni molto importanti che riguardano la vita fondamentale dei fedeli nel quadro della riforma e per trovare nuove strategie per la Chiesa per affrontare le sfide.
Ho seguito da vicino i preparativi per il sinodalità, ho partecipato in Iraq alla fase di “ascolto e discernimento”, ho letto il documento di lavoro instrumentum laboris, che contiene belle idee importanti, e ho letto le dichiarazioni e le critiche che a volte colpiscono. Ho anche partecipato con rappresentanti della Chiesa caldea all’incontro continentale locale delle Chiese cattoliche del Medio Oriente, che comprendeva laici di entrambi i sessi.
Ho sentito davvero che, come i primi discepoli del Cenacolo, eravamo sotto la profusione dello Spirito, scambiandoci idee, esperienze e aspirazioni perché la Chiesa potesse esprimere la sua missione, il suo orientamento e le sue attività, in un linguaggio nuovo e comprensibile, e annunciare e dare una testimonianza efficace della verità della sua fede liberante in forme appropriate.
In un tempo di instabilità, di difficoltà incontrate dalla cultura attuale in questioni difficili, e in particolare dal predominio del liberalismo secolare, la Chiesa, madre e maestra, ed il Papa successore di Pietro, roccia su cui poggia la Chiesa e garantische la sua unità, deve avvalersi della sua autorità didattica nel processo di autorinnovamento e delle sue strutture con piena convinzione, conservando fedelmente il deposito della fede e della morale di base. Occorre distinguere tra ciò che è reale ed esprimere lo spirito che non si può abbandonare, e ciò che è immediato-pratico legato alle condizioni del tempo e dello spazio, che va aggiornato.
Il Sinodo dovrebbe dare priorità all’annuncio (del Vangelo) alla luce dei segni dei tempi “annuncia la Parola, insisti in ogni occasione opportuna e inopportuna” (2 Tm 4,2), in modo che la Chiesa possa presentare la fede a tutti con chiarezza, linguaggio comprensibile, stile diverso, forme nuove, e affrontare la liturgia della celebrazione dei sacramenti e alcune strutture con maggiore partecipazione per rendere alcune strutture più efficienti e meno burocratiche, in modo che i cristiani si sentano a casa, abbiano il loro ruolo e non si sentano emarginati. E necessario aggiornare la formazione del clero al livello umano, psicologico, spirituale, teologico, liturgico, pastorale, ma anche la disciplina.
Papa Francesco con la sua intuizione può aiutare ad ascoltare la voce di Dio, la voce dello Spirito leggendo la Bibbia, parlando dello Spirito, dell’amore e della misericordia di Dio, del servizio, del pentimento e del perdono verso tutti nel quadro del lavoro pastorale, leggendo i segni dei tempi per scoprire la volontà di Dio e lavorare per una crescita umana e cristiana armoniosa.

Come Patriarca orientale,
 in ritiro nel seminario di Erbil, 
lontano dalla sua sede di Baghdad, 
auspico che ci sia un vero rinnovamento, studiato in tutti gli aspetti, 
della vita della Chiesa, della sua attività e dei suoi obiettivi con efficacia straordinaria, 
con la partecipazione attiva 
e la consultazione dei fedeli, 
ma senza annullare la partecipazione “collegiale” della gerarchia ecclesiastica
 e della sua autorità.
 Le speranze dei fedeli cristiani attendono un nuovo orizzonte aperto dal 
“cammino sinodale” nella vita della Chiesa, 
rafforzato dalla coesione teologica, amministrativa e pastorale 
in perfetta sintonia con la missione essenziale della Chiesa e lo “spirito
 sinodale”. 
Mi auguro che il Sinodo, e Sua Santità il Santo Padre ed i dicasteri romani 
prestino un’attenzione particolare alle Chiese orientali, culla del 
cristianesimo che sentono minacciate la propria esistenza!
 Auspico anche che la Chiesa svolga un ruolo profetico e vitale nella creazione 
di un mondo più umano, pacifico, giusto e dignitoso.

Patriarca assiro Mar Awa III: la visita di Papa Francesco incrocia le vie della grande avventura missionaria della antica Chiesa d’Oriente

Gianni Valente
1 Settembre 2023

Il viaggio apostolico di Papa Francesco in Mongolia è “un’iniziativa gradita”, che aiuta a riscoprire anche “la storia ben documentata e conosciuta del cristianesimo in quel Paese e tra il popolo mongolo”.
Lo sottolinea Mar Awa III, Patriarca della Chiesa assira d’Oriente, che ha condiviso con l’Agenzia Fides alcune considerazioni sulla portata ecumenica della visita che il Vescovo di Roma sta compiendo nel grande Paese asiatico.
La visita di Papa Francesco in Mongolia – sottolinea Mar Awa – “è, senza dubbio, un’iniziativa gradita, una visita realizzata per incontrare uno dei greggi più piccoli e periferici del mondo”. Inoltre, “Sebbene oggi la comunità cattolica in Mongolia sia molto esigua, ci viene ricordata la storia ben documentata e conosciuta del cristianesimo in quel Paese e tra il popolo mongolo. Apprendiamo dagli annali della storia della Chiesa che il primo incontro tra la Chiesa e le tribù mongole fu infatti dovuto all’opera di annuncio del Vangelo dei missionari della Chiesa assira dell'Oriente. Già alla fine del VI secolo il cristianesimo cominciò a diffondersi tra i popoli delle steppe euroasiatiche, grazie ai monaci della Chiesa d'Oriente”.
Nell'anno 1281 - ricorda il Patriarca Mar Awa III – “la Chiesa assira d'Oriente aveva un Patriarca turco-mongolo, Mar Yahb'Alaha III (1281-1317). A quel tempo, la presenza ecclesiastica della Chiesa assira in quello che adesso è lo Stato mongolo e la provincia cinese della Mongolia era molto robusta”.
Oggi – riferisce il Patriarca – “c'è una crescente consapevolezza tra i mongoli della loro antica eredità cristiana che risale a prima dell'arrivo dei missionari occidentali, giunti agli inizi del 1200. Molti in Mongolia oggi cercano di ristabilire l’antica Chiesa dei loro antenati, vale a dire la Chiesa assira dell’Oriente”.
In una precedente intervista rilasciata all’Agenzia Fides, il patriarca Mar Awa ha accennato con espressioni suggestive ai tratti distintivi della grande avventura missionaria della antica Chiesa d’Oriente, di cui si continuano a trovare tracce – resti di chiese e monasteri anche nella Penisola arabica : “I missionari della antica Chiesa d’Oriente” ha sottolineato in quell’occasione il Patriarca assiro “erano un ‘esercito’ di tipo spirituale. Erano soprattutto monaci e monache, e si recavano in contesti plasmati da altri pensieri, da antiche culture e mentalità religiose. Avvincevano i cuori delle persone con dolcezza, e non per dinamiche di conquista. E poi aiutavano le popolazioni locali a trovare i segni grafici per mettere in forma scritta le loro lingue e le loro parlate. E ogni urgenza, ogni problema concreto della vita diveniva occasione per fare il bene, diventando amici e fratelli con tutti”.

Why Christians in Iraq are in profound danger?

Ano Jawhar Abdoka *
August 30, 2023

Nightmare of the Christian community
What the Christian community in Iraq faces can only be defined as intense hatred and hostility. Since 2003, Christians in central and southern Iraq have been subjected to killing, abuse, kidnapping, discrimination, and forced displacement. Over a hundred of their churches have been attacked, and a dozen of their clergy members, including bishops, priests, and deacons, have been killed, kidnapped, and tortured. Around 1,350 Christian civilians lost their lives. Out of a Christian population of 2.1 million, a staggering 80 percent fled the country, seeking refuge abroad, while others were internally displaced to the Kurdistan Region, following the historic initiative by President Masoud Barzani in 2003, which aimed to provide sanctuary to all Iraqi religious minorities.

More than a Patriarch's struggle
The ongoing turmoil faced by Christians today mirrors the trials previously endured by Jews in Iraq. The emergence of militias intent on occupying Christian lands and properties in areas like the Nineveh Plains and other Iraqi cities encountered a significant obstacle in their path — Cardinal Louis Raphael Sako, Patriarch of the Chaldean Catholic Church.
As the spiritual leader of Iraq's largest church, representing approximately 80 percent of Iraqi Christians, Patriarch Sako opposed the creation of Christian militias. His beatitude consistently urged the Iraqi government to prevent the existence of such groups, as Christians inherently advocate for a robust and stable government, not a fragile one.
Influential figures like the bishops of the (Nineveh Bishops Council) also opposed militia formation and the acquisition of Christian political representation in the Iraqi parliament through tens of thousands of votes outside of the Christian house gathered by militias to support their proxies and impose them on Christians , intended to consolidate the political power of these militias.
The resilience of Christians shocked the militias, prompting them to target the head of the most powerful church, aiming to set an example that would discourage others from opposing their expansionist policies in the Nineveh Plains. This culminated in efforts to compel their allies to affect the decision of the presidential institution of Iraq, by issuing a presidential decree by the Iraqi president Abdul Latif Rashid, to withdraw the presidential dated for more than 10 years ago, only concerning Patriarch Sako.

Suppressing the Christian voice
While numerous other decrees by the Iraqi presidency for various bishops and churches leaders remain in place, exclusively targeting Patriarch Sako serves the purpose of conveying a clear message: Christians must remain silent and cooperative during the militias' efforts to alter the demographics of their ancestral lands in the Nineveh Plains. This silence is also expected regarding the multitude of human rights violations and abuses committed by these militias.
Since July 2023, Patriarch Sako has sought refuge in Erbil, where he was warmly welcomed by the government and the people. His choice signifies a protest against the actions of the Iraqi president and the militias, with thousands of Christians across Iraq, the Kurdistan Region, and elsewhere raising their voices against these unjust decisions. Despite the protests, neither the Iraqi government nor the presidency has taken steps to address this plight or end the ongoing demographic changes in Christian territories within the Nineveh Plains.

Nineveh Plains held hostage by militias
On August 4th, 2023, the (Nineveh Bishops Council) organized a protest demanding immediate action by the Iraqi government to stop the continuous demographic alterations in the Nineveh Plains, threatening the Christian community's presence. Additionally, the council sought the enactment of an electoral law ensuring genuine Christian representation in the Iraqi parliament. The bishops, and thousands of Christians in the protest were shocked that the militias reacted by closing checkpoints and preventing journalists, as well as Christians from other towns and villages, from joining the protest.

What should Christians do?
Christians and other minorities in Iraq need to unite efforts, and organize their movement on both levels international, and local. Christian parties; Chaldean, Assyrian, Syriac, and Armenian, with Ezidi, Kakaye, and Turkmens need to understand that alone they lose, together they have a very strong chance to prevail, and guarantee their existence in their historic ancestral homeland.

To be or not to be
It is imperative for the United Nations and its Security Council to take steps to safeguard the imperiled Christian community in Iraq, particularly in the Nineveh Plains. Establishing an internationally protected and closely monitored zone emerges as the most effective solution. Especially by the implementation of Sinjar agreement. Failure to act risks the world losing one of its oldest Christian communities. The international community must comprehend that Christians in Iraq face profound danger, a continuous hushed Genocide!

* Ano Jawhar Abdoka is the Kurdistan Regional Government’s Minister of Transport and Communications.

29 agosto 2023

Iraq: card. Sako (patriarca caldeo) a popolazione, “abbiate pazienza e non perdete la speranza. Il Paese risorgerà per la sua grande storia”

28 agosto 2023

“Abbiate pazienza e non perdete la speranza. L’Iraq deve risorgere sulla base del profumo della sua storia, della sua grande civiltà e della sua memoria viva”.
Da Erbil, in Kurdistan, dove si risiede in seguito ai contrasti con il presidente della Repubblica d’Iraq, Abdul Latif Rashid, il patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, lancia un appello a tutti gli iracheni. In una nota, diffusa dal Patriarcato, il porporato ribadisce che “questa speranza deve rimanere viva in noi e non scomparire.
Il cambiamento arriverà quando avremo piena consapevolezza dell’importanza della patria e dell’identità nazionale, del rispetto dei diritti e dell’uguaglianza di tutti i cittadini, quando riporremo la nostra fiducia in Dio e negli altri e ci impegneremo per il bene del Paese e dei suoi cittadini”.
“Il caos – avverte – non può continuare per sempre a dispetto dell’integrità umana e dei valori nazionali, morali e religiosi”.
Poi il monito: “Chiunque abbia rubato denaro pubblico e commesso crimini terribili contro i diritti delle persone prima o poi sarà ritenuto responsabile. Verrà il giorno in cui i crimini contro l’umanità non potranno più essere nascosti e la legge proteggerà gli ‘innocenti’ e renderà loro giustizia. La storia ci insegna che non esistono sistemi fissi ed eterni. Allo stesso modo, la fede conferma che il giudizio di Dio è lento ma non trascura nulla. I corrotti e gli ipocriti non hanno futuro”.
Nel suo appello il patriarca ribadisce l’importanza dell’istruzione, della cultura, dell’educazione data in casa, in chiesa e in moschea e dai media. Senza questi valori fondanti prevarranno “l’individualismo, l’interesse personale, la faziosità e il caos.
La vittoria e il cambiamento inizieranno quando riconosceremo coloro che sono diversi, li accetteremo e li rispetteremo come cittadini come noi su base fraterna, invece di trattarli come oppositori, nemici o infedeli.
In questo modo promuoveremo la cultura della vera fraternità, i valori della cittadinanza e preserveremo il patrimonio e le proprietà pubbliche, per realizzare una vita sicura, libera e dignitosa per la Nazione. Al contrario, la corruzione drenerà risorse e sarà una minaccia per l’Iraq”.
“La vittoria e il cambiamento – conclude Mar Sako – arriveranno quando il governo sarà saldo nell’attuazione del suo programma di riforme e nel ritenere responsabili coloro che violano l’interesse pubblico e la legge o si pongono al di sopra di essa. La legge non può fare discriminazioni tra i cittadini”.

We Must Never Lose Hope

August 28, 2023

Cardinal Louis Raphael Sako

For a long time, Iraq has not known stability and Iraqis suffered from successive wars, conflicts and crises. They do not feel that politicians and government officials care about public interest.
Christians in particular, went through kidnapping, killing, bombing of numerous Churches, displacement from Mosul and the towns of Nineveh Plain (by ISIS), exclusion, seizure of their homes and properties as well as forcing a million of Christians to migrate, and lastly the withdrawing of the Chaldean Patriarch decree (without any constitutional basis), in response to “improper” information from certain militia members. Therefore, I would like to tell all Iraqis: “please be patient and do not lose hope”. Iraq must “rise” again based on its scent of history, great civilizations, and living memory.
This faith, hope must remain alive in us and not disappear! It will have a great impact on daily life worries. Change will come when we have full awareness of the importance of the homeland and national identity, respect for the rights and equality of all citizens, also, when we put our trust in God and each other and strive for the good of the country and its people.
Chaos cannot continue forever in defiance of the human integrity, and moral, religious and national values.
Whoever stole public money and committed dreadful crimes against people’s rights will be held accountable sooner or later. The day will come when crimes against humanity cannot be hidden, and the law will protect the “innocent” and bring them justice.
History teaches us that there are no fixed-eternal systems. Likewise, faith confirms that justice of the Creator is slow but never neglect, and that the corrupt and hypocrites have no future!
Victory begins when we understand and we give a priority to the importance of learning (culture), education, and awareness at home, school, Church, Mosque, and via media. Otherwise, the foundational values of society and the state will be gone, and individualism, self-interest, factionalism, and chaos dominate. People should be trained to balance their thinking and analyze issues based on scientific knowledgeable facts, since “activities with vision” only, can serve/ help human being! Victory begins when we recognize those who are different, accept them, and respect them as citizen like us on fraternal basis, rather than dealing with them as an opponent, enemy, or infidel. This way, we will be promoting the culture of true fraternity, values of citizenship, and preserve public fortune and properties, so as to achieve a safe, free and dignified life for the nation. On the contrary, corruption drains resources, and creates a threat to Iraq.
Victory will be achieved when the government is firm in implementing its reform program, and holding accountable those who violate the public interest, violate the law, or make themselves above it. It is impossible that the law discriminates among citizens!!

Long live Iraq

28 agosto 2023

Un altro lutto nella chiesa caldea: si é spento Monsignor Rabban Al Qas, vescovo emerito di Dohuk.

By Baghdadhope*

Si è spento stamani Monsignor Rabban Al Qas, vescovo emerito caldeo di Dohuk, nel nord Iraq. Dalla metà di agosto era ricoverato in terapia intensiva dopo una lunga malattia ed il 15 di quel mese aveva ricevuto la visita del patriarca caldeo, Cardinale Louis Raphael Sako, impegnato nella visita proprio della diocesi di Dohuk, oltre che a quella di Zakho. 

Nato nel 1949 a Komane, un piccolo villaggio nell'estremo nord del paese, nel governatorato di Dohuk che fa parte della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Monsignor Al Qas aveva studiato presso i frati domenicani ed era diventato sacerdote nel 1973. Nel 2001 era stato nominato vescovo di Amadhiya, dal 2005 al 2010 era stato anche amministratore patriarcale della diocesi di Erbil e dal 2013 al 2020 aveva retto le due diocesi di Zakho ed Amadhiya per poi essere nominato nel giugno dello stesso anno vescovo di Dohuk, il cui territorio ha inglobato quello della ex diocesi di Amadhiya, mentre la diocesi di Zakho è stata affidata a Mons. Felix Shabi.
Da tempo afflitto da problemi di salute Mons. Alqas non aveva partecipato alla cerimonia di ordinazione del neo vescovo di Zakho che si era svolta il 30 agosto 2020 ed i primi giorni di dicembre dello stesso anno aveva lasciato l'Iraq per recarsi in Germania.
Durante la riunione dei vescovi caldei tenutasi a Baghdad il 10 dicembre il patriarca, il Cardinale Mar Louis Raphael Sako, aveva comunicato la decisione, presa in comune con i vescovi facenti parte del Consiglio permanente del Patriarcato, e comunicata alla Santa Sede, di nominare come amministratore patriarcale pro-tempore della diocesi di Dohuk il vescovo di Mosul, Mons. Najib Mikhael Moussa O.P. 
Foto Patriarcato Caldeo
Tra la fine di dicembre e gennaio del 2021 Mons. Alqas aveva partecipato attivamente alla vita ecclesiastica della missione caldea ad Essen, in Germania,  come dimostrato dal video del 26 gennaio 2021 pubblicato sulla pagina Facebook della Missione, ma non aveva poi però partecipato agli incontri con Papa Francesco durante il viaggio apostolico svoltosi in Iraq dal 5 all'8 marzo 2021 a causa di un gravissimo lutto familiare. Presente all'incontro tra i sacerdoti ed i vescovi caldei dell'Iraq svoltosi ad Erbil a metà di luglio, come testimonia la foto a sinistra, tra il 9 ed il 14 di agosto aveva partecipato al sinodo della chiesa durante il quale era stata decisa la nomina di tre nuovi vescovi, e tra essi proprio quello della diocesi di Dohuk. 
Tra le sue ultime apparizioni pubbliche quella del 9 febbraio 2022 quando con il nuovo vescovo di Dohuk, nominato il 24 dicembre del 2021, Mons. Azad Sabri Shaba, aveva concelebrato la santa messa in occasione del terzo ed ultimo giorno della ricorrenza del Digiuno di Ninive, e quella del 6 maggio 2023 quando sono stati festeggiati i suoi 50 anni al servizio della chiesa.
6 maggio 2023
Foto Padre Imad Khoshaba
  Orgogliosamente curdo, e testimone diretto delle violenze perpetrate dal regime iracheno a danno dei curdi e delle altre etnie che abitavano i territori del Kurdistan, e che furono perseguitate dal regime di Saddam Hussein, Mons. Alqas ha fondato nel 2004 a Dohuk una Scuola Internazionale frequentata da studenti e studentesse musulmani e cristiani delle varie etnie che popolano il territorio della regione autonoma del Kurdistan iracheno, ed ai quali vengono insegnati oltre alle materie di base anche il curdo, l'arabo, l'aramaico, l'inglese ed il francese ma non la religione perché, come disse il suo fondatore a Baghdadhope: "Questa scuola è una risposta a chi vuole separare musulmani e cristiani."
Alla Scuola Internazionale di Dohuk nel 2013 è stato assegnato il l'Aachen Friedenspreis, (Premio internazionale di Aquisgrana per la Pace) il più ambito riconoscimento europeo per la pace, come: "progetto modello per la pace, la riconciliazione e la comprensione tra comunità religiose e gruppi etnici."

27 agosto 2023

Human Being is not a Shape Only, but Rather a Mind and Awareness

By Chaldean Patriarchate 
August 25, 2023

Cardinal Louis Raphael Sako

The mind, awareness, and the knowledge of human being are a magnificent blessing, and a creative dynamic for growth, development, renewal, and integration, especially when the person relies on wisdom, balance, logic, creativity, and beauty. This is what differentiates humankind from other creatures.
A rational person is humble, aware of oneself, feels it, searches constantly for new sound options, behaves with responsibility, as well as spreading love, peace and joy. Such honorable, “attractive” person is the greatest miracle God has ever made: “God looked at everything he had made, and found it very good” (Genesis 1: 31).
Awareness is the perception of a specific goal with a thoughtful design to do it, rather than rushing to achieve it impulsively and instinctively. Such a wonderful human being dies biologically – physically and perishes, yet remains alive in the dynamic memory of the sequential history (civilization) and also for the retrieval of stored information to meet and exchange over time, developing oneself reality and future.
Throughout history man has succeeded in a series of excellent “creations” that over time achieved and created new cultural, social, artistic, legislative, political, industrial and religious forms. So the world without memory (civilization) is without history. Moreover, memory (history) makes people and things move, as changes in nature, mankind, thoughts, society, laws, and rituals as well, work together to meet the current daily needs of people.
The possibility of human change (move) is continuous and natural. This memory has a cosmic dimension. Iraqis are influenced by Mesopotamia civilizations of, Acadian, Sumerian, Babylonian, Chaldean, Assyrian, Christian, Arab Islamic. This is our historical background. We must communicate and integrate with it harmoniously and beautifully.
We still remember the great philosophers, creative scientists, inventors, great theologians, great pontiffs and leaders in spite of being deceased physically, but their views remained immortal and their memories alive. However, thanks to modern technology, that enables society to convey their thoughts that are communicated by all means, including social media. Hence, “memory” helps us to look at our lives with a new, serious view of growth and development.
On the other hand, humanity has a harsh experience with a person who has lost his mind and consciousness, whose external features are similar to the smart and conscious human being, but differs in manner and behavior. Unfortunately, such person is more brutal than the beast – (do we not say in the spoken Chaldean dialect: Ethen Nashi Satani), means literally, that there are people who are “demons”, driven by their instincts and obsession with pride, domination, dictatorship, and “unhidden” violence.
Such an evil person is practically the dominant force on the current scene, spreading ignorance, lies, hatred and conflict, destroying the “fabric of society” with corruption, demolition and death, for the purpose of gaining money and satisfying personal “desires”, simply due to having lifeless mind and consciousness, as well as a hardened heart. Accordingly, after the physical death of such person there won’t be any memory or history worth mentioning.
The Parable of the “Weeds Among the Wheat” in the Gospel of Matthew (13/ 24-30, 36-43), provides the best description for the above comparison between the two forms of human beings, drawing the way of life and the way of demolition. “Wheat” represents the real, honest, caring and committed believer. while “weeds” represent the person who cooperates with evil. Isn’t it what mafias do? With a focus on turning wheat into weeds. The basic question that every human being should ask is: “What good should I do, in this world, and what bad thing should I avoid no matter what the price is?
Often, we may not have this option! but, there is an alternative for a person to change, known as “repentance“, that is, a new beginning to build a smart and conscious person, so that he joins the “salvation” movement, hoping that the “bad person” will take an advantage of it returning to his original good nature and join effectively the living memory that does not die.
Good people must be careful and steadfast till the end, despite the cruelty of bad ones! They must cooperate to create a better world and an appropriate environment for a safe life of liberty and dignity, rather than letting it turn into a jungle where the strong eats the weak!!

25 agosto 2023

A Country won’t be Safe When the Law is not Enforced

August 23, 2023 

Cardinal Louis Raphael Sako

The law is a mechanism adopted by the state to shape up the life of society using regular and stable justice, to promote human and national common interests, to spread a spirit of tolerance and affection, and to confirm respect for the rights, freedoms, security and dignity of individuals.
The government must secure the “rule of law” for every citizen, regardless of political, social, or religious beliefs. The principle of equality (justice) according to the law compels every citizen to live his life within the framework of the country’s laws that assure its unity, reliability and institutions.

What do we expect from a country, where an official declares that he is “above” the law?
What do we expect from a country, where the “President” violates the constitution while he took an oath to protect it?
Is the law a “flexible piece” in the hands of a government official to “manipulate” it the way he wants?
Interpretation of the Iraqi law by the current President is like “ebb and flow“, so he makes his decisions accordingly to ensure his complete control, while others are watching silently!
His Excellency the President believes that what is he doing, is the law, even if it violates the constitution covertly. Also, believes that publishing it in the official newspaper makes it a constitutional law.
Whoever invited one of the patriarchs “based outside Iraq” in order to bless their steps and praise them by describing the president of having “wisdom and know-how” and the “militia leader” who received him (and arranged all his meetings with Government officials) by he is “the best who represent Christians”.
Surely, the “visiting Patriarch” did not leave Iraq, returning to his headquarters empty-handed!

This kind of behavior is definitely shameful, and hurts all Christians!
Learning about these violations, how can someone assure Iraqi citizens that they are living in the state of law and institutions with their rights and dignity guaranteed?
I would like to conclude with a reminder about the existence of an International Court of Justice (ICJ) located in The Hague, to which any aggrieved person has the right to submit his legal claim. 

Whoever has ears ought to hear….

22 agosto 2023

Saad Salloum: come al-Sistani, il patriarca Sako ‘voce degli iracheni’

Dario Salvi

La “crisi” in atto fra il patriarca caldeo, card. Louis Raphael Sako, e il presidente della Repubblica Abdul Latif Rashid, è una ferita aperta per il Paese, per i cristiani e per tutta la popolazione, e per l’idea stessa di nazione capace di proteggere tutti i suoi cittadini. Anche perché il “ruolo” della Chiesa caldea e del patriarcato nella storia moderna “dell’Iraq e della sua società è unico”. Il porporato “è rappresentante di tutti i cristiani” laddove i caldei ne sono la componente principale ed è “la figura più alta in grado” sul piano dell’autorità morale, spirituale e politica per il ruolo che egli è chiamato a rivestire.
Saad Salloum, giornalista e professore associato di Scienze politiche all’università di al-Mustanṣiriyya a Baghdad, una delle più prestigiose della capitale, osserva con attenzione - e preoccupazione - la grave crisi in atto fra il presidente e il primate caldeo.
Interpellato da AsiaNews il presidente della Fondazione Masarat, in prima fila nella lotta per il dialogo, la libertà e i diritti, avverte che i primi segnali erano emersi già nel 2017 con la progressiva affermazione di gruppi e milizie in lotta contro lo Stato islamico. “Le divisioni interne esistono da tempo, ma si sono inasprite - sottolinea - con la formazione di fazioni armate in seguito all’ascesa dell’Isis nella piana di Ninive”, area storicamente “a maggioranza cristiana”.

Card. Sako: libertà e indipendenza
A metà luglio il card. Sako ha trasferito in via temporanea la sede patriarcale dalla capitale irachena a Erbil, nel Kurdistan iracheno, in risposta all’annullamento da parte del presidente della Repubblica del decreto che ne riconosce ruolo e autorità. Una decisione sorprendente quella del capo dello Stato [che in questi giorni ha ricevuto il patriarca siro-cattolico Mar Ignatius Youssef III Younan, "discutendo" della situazione dei cristiani]; Rashid, infatti, ha sconfessato una tradizione secolare colpendo la massima autorità cattolica irachena, che è anche responsabile della gestione del patrimonio e dei beni ecclesiastici. Ed è qui che ruota la questione di fondo: il controllo delle proprietà finite nel mirino del sedicente leader cristiano “Rayan il caldeo” e delle milizie filo-iraniane che lo sostengono (una galassia variegata che comprende sciiti, cristiani, sunniti, etc), minaccia per la pace e la convivenza per tutta la nazione. In risposta agli attacchi, il porporato ha ventilato il boicottaggio delle prossime elezioni.
Nel fine settimana scorso il cardinale è tornato a commentare la crisi che sta vivendo la comunità cristiana e l’istituzione stessa che egli rappresenta. In una riflessione pubblicata sul sito del patriarcato, il porporato ha sottolineato che “la Chiesa in Iraq deve preservare la sua libertà e la sua indipendenza”. Essa, prosegue, “deve difendere i cristiani dell’Iraq da quanti vogliono spogliarli dei loro diritti, opportunità, proprietà” e stravolgere persino “la demografia della piana di Ninive” in cui la maggioranza degli abitanti è cristiana. Inoltre, la Chiesa - osserva il primate - deve “difendere con forza la verità verso se stessa, il Paese e i suoi cristiani” che stanno diventando sempre più “anello debole” della catena, accettando “solo la verità” e lasciando da parte “le lusinghe”, perché “ingiustizie e persecutori prima o poi spariranno”.

Crisi di rappresentatività
Il patriarca caldeo, osserva Saad Salloum, è “il rappresentante dei cristiani” nella cosiddetta “House of Elders”, per questo l’attuale scontro non si limita “al ritiro del decreto” ma è un “messaggio negativo” dello Stato alle minoranze, “in primis ai cristiani”. “Alla base - prosegue - vi è una crisi nella rappresentatività dei cristiani stessi, della loro indipendenza come ha più volte sottolineato il patriarca”. Egli, aggiunge l’esperto, è anche il primo responsabile “della cura di tutte le Chiese presenti nel Paese, che sono 14. Pure i delegati cristiani in Parlamento [cinque secondo il sistema di ripartizione delle quote, ndr] devono guardare alle priorità di tutti, non solo di uno specifico gruppo di riferimento o di appartenenza”.
Vi sono sedicenti leader o movimenti cristiani, come le Brigate Babilonia e Rayan il Caldeo, che attaccano il card. Sako accusandolo di esercitare un ruolo e una funzione che è “politica”, mentre egli dovrebbe limitarsi “alle questioni di Chiesa”. Tuttavia, spiega Salloum - fresco vincitore, primo dal mondo musulmano, dello Zêd Foundation Award for Human Solidarity, riconoscimento assegnato a personalità distintesi nel campo della tutela dei diritti e delle libertà - proprio qui vi è il “fraintendimento di fondo”. Nella storia moderna il patriarca può essere paragonato all’ayatollah Ali al-Sistani nel mondo musulmano sciita: la “figura più alta in grado” che, pur tenendosi “distante da questioni politiche” non manca di intervenire “davanti a minacce all’identità del Paese, dei suoi valori, del sistema politico” pronunciando fatwa. “Ciononostante - aggiunge - nessuno si permette di criticare il ruolo di al-Sistani, perché parla a nome di tutti gli iracheni”. Prova ne è quanto avvenuto durante le proteste di piazza del 2019, quando si è schierato “col popolo contro leader politici corrotti e incapaci di perseguire gli interessi delle persone”.

Voce degli iracheni
Il porporato attraverso i suoi discorsi, i suoi interventi pubblici e le sue prese di posizione cerca di superare le divisioni e di unire i cristiani sotto una comune identità irachena, richiamando sfide che riguardano l’intera nazione. Come ha scritto lo stesso primate caldeo in passato, ricorda l’esperto citando alcuni passaggi di una sua analisi del passato, un patriarca “non cerca mai di essere un polo politico per i cristiani, ma è suo dovere come padre e patrono, e alla luce dell’attuale situazione politica, sociale e di sicurezza sulla scia di molteplici conflitti e dell’emergere dell’Isis, difendere oppressi, sfollati e poveri. Egli deve fare appello alla riconciliazione nazionale e a un partenariato efficace per costruire uno Stato con leggi eque e una patria completa e onnicomprensiva”.
“Il patriarca è la voce dei cristiani in Iraq” prosegue Saad Salloum, e si batte contro quanti ne “minacciano l’identità, il futuro, il ruolo che possono e devono ricoprire all’interno dello Stato. “Noi dobbiamo guardare al suo ruolo da questa prospettiva” e proprio in quest’ottica non hanno alcun valore, né fondamento, le critiche di “politicizzazione” che gli vengono mosse. Sia il card. Sako che al-Sistani “sono leader spirituali” con una “profonda influenza” sul piano politico per il loro “carisma” e il legame con la patria. “Entrambi - conclude - cercano di difendere i diritti delle persone. Il patriarca rappresenta tutti i cristiani, ma quando parla lo fa a nome di tutto il popolo iracheno ricordando che i cristiani stessi non sono minoranza, ma cittadini con eguali diritti”.

19 agosto 2023

The Church of Iraq Shouldn’t Lose its Prophetic Voice


Cardinal Louis Raphael Sako

The Church in Iraq must preserve its freedom and independence. The Church is entrusted to transmit the truth and defend it. Jesus says: “You will know the truth, and the truth will set you free” (John 8: 32). The path of truth is narrow, “the narrow gate” (Matthew 7: 13) that qualifies us to test the presence of Christ in our lives by living His teaching “the way and the truth and the life” (John 14: 6).
The clergyman must be a leader, not a “follower”, with enlightened mind, lively conscience and exemplary behavior. He should not deviate from the truth. The duties of the clergyman are to impersonate Jesus Christ, in helping others to follow their Lord and provide them a sound Christian spiritual education and good morals that protect them from being drawn towards evil. The clergyman should neither get along with wicked, nor praise the corrupted persons, or cover up for them.
Beware of those who kiss you from your forehead, it is the kiss of “traitor”, not the kiss of love, but rather aims to shackle you with a handful amount of illegal money to buy your will and integrity. He seeks to justify his corruption at the expense of the Church and the truth, especially that our voluntary and priceless service stems from our faith and love. The clergyman must rise spiritually in terms of faith, humane, and patriotic figure so as to be emulated rather than selling himself for money.
Since the clergyman represents the Church, he should make an effort to show its distinguished image, for the sake of citizens, particularly in Iraq, in such difficult circumstances amid the repetitive and unbearable crises.
The Church must defend Christians of Iraq against those who seize their rights, capabilities, properties, and changing the demography of Nineveh Plain (majority of its inhabitants are Christian).
Also, the Church must strongly defend the truth towards, itself, the country and the Christians, as they became the “weak link”. The Church should accept the truth only and never flatter anyone at the expense of the truth.
Injustice and persecutors will vanish sooner or later.
“I know your deeds… and I have tested those who say they are apostles and are not apostles, and you have found them to be liars” (Revelation 2/1-4).

18 agosto 2023

Patriarca Sako: dietro il ritiro del decreto ‘l’aspra lotta’ fra ‘caos e diritto’

By Asia News
16 agosto 2023

In Iraq è in atto “un’aspra lotta” fra quanti cercano di stabilire uno Stato sovrano fondato “sulle istituzioni, sul diritto e la giustizia” e quanti lottano “per perpetuare il caos e lo sfollamento” con il solo obiettivo di “rafforzare la propria influenza”. È l’atto di accusa lanciato alla vigilia della festa dell’Assunta dal patriarca di Baghdad dei caldei, il card. Louis Raphael Sako, nuovo capitolo della durissima battaglia della comunità cristiana che vede minacciata la sua stessa sopravvivenza.
Nelle scorse settimane il porporato ha trasferito (temporaneamente) la sede patriarcale dalla capitale irachena a Erbil, nel Kurdistan iracheno, in risposta all’annullamento da parte del presidente della Repubblica del decreto che ne riconosce ruolo e autorità. Una “prima volta” nella storia del Paese, come ha sottolineato lo stesso patriarca, che ha definito il ritiro del decreto un “assassinio morale” in risposta al quale i vertici caldei hanno trasferito la sede come atto di “protesta estrema”.
Una decisione a sorpresa quella del capo dello Stato Abdul Latif Rashid, che sconfessando una tradizione secolare finisce per colpire la massima autorità cattolica del Paese, la quale è responsabile anche della gestione del patrimonio e dei beni ecclesiastici. Ed è qui che ruota la questione di fondo: il controllo delle proprietà finite nel mirino del sedicente leader cristiano “Rayan il caldeo” e delle milizie filo-iraniane che lo sostengono (una galassia variegata che comprende sciiti, cristiani, sunniti, etc), minaccia per la pace e la convivenza per tutta la nazione. In risposta agli attacchi, il patriarca Sako ha anche ventilato il boicottaggio delle prossime elezioni.
Parlando dell’atto compiuto dal presidente, il patriarca Sako parla di “adulatori” che lo hanno spinto a credere di avere il potere di “revocare o modificare decreti”. In realtà, prosegue, “non vi è alcun riferimento nella Costituzione” a poteri di questa natura e, per questo, egli auspica che i futuri collaboratori vengano scelti “con cura e attenzione”, fra persone “leali e oneste, non opportunisti” che operano per dividere e alimentare scontro e confusione. 
Sottolineando di aver trovato in Erbil e nel Kurdistan iracheno un luogo “sicuro e dignitoso” per tutelare in prima battuta la stessa comunità cristiana, il porporato attacca “persone corrotte” che puntano al “denaro” e che provano “piacere” nell’affossare “diritti, libertà e dignità”.
La lotta del patriarca Sako contro il tentativo di indebolire, se non svuotare l’essenza stessa della presenza cristiana in Iraq giunge a nove anni dalla grande fuga della minoranza da Mosul e dalla piana di Ninive in direzione del Kurdistan iracheno per l’avanzata dello Stato islamico. Nell’agosto 2014 i jihadisti dell’Isis hanno conquistato gran parte del nord del Paese e costretto all’esodo, o alla schiavitù, centinaia di migliaia di persone per diffondere il loro credo a colpi di armi e decapitazioni. E proprio in questi giorni, dal racconto in prima persona di un giornalista di Mosul, è arrivata l’ulteriore conferma dell’uso di case e chiese cristiane espropriate dai miliziani in nome di Maometto come centri di detenzione e di tortura.
“Attualmente in Iraq lo Stato - prosegue il porporato nel j’accuse alle massime istituzioni - non è autorevole come dovrebbe essere, la giustizia e l’uguaglianza sono lontane dall’essere raggiunte. Questa situazione ha permesso ad alcune persone di prendere ciò che non è loro e alle ‘mafie’ di sminuire leggi e denaro pubblico”. Tutto ciò, sottolinea, sta portando “all’eliminazione di ciò che resta dell’identità irachena, della sua sovranità e dei suoi cristiani”. 
Il patriarca conclude definendo “sospetta” la decisione del presidente della Repubblica, il quale ipotizza un “accordo” fra il capo dello Stato e chi “lo ha usato per ritirare il mio decreto. Vi invito tutti a pregare - conclude - in questi giorni perché l’Iraq recuperi la sua integrità e perché gli iracheni recuperino la fiducia nella loro patria, nella sicurezza, nella libertà e nella dignità”.

Rappresentanti del Patriarcato di Mosca hanno partecipato alla consacrazione della cattedrale della Chiesa assira d'Oriente in Iraq

14 agosto 2023

Nei giorni 4-8 agosto 2023, ad Ankava, quartiere cristiano della città di Erbil (Regione autonoma curda, Iraq), si sono svolte le celebrazioni per l'apertura e consacrazione della nuova cattedrale della Chiesa assira d'Oriente, dedicata ai Santi Apostoli Tommaso, Taddeo e Mari, nonché della Residenza Centrale dei Catholicos-Patriarchi d'Assiria. 
Negli stessi giorni, nella capitale del Nord Iraq, si sta svolgendo il Primo Congresso mondiale dei giovani della Chiesa assira, che ha riunito diverse centinaia di partecipanti provenienti da tutto il mondo.
Su invito di Sua Santità il Catholicos-Patriarca della Chiesa assira d'Oriente Mar Awa III e con la benedizione di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' Kirill,* hanno preso parte alle celebrazioni il rappresentante del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' presso il Patriarca d’Antiochia e tutto l’Oriente, l'archimandrita Filipp (Vasiltsev), l’officiale del Dipartimento sinodale per la gioventù, il diacono Yevgenij Yesaulenko e l’officiale del DECR, membro della Commissione per il dialogo tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa assira d'Oriente S. G. Alferov.
Il 5 agosto la delegazione ha partecipato all'inaugurazione del Complesso della Cattedrale Patriarcale. 
La cerimonia è stata presieduta da Sua Santità il Catholicos-Patriarca Mar Awa III e dal Capo del Governo della Regione Autonoma del Kurdistan N. Barzani.
Erano presenti membri del Sinodo e numerosi sacerdoti della Chiesa assira provenienti da tutto il mondo, rappresentanti dell'Amministrazione regionale curda e dei Consolati generali di Stati esteri operanti ad Erbil, delegati delle confessioni cristiane tradizionali e delle comunità musulmane del Nord Iraq, organizzazioni cattoliche internazionali - la Comunità di Sant'Egidio e la Fondazione Pro Oriente.
Il 6 agosto, i rappresentanti della Chiesa ortodossa russa hanno partecipato alla consacrazione della cattedrale patriarcale. Il rito della consacrazione e la prima liturgia nella chiesa cattedrale sono stati celebrati da Sua Santità il Catholicos Mar Awa III, in concelebrazione con più di cento vescovi e chierici della Chiesa assira d'Oriente. Dopo la funzione, è stato dato un solenne ricevimento nella residenza del Patriarca.
Nello stesso giorno, il Primate della Chiesa assira ha tenuto alcuni incontri con i capi delle delegazioni estere giunte alle celebrazioni. A nome di Sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', l'archimandrita Filipp (Vasiltsev) ha salutato Sua Santità il Catholicos Mar Awa, presentando al capo spirituale dei cristiani assiri l'icona della Madre di Dio di Korsun come dono commemorativo.
Il 7 agosto, i membri della delegazione della Chiesa ortodossa russa sono stati ricevuti separatamente da Sua Santità il Catholicos Mar Awa. All'incontro hanno partecipato anche il metropolita Mar Afrem Atneil, amministratore della diocesi siriana della Chiesa assira d'Oriente, il rappresentante della Chiesa assira in Russia, il corepiscopo Samano Odisho e il console generale della Federazione Russa a Erbil M. O. Rubin.
Il Primate della Chiesa assira d'Oriente ha salutato cordialmente la delegazione russa, rilevando il significato dei secolari rapporti fraterni tra il popolo russo e quello assiro e ringraziando Sua Santità il Patriarca Kirill per la cortese attenzione alla vita dei credenti assiri in Russia e altri Paesi della responsabilità canonica del Patriarcato di Mosca. Il Primate ha inoltre espresso apprezzamento per il lavoro della Commissione per il dialogo tra le due Chiese e le iniziative bilaterali messe in atto nel suo ambito.
Sua Santità il Catholicos Mar Awa ha anche espresso profonda preoccupazione per la situazione in Ucraina e per i sempre più numerosi fatti di discriminazione nei confronti del clero e dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina, compresi gli ultimi avvenimenti intorno alla Lavra delle Grotte di Kyiv e la condanna del metropolita Ionafan di Tulchinsk e Bratslav: “Le notizie che arrivano dalla terra ucraina ci addolorano. Insieme ai nostri fratelli arcipastori, clero e fedeli, abbiamo espresso, esprimiamo e continueremo a esprimere la più profonda e sentita solidarietà al mio amato Fratello Sua Santità il Patriarca Kirill, nonché al capo spirituale del popolo ortodosso ucraino, Sua Beatitudine il Metropolita Onufrij e a tutto il suo gregge fedele. Ogni giorno innalziamo fervide preghiere per la Chiesa ortodossa russa e lo Stato russo, affinché il generoso aiuto di Dio sia loro inviato in questo momento difficile e, probabilmente, fatidico della storia. Indubbiamente, lo spirito di odio e inimicizia, rivolto oggi contro tutto ciò che è russo e ortodosso, è opera del diavolo. Sì, lui è riuscito a commettere molte atrocità. Ma sappiamo e crediamo fermamente che non avrà l'ultima parola”, ha osservato, in particolare, il Catholicos-Patriarca della Chiesa assira d'Oriente.
In risposta, l'archimandrita Filipp ha espresso profonda gratitudine a Sua Santità il Catholicos Mar Awa per la sua sincera comprensione della posizione del Patriarcato di Mosca in relazione alla situazione in Ucraina, nonché per le sue ripetute dichiarazioni pubbliche contro l'introduzione di misure discriminatorie contro la Chiesa ortodossa russa e la Russia: “Mi permetta di testimoniare a Sua Santità la sincera gratitudine di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' Kirill e la pienezza della nostra Chiesa multimilionaria. Apprezziamo molto il Suo sostegno fraterno, la nostra meravigliosa unanimità con voi. Dio benedica il popolo assiro cristiano. Grazie a questa nuova magnifica cattedrale, eretta nella terra biblica della Mesopotamia, ha ottenuto un grande santuario salvifico. Tanti e buoni anni a Lei e a tutto il Suo gregge!”.
Di seguito, sono state discusse numerose questioni di reciproco interesse, tra cui le prospettive di intensificazione della cooperazione bilaterale ai margini delle principali piattaforme internazionali.
Al termine dell'udienza, i partecipanti si sono scambiati doni commemorativi.
Durante la permanenza ad Erbil, la delegazione della Chiesa ortodossa russa ha avuto colloqui con alcuni dei partecipanti alle celebrazioni, nonché alcuni incontri di lavoro con i vertici del Consolato Generale della Federazione Russa. Su invito del metropolita Ghattas del Kuwait e di Baghdad (Chiesa ortodossa di Antiochia), l'archimandrita Filipp e i suoi accompagnatori hanno anche visitato la parrocchia del Patriarcato di Antiochia operante nella capitale della Regione autonoma curda, dove hanno incontrato il rettore, l'arciprete Abdo Najim.

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La costruzione del complesso della cattedrale è iniziata nell'autunno del 2015 con la benedizione di Sua Santità il Catholicos-Patriarca Mar Gevargis III (ora Catholicos-Patriarca emerito), il quale ha preso la storica decisione di riportare la Sede dei Primi Gerarchi Assiri alla loro terra ancestrale .
La predicazione cristiana nell'antica terra della Mesopotamia ebbe origine e si sviluppò dal tempo dei santi apostoli Tommaso, Taddeo e Mari, ai quali due millenni dopo è dedicato il nuovo tempio principale della Chiesa assira d'Oriente.
I lavori di costruzione sono stati completati nel settembre 2021, contemporaneamente all'intronizzazione dell'attuale capo dei cristiani assiri, Sua Santità il Catholicos-Patriarca Mar Awa III. L'area totale della residenza patriarcale centrale supera 4 ettari. Attualmente sul suo territorio sono in corso lavori di costruzione degli edifici dei dipartimenti sinodali e diocesani della Chiesa assira d'Oriente, nonché del suo futuro seminario teologico principale e del Centro di pellegrinaggio.
Il terreno e una parte significativa delle risorse finanziarie per la costruzione della residenza sono stati assegnati al Patriarcato assiro dal governo della Regione autonoma curda.

* Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' Kirill