"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

30 aprile 2014

La statua di San Giovanni Paolo II nella chiesa caldea della Vergine Maria Regina del Rosario a Baghdad.

By Baghdadhope*

Da sabato 26 aprile la chiesa della Vergine Maria Regina del Rosario a Baghdad è ufficialmente un santuario dedicato a San Giovanni Paolo II.
Impossibilitato ad intervenire alla canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e Papa Giovanni Paolo II a causa della chiusura per tre giorni degli aeroporti in Iraq in concomitanza delle elezioni del 30 aprile il Patriarca della chiesa caldea, Mar Louis Raphael I Sako, ha voluto in questo modo  ufficializzare la sua, e di tutta la comunità caldea, devozione al Papa Santo.














Alla Santa Messa concelebrata da Mar Sako, Monsignor Giorgio Lingua, Nunzio Apostolico in Iraq e Giordania, e da due dei vescovi ausiliari caldei di Baghdad, Mons. Shleimun Warduni e Mons. Jacques Isaac, hanno partecipato molti sacerdoti e tantissimi fedeli nonostante il clima di tensione in città in vista delle vicine elezioni. Fedeli che alla fine della cerimonia si sono stretti intorno alla statua del Santo pregando per la sua intercessione a favore dei giovani, dei credenti e dei bisognosi ed ai quali sono state distribuite le foto dei due nuovi santi e le loro biografie. La statua di San Giovanni Paolo II che d'ora in poi rimarrà nella chiesa di Karrada,  è un dono portato in Iraq nel corso del pellegrinaggio organizzato lo scorso dicembre dall'Opera Romana Pellegrinaggi, mentre il berretto contenuto nella teca ai suoi piedi è stato portato in Iraq qualche anno fa proprio da Mar Sako.

Ascolta le parole di Mar Louis Raphael I Sako sulla statua di San Giovanni Paolo II, sulle elezioni e sulla fuga dei cristiani dell'Iraq in un'intervista a Oltreradio.it

Elezioni parlamentari, Patriarca caldeo: l’inchiostro blu “ha unito tutti gli irakeni”


L'inchiostro blu [la proceduta adottata per certificare l'espressione del voto, ndr] oggi "ha unito idealmente e materialmente tutti gli irakeni"; le votazioni "sono andate molto bene, le procedure sono state molto tranquille. Io stesso mi sono recato al seggio con l'ausiliare e il segretario in un albergo della Zona Verde e l'operazione si è svolta con regolarità". È quanto afferma ad AsiaNews il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako I  commentando a caldo l'esito della giornata elettorale in Iraq. Oltre 22 milioni di cittadini erano chiamati alle urne, per le terze elezioni parlamentari dalla caduta di Saddam Hussein, le prime dal ritiro delle truppe statunitensi. Sua Beatitudine sottolinea il desiderio degli elettori di "scegliere candidati liberarli, non legati all'appartenenza confessionale", oltre che "la presenza di cento cristiani e oltre 80 donne fra i candidati", anche se le aspettative sono ancora "un po' deboli". 
Per Mar Sako il bilancio del voto "è già positivo" perché "abbiamo visto molte persone recarsi ai seggi", vi erano "lunghe code" con persone in attesa di poter esprimere la propria preferenza e questo è indice di "grande partecipazione". "Speriamo che queste elezioni - aggiunge - possano unire anche il cuore degli irakeni, per poter aprire una nuova pagina di riconciliazione e stabilità nel Paese". Una partecipazione confermata anche "dal 91% di votanti fra i membri dell'esercito e della polizia", mentre fra gli emigrati il dato si abbassa a un 20% circa. 
Il Patriarca caldeo riferisce di "una grande partecipazione, "in un'atmosfera di relativa sicurezza ... non ho sentito esplosioni ma gente fare festa e nutrire grandi speranze". I cittadini, conclusa la tornata elettorale, si aspettano "la stesura di una nuova Magna Carta politica, per rinnovare lo Stato e dar vita a nuove infrastrutture, migliorare le scuole e la sanità". L'obiettivo è dar vita a un "progetto di cittadinanza, attraverso parlamentari liberali caratterizzati da una religiosità positiva e dalla presenza di donne". 
Il Primo Ministro Nouri al-Maliki, alla guida di una coalizione sciita e grande favorito della vigilia, spera di conquistare un terzo mandato alla guida del Paese. Imponenti le misure di sicurezza messe in campo, che hanno garantito un regolare svolgimento delle operazioni di voto pur a fronte di sporadici focolai di violenza. Molte strade sono rimaste deserte e la gran parte degli elettori si è dovuta recare al seggio a piedi, per via del divieto alla circolazione volto a impedire attacchi kamikaze o autobomba. L'atmosfera è stata di relativa calma se confrontata alle elezioni del 2010, quando il voto nella capitale Baghdad è stato costellato da una serie di esplosioni. 
Per quanto concerne i risultati, bisognerà invece attendere le prossime settimane; nella precedente tornata elettorale sono serviti 10 mesi per la formazione del nuovo governo e, anche in questo caso, le previsioni della vigilia non sembrano indurre a un maggiore ottimismo. Esperti di politica irakena riferiscono che, con molta probabilità, nessun partito conquisterà una maggioranza assoluta e la formazione del nuovo esecutivo sarà dura anche nel caso in cui l'Alleanza per lo Stato di diritto (al governo) dovesse conquistare il maggior numero di seggi. Il premier ostenta ottimismo e sottolinea che "le nostre aspettative sono alte". "La vittoria è confermata - aggiunge al-Maliki - ma bisognerà vedere quanto ampia essa sarà".

Elezioni tra violenze e attentati. Il Patriarca Sako: Le politiche dell'Occidente sono causa della diaspora dei cristiani mediorientali

By Fides

Gli episodi di terrorismo che hanno insanguinato le settimane precedenti alle elezioni politiche irachene, in corso di svolgimento nella giornata di oggi mercoledì 30 aprile, non si sono fermate neanche a seggi aperti, nonostante le rigide misure di sicurezza messe in campo dagli apparati di polizia. A Baghdad è in vigore il divieto di circolazione per tutti i mezzi. In varie zone del Paese, secondo fonti di polizia citate dalle agenzie locali, violenze a attentati presso i seggi aperti avrebbero provocato già nelle prime ore di votazione almeno 10 morti e più di 20 feriti.
Alle urne sono chiamati 22 milioni di elettori. Il premier uscente iracheno, lo sciita Nuri al-Maliki, si è detto “sicuro” dell'affermazione elettorale della coalizione “Stato di Diritto” che lo sostiene.
9 liste comprendenti in tutto 85 candidati concorrono ai 5 seggi (su un totale di 328) che il sistema elettorale in vigore riserva a candidati di fede cristiana. I cinque seggi sono distribuiti nelle città di Baghdad, Kirkuk, Ninive, Arbil e Dahuk.
A pochi giorni dalle elezioni, il Patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael I Sako ha lanciato un nuovo pressante allarme sul rischio di totale sparizione dall'Iraq delle comunità cristiane autoctone. “Qualche giorno fa” riferisce tra l'altro il Patriarca nella nota inviata all'Agenzia Fides “ho visitato la città di Hilla, dove negli anni Novanta vivevano 287 famiglie cristiane. Adesso ce ne sono 21. A Baghdad ci sono 21 parrocchie caldee, molte sono state chiuse o accorpate. Nella parrocchia dell'Ascensione a al- Mashtal, prima della caduta del regime c'erano 5mila famiglie e ogni anno oltre 240 giovani ricevevano la prima comunione. Il 25 aprile ho celebrato lì le comunioni soltanto per 13 ragazzi e ragazze”.
Tra le cause che provocano l'emigrazione forzata dei cristiani dall'Iraq il Patriarca elenca le guerre, il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, l'esplodere delle violenze settarie, la confisca delle proprietà, la disoccupazione, la sensazione diffusa tra i cristiani che il proprio ruolo sociale è in declino in tutta la regione. La radice della fuga di massa che sta svuotando l'Iraq di cristiani viene ultimamente individuata nelle politiche mediorientali delle potenze occidentali: “La democrazia e il cambiamento” sottolinea il Patriarca Sako "si affermano attraverso l'educazione piuttosto che attraverso il conflitto. L'intervento occidentale nella regione non ha risolto i problemi e anzi al contrario ha prodotto più conflitto e caos. Francamente, 1400 anni di Islam non ci hanno sradicati dalle nostre terre e dalle nostre chiese, mentre le politiche dell'Occidente ci hanno dispersi s sparpagliati in giro per tutto il mondo”. 

 
Migration of Christians: Percussion of the Alarm Bells

Arcivescovo di Baghdad: "Alle urne per dire no alla violenza"

By MISNA

“Il voto, nonostante tutto, si sta svolgendo nella calma a parte qualche episodio sporadico di violenza. Nonostante un clima di disincanto generale in molti si stanno recando ai seggi”: lo dice alla MISNA monsignor Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei Latini, nel giorno in cui gli iracheni partecipano alle prime elezioni legislative dal ritiro delle truppe americane dal paese, nel 2011.
Monsignore com’è l’atmosfera nella capitale?
In circolazione ci sono poche macchine. I posti di blocco sono dappertutto, il dispositivo messo in pieadi per prevenire attentati è massiccio e capillare. La gente preferisce andare a piedi, dunque, qui come nelle altre grandi città. I manifesti della capagna elettorale campeggiano ancora su tutti i muri e le file, davanti alle scuole e ai comitati di quartiere, dove sono allestiti i seggi, piuttosto lunghe.
Ma cosa si aspettano gli iracheni da questo voto?
Direi che ormai gli iracheni non si aspettano niente. Il clima è di generale disincanto per una classe politica che si è dimostrata incapace di superare divisioni e interessi di parte, per rilanciare un paese alle prese con grandi questioni irrisolte e un’economia che non è mai ripartita. La democrazia – se così la vogliamo chiamare – ha lasciato il passo a un corollario di imperfezioni e mancanze, e la gente ha imparato a non entusiasmarsi più per le promesse non mantenute e le parole vuote dei politici.
Un quadro senza speranza?
La speranza c’è sempre. Prova ne sono le lunghe code ai seggi e gli indici macchiati di inchiostro mostrati con orgoglio dai votanti. Ma purtroppo questo appuntamento giunge in un momento in cui il paese è di nuovo preda della spirale di violenza. Cose che speravamo di esserci lasciati alle spalle e che invece si riaffacciano nella vita di tutti i giorni e oscurano la percezione del futuro.
In alcune province, come quella di Al Anbar in preda ai combattimenti, il voto è stato rinviato…
La presenza di gruppi estremisti e terroristi è di certo una spina nel fianco dell’Iraq. Ma quello che più mi preoccupa è la crescita del confessionalismo, che alimenta le divisioni settarie. Secondo una regola non scritta, ma ampiamente accettata, in Iraq il primo ministro è sciita, i curdi controllano la presidenza della Repubblica e i sunniti il parlamento. Come già altrove in Medio Oriente (il Libano ne è forse l’esempio più manifesto) il confessionalismo ha ‘inghiottito’ la politica, e la presenza di sponsor esterni, più o meno occulti, ipoteca alleanza e successi ben più del voto popolare.
Quali sono, a suo avviso, le sfide più urgenti che il nuovo governo si troverà ad affrontare?
La sicurezza, come è evidente: le istituzioni in Iraq sono paralizzate dalla violenza che è tornata ai livelli del 2007, con attentati e attacchi quotidiani. Dal 2010 il parlamento ha approvato solo tre progetti di legge. Ma anche la ripartizione della ricchezza, un nodo centrale nel rapporto con regioni autonome come il Kurdistan e che non è regolamentato da alcuna legge. Infine, non bisogna sottovalutare l’urgenza di una riconciliazione mai veramente compiuta. Negli ultimi tre anni le divisioni si sono tramutate in lotte tra sostenitori e oppositori del governo, mentre manca uno spirito di identità nazionale che non ci faccia sentire curdi, sunniti , cristiani o sciiti, ma prima di tutto iracheni.

29 aprile 2014

Iraq al voto. Il vescovo: "Votate per la pace"

Don Renato Sacco

“Dopo qualche anno di relativa calma siamo ripiombati nell’incubo: attentati e violenze sono di nuovo all’ordine del giorno, e la gente non ce la fa più”, dice mons. Slemon Warduni, vescovo ausiliare Caldeo di Baghdad.

Il 30 aprile si recheranno alle urne 22 milioni di iracheni. E' la prima volta dopo il 2011, anno del ritiro delle truppe militari USA. Verrà eletto un nuovo Parlamento formato da 328 membri. I candidati sono oltre 9000, con 276 simboli e 107 liste.

“La prima cosa, la più importante è la pace. Le nuove istituzioni irachene dovranno adoperarsi per riportare la stabilità e la sicurezza in questo paese provato da anni” continua mons. Warduni, intervistato dalla MISNA  “Abbiamo insistito con i fedeli perché si rechino alle urne in massa domani poiché questo è un loro diritto, ed è il solo modo in cui possono far ascoltare la loro voce. C’è una ‘maggioranza silenziosa’ di sciiti, sunniti e cristiani, curdi e turcomanni che vogliono vivere in pace gli uni con gli altri, come hanno fatto per secoli e come continuerebbero a fare se non fossero continuamente provocati e istigati”. “Per questo, aggiunge, è importante andare ad eleggere persone che agiscano per il bene del paese e non dei singoli o degli interessi di parte”.

Verrà eletto un nuovo Parlamento formato da 328 membri. I candidati sono oltre 9000, con 276 simboli e 107 liste.

Il Patriarca Caldeo Louis Sako, (ci dovevamo incontrare in questi giorni a Roma, dopo la santificazione dei due Papi), non ha potuto lasciare l’Iraq perché in questi giorni l’aeroporto di Baghdad è chiuso. Anche lui è molto preoccupato per il clima nel Paese e per la situazione della minoranza cristiana. Prima del 2003 i cristiani in Iraq erano circa un milione. Ora sono molto meno della metà. E questo è un problema non solo per i cristiani ma per tutto l’Iraq, che ha sempre avuto come ricchezza le diverse presenze religiose, culturali, etniche.

La pace in Iraq e la ‘convivialità delle differenze’ non riguarda solo le persone che abitano la terra di Abramo, o la vicina Siria, ma è un riferimento importante per il Medio Oriente e per tutto il mondo.

Chissà, forse l’appello a fare scelte per la pace, contro la follia delle armi e della guerra, per il bene del Paese e non per interessi di parte vale anche per noi.

E non sembra essere così anacronistico.

Iraq. Legislative: Il vescovo: "Votate per la pace e un nuovo inizio"

By MISNA

“La prima cosa, la più importante è la pace. Le nuove istituzioni irachene dovranno adoperarsi per riportare la stabilità e la sicurezza in questo paese provato da anni”: è l’appello che monsignor Shleimon Warduni, vescovo ausiliare caldeo a Baghad rivolge attraverso la MISNA ai politici iracheni a due giorni dall’apertura delle urne per le prime elezioni parlamentari dal ritiro statunitense, nel 2011.
“Dopo qualche anno di relativa calma siamo ripiombati nell’incubo: attentati e violenze sono di nuovo all’ordine del giorno, e la gente non ce la fa più” ammette il religioso, che è anche presidente della Caritas locale. “Tutti noi, capi delle chiese e delle congregazioni religiose abbiamo insistito con i fedeli perché si rechino alle urne in massa domani – racconta – poiché questo è un loro diritto, ed è il solo modo in cui possono far ascoltare la loro voce”.
La voce di “una maggioranza silenziosa” osserva Warduni, di sciiti, sunniti e cristiani, curdi e turcomanni che senza distinzione “vogliono vivere in pace gli uni con gli altri, come hanno fatto per secoli e come continuerebbero a fare se non fossero continuamente provocati e istigati”. Il vescovo, infatti, è convinto che in questo momento la sfida più grande gli iracheni la debbano combattere con “forze settarie, partigiane, che agiscono in base ad appetiti economici e contro gli interessi del popolo”.
Per questo, aggiunge, “è importante andare ad eleggere persone che agiscano per il bene del paese e non dei singoli o degli interessi di parte”. Un riferimento alle divisioni settarie che ad Al Anbar hanno covato una rivolta dei gruppi sunniti contro il governo dello sciita Nuri al Maliki, ma anche alla disputa che, ormai da mesi, oppone Baghdad alle autorità del Kurdistan, riguardo alla vendita e ai contratti per lo sfruttamento delle riserve di petrolio.
Queste sono solo alcune delle sfide che il nuovo parlamento e il futuro esecutivo si troveranno ad affrontare, a cui si aggiungono problemi sociali all’ordine del giorno: “Infrastrutture, diversificazione dell’economia e riorganizzazione delle forze armate – afferma il vescovo caldeo – solo per citare alcuni dei nodi cruciali e urgenti, per la ricostruzione di questa casa distrutta”.

28 aprile 2014

La situation des chrétiens d'Irak est "catastrophique" (chef religieux)

By AFP - L'Orient Le Jour

La situation de la communauté chrétienne d'Irak est "catastrophique" et menace de faire fuir les derniers chrétiens du pays, a mis en garde le patriarche chaldéen Louis Sako dans un entretien à l'AFP.
Les départs quotidiens de chrétiens fuyant le pays sont "terrifiants", a déploré M. Sako, qui accuse notamment la montée de l'extrémisme religieux en Irak de pousser sa communauté à l'exil.
Avant 2003 et l'invasion du pays par une coalition menée par les Etats-Unis, plus d'un million de chrétiens vivaient en Irak, dont plus de 600.000 dans la capitale. Mais en raison des violences meurtrières qui ont secoué le pays depuis, ils ne sont aujourd'hui pas plus de 400.000 sur l'ensemble du territoire, selon le patriarche.
"L'émigration quotidienne de chrétiens d'Irak est terrifiante, et très inquiétante", a estimé l'homme d'église lors d'un entretien accordé vendredi à l'AFP dans la ville multiconfessionnelle de Kirkouk (nord).
"L'Eglise est menacée d'un désastre, et si la situation perdure, il ne restera pas plus de quelques milliers" de chrétiens en Irak dans les années à venir, craint-il.

Les plus grands dangers, pour M. Sako, sont la montée de l'extrémisme religieux, les menaces de mort formulées à l'encontre des chrétiens, et la saisie de leurs propriétés par des gangs armés.
Récemment, ces gangs se sont emparés de dizaines de maisons à Bagdad après la fuite de leurs propriétaires, en grande majorité des chrétiens.
Le patriarche a également blâmé les pays occidentaux qui "encouragent l'émigration des chrétiens".
Si les chrétiens d'Irak sont aujourd'hui rarement pris pour cible explicitement -- comme ils l'étaient au plus fort du conflit confessionnel en 2006/2007 -- les attaques au quotidien et les bombes ont rendu la vie insupportable.

D'autant que les chrétiens, dont l'organisation sociale n'est pas tribale, ne bénéficient pas des mêmes systèmes de protection que nombre de musulmans en Irak. Ils ne peuvent se tourner que vers le système judiciaire irakien, régulièrement accusé de corruption.

Christians Face Disaster in Iraq: Patriarch Sako

By AFP - AINA

Iraq's dwindling Christian community faces "disaster," and if no action is taken they will number just a few thousand in a decade, the country's most senior church leader told AFP.
Chaldean Patriarch Louis Sako said the daily migration of Christians from Iraq was "terrifying" and blamed a range of factors, including generally poor security in the country and worsening religious extremism.
Iraq's Christian community is a shadow of what it used to be -- once numbering more than a million nationwide, with upwards of 600,000 in Baghdad alone, there are now fewer than 400,000 across the country.
"The daily migration of Christians from Iraq is terrifying and very worrying," Sako told AFP from the ethnically-mixed northern city of Kirkuk on Friday evening.
"The church is facing a disaster, and if the situation continues along this course, our numbers in the coming 10 years will be not more than a few thousand."
Sako blamed worsening security and religious extremism, and cited death threats against Christians and the forcible seizure of their property by armed gangs purporting to be members of powerful militias.
He also reiterated criticism of "Western countries who encourage migration of Christians."
The church leader spoke after visiting Christian communities nationwide.
Though not explicitly targeted as they were in the aftermath of the 2003 US-led invasion, Christians are among those suffering from the recent upsurge in violence across Iraq.
In addition to the bloodshed, they are vulnerable to pressure from armed groups, with local NGOs reporting several homes belonging to Christians having been forcibly seized.
Though others have suffered similar fates, Christian have been disproportionately targeted for reasons to do with tribal politics and because of the high number who have fled.
Because Christians do not retain tribal affiliations in the way Muslim Arabs do, they have little recourse for resolving disputes outside the Iraqi legal system, which is often criticised for corruption and subject to manipulation.

Iraq, Sako: "tra 10 anni nel nostro Paese ci saranno solo poche migliaia di cristiani"


Il Patriarca Caldeo iracheno,  Louis Raphael Sako I, ha espresso la sua preoccupazione per il continuo calo della presenza di cristiani nel Paese: "Se non saranno prese delle misure, il numero dei fedeli nei prossimi dieci anni sarà di solo qualche migliaio".
La comunità cristiana irachena contava più di un milione di adepti, 600 mila solo a Baghdad, ora se ne contano meno di 400 mila in tutto il Paese. Le principali cause di questa forte migrazione sono la scarsa sicurezza nel Paese,  il peggioramento dell'estremismo islamico, le minacce di morte contro i cristiani e il sequestro delle loro proprietà da parte di gruppi armati.
Inoltre, il Patriarca sostiene che questo forte movimento di migrazione è dovuto anche dall'incoraggiamento da parte delle potenze occidentali, dichiarando che si tratto di un fenomeno spaventoso e preoccupante.
Sako, dopo aver visitato le comunità presenti in tutto il territorio nazionale, ha affermato: "I cristiani sono coloro che soffrono di più la recrudescenza della violenza in tutto l'Iraq. Ciò è dovuto al fatto che i cristiani non mantengono affiliazioni tribali, come invece fanno gli arabi musulmani. L'unica via che hanno per risolvere le controversie è attraverso il sistema legale iracheno, che è spesso criticato per la sua corruzione, ed è soggetto a manipolazioni politche."

24 aprile 2014

Le elezioni in Iraq impediscono al Patriarca Caldeo di partecipare alla canonizzazione dei due Papi sabato a Roma

By Baghdadhope*

"Era tutto pronto perchè fossi presente a Roma in occasione della canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II" conferma a Baghdadhope il Patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako, "purtroppo però le elezioni che si terranno in Iraq il 30 aprile porteranno alla chiusura degli areoporti sul territorio nazionale dal 28 al 30 e sarebbe grave per i caldei che il loro Patriarca non fosse tra loro in un così importante momento della storia nazionale, per questa ragione, quindi, abbiamo pensato ad una celebrazione locale in onore dei due nuovi Beati".
Mar Sako si riferisce alla Santa Messa da lui presieduta che si terrà nel pomeriggio del 26 aprile nella chiesa caldea della Vergine Maria Regina del Rosario a Baghdad durante la quale sarà svelata una statua di Giovanni Paolo II.

22 aprile 2014

Mar Louis Raphael I Sako: In Iraq il dialogo è essenziale

By Baghdadhope*

Il Patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako ha incontrato, secondo quanto riferito da Mons. Saad Sirop Hanna al sito del Patriarcato Caldeo, diverse associazioni attive nei campi del dialogo interreligioso e del consolidamento della pace e dell’impegno civile. Tra esse il “Consiglio nazionale iracheno per il dialogo interreligioso”, “Ricostruiamo insieme”, il gruppo iracheno "Cammino" e l’associazione mista iracheno-libanese “Gioia di donare” .
Nella riunione tenutasi nella sede del Patriarcato caldeo Mar Sako ha sottolineato la necessità di superare lo spirito di intolleranza, la chiusura mentale nel campo della fede ed il concetto di religione al servizio della politica e delle ideologie assegnandole invece un ruolo chiave nell’ambito della risoluzione dei conflitti politici e sociali.
Una tale azione da parte dei religiosi dovrebbe, secondo Mar Sako, essere veloce e diretta con l’aiuto di programmi ad hoc e gruppi pronti ad operare nei diversi gruppi della società irachena.
Essenziale è la cooperazione e per questo Mar Sako ha proposto una conferenza stampa che unisca la presidenza dell’Iraq ed i suoi capi religiosi, e che porti alla pubblicazione di un comunicato congiunto a favore della rinuncia alla violenza e che faccia appello alla pace ed alla fratellanza tra tutti.
Un’altra proposta emersa dalla riunione è quella di concentrarsi su un’educazione aperta al diverso nell’ambito scolastico ed universitario che formi giovani rispettosi della diversità, del pluralismo e del concetto di cittadinanza che comprende tutte le parti della società irachena a prescindere dalla loro appartenenza religiosa. 
 

18 aprile 2014




Happy Easter! 
Felice Pasqua!




By Baghdadhope*


Patriarca caldeo: Giovedì Santo assieme a disabili ed emarginati, cristiani e musulmani


By Asia News
di Joseph Mahmoud


Photo by Chaldean Patriarchate
Il Patriarca caldeo Louis Raphael Sako I ha celebrato il Giovedì Santo presso la "Casa Beit 'Ania" a Baghdad, un centro gestito da alcune ragazze che ospita persone con gravi disabilità, abbandonate, senza famiglia e portatori di handicap. Sua Beatitudine ha visitato la struttura insieme al vescovo ausiliare mons. Shlemon Warduni e altri otto sacerdoti, celebrando i riti della Coena Domini con loro. Mar Sako ha compiuto il tradizionale rito della "lavanda dei piedi" a 12 persone, fra le quali vi erano due donne musulmane e una Mandaita. 
La "Casa Beit 'Ania" è un centro nato nel 2000 su iniziative di due ragazze cristiane, Alhan e Anwar, che hanno percorso a lungo le strade della capitale alla ricerca di persone senza famiglia, sole e abbandonate. Grazie alla generosità dei fedeli, le due giovani hanno potuto rilevare una casa e dar vita a una struttura che si occupa di queste persone più sfortunate. Oggi è considerata un vera e propria "oasi di pace e di convivenza", in grado di ospitare oltre 50 persone, uomini e donne, cristiani, musulmani e di altre fedi religiose. 
Nell'omelia Sua Beatitudine ha ricordato che "oggi stiamo celebrando una vera Pasqua. Alhan e Anwar, come due discepoli di Gesù, hanno preparato ogni dettaglio [per la funzione]". Mar Sako si è rivolto agli ospiti del centro sottolineando che "voi avete bisogno del Signore. Nonostante la vostra condizione fisica o sociale, voi siete vicini a Dio. E la Pasqua è per voi". 
Riferendosi alla disabilità, il Patriarca caldeo ha quindi aggiunto che "siete capaci di trovare nel vostro handicap una grande forza per vivere, con pace e gioia. Con la forza della Pasqua voi siete trasformati". Egli ha quindi specificato che "siamo tutti cristiani e musulmani, siamo fratelli" e "la nostra religione deve essere una ottima occasione per vivere in pace e gioia". La nostra preghiera di oggi, ha concluso Mar Sako rivolgendosi ai presenti, "è un segno della gratitudine e dell'affetto: ecco la vera Pasqua". 
Al termine della cerimonia il Patriarca caldeo ha voluto offrire loro un pranzo, quale segno di vicinanza, amicizia e condivisione.

17 aprile 2014

Passi di coesistenza tra cristiani e musulmani in Kurdistan. Mar Louis Raphael I Sako e Massoud Barzani

By Baghdadhope*

Lo scorso 5 aprile, nel corso della visita del Patriarca della Chiesa caldea, Mar Louis Raphael I Sako, al presidente della regione curda, Massoud Barzani, è stato raggiunto un importante accordo che riguarda la coesistenza nell'area della componente musulmana e cristiana, e specificatamente l'uso denigratorio del termine "fala" che deriva da "fellah" (contadino) per designare i cristiani che, secondo Barzani, devono essere invece denominati come tali.
Il termine "fala" secondo Mar Sako non ha nulla a che vedere, proprio per la sua etimologia, con i cristiani che invece rappresentano una élite culturale in Iraq. Oltre a questo problema però il Patriarca ha sollevato anche quello che riguarda l'istruzione religiosa nelle scuole, ad esempio facendo sì che gli scritti sulla Cristianità siano affidati a cristiani e non ad altri. 
La risposta alle richieste del Patriarca è stata positiva tanto che la questione dell'appellativo denigratorio sarà discussa, secondo le parole di Barzani, in parlamento. 
Il patriarca ha chiesto anche di aiutare i cristiani rifugiati nel Kurdistan a trovare lavoro e gli studenti ad essere ammessi nelle università, così come di far sì che ai cristiani vengano restituite le proprietà occupate da altri. Anche per queste richieste, come ha dichiarato Mar Sako a Baghdadhope, la risposta del presidente del Kurdistan è stata positiva.

16 aprile 2014

Messaggio di Pasqua del Patriarca caldeo Sako, con un pensiero alle elezioni

By Fides

“Auguro che le celebrazioni della Santa Pasqua, Pasqua di Resurrezione e di vita nuova, mettano fine alla sofferenza del nostro popolo”. E’ questo l’auspicio conclusivo contenuto nel messaggio per la Pasqua diffuso dal Patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphael I Sako. “Nonostante la preoccupante situazione in cui viviamo in Iraq” sottolinea il Patriarca caldeo nel messaggio pervenuto all’Agenzia Fides, le celebrazioni della Settimana Santa “rendono viva la nostra memoria cristiana e ci donano una speranza viva. Gesù è il cuore di questi avvenimenti, il suo corpo distrutto e poi risorto è la forza che ci spinge verso la vita nuova. Anche nei momenti bui, la sua risurrezione sorge come il sole su di noi e sull’umanità”.
S. B. Sako invita tutti a far tesoro della Settimana Santa e del tempo pasquale per “esaminare la nostra vita e scoprire ciò che ci chiede il festeggiato, che è Cristo”, a “incontrarci nelle nostre chiese e case per festeggiare, pregare, ringraziare, gioire insieme e aiutandoci reciprocamente” e a essere per tutti, in ogni situazione, “esempio vivente nella vita comunitaria attraverso il nostro comportamento, la lealtà, la nostra rinuncia e il nostro amore” per “rafforzare  l’appartenenza alla Patria eliminando la discordia e seminando la speranza”. Con questo spirito – ha aggiunto il Patriarca - “non si rimane nella condizione di sentirsi minacciati, nonostante il nostro numero”.
Il messaggio di Pasqua offre al Capo della Chiesa caldea anche l'occasione di sottolineare l'importanza del prossimo appuntamento elettorale a cui è chiamato un Paese ancora dilaniato dalle violenze settarie: “Dobbiamo partecipare numerosi alle prossime votazioni con spirito di responsabilità” scrive il Patriarca Sako, suggerendo di orientare il consenso elettorale verso “persone qualificate e leali, che si impegnano per il bene della Patria e per il suo progresso, puntando sui veri valori della libertà, della dignità e della giustizia sociale”. Le elezioni nazionali, in programma il prossimo 30 aprile, dovranno selezionare i 325 membri del Parlamento (con 5 seggi riservati ai cristiani), chiamati a loro volta a eleggere il Presidente e il Primo Ministro iracheni, nel rispetto del sistema che riserva la carica presidenziale a un curdo e quella di Primo Ministro a uno sciita.


15 aprile 2014
رسالة القيامة

9 aprile 2014

Iraq: morto il Patriarca Delly. Il ricordo di Mons. Warduni

By SIR

Il cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca emerito di Babilonia dei Caldei, è morto ieri sera alle 22 in un ospedale di San Diego (California), all’età di 87 anni.
Nato a Telkaif, nell’arcieparchia di Mossul dei Caldei, il 27 settembre 1927, Delly era laureato in teologia alla Pontificia Università Urbaniana e in diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense ed era licenziato in filosofia all’Urbaniana. Ordinato sacerdote il 21 dicembre 1952 a Roma, era rientrato a Baghdad come segretario del Patriarca il 30 dicembre 1960. Il 7 dicembre 1962 assume l’incarico di ausiliare del Patriarca Paul II Cheikho, ricevendo l’ordinazione episcopale il 19 aprile 1963, anno in cui diventa membro del Concilio Vaticano II. Il 3 dicembre 2003 viene eletto dai vescovi caldei Patriarca di Babilonia, proprio mentre l’Iraq stava attraversando un momento storico tremendo, dopo l’intervento della coalizione militare guidata dagli Usa che aveva portato alla caduta del regime di Saddam Hussein. “Un uomo fedele alla sua missione che ha servito con zelo la Chiesa caldea per più di 60 anni, prima come sacerdote, poi come vescovo e come Patriarca”: così monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, ricorda al Sir Delly del quale fu uno dei più stretti collaboratori. 
“Ha sempre lavorato con dedizione per l’unità, per l’obbedienza e l’amore che deve essere tra di noi. Ha svolto la sua missione in tempi difficilissimi, segnati da guerre, conflitti e sanzioni e, animato dall’amore per la sua terra, non ha mai lasciato l’Iraq restando con i fedeli per incoraggiarli. È rimasto con la sua Chiesa quando questa ha visto i suoi sacerdoti e vescovi rapiti e uccisi e le chiese attaccate e distrutte come a Baghdad e Mossul, nel 2004. In diversi casi, è intervenuto personalmente pagando il riscatto di sacerdoti rapiti. Fare del bene a tutti - conclude mons. Warduni - era uno dei tratti distintivi del suo carattere. Insisteva sempre per l’amore verso l’Iraq. A salvare il nostro Paese, ripeteva spesso, sarà l’unità”.
I funerali del cardinale Delly, conferma l’ausiliare di Baghdad, saranno celebrati a Detroit mentre sabato 12 aprile, nella cattedrale di san Giuseppe nella capitale irachena, verrà celebrata una Messa (ore 10) in suffragio, alla presenza di sacerdoti e vescovi. Nel pomeriggio il Patriarca Louis Raphael I Sako sarà a ricevere le condoglianze. “Per noi cristiani iracheni - sono parole del Patriarca Sako - si avvicina la Settimana Santa che conduce alla Pasqua di risurrezione. Il ricordo del cardinale Delly si inserisce nel contesto di queste celebrazioni. Sono tempi forti. Dobbiamo rinnovarci, accettare le sofferenze come Gesù, per essere salvati”.

Patriarca Sako: Lutto e preghiera per il card. Delly, ci ha tenuti uniti in tempi bui

Joseph Mahmoud

"Per la Chiesa caldea è un giorno di lutto e di preghiera, perché l'anima [del Patriarca emerito] trovi il riposo, ma è allo stesso tempo una giornata della memoria, per ricordare quello che ha vissuto e patito in questi anni". Con queste parole, affidate ad AsiaNews, Mar Louis Raphael I Sako rende omaggio alla memoria del Patriarca emerito Emmanuel III Delly, scomparso nella serata di ieri in un ospedale di San Diego (Stati Uniti) all'età di 87 anni. Il card Delly, racconta il Patriarca Sako, ha vissuto "più di 60 anni come sacerdote, 50 da vescovo e Patriarca, servendo sempre la Chiesa in Iraq. Seppur in circostante molto critiche, egli ha saputo rimanere fedele alla gente e alla sua patria".  
Il Patriarca emerito ha vissuto come guida della Chiesa caldea uno dei momenti storici e politici più difficili per la minoranza cristiana caldea e per la nazione irakena. Egli, sottolinea Mar Sako, "ha sempre saputo incoraggiare i fedeli, pur non potendo fare miracoli in un contesto davvero cattivo: egli ha sofferto molto per le guerre e le emigrazioni" dei cristiani. Per l'attuale Patriarca, il merito maggiore è stato quello di "rimanere fedele alla sua carica di pastore, nel seguire la sua gente.
La situazione era molto difficile, ma è rimasto qui, in Iraq, non ha mai pensato di fuggire o di sottrarsi alle sue responsabilità". E, in diversi casi, è intervenuto di persona "pagando il riscatto di sacerdoti rapiti" quando il fenomeno dei sequestri dei cristiani - anche e soprattutto fra i membri del clero - era diventata una prassi comune. Bisogna imparare dalla storia e dalle vicende di personalità simili a quelle del Patriarca Delly, che "hanno saputo rimanere fedeli [alla missione] pur in tempi molto particolari".
Mar Sako conferma che verrà celebrata nei prossimi giorni una messa di suffragio nella Cattedrale caldea di San Giuseppe a Baghdad, mentre il funerale verrà officiato con molta probabilità negli Stati Uniti, dove si è trasferita gran parte della famiglia di origine del porporato. Per noi cristiani irakeni, conclude il Patriarca Sako, si avvicina la Settimana Santa che conduce alla Pasqua di risurrezione; il ricordo del card Delly si inserisce nel contesto di queste celebrazioni, "sono tempi forti che invitano alla riflessione e alla preghiera, dobbiamo pensare, rinnovarci, accettare le sofferenze come Gesù, per essere salvati". 
Il Patriarca emerito Emmanuel III Delly è nato a Telkaif, nell'arcieparchia di Mosul dei Caldei, il 27 settembre 1927 ed è stato battezzato il 6 ottobre dello stesso anno. Si è laureato in teologia alla Pontificia Università Urbaniana e in diritto canonico alla Lateranense, in seguito ha conseguito la licenza in filosofia, sempre all'Urbaniana. Ordinato sacerdote il 21 dicembre 1952 dal Cardinale Pietro Fumasoni Biondi a Roma, nel Pontificio collegio urbano di Propaganda Fide, era rientrato a Baghdad come segretario del patriarca il 30 dicembre 1960. Il 7 dicembre 1962 viene eletto alla Chiesa titolare di Paleopoli di Asia, con l'incarico di ausiliare del Patriarca Paul II Cheikho, ricevendo l'ordinazione episcopale il 19 aprile 1963. Nello stesso anno, in qualità di vescovo, era divenuto membro del Concilio Vaticano II, al quale aveva partecipato dapprima come perito. 
Nell'ottobre 2002 rinuncia all'incarico di vescovo ausiliare per raggiunti limiti di età ma, poco più di un anno dopo, a pochi giorni dalla cattura di Saddam Hussein, il 3 dicembre 2003 viene eletto dai vescovi caldei Patriarca di Babilonia. Il suo ministero è caratterizzato da violenze e terrore, dalla fuga della minoranza cristiana irakena che vede dimezzarsi la sua popolazione; e ancora, dall'intervento militare Usa che semina morte e distruzione, e lascia alle spalle un Paese ancora oggi in grave difficoltà. A questo si aggiungono i sanguinosi attacchi alle chiese di Baghdad e Mosul, i sequestri di vescovi e sacerdoti, le esecuzioni mirate contro un gran numero di fedeli. Il 19 dicembre 2012 papa Benedetto XVI ha accolto la sua rinuncia al governo pastorale della Chiesa Caldea; il 30 gennaio dell'anno successivo viene eletto il successore, Mar Louis Raphael I Sako, arcivescovo di Kirkuk.

Cardinal Delly, former Chaldean patriarch, dead at 86


Cardinal Emmanuel III Delly, who led the Chaldean Catholic Church from 2013 to 2012, has died in a San Diego hospital, according to a Fides news service report.
Born in 1927, Cardinal Delly was ordained to the priesthood in 1952 and the episcopate in 1963. In October 2003, seven months after the US invasion of Iraq, he was elected patriarch of the Chaldean Catholic Church, and Pope Benedict XVI named him a cardinal in 2007.
“Cardinal Delly served the Chaldean Church for more than 60 years with dedication, first as a priest and then as bishop and as patriarch,” said his successor, Patriarch Louis Raphaël I Sako. “He suffered moments of difficulty: the revolution in 1958; the wars in the last decades; the persecution of Christians followed by the invasion of the USA. In all this time he remained loyal to his country and to his people, he did not abandon his flock, he remained with his faithful, praying, helping, encouraging them.”

7 aprile 2014

President Barzani Meets with the Chaldean Catholic Patriarch of Babylon

By KurdishGlobe

President Masoud Barzani received (April 4) Mr. Louis Raphael Sako, the Chaldean Catholic Patriarch of Babylon today at his office in Salahadin. The meeting was attended by a number of Chaldean clergymen who collectively expressed their thanks to the President of the Kurdistan Region for his role in providing a refuge for the Christian communities fleeing the violence of the rest of Iraq.

Mr. Sako also stated that the message of gratitude from Iraq's Christian communities to President Barzani has been conveyed to the Holiness of Pope Francis in the Vatican.
President Barzani warmly welcomed the delegation and reiterated the stance of the Kurdistan Region that coexistence is part of the history of this Region. President Barzani also stated that discrimination of any sort in the Kurdistan Region will never be accepted.
 

4 aprile 2014

Iraq Christians say homes seized as unrest spikes

Agencie France Press

As Iraq suffers its worst violence in years, gangs claiming ties to powerful militias have been commandeering empty homes in Baghdad with little official sanction, victims and rights groups say.
Militia leaders have disavowed the practice and insist they are not behind it, while those affected -- principally minority Christians -- say the country's courts have done little to protect their property.
"We have received dozens of such cases," William Warda, head of the Baghdad-based Hammurabi Human Rights Organisation, told AFP.
"Most of them are afraid of submitting complaints to the government, because they do not believe they can protect themselves if they file a lawsuit -- they are fearful of being kidnapped."

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Una preghiera speciale per le elezioni sarà recitata in tutte le chiese caldee

By Fides

Il Patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael I Sako ha dato disposizione di diffondere in tutte le chiese caldee dell'Iraq una preghiera speciale che nelle prossime settimane sarà recitata al termine delle Messe domenicali in vista delle imminenti elezioni politiche, in programma il prossimo 30 aprile. “O Signore” si legge nel testo della preghiera, pervenuto all'Agenzia Fides, “Tu sei il nostro Creatore e Padre. Ci rivolgiamo a te, nelle circostanze delicate e difficili vissute dal nostro Paese. Chiediamo il tuo aiuto come individui, come comunità e come governo, affinchè le prossime elezioni servano al bene dell'Iraq e dei suoi figli”. Nella speciale invocazione, i fedeli chiedono di essere illuminati “affinchè possiamo adempiere alle nostre responsabilità come elettori con onestà e fedeltà, votando come nostri rappresentanti politici coloro che sono più in grado di edificare la nostra Patria e garantirle sicurezza, pace e sviluppo”.
Il prossimo appuntamento elettorale, nel Paese ancora martoriato dalla violenza e dagli scontri settari tra sciiti e sunniti, è atteso con trepidazione particolare dalle comunità cristiane locali. Domani è in programma un incontro del Patriarca Sako con il Presidente della regione autonoma del Kurdistan, Mas'ud Barzani. Intanto fa discutere la campagna elettorale di un candidato che, per raccogliere consenso tra gli elettori, usa come argomento di propaganda la sua conversione dal cristianesimo alla religiose islamica.
 
صلاة من اجل الانتخابات النيابية القادمة
www.saint-adday.com, 2 aprile 2014

3 aprile 2014

Patriarca caldeo: il futuro fosco dei cristiani d'Oriente, ricchezza in via di estinzione per Occidente e Islam

Mar Louis Raphael I Sako

Il Medio Oriente si sta svuotando dei cristiani. Ciò avviene a causa di fondamentalismi regionali, di impaccio delle autorità locali, di inerzia della comunità internazionale e dell'Occidente. La fuga dei cristiani causerà impoverimento sociale, economico e culturale alla regione e instabilità per il mondo intero. E' l'appello accorato che Mar Louis Raphael I Sako ha lanciato nei giorni scorsi in un seminario promosso dall'università cattolica di Lione, in Francia, sulla "Vocazione dei cristiani d'Oriente". Il Patriarca caldeo invita a "non considerare" i cristiani come una "minoranza, ma come cittadini a tutti gli effetti". Nel suo lungo intervento Sua Beatitudine illustra la situazione generale dei cristiani in Medio oriente, sottolineando l'importanza della loro presenza, spiegando il ruolo delle autorità musulmane e delle Chiese orientali. Egli invita a esercitare pressioni sui governi perché siano riconosciuti e garantiti pari diritti, rilanciando ancora una volta la richiesta di fermare l'esodo dalle loro terre di origine. Ecco, di seguito, l'intervento integrale di Mar Sako (Corsivi e grassetti sono dell'originale. Traduzione a cura di AsiaNews).
I cambi di regime che hanno avuto luogo in diversi Paesi hanno aperto un abisso al loro interno; gli interventi in Afghanistan, in Iraq, in Libia non hanno affatto contribuito a risolvere il problema dei loro popoli ma, al contrario, hanno determinato situazioni caotiche e conflitti che non permettono affatto di immaginare un avvenire migliore, in particolare per i cristiani! Le divisioni confessionali divengono sempre più marcate e forti, soprattutto fra sciiti e sunniti. Diversi partiti politici di carattere settario si stanno organizzando e tutto viene a essere suddiviso in base alla confessione religiosa. Credo che in Iraq il cammino finirà con una divisione del Paese, perché il terreno è già preparato tanto dal punto di vista psicologico, quanto sotto il profilo geografico. La pulizia [etnico-religiosa] dei quartieri e delle città tra sunniti e sciiti va proprio in questa direzione.
1 - Situazione generale dei cristiani in Medio oriente
Fino a 50 anni fa i cristiani del Medio oriente rappresentavano il 20% del totale della popolazione. Oggi si parla di un misero 3%. Quando le potenze coloniali hanno dato vita a queste nazioni, non lo hanno fatto partendo da basi storiche, geografiche o etniche: in questo modo non vi è stata né omogeneità, né un vero progetto di cittadinanza in cui tutti possono essere integrati. L'accordo Sykes-Picot del 1916 non ha tenuto in considerazione l'emergenza delle frontiere di Paesi come il Libano, la Giordania, la Siria, l'Iraq e altri ancora. Le decisioni sono state prese in funzione degli interessi delle grandi potenze, e questo ha aperto la via a conflitti confessionali, religiosi, etnici con i quali abbiamo a che fare ancora oggi. Non vi è pace tra israeliani e palestinesi; il Libano è stato frantumato e resta sempre sotto la minaccia della guerra civile; la Siria è sul punto di crollare, con nove milioni di persone che hanno abbandonato le loro abitazioni, l'Iraq è devastato, l'Egitto esploso. Milioni di cristiani d'Oriente, rifugiati, fuggono da una regione all'altra.
Oggi si parla sempre più di un piano che intende dar vita a un nuovo Medio oriente. Per noi è fonte di preoccupazione e di paura. 1400 anni di islam non ci hanno potuto strappare dalle nostre terre e dalle nostre chiese, mentre oggi la politica occidentale ci ha disperso ai quattro angoli della terra.
I cristiani sono sempre più vittime: il loro esodo dai Paesi del Medio oriente è inarrestabile. Attualmente, secondo le stime sono - in tutto - tra i 10 e i 12 milioni su una popolazione complessiva di 550 milioni di abitanti, pari al 3% circa. La pressione esercitata contro i cristiani e le minoranze religiose in Medio oriente è aumentata nel corso degli ultimi decenni, alle volte in modo sommesso e, in altri momenti, in modo aperto, pubblico. Le discriminazioni, ingiustizie, sequestri, emarginazioni, intimidazioni in molte parti del mondo arabo-islamico danno loro l'impressione di essere destinati all'estinzione.
Tutto questo deriva dall'instabilità della maggior parte di questi Paesi e dalla crescita dell'islamismo radicale, sotto il manto di ciò che è conosciuto con il nome di "islam politico"; quanto alla "Primavera araba", essa è stata esautorata dagli estremismi. Il progetto "politico" dell'islam è di far rinascere il califfato tanto a Damasco quanto in Iraq! Il loro modo di pensare e di fare guerra è un ritorno al Medio Evo! I cristiani sono ammessi a restarvi come cittadini di seconda classe!
L'invasione americana dell'Iraq ha portato alla morte di un vescovo [mons. Paulos Faraj Rahho, morto nelle mani dei sequestratori nel marzo 2008, ndr], sei sacerdoti assieme a più di mille fedeli, 66 chiese sotto attacco e 200 casi di rapimento. Circa la metà dei cristiani irakeni, che in precedenza erano un milione e mezzo, hanno lasciato il Paese per il timore di violenze e la persecuzione religiosa, soprattutto dopo il massacro che ha avuto luogo a Baghdad nel 2010, nella chiesa di Nostra Signora del Perpetuo soccorso e l'attacco agli studenti cristiani di Qaraqosh, diretti all'università.
L'appropriazione dei beni appartenenti ai cristiani, considerati come privi di diritti perché non musulmani, le lettere di minaccia ricevute dai cristiani, così come da membri di altre minoranze non musulmane, spingono i cristiani a sentirsi come cittadini di serie B. Dunque, la domanda è questa: questi uomini e queste donne che hanno un passato grande e illustre alle spalle, sono destinati a scomparire dalla Mesopotamia e dalla terra dei loro avi?
In Siria, i cristiani sono esposti agli attacchi dei ribelli islamisti. Questi ultimi hanno spazzato via Maaloula, una storica città cristiana in cui gli abitanti parlano l'aramaico, la lingua di Gesù. Due vescovi, numerosi preti, dodici religiose sono stati rapiti e liberati di recente: 1200 cristiani sono stati uccisi, il 30% delle chiese sono state distrutte e 600mila cristiani hanno lasciato il Paese e quelli che sono rimasti vivono nell'inquietudine e nella paura!
Il pastore presbiteriano ed ex presidente del Consiglio delle Chiese del Medio oriente Riad Jarjour ha dichiarato: "Se la situazione continua in questo modo, verrà un momento in cui non ci saranno più cristiani in Siria".
I Copti in Egitto hanno subito i peggiori attacchi. I kamikaze musulmani hanno assassinato almeno 85 fedeli nella Chiesa di Tutti i Santi e un centinaio di chiese sono state oggetto di attacchi.
Il Libano è l'unico Paese della regione in cui i cristiani hanno ancora un peso politico e una certa libertà di azione, anche se il loro potere è parzialmente in declino a partire dall'accordo di Taëf, che rimane in bilico!
In poche parole, tutti i cristiani pensano all'emigrazione, almeno per un periodo di tempo determinato.
2 - L
'importanza della presenza cristiana in Medio oriente
Il cristianesimo affonda le sue radici nel Medio oriente. In Palestina, Siria, Libano, Iraq ed Egitto i cristiani sono stati maggioranza ben prima dell'ingresso dell'islam. Erano ben organizzati e hanno contribuito alla costruzione della civiltà arabo-islamica accanto ai loro fratelli musulmani, ecco perché la loro presenza nel mondo arabo e musulmano è essenziale, anche per il solo stesso fatto della diversa religione, della loro apertura e delle loro competenze. In generale, i cristiani costituiscono una élite!
I cristiani non sono una minoranza e devono ricoprire a pieno titolo un posto e un ruolo nella vita pubblica, perché il venir meno di questo ruolo marcherebbe la fine della loro presenza. Il presidente libanese Michel Sleiman, inaugurando il primo Congresso generale dei cristiani d'Oriente, che si è tenuto a Raboué (Libano) il 28 e 29 ottobre 2013, ha affermato in proposito: "L'avvenire dei cristiani dipenderà dalla loro capacità di rafforzare la logica della moderazione, dell'apertura e del dialogo al loro interno, così come i loro sforzi per costruire uno Stato forte e inclusivo, che apre la via alla partecipazione di tutte le componenti della società nella vita politica e nell'amministrazione pubblica, senza tener conto del peso demografico delle comunità. Il ripiegamento verso se stessi e l'isolamento, così come il ricorso alla protezione militare straniera, diventa pericoloso".
Infine, Habib Ephram nel corso del medesimo congresso ha lanciato un appello commovente finalizzato a preservare l'identità dei cristiani d'Oriente nel rispetto della storia, del diritto e dell'umanità stessa.
C'è da sperare che questa lunga tradizione storica possa aiutare i cristiani della Siria e altri a preservare il loro ricco patrimonio e a continuare a offrire il loro prezioso contributo alle diverse culture esistenti.
I cristiani del Medio oriente possono giocare oggigiorno un ruolo essenziale nel dialogo tra l'Occidente e l'islam, possono essere un ponte che avvicina e unisce. Per questo l'Occidente è chiamato a mantenerli nei luoghi di origine. Robert Fisk in un articolo pubblicato sul quotidiano britannico "The Indipendent" descrive il fenomeno dell'emigrazione dei cristiani del Medio oriente, equiparandolo a un colpo per la civiltà arabo-islamica, e a una tragedia all'interno di un Paese considerato come un simbolo di pluralismo e coesistenza.
3 - Il ruolo delle autorit
à musulmane
Le autorità religiose musulmane  del Medio oriente hanno un ruolo insostituibile nel promuovere i valori della dignità umana, i diritti umani, la cittadinanza, la convivenza, la libertà religiosa, il dialogo concreto per promuovere il rispetto della persona umana. Riconoscere l'altro, che non è musulmano, come un cittadino eguale in tutti i suoi diritti e doveri rinforzerà la fiducia fra tutti i cittadini.
Per questi motivi le autorità musulmane devono dare priorità all'aspetto religioso e ai programmi di insegnamento della religione in un modo consono, al fine di difendere e proteggere i diritti di tutti e la sacralità stessa della vita.
Le voci moderate dell'islam devono unirsi e dire in modo chiaro "no" alla violenza contro i cristiani.
4 - Il ruolo delle Chiese orientali
Le Chiese devono incoraggiare i cristiani del Medio oriente a mantenere la loro presenza storica e a non fuggire verso l'ovest. Questi ultimi devono essere sufficientemente coraggiosi per continuare a portare la loro testimonianza nei loro rispettivi Paesi ed essere un vero segno di speranza e di pace per i loro concittadini. Devono allo stesso tempo avere il coraggio di rivendicare i loro diritti civili e il diritto alla cittadinanza. Questo obiettivo importante è stato sottolineato da Papa Francesco nel corso dell'udienza con i Patriarchi delle Chiese orientali in Vaticano, il 21 novembre 2013, quando ha dichiarato che la Chiesa cattolica "non accetterà mai un Medio oriente senza cristiani".
Invito la Chiesa ad adoperarsi per dar vita a un nuovo documento indirizzato ai soli musulmani. È importante chiarire con loro le nostre paure e le nostre speranze, così come il principio inalienabile della libertà religiosa come è formulata nella Dignitatis Humanae, la Dichiarazione sulla libertà religiosa del Concilio Vaticano II.
Al tempo stesso è ugualmente essenziale ritrovare un linguaggio teologico nuovo e comprensibile, per spiegare loro la fede cristiana, così come i nostri Padri hanno fatto durante il regno degli Omayyadi e degli Abbasidi.
5 - Il ruolo dei cristiani orientali in Occidente
I cristiani d'Oriente in Occidente possono giocare un ruolo importante per sostenere i loro fratelli in difficoltà in Oriente, mostrando loro solidarietà. È compito loro aiutarli a restare nelle terre di origine. Essi possono esercitare pressioni sulle comunità musulmane che vivono in Occidente, per diffondere la cultura del rispetto di tutte le religioni, e soprattutto il rispetto della libertà religiosa per i cristiani in Oriente; chiedere ai loro governi di riconoscere gli stessi diritti dei cittadini musulmani, in particolare il diritto di partecipare a una politica attiva e costruttiva, al servizio del bene comune per creare una vera democrazia. La presenza dei cristiani in Oriente è garanzia di un islam moderato, capace di vivere con gli altri in pace e armonia!
Non è forse possibile riunire questi cristiani d'Oriente in Occidente sotto un solo nome, come "Unione dei cristiani d'Oriente", per farsi carico delle sfide dei loro fratelli e sorelle orientali e cercare soluzioni ai loro problemi. Creare una sorta di lobby! Questi cristiani della diaspora devono mantenere il loro diritto di voto, così prezioso al momento delle elezioni, in modo da aumentare il numero di deputati appartenenti alla nostra comunità.
Essi non devono affatto incoraggiare l'emigrazione e privare il Paese dei suoi giovani. Essi possono informare i cristiani dell'Occidente sulle sfide che affrontano ogni giorno. E, forse, possono investire e creare progetti nei Paesi di origine, per fornire opportunità lavorative alla gente.
6 - Il ruolo dell'Occidente
A mio avviso, la responsabilità della triste situazione attuale dei cristiani d'Oriente ricade in parte sull'Occidente, per la sua politica squilibrata nella regione. Al tempo stesso è triste osservare che la maggioranza dei cristiani in Occidente non ha una vera coscienza della dolorosa situazione in cui versano i cristiani del Medio oriente, quando hanno invece l'opportunità di attirare l'attenzione sulla loro reale condizione e sensibilizzare i politici; perché qui c'è in gioco la coesistenza pacifica stessa nella regione e nel mondo intero. I cristiani d'Oriente si interrogano sulla ragione dell'indifferenza e del silenzio dell'Occidente sulla loro sorte. Essi contano sul sostegno e la solidarietà dei loro fratelli e sorelle d'Occidente!
I takfiristi che considerano la democrazia contraria alla sharia lanciano in modo sistematico azioni aggressive contro i cristiani. Questi gruppi sono senza dubbio anche una reale minaccia allo stesso islam moderato! È necessario che l'Occidente faccia pressione sui Paesi vicini e sugli altri perché smettano di sostenere e di spedire combattenti e miliziani nelle nostre terre.
Bisogna inoltre esercitare pressioni per la modifica delle costituzioni dei Paesi arabi e musulmani. Ecco un esempio di discriminazione: la conversione all'islam è considerata una norma, mentre la conversione al cristianesimo è considerata una infrazione che può comportare molti rischi, ivi compresa la morte [per apostasia]. E quando uno dei due coniugi passa all'islam, i suoi figli sono registrati automaticamente fra i membri della religione musulmana. La Costituzione di una nazione deve essere fondata sulla coesistenza sociale e sulle libertà individuali e pubbliche, al fine di creare uno Stato per tutti e una vera cittadinanza. La nuova Costituzione della Tunisia è un segno di speranza, così come la decisione dell'Autorità palestinese di rimuovere la religione dalle carte d'identità e dai passaporti. Questo costituisce un cambiamento positivo.
Solo un sistema socio-politico che rispetta la diversità e le libertà individuali e pubbliche, basate su una reale cittadinanza, può rassicurare i cristiani e far loro intravedere una partecipazione effettiva al potere, come partner a pieno titolo.
In tutte le regioni e in tutte le amministrazioni, il governo dovrebbe poter garantire la sicurezza, la protezione della libertà religiosa e la diversità etnica per tutti.
Nell'esortazione Evangelii Gaudium, "La gioia del Vangelo", Papa Francesco - all'interno di questo documento importante del suo magistero - ha affrontato la questione dei diritti in tema di religione, esprimendosi in questi termini: "Prego, imploro umilmente i Paesi musulmani, affinché assicurino la libertà religiosa ai cristiani, tenendo conto della libertà di cui i credenti dell'islam godono nei Paesi occidentali".
Infatti, i musulmani all'estero dispongono in un modo sempre più ampio delle loro tradizioni e della libertà religiosa, mentre per i cristiani a casa loro in Oriente diminuiscono sempre più. Un elemento che potrebbe portare alla loro fine in tutto il Medio oriente!

Pour Mgr Louis Sako les chrétiens ne sont pas une minorité mais des citoyens
31 mars 2014

Quel avenir pour les chrétiens au Moyen-Orient, spécialement en Irak ?
28 mars 2014

2 aprile 2014

Silenzio che fa rumore


I cristiani d’Oriente «contano sul sostegno e la solidarietà dei lori fratelli e sorelle d’Occidente»: è l’appello lanciato dal patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, che nei giorni scorsi è intervenuto a un conferenza sul futuro dei cristiani nel Vicino Oriente, con particolare riferimento all’Iraq, promossa dall’Università cattolica di Lione.
Dopo avere ricordato, a partire dall’eloquenza di alcuni dati storici, la difficile situazione dei battezzati nelle regioni mediorientali — «solo fino a mezzo secolo fa i cristiani del Vicino Oriente erano il 20 per cento della popolazione, oggi si parla del 3 per cento solamente» — e l’illusione più recente derivata da un repentino cambiamento politico in alcuni Paesi, che «non ha contribuito a risolvere i problemi della popolazione», il patriarca caldeo si è soffermato sul ruolo e sulla responsabilità dell’Occidente. Infatti, «la responsabilità della triste situazione attuale dei cristiani d’Oriente è dovuta, almeno in parte, all’Occidente, a motivo della sua politica squilibrata nella regione». Allo stesso tempo, «è triste dire che la maggioranza dei cristiani in Occidente non sia veramente cosciente della dolorosa situazione dei cristiani nel Vicino Oriente, mentre essi avrebbero la possibilità di attirare l’attenzione sulla verità della situazione e di sensibilizzare i responsabili politici». In questo senso, ha detto con fermezza il patriarca, «i cristiani d’Oriente s’interrogano sulle ragioni dell’indifferenza e del silenzio dell’Occidente». Quasi un j’accuse, dunque, nel quale si ricorda come i gruppi estremisti, che «considerano la democrazia contraria alla sharia, lanciano sistematicamente delle azioni aggressive contro i cristiani. Questi gruppi costituiscono senza dubbio la prima e concreta minaccia contro l’islam moderato». Per questo, «occorre che l’Occidente faccia pressioni sulle nazioni vicine perché si arrestino il sostegno e l’invio di combattenti nei nostri Paesi».

1 aprile 2014

Ignatius Ephrem II. Nuovo Patriarca della Chiesa Siro Ortodossa

By Syriac Orthodox Church of Antioch, Archdiocese of the Eastern United States




We Christians live in fear in Syria

Antoine Audo

Today, the first Sunday of Lent, will see churches crowded across the globe. But here in Syria, where St Paul found his faith, many churches stand empty, targets for bombardment and desecration. Aleppo, where I have been bishop for 25 years, is devastated. We have become accustomed to the daily dose of death and destruction, but living in such uncertainty and fear exhausts the body and the mind.
We hear the thunder of bombs and the rattle of gunfire, but we don’t always know what is happening. It’s hard to describe how chaotic, terrifying and psychologically difficult it is when you have no idea what will happen next, or where the next rocket will fall. Many Christians cope with the tension by being fatalistic: that whatever happens is God’s will.
Until the war began, Syria was one of the last remaining strongholds for Christianity in the Middle East. We have 45 churches in Aleppo. But now our faith is under mortal threat, in danger of being driven into extinction, the same pattern we have seen in neighbouring Iraq.
Most Christians who could afford to leave Aleppo have already fled for Lebanon, so as to find schools for their children. Those who remain are mostly from poor families. Many can no longer put food on the table. Last year, even amid intense fighting, you could see people in the streets running around endlessly trying to find bread in one of the shops.
The health system has also fallen apart. In the hospitals, many doctors have been threatened and forced to flee, so people fear that if they do get injured there will be no one to treat them. I thank God for the few brave surgeons who have stayed.
Most people here are now unemployed, and – without work – daily life lacks a purpose. People have no way to wash and their clothes are ragged. We have almost no electricity, and depression reigns at night. But when the darkness comes, I take courage from the fact that it was not always like this.
Syrians lived together for many years as a country, as a civilisation and a culture without hate or violence. Most people are not interested in sectarian divisions. We just want to work and live as we did before the war, when people of all faiths co-existed peacefully.
Syrian Christians may face great peril, but we have a crucial role to play in restoring peace. We have no interest in power, no stake in the spoils of this war, no objective but to rebuild our society.
As president of the Catholic aid charity Caritas, I am co-ordinating emergency relief for tens of thousands of people of all faiths, who desperately lack food, medical care and shelter, working in areas held both by the government and by armed opposition groups. We have many centres where people come to receive aid, and our volunteers go out to find those too weak, sick, old or young to help themselves. We support people of all backgrounds.
It is dangerous work. Five months ago, two rockets hit our offices, and it was truly a miracle that no one was killed.
As for me, I have to be careful walking around the city because of the risk of snipers and kidnapping. The fate of two priests snatched on the road from Aleppo to Damascus remains unknown. People fear for my safety and tell me to discard my bishop’s robes or hide away entirely.
But I cannot work unless I am in the streets to understand the situation and the suffering of the people. I am sustained by the daily acts of solidarity from my brothers and sisters around the world – including those from the British Church and its aid agency Cafod – with their prayers and donations. And as I walk through the dust and the rubble, I am not afraid.
St Paul’s virtues of faith, hope and love have rarely been in greater need, or under greater pressure, as we face the fourth year of this war. But I have faith in God’s protection, hope for our future, and my love of this country and all its peoples will outlast this war. I must believe that, and I pray that you in Britain will stand with us as long as our struggles endure.

Bishop Antoine Audo SJ is the Chaldean Bishop of Aleppo and president of Caritas Syria