"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

10 ottobre 2008

L'eterno pellegrinaggio del dolore degli iracheni cristiani. Mons. Warduni (Baghdad): “Versare sangue innocente è contrario alla volontà di Dio”

By Baghdadhope

Gli appelli perché le violenze che in questi giorni hanno colpito duramente la comunità cristiana di Mosul vengano fermate si moltiplicano a testimoniare la gravità del momento.
Ad intervenire su ciò che sta succedendo è oggi, in un'intervista telefonica a Baghdadhope, Monsignor Shleimun Warduni, il Patriarca Vicario caldeo che da Baghdad ha espresso tutto il suo dolore: "Siamo angosciati. Non sappiamo chi e perché sta compiendo questo massacro. Il massacro di gente pacifica, che non ha mai fatto male a nessuno, che ha sempre avuto e cercato di avere buoni rapporti con tutti. Ho scritto al Presidente ed al Primo Ministro perché il governo intervenga e fermi questi omicidi. Come uomo di chiesa ho il dovere di ricordare a tutti che la vita è un dono di Dio e che solo Lui può toglierla, chi uccide, chi versa il sangue degli innocenti, va contro la Sua volontà che ci spinge a seminare l'amore e non l'odio e la violenza. Come figli di Dio chiediamo la Sua grazia perché apra il cuore dei malvagi e li guidi nel cammino dell'amore fraterno. Come uomini e cittadini di questo paese che tanto ha sofferto e soffre chiediamo che le voci di tutti si alzino contro questi massacri che devono essere fermati."

Ieri, 9 ottobre, è stato il secondo anniversario del rapimento di
Padre Paul Iskandar, cinquantottenne sacerdote siro ortodosso sequestrato nel distretto di Hay al Karama a Mosul e ritrovato cadavere due giorni dopo, mutilato e decapitato. A due anni esatti di distanza la situazione in città non è affatto migliorata, anzi.
Amjad Boutros Hadi e suo figlio Hussam, Ivan Enwiya, Hozam Toma Yusef, Jalal Musa, Khaled Girgis Al-Sanmak, Ziad Kamal, Bashar Nafea Tayr El Hazeen sono i nomi di alcuni dei cristiani uccisi a Mosul, ma la lista delle violenze compiute nelle ultime settimane è certamente più lunga e comprende quelle di cui nessuno parla: le minacce, i pestaggi non denunciati, la reclusione in casa cui le poche famiglie rimaste si sono auto condannate. Nessuno sembra poter o voler fermare le fuga dei cristiani da Mosul. Una fuga non senza problemi però. Come denunciato dal sito web Ankawa.com infatti, molte famiglie sono fuggite verso altre cittadine ma ad esempio a Bakhdida non c’è posto per accoglierle e si sono dovute trasferire a Tellesqof o Karamles in una sorta di pellegrinaggio del dolore che sembra non debba avere mai fine. Dopo giorni di silenzio gli appelli della comunità cristiana di Mosul sono stati ripresi da alcuni organi di informazione che hanno riportato le voci affrante di Monsignor Philip Najim che chiedeva, appunto, la rottura del muro di silenzio che stava circondando quello che nelle parole di Padre Amer Youkhanna altro non è che “uno sterminio” e di Monsignor Louis Sako che da Kirkuk si è appellato alla “nobile popolazione di Mosul” perché non lasci che vengano perpetrati atti che violano i diritti dei cittadini.
A parlare di ciò che sta succedendo a Mosul è stato anche, ieri, il
Brigadier Generale Khalid Abdul Alsattar, portavoce delle forze di polizia,che ha dichiarato l'esistenza di un piano di azione per mettere fine a questi omicidi che in soli tre giorni hanno fatto nove vittime, il governatore della provincia di Ninive, Duraid Kashmula e l’ufficio governativo di Mosul per gli affari dei musulmani sunniti che hanno duramente condannato gli omicidi che sembrerebbero però non doversi fermare se fosse confermato, come alcune fonti hanno riferito ad Ankawa.com, che nella strade di Mosul sono stati fatti ritrovare alcuni volantini in cui si intima alla popolazione cristiana di lasciare la città entro 24 ore.