"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

30 ottobre 2008

Approvata dal Senato mozione bipartisan sulle persecuzioni delle comunità cristiane del mondo

Fonte: Senato della Repubblica

Giovedì 30 ottobre 2008 - 82ª seduta pubblica (antimeridiana)

Il Senato ha discusso le mozioni nn. 46 del Popolo della libertà, 47 della Lega, 48 del Gruppo UDC-Südtiroler Volkspartei-Autonomie e 49 del Partito Democratico sulla persecuzione delle comunità cristiane nel mondo.
A conclusione della discussione generale, su proposta del sen. Bricolo (LNP), il Presidente ha sospeso i lavori per esplorare la possibilità di pervenire ad un documento unitario.
Lo sforzo di convergenza su un testo unico ha avuto successo e così il sottosegretario di Stato per il lavoro, salute e politiche sociali Roccella ha potuto accogliere un ordine del giorno sottoscritto da tutti i Gruppi parlamentari, con il quale, ribadendo la necessità che l'Italia si adoperi per la difesa dei diritti della persona e delle libertà religiose, si impegna il Governo ad assumere iniziative specifiche per contrastare le persecuzioni delle comunità cristiane nel mondo, in particolare in India e Iraq. L'ordine del giorno impegna altresì il Governo a promuovere il rafforzamento del ruolo internazionale dell'Unione europea quale modello sociale e istituzionale di riferimento per la tutela e la promozione su scala mondiale dei diritti umani e della pace e a considerare il dramma delle persecuzioni per motivi religiosi ed etnici come prioritario nelle relazioni internazionali e bilaterali.
La convergenza unanime del Senato su un testo unitario è stata accolta con soddisfazione da tutti i Gruppi come segnale concreto della grande attenzione che il Parlamento nutre per un dramma che sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Negli interventi svolti in sede di illustrazione delle mozioni, di discussione generale e nelle dichiarazioni di voto finale dai senatori Bettamio, Valditara, Calabrò e Gasparri (PdL), Rizzi e Leoni (LNP), Ceruti, Granaiola e Soliani (PD), Astore (IdV) e D'Alia (UDC-SVP-Aut), pur con diverse sottolineature, è emersa la concorde volontà di appoggiare un'azione concreta della diplomazia e della politica italiane per il rafforzamento degli strumenti a disposizione della comunità internazionale nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali e per il dialogo tra le religioni.
Non hanno partecipato al voto i sen. radicali Perduca e Poretti, i quali hanno rilevato il tono burocratico del documento approvato, criticando la scelta di non denunciare con chiarezza e coerenza tutte le persecuzioni che nel mondo si verificano per motivi religiosi, etnici e politici.

Clicca su "leggi tutto" per i testi ed i firmatari delle mozioni nn. 46 del Popolo della libertà, 47 della Lega, 48 del Gruppo UDC-Südtiroler Volkspartei-Autonomie e 49 del Partito Democratico sulla persecuzione delle comunità cristiane nel mondo

Clicca qui per il resoconto stenografico di:
Discussione delle mozioni nn. 46, 47, 48 e 49 sulla persecuzione delle comunità cristiane nel mondo (ore 9,43)
Ritiro delle mozioni nn. 46, 47, 48 e 49. Approvazione dell'ordine del giorno G1
Atto n. 1-00046
Pubblicato il 29 ottobre 2008 Seduta n. 80GASPARRI (PdL), QUAGLIARIELLO (PdL), FERRARA (PdL), TOFANI (PdL), BALBONI (PdL) , POLI BORTONE (Pdl), SANTINI (PdL), PICHETTO FRATIN (Pdl), SARO (PdL), DE FEO (PdL), SANCIU (PdL), COMINCIOLI (PdL), PASTORE (Pdl)
Il Senato,
premesso che:
più di 60 cristiani sono stati uccisi dalla fine di agosto 2008 nell’est dell’India, nello Stato di Orissa, dopo l’omicidio, due mesi fa, di un dignitario religioso fondamentalista indù. In questi quattro mesi è stato lanciato un vero e proprio pogrom anticristiano: sono stati attaccati 300 villaggi, con più di 18.000 feriti, distrutte più di 60 chiese, decine di scuole e quattro sedi di organizzazioni non governative. Picchiati i religiosi, violentate le suore e le donne. Incendiate oltre 4.000 case, con più di 50.000 persone costrette a fuggire. Per il Governo indiano i morti sono stati 35, quasi il doppio per la conferenza episcopale indiana;
in Iraq, soprattutto nella città di Mosul, dagli inizi di ottobre sono state uccise 14 persone per la loro fede cristiana e circa 2.400 famiglie sono state costrette a fuggire. Nel corso degli ultimi quattro anni, tra il 2004 e il 2008 le famiglie cristiane sfollate sono state 50.000;
considerato che:
secondo il Rapporto 2008 sulla libertà religiosa nel mondo dell’associazione "Aiuto alla Chiesa che soffre" sono più di 60 le nazioni nel mondo dove si verificano gravi violazioni del diritto alla libertà religiosa dei propri cittadini;
comunità cristiane vengono perseguitate anche in alcune regioni del Laos, della Nigeria, dell’Etiopia, delle Filippine e di altri Paesi, soprattutto dove vigono regimi islamici;
il 6 settembre 2008 alla riunione dei Ministri degli esteri dell'Unione europea ad Avignone, il ministro Frattini aveva ottenuto che il tema delle uccisioni dei cristiani in India venisse posto nell’agenda dei colloqui del successivo vertice UE-India; il 30 dello stesso mese al vertice di Marsiglia tra UE e India, il presidente di turno Nikolas Sarkozy ha sollevato al premier indiano Manmohan Singh la questione del pogrom anticristiano;
il 13 ottobre il primo ministro indiano Singh ha annunciato punizioni esemplari per fermare la barbarie nei confronti dei cristiani;
le violenze contro cittadini di religione cristiana sono proseguite anche se in tono minore;
in India sono emerse storie come quella della violenza subita da suor Meena a Nuagaon che hanno evidenziato atteggiamenti di connivenza da parte della polizia e di altre autorità locali;
in Iraq le Nazioni Unite hanno lanciato attraverso l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati un programma di aiuto ai profughi cristiani costretti a fuggire da Mosul;
tenuto conto che:
il diritto alla libertà religiosa è un elemento inalienabile di ogni persona umana;
il 2 ottobre i Vescovi europei riuniti nel Consiglio delle Conferenze episcopali europee, l’organismo che riunisce i presidenti delle Conferenze episcopali di tutta Europa, hanno lanciato un appello “ai governi e alle istituzioni d’Europa ad intervenire in ogni modo per far cessare queste violenze”, osservando che “ci sembra lecito chiedere che ogni forma di discriminazione e di intolleranza nei confronti dei cristiani, in Europa e nel mondo, debba essere affrontata dalla comunità internazionale e dai responsabili dei mass media, pubblici e privati, alla stregua e con la stessa determinazione con cui si combattono forme di incitamento all’odio contro altre comunità religiose”;
domenica 26 ottobre nel corso dell'Angelus papa Benedetto XVI ha fatto proprio l’appello lanciato alla fine del Sinodo dai patriarchi delle chiese orientali “per richiamare l’attenzione della comunità internazionale, dei leader religiosi e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà sulla tragedia che si sta consumando in alcuni Paesi dell’Oriente, dove i cristiani sono vittime di intolleranze e di crudeli violenze, uccisi, minacciati e costretti ad abbandonare le loro case e a vagare in cerca di rifugio”,
impegna il Governo ad assumere iniziative volte a contrastare la persecuzione delle comunità cristiane in India, in Iraq e in altri Paesi.

Atto n. 1-00047
Pubblicato il 29 ottobre 2008 Seduta n. 80
BRICOLO (LNP), ADERENTI (LNP), BODEGA (LNP) , BOLDI (LNP), CAGNIN (LNP), DIVINA (LNP) , FILIPPI Alberto (LNP), FRANCO Paolo (LNP), GARAVAGLIA Massimo (LNP), LEONI (LNP), MARAVENTANO (LNP), MAURO (LNP), MAZZATORTA (LNP), MONTANI (LNP), MONTI (LNP), MURA (LNP), PITTONI (LNP), RIZZI (LNP), STIFFONI (LNP), TORRI (LNP), VACCARI (LNP), VALLARDI (LNP), VALLI (LNP),

Il Senato,
premesso che:
contrariamente a quanto comunemente si pensa, il Novecento è stato di gran lunga il secolo del più grande “macello” di cristiani. Nel periodo che va dalla rivoluzione francese a oggi, ma in particolare nel XX secolo, sono state scatenate persecuzioni mai viste in 2.000 anni per ferocia, vastità, durata e quantità di vittime. Ben 45.500.000 sono stati i martiri cristiani di questo secolo. Il fenomeno è stato ben illustrato in un articolo del professor Ernesto Galli della Loggia in un editoriale apparso sul “Corriere della Sera” del 14 maggio 2000;
scrive Olga Matera su “Limes”: «Il cristianesimo è la religione oggi più perseguitata del mondo. Conta migliaia di vittime; i suoi fedeli subiscono torture e umiliazioni di ogni tipo. Ma l'opinione pubblica occidentale, proprio quella di cultura cristiana, non concede a questo dramma alcuna attenzione»;
constatando purtroppo tristemente come la cronaca più recente continui a testimoniare la tragica condizione di paura e di pericolo in cui vive in molte parti del mondo chi professa e testimonia la fede cristiana;
richiamando l’attenzione su quanto accaduto in India, in Orissa in particolare, a partire dalla seconda metà di agosto del 2008, dove, in un crescendo di intimidazioni ed accuse infondate ed irrazionali, sono stati compiuti atti di violenza inconcepibili contro suore e parroci cattolici, edifici religiosi e centri di semplice ritrovo;
ricordando tuttavia che, lontano dalla luce dei riflettori, la violenza fanatica da parte dei fondamentalisti indù nel subcontinente indiano si è scatenata già dalla fine degli anni ’90; prima dei recenti fatti di agosto, un’altra ondata di violenze si era registrata nel Natale del 2007, quando orde di aggressori avevano assaltato chiese, bruciato case e devastato negozi di proprietà di cristiani;
ritenuto che:
l’odio anticristiano in India sia un fenomeno crudelmente atroce, tenuto conto che i cristiani in India, che rappresentano meno del 2 per cento della popolazione, svolgono un’opera importantissima nel settore educativo, sanitario e sociale, offrendo un aiuto praticamente unico a molti bambini e a molte giovani donne (basti pensare all'opera ed all'esempio di Madre Teresa di Calcutta): questa presenza radicata ed amata dalla popolazione più povera rende i cattolici facile bersaglio di quei fondamentalisti sempre alla ricerca di un “nemico” che minaccerebbe l’identità indiana;
non si possa negare che si tratta, dunque, di una tragedia strisciante che lascia vittime quotidianamente, di cui non si saprebbe nulla se non ci fossero le poche notizie trapelate dalle agenzie di stampa dei missionari, tra mille censure;
tutti i rapporti, sia politici che economico-commerciali, intrattenuti dal nostro Paese e dagli altri Paesi dell’Unione europea con partner internazionali, non debbano mai prescindere dalla valutazione del rispetto dei diritti umani in quei Paesi e dalle condizioni di vita delle loro popolazioni;
premesso che Sua Santità Benedetto XVI domenica 26 ottobre 2008 è tornato ad affrontare il tema attualissimo della persecuzione dei cristiani in Oriente facendo proprio l'appello lanciato al termine dei lavori del Sinodo dai patriarchi delle chiese orientali sulla necessità di mobilitare l'attenzione pubblica e la comunità internazionale sulla tragedia delle persecuzioni dei cristiani in alcuni Paesi orientali,
impegna il Governo:
ad adoperarsi, direttamente e attraverso l’Unione europea, per verificare e monitorare la condizione dei cristiani nei Paesi in cui essi costituiscono una minoranza e a valutare l’opportunità di subordinare ogni ulteriore rapporto di carattere politico o economico con tali Paesi all’effettiva tutela da parte loro delle minoranze cristiane presenti sul loro territorio;
ad istituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un «Osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo», che abbia, tra le altre funzioni di consulenza al Governo, quella di valutare il prosieguo delle relazioni diplomatiche, in particolare quelle relative alla cooperazione allo sviluppo che implicano l'erogazione di fondi da parte del bilancio statale, con i Paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti delle minoranze cristiane e/o non hanno sottoscritto la Convenzione dei diritti dell'uomo.

Atto n. 1-00048
Pubblicato il 29 ottobre 2008 Seduta n. 80
D'ALIA (UDC-SVP-Aut), PINZGER (UDC-SVP-Aut), FOSSON (UDC-SVP-Aut), CINTOLA (UDC-SVP-Aut), PETERLINI (UDC-SVP-Aut), THALER AUSSERHOFER (UDC-SVP-Aut), GIAI (UDC-SVP-Aut), CUFFARO (UDC-SVP-Aut)

Il Senato,
premesso che:
negli ultimi mesi nell'est dell'India, ed in particolare nello Stato di Orissa, è in atto una sistematica persecuzione anticristiana, con atti di violenza inconcepibili contro religiosi, edifici religiosi e interi villaggi a maggioranza cristiana. In tale Stato sono 50.000 le persone in fuga, oltre 60 i morti, oltre a circa 12.000 persone scomparse dai campi profughi allestiti dal governo dell'Orissa;
tale situazione di fatto si prolunga da 15 anni con agguati, roghi di chiese, pestaggi, discriminazioni;
in Iraq, nell'area contesa tra curdi e sunniti con epicentro la città di Mosul, in ottobre sono state uccise 14 persone e, in particolare tra il 2004 e il 2008, oltre 50.000 famiglie cristiane sono state costrette a fuggire;
comunità cristiane vengono perseguitate in Cina, in molti Paesi africani ed in Asia, soprattutto dove vigono regimi islamici;
considerato che:
secondo l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani "ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione e credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti";
sembrerebbe, citando l'opinionista del "Corriere della Sera", Angelo Panebianco, che "per noi e per l'Europa, il fatto che in tante parti del mondo persone di fede cristiana vengano perseguitate e, con frequenza, uccise, non sia un problema sul quale occorra sensibilizzare l'opinione pubblica", mentre in altre occasioni la stampa, le televisioni e gli stessi cittadini si sono mobilitati sensibilizzando l'opinione pubblica;
domenica 26 ottobre 2008 papa Benedetto XVI auspicava che i responsabili civili e religiosi di tutti i Paesi compiano dei gesti significativi ed espliciti di amicizia nei confronti delle minoranze,
impegna il Governo:
ad intervenire direttamente presso le autorità nazionali indiane affinché sia fatta chiarezza e siano individuati i responsabili che propugnano azioni di pulizia etnico-religiosa in India, affinché vengano adottate effettive misure di sicurezza nei confronti delle minoranze religiose cristiane, sia previsto l'effettivo risarcimento dei danni subiti dalle comunità religiose oggetto di atti vandalici e siano assicurati alla giustizia gli autori degli omicidi e degli attentati;
ad adottare inoltre identica iniziativa volta a contrastare le persecuzioni delle comunità cristiane in Iraq come negli altri Paesi menzionati.

Atto n. 1-00049
Pubblicato il 29 ottobre 2008 Seduta n. 80FINOCCHIARO (PD), ZANDA (PD) , LATORRE (PD), SOLIANI (PD), GARAVAGLIA Mariapia (PD), GRANAIOLA (PD), SANGALLI (PD) , FIORONI (PD), AGOSTINI (PD), BIONDELLI (PD), DEL VECCHIO (PD), MAGISTRELLI (PD) , MARINO Mauro Maria (PD), RANDAZZO (PD) , GUSTAVINO (PD) , LEDDI (PD), ROSSI Nicola (PD), COSENTINO (PD), RUSCONI (PD), PERTOLDI (PD), FONTANA (PD) , VITA (PD), NEROZZI (PD), LEGNINI (PD), CERUTI (PD) , BASSOLI (PD), ROSSI Paolo (PD), FISTAROL (PD) , BOSONE (PD), BAIO (PD), LIVI BACCI (PD), MARCUCCI (PD), BERTUZZI (PD), BLAZINA (PD), GHEDINI (PD), ARMATO(PD) , TREU (PD), VILLARI (PD), RANUCCI (PD), PIGNEDOLI (PD), DE SENA (PD)
Il Senato,
premesso che:
gli assetti geopolitici ed economici mondiali e la complessità delle società contemporanee impongono la ricerca di più avanzati modelli di integrazione e dialogo interculturale nell'ambito di ciascuna comunità nazionale, nonché l'attivazione di efficaci strumenti di solidarietà e cooperazione tra i popoli;
a fronte di ciò, si constata con preoccupazione crescente, per un verso, l'allarmante escalation degli episodi di violenza e intolleranza a sfondo etnico e religioso anche nelle società economicamente più avanzate e, per altro verso, l'aggravamento, in numerosi Paesi e aree di crisi mondiali, delle tensioni politiche e sociali collegate alla medesima matrice fondamentalista, come dimostrano i recenti casi di persecuzione delle comunità cristiane in India, Laos, Nigeria, Etiopia, Filippine e in altri Paesi dove esse costituiscono una minoranza;
in tal senso, la sfida dell'integrazione etnica e religiosa e del confronto interculturale deve essere intesa innanzitutto quale chance di crescita e maturazione delle comunità locali, nonché imprescindibile opportunità di pace e di sviluppo globali;
in particolare, come recentemente riconosciuto dal Sinodo dei vescovi nell'ambito del documento conclusivo della XII assemblea generale ordinaria (5-26 ottobre 2008): "il dialogo dei cristiani con i musulmani e con i membri di altre religioni diventa un’urgenza e permette di conoscersi meglio e di collaborare nella promozione dei valori religiosi, etici e morali, contribuendo alla costruzione di un mondo migliore. (...). L’incontro di Assisi nel 1986 ricorda che l’ascolto di Dio deve portare a superare ogni forma di violenza, perché esso diventi attivo nel cuore e nelle opere per la promozione della giustizia e della pace.";
inoltre, secondo quanto richiamato nel medesimo documento del Sinodo dei vescovi, Benedetto XVI ha espressamente affermato: «noi vogliamo cercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro. (...) Oggi più che mai la reciproca apertura tra le culture è un terreno privilegiato per il dialogo tra gli uomini impegnati nella ricerca di un autentico umanesimo, al di là delle divergenze che li separano»;
in definitiva, la reciproca apertura tra le culture e le religioni, nel rispetto dei valori di laicità e tolleranza, deve ritenersi oggi la chiave per la costruzione di più ampi e condivisi orizzonti di pace e di sicurezza mondiali,
impegna il Governo:
ad adoperarsi in tutte le sedi comunitarie e internazionali, nonché nell'ambito dei rapporti internazionali bilaterali, affinché vengano garantiti i diritti fondamentali della persona e le libertà religiose e venga posta fine alle violenze e alle persecuzioni alimentate dal fondamentalismo etnico e religioso in ciascun Paese o area di crisi mondiale;
in particolare, a promuovere il rafforzamento del ruolo internazionale dell'Unione europea quale modello sociale e istituzionale di riferimento per la tutela e la promozione su scala mondiale dei diritti umani e dei valori della laicità e della pace.



Iraq: Warduni (Baghdad) "Iniziative politiche in Italia ci danno speranza"

Fonte: SIR

“Le iniziative messe in campo in queste ore dalle varie forze politiche italiane a favore della libertà religiosa e contro le persecuzioni dei cristiani in Iraq e in altre zone del mondo non solo ci rallegrano, ma ci rafforzano e ci danno speranza nel futuro”. E’ quanto dichiarato al Sir dal vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, commentando l'incontro promosso dal partito Democratico a sostegno dei cristiani perseguitati, svoltosi ieri a Roma nella chiesa di San Gregorio al Celio e la mozione presentata dal gruppo del Popolo della Libertà in discussione oggi al Senato.
“E’ bene ricordare che in Iraq non è in gioco solo la libertà religiosa ma anche la difesa dei diritti dei cristiani e delle minoranze” ha affermato mons. Warduni riferendosi alla abolizione dell’art. 50 della legge elettorale dei consigli provinciali che nega i seggi di rappresentanza alle minoranze. “A Mosul non c’è stata solo persecuzione religiosa ma anche politica anche se è difficile capirne i motivi. Eliminare i cristiani significa indebolire anche il tessuto socio-culturale del Paese”. “Comunque ora a Mosul la situazione è molto migliorata soprattutto dopo che i poliziotti sono stati sostituiti dall’esercito, come da noi richiesto al presidente e al primo ministro. Ad oggi oltre 500 famiglie hanno fatto ritorno nelle loro case, almeno un terzo del totale”.

29 ottobre 2008

Libertà religiosa/ Veltroni: Difenderla anche in luoghi pericolosi


Roma, 29 ott. (Apcom) - Occorre difendere sempre "la libertà di poter testimoniare Dio anche dove è più rischioso e pericoloso. Oggi dobbiamo testimoniare a favore della libertà di esprimere la propria fede nei luoghi dove appare difficile": è questo il senso che il segretario del Partito democratico, Walter Veltroni, attribuisce all'iniziativa di solidarietà a favore dei cristiani perseguitati nel mondo, soprattutto in India e in Iraq, organizzata a Roma.
L'appello di Benedetto XVI di domenica all'Angelus arriva dopo una sequenza spaventosa di violenze di uccisioni e di brutalità nei confronti dei cristiani. "Noi dobbiamo testimoniare la bellezza del rispetto dell'uno verso l'altro, parole che stasera vorremmo rilanciare da qui - dice Veltroni - ovvero la libertà di poter testimoniare, oltre che le proprie idee politiche, anche di poter testimoniare Dio dove è più rischioso e pericoloso". Per il segretario del Pd, dunque, "non dovrebbe esserci luogo al mondo dove non è possibile professare la propria fede" e "indipendentemente dalle appartenenze politiche rilanciare questo messaggio di libertà di religione". Veltroni ha anche riferito di aver parlato, in udienza privata dal Papa, del progetto di creare un
"luogo fisico, una sorta di United religious, nel quale tutte le religioni possano convivere e dialogare. L'idea piacque molto al pontefice".
L'iniziativa a sostegno dei cristiani perseguitati, promossa dal Partito democratico, si è svolta nella chiesa di San Gregorio al Celio. Numerosi esponenti del Pd si sono alternati nella lettura di alcune testimonianze delle vittime di persecuzioni nel mondo. Ad esordire è stata la deputata Paola Binetti, che ha letto un appello del vescovo iracheno monsignor Rabban Al Qas, vescovo di Arbil, nel quale si invitano "tutti a condannare con forza i crimini contro i cristiani che avvengono a Mosul". Il vicesegretario del Pd Dario Franceschini ha letto un brano di don Andrea Santoro, sacerdote romano ucciso in Turchia due anni fa. Il 'governatore' del Lazio Piero Marrazzo un brano di Gandhi, la vicepresidente della Camera Rosy Bindi un passaggio di monsignor Oscar Romero assassinato in Salvador mentre celebrava una messa. Ancora, Giovanna Melandri ha letto la testimonianza di suor Mena violentata da estremisti indù, Mimmo Lucà ha riportato l'ultima intervista del sacerdote morto ieri in Orissa. Sono intervenuti tra gli altri Francesco Rutelli, Beppe Fioroni, Luigi Bobba, Paolo Gentiloni, Enzo Carra, Vannino Chiti e Sergio Mattarella. La serata è stata coordinata dall'esponente del Pd, Andrea Sarubbi.

Libertà religiosa: mozione PdL per cristiani perseguitati

Fonte: Stato-oggi

Domani mattina l’aula del Senato discutera’ una mozione presentata dal gruppo del Popolo della Liberta’, primo firmatario il presidente Maurizio Gasparri, che impegna il governo “ad assumere iniziative volte a contrastare la persecuzione delle comunita’ cristiane in India, in Iraq e in altri Paesi”. “Il diritto alla liberta’ religiosa”, osservano i senatori del PdL, "e’ un elemento inalienabile di ogni persona e la situazione per i cristiani nello Stato di Orissa in India e nella provincia di Mosul in Iraq e’ davvero preoccupante. Facciamo nostro l’appello alla comunita’ internazionale, lanciato dai Vescovi Europei e ripreso dai Patriarchi delle Chiese Orientali e dal Papa, e invitiamo il governo a proseguire su questa strada”. Nella mozione si osserva che piu’ di sessanta cristiani sono stati uccisi dalla fine di agosto nell’est dell’India, nello stato di Orissa, dopo l’omicidio, due mesi fa, di un dignitario religioso fondamentalista indu’. (AGI)

Iraq: l’ONU lancia un piano di aiuti per i cristiani in fuga dalle violenze


By Giancarlo La Vella

Si aggrava la situazione dei cristiani in Iraq colpiti da continue violenze e costretti ad emigrare in condizioni di grave emergenza. La situazione è stata presa seriamente in considerazione dalle Nazioni Unite, che, attraverso l’Alto Commissariato per i Rifugiati (ACNUR), ha lanciato un piano di aiuti per oltre 2.200 famiglie, in totale circa 13 mila persone, fuggite dalla zona di Mosul.
Sull’entità di questa crisi umanitaria Giancarlo La Vella ha sentito Laura Boldrini dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati:
"Essendo sul territorio, i team dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati hanno potuto rilevare questa fuga che è iniziata ad ottobre, quando le famiglie cristiane hanno cominciato a partire a seguito di minacce e intimidazioni che avevano ricevuto. Si tratta di persone molto impaurite, che si sono spostate principalmente all’interno del Nord dell’Iraq, dove hanno parenti e amici che possono ospitarle. Quindi, è uno spostamento decisamente vasto: parliamo di circa 13 mila persone, ovvero la metà della comunità cristiana presente a Mosul, partita verso altri governatorati e, in parte, anche verso la Siria."
Tra l’altro, spostarsi non vuol dire raggiungere la piena sicurezza. Si può parlare di qualcosa di molto simile ad una vera e propria pulizia etnica?
"Quello che sta avvenendo in Iraq, purtroppo, è una situazione di tutti contro tutti. Io ho viaggiato in Siria: il flusso di persone che entrava era un flusso composto da sciiti, sunniti, cristiani, persone che comunque erano state vittime dirette o indirette di violenza. Quindi, è una situazione in cui c’è un caos generalizzato, in cui non si capisce chi è il nemico. E' una situazione che ha colpito principalmente i civili; le famiglie sono state separate. Ora, appunto, questa ondata di violenza si sta abbattendo anche sulla comunità cristiana, che già da prima si era spostata e aveva ricevuto minacce. Oggi sembra che questa emergenza sia particolarmente feroce e costringa migliaia di persone a cercare rifugio altrove."
In che cosa consiste il piano di aiuti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati?
"Offrire alloggio a chi non è ospitato presso le famiglie o presso gli amici; fornire carburante, perché comincia ad avvicinarsi la stagione rigida e quindi è importante avere combustibile per il riscaldamento; fornire aiuti non alimentari, come coperte, materassi e anche fornire assistenza legale, perché poi in questa situazione c’è anche la difficoltà di non poter avere la proprietà rispettata. Andando via, spesso altri si impossessano dei beni materiali e anche delle abitazioni. E allora è importante, in questo caso, fornire assistenza legale."

Iraq: Warduni (Baghdad) "Ciò che accade a Mosul è inumano"

Fonte: SIR

“Quello che sta accadendo a Mosul è inumano. Inumano ciò che tante famiglie hanno subito e quante umiliazioni hanno dovuto sopportare. Sono tristi, lontani dalle loro case, hanno perso congiunti uccisi da una violenza assurda e della quale non conosciamo i colpevoli. Spetta alle istituzioni e alla polizia assicurare i colpevoli alla giustizia”. E’ la denuncia di mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale di Baghdad, raggiunto telefonicamente dal Sir a Mosul dove si trova per una visita ai cristiani fuggiti. “Il problema è grande e grave – dichiara mons. Warduni in una intervista on line su agensir.it - ho la sensazione che più di qualcuno non faccia il proprio dovere verso i cristiani e le minoranze per garantire loro i diritti fondamentali. Stiamo cercando il modo di far tornare i cristiani alle loro case. Purtroppo vogliono usarci come una carta da gioco per vincere la partita in Iraq. Vogliono lasciare emigrare i cristiani e concedere ai nostri giovani la possibilità di frequentare l’università all’estero dove essi vogliono. Tutto questo è contro i diritti umani, vogliono disperdere in tutto il mondo i cristiani eccetto che in Iraq. Noi abitiamo questo Paese da migliaia di anni”. “Questi iracheni – conclude - hanno il diritto di rientrare nelle loro case, di andare nelle loro scuole, nelle loro università, non altrove, e non di essere lasciati in luoghi dove non si trovano bene”.

Iraq: Warduni (Baghdad) "What's happening in Mosul is inhuman"

Source: SIR

“What’s happening in Mosul is inhuman. Inhuman is what so many families have suffered and the many humiliations they had to bear. They are sad, far from their homes, they have lost relatives, killed by an absurd violence of which we do not know the culprits. It is up to the institutions and the police to secure the culprits to justice”.
This is the denounce made by mgr. Shlemon Warduni, patriarchal vicar of Baghdad, whom SIR contacted by telephone in Mosul, where he is now visiting the Christian refugees. “The problem is big and serious – states mgr. Warduni in an online interview, at agensir.it –. I have a feeling quite a few people are not doing their duty towards the Christians and the minorities to protect their fundamental rights. We are trying to find a way to bring the Christians back to their homes. Unfortunately, they want to use us as aces to win the game in Iraq. They want to let Christians migrate and grant our youth the opportunity to attend university abroad wherever they like. All this is against human rights, they want to scatter Christians all over the world, except in Iraq. We have been living in this country for thousands of years”. “These Iraqis – he concludes – are entitled to go back to their homes, go to their schools, to their universities, not elsewhere, and not to be left in places where they don’t feel at ease”.

Articolo 50: Abdallah Al Naufali: “Le minoranze dovrebbero essere rappresentate ovunque esse vivano”

By Baghdadhope

“La proposta fatta [dalle Nazioni Unite] non comprende i governatorati di Kirkuk né quelli che compongono il Kurdistan – Erbil, Dohuk e Suleimaniya – speriamo quindi in una proposta che invece assicuri la rappresentatività delle minoranze ovunque esse vivano.”
Questa è la risposta data da Mr. Abdallah Al Naufali, a capo dell’ufficio governativo per gli affari dei non-musulmani, alla domanda postagli da Baghdadhope circa la proposta fatta dalle Nazioni Unite al rappresentanti dei vari blocchi politici nel parlamento iracheno della reintegrazione dell’articolo 50 precedentemente cancellato. Articolo che mira a garantire alle minoranze una rappresentatività all’interno dei consigli provinciali che saranno eletti entro il 31 gennaio 2009 ma che nell’ultima versione presentata due giorni fa da Staffan De Mistura, rappresentante speciale delle NU in Iraq, non solo diminuisce il numero di seggi destinati alle minoranze, quanto ne cambia anche le percentuali assegnando ad esempio ai cristiani solo 7 seggi invece dei 13 previsti nella versione precedente.
Nel testo pervenuto a Baghdadhope Mr.Abdallah Al Naufali spiega la sua posizione critica ricordando come: “il diritto delle minoranze ad essere rappresentate ovunque esse vivano deriva dal loro essere le popolazioni originarie del paese.”
“In ogni caso”
continua il capo dell’Awqaf “la proposta fatta è meglio di niente, ma ci auguriamo che le forze politiche maggioritarie in Parlamento tengano conto ed assicurino, come sancito dalla costituzione, i diritti delle minoranze che possono, con le loro competenze e potenzialità, contribuire alla nascita di un Iraq democratico.”

Article 50. Abdallah Al Naufali: "Minorities should be represented wherever they live"

By Baghdadhope

"The [UN] proposal does not include the governorates of Kirkuk and those that make up Kurdistan - Erbil, Dohuk and Suleimaniya - then we hope in a proposal ensuring the representation of minorities wherever they live."
This is the answer given by Mr. Abdallah Al Naufali, head of Iraqi governmental office for the affairs of non-Muslims, to the question made to him by Baghdadhope about the proposal made by the United Nations to representatives of the different political blocs in the Iraqi parliament for the reinstatement of art. 50 previously deleted.
The article 50 assigns to minorities their representation in the provincial councils to be elected within January 31 2009 but its latest version submitted yesterday by Staffan De Mistura, the UN special representative in Iraq, not only decreases the number of seats for minorities, but it also changes the percentage assigning to Christians only 7 seats instead of the 13 planned in the earlier version.
In the text received by Baghdadhope Mr.Abdallah Al Naufali explains his critical position recalling how "the right of minorities to be represented wherever they live come from their being the original people of the country." "In any case," continued the chief of Awqaf "the proposal is better than nothing, but we hope that the majority political forces represented in Parliament will take into account and ensure, as it is ratified in the constitution, the rights of the minorities who can, with their skills and potentialities, contribute to the birth of a democratic Iraq."

28 ottobre 2008

La martyria dei cristiani Caldei in Iraq

Di seguito il testo del discorso di Monsignor Philip Najim all'incontro ecumenico "La speranza alla prova"



La chiesa d'Oriente è una delle chiese più antiche, risale al I° sec d.C. e sin dall’inizio è stata una chiesa devota alla missione e al martirio.
Come ha detto il Patriarca Cardinale Delly, siamo figli dei martiri, e il sangue dei nostri padri e dei nostri nonni, versato per la fede, ancora oggi grida a Dio e chiede aiuto, e noi speriamo che ci protegga da ogni male per conservare la nostra fede che è la nostra ricchezza. La chiesa Caldea si chiama anche Chiesa d’Oriente perché nasce ad oriente dell’Eufrate, ad oriente cioè del confine dell’impero romano.
Fu fondata dai primi apostoli quali S. Tommaso, i suoi discepoli Mar Addai e Mar Mari e dai discepoli di questi che patirono il martirio in Mesopotamia ove hanno portato la buona notizia ai loro fratelli nel regno Partho-Sassanide.
Il loro sangue è diventato un seme per i cristiani il cui numero è aumentato giorno dopo giorno.
I cristiani, per la loro fedeltà e rettitudine, ebbero incarichi importanti nel regno sassanide finché non cominciarono ad essere odiati dai responsabili e dai governanti che li allontanarono e perseguitarono per la loro fede.
Con il re Shabor II iniziò infatti un periodo di 40 anni di persecuzioni tali da far chiamare la chiesa d’oriente, sin dagli anni 339-379, la chiesa dei martiri. Ma potremmo dire anche dei pazienti, visto che i problemi per i cristiani non finirono con la caduta dell’impero sassanide.
Quando, alla metà del settimo secolo, gli arabi musulmani batterono i persiani i cristiani videro nei vincitori chi li avrebbe liberati dal giogo sassanide, ed ancora una volta offrirono il loro prezioso contributo culturale allo sviluppo dell’impero.
Ma anche sotto i musulmani ci furono alti e bassi, e le crociate non contribuirono al bene comune in oriente.
Ci fu quindi un altalenarsi che in qualche modo caratterizzò 14 secoli di convivenza durante i quali la chiesa d’oriente si organizzò e si sviluppò integrandosi nella vita del paese di cui fu ed è una delle forze motrici, assieme alle altre etnie e presenze religiose.
Clicca su "leggi tutto" per l'intero discorso di Monsignor Philip Najim
Dell’Iraq di un tempo tutti ricordano gli splendori, che era un’isola felice dal punto di vista economico e sociale, dove non si parlava di differenze di religione e tutti vivevano insieme in armonia.
Nonostante ciò però con il passare degli anni andava insinuandosi l’associazione di pensiero secondo la quale l’occidente in quanto cristiano fosse cattivo, un collegamento automatico che si rafforzò anche con l’imposizione dell’embargo e che faceva percepire il cristiano come cattivo perché complice di chi lo imponeva. E questo anche se a patirlo siamo stati tutti, cristiani e musulmani innocenti, la gente semplice. Quando, infatti, Giovanni Paolo II inviò il Cardinale Etchegaray in visita in Iraq il suo messaggio denunciò come ingiusto che la gente semplice e innocente pagasse per le colpe di pochi.
Dopo l’embargo arrivò la liberazione che in realtà liberò le forze ostili alla pace e allo sviluppo del paese.
Fu come se, in un turbine di violenza, tutta la forza e la rabbia inespresse per tanti anni fossero venute violentemente alla luce per spazzare via tutto senza distinzioni di sorta. Fazioni contro fazioni, fu il momento delle vendette e delle eliminazioni di chi era malvisto o mal tollerato.
Una buona parte dell’islam si è levata contro il cristianesimo. Nelle prime fasi dell’occupazione abbiamo subito molte violenze, molte perdite, tantissime sono state le chiese che sono state fatte esplodere. La bella Baghdad, la città dalle 50 chiese che oggi sono 51, è diventata un campo di battaglia, neanche la zona verde è sicura, e la pratica del culto rimane a rischio e pericolo dei fedeli e dei sacerdoti.
L’latra pagina dolorosa di questa amara tragedia è quella scritta con il sangue dei nostri ministri. Fin’ora abbiamo avuto ben 16 religiosi rapiti che sono stati rilasciati solo dietro pagamento di ingenti riscatti. Questi sacerdoti o altri hanno subito minacce, percosse, estorsioni, ed è stato chiesto loro di abbandonare la propria fede.
E che dire della triste storia di padre Ragheed a Mosul. Un giovane sacerdote rientrato da poco da Roma, molto coraggioso, che era stato minacciato ripetutamente, ma che teneva aperta la sua chiesa dello Spirito Santo e che doveva essere messo a tacere. “Non posso chiudere la casa di Dio” diceva Padre Ragheed, e così il 3 giugno di due anni fa, all’uscita della chiesa dopo la messa, alcuni uomini da una macchina letteralmente crivellarono di colpi lui e i suoi diaconi. Fu un assassinio a sangue freddo, avvenuto davanti gli occhi increduli di tutti e chi lo uccise, per evitare che fosse soccorso, e senza la carità che si deve ad un corpo a cui è stata appena tolta la vita ingiustamente e barbaramente, circondò i corpi con dell’esplosivo.
Come Cristo in croce deriso ed a cui già morto per sicurezza spezzarono le gambe, così lasciarono Padre Ragheed ed i suoi diaconi. Fu uno chock per tutta la chiesa, per l’Iraq, per i suoi amici e non.
Dopo Padre Ragheed le uccisioni non si sono fermate, e di recente, come sapete, hanno rapito e ucciso anche l’Arcivescovo caldeo di Mosul, Monsignor Raho.
Le modalità di queste barbare uccisioni sono varie e richiamano quelle delle persecuzioni di un tempo.
Siamo nel terzo millennio tanto atteso. Si sperava nel futuro, in un futuro migliore ed invece ecco cosa abbiamo: una situazione sempre peggiore .
Peggiore perché per i non cristiani questi martiri possono non significare nulla, solo barbare uccisioni contro le quali nessuno si leva, nessuno istruisce processi e persegue gli assassini, ma per noi cristiani queste sono un’ennesima sfida, sono una grazia: abbiamo la rinnovata possibilità di spiegare al mondo intero perché Cristo è morto e quale è la bontà di questa morte, quali sono i suoi frutti, perché se non ne ha, come si vorrebbe dimostrare, allora come dice S. Paolo, abbiamo perso tutto. E ciò è contrario alla nostra fede, ed ecco perché in molti non lasciano l’Iraq e non cedono alle minacce affollando chiese e custodendo la millenaria tradizione spirituale dell’oriente cristiano che caratterizza e benedice parte di quella terra e che agli inizi aveva benedetto tutta la Persia, la Mesopotamia, Ninive.
Le case sono state attaccate, i mercati fatti saltare in aria, strade, stazioni, tutto quello che poteva essere distrutto di corredo alla vita umana, è stato distrutto.
Ancora oggi vivono fuori di casa le centinaia, (si parlava di circa 2000, solo nei giorni scorsi!) di famiglie scappate in cerca di sicurezza da Mosul verso i piccoli centri abitati sparsi nelle campagne a nord, e presso i conventi e le chiese.
È stato un acuirsi della violenza a cui eravamo e siamo abituati che si è scatenata nuovamente contro i cristiani le cui case, proprio per non farli tornare, sono state fatte saltare in aria. Pensate un po’.
Per cui come non parlare di martirio della chiesa caldea, di più, della chiesa intera presente sul territorio iracheno. Non solo i caldei soffrono, ma tutti i cristiani e tutte le minoranze. Ma i cristiani non perdono la fede e la speranza tanto che in occasione dell’Anno Paolino 5 chiese di diversi riti saranno visitate dai fedeli per la pratica dell’indulgenza e saranno teatro di diverse attività dedicate ad esso.
Certo, io sono preposto alla chiesa Caldea e come procuratore patriarcale devo parlare a nome della mia chiesa, che è un tutt’uno con la chiesa universale, solo che nel suo particolare, e che attualmente versa in condizioni non favorevoli alla sua stabilità e crescita.
Non solo in Iraq, ma anche in tutto il mondo ove è presente come diaspora. Come avrete sentito dire, e saprete, io sono il visitatore apostolico per la diaspora in Europa, e vi assicuro che anche fuori dall’Iraq i Caldei vivono il martirio, non versano sangue il più delle volte, ma già arrivano spogliati delle loro personalità, e vivono con queste cicatrici per tutto il tempo, nell’attesa di potersi rifare una vita, se venisse data loro la possibilità.
La cosa che forse li tiene in vita è la loro identità etnica prima di tutto e religiosa poi. Si perché noi siamo iracheni prima di tutto, e tutti gli iracheni vivono questo martirio, e poi siamo anche Caldei, cattolici orientali, ma anche i non cattolici, i nostri fratelli assiri e giacobiti, armeni, e le altre confessioni che vivono sul territorio condividono il martirio per la loro fede.
Ma sapete, la fede in Oriente è qualcosa di viscerale, un cristiano orientale vive la sua fede in modo diverso da un cristiano occidentale, non per nulla esiste l’oriente cristiano e l’occidente cristiano: il mondo latino e quello orientale.
E il martirio di questi orientali in diaspora è il non poter avere, anche qui in occidente, nel libero occidente, la possibilità di vivere e praticare la propria fede.
In Iraq, seppur dicono ci sia la libertà di culto, c’è il pericolo che durante le funzioni la chiesa venga fatta saltare in aria. In Europa, se una domenica il fedele è a messa, alla sua divina liturgia, non sa se la domenica successiva avrà la medesima possibilità perché non ci sono sacerdoti sufficienti per la diaspora, e non riescono a soddisfare tutti.
Le gerarchie del luogo non sempre sono pronte o preparate a venirci incontro, anche se è un obbligo grave per loro, come recita il nostro codice, mentre il loro non dice nulla in proposito (can.. 193 CCEO).
Per quella gente che per arrivare ha lasciato tutto, poter partecipare al Qurbana, l’Eucarestia, è un pezzo di paradiso, è risentirsi nella propria pelle, essere a casa, non sapete quanta forza dia loro, e quanto bene faccia loro.
Noi non possiamo saperlo, tutto qui è a portata di mano, tutto è dovuto, quella è gente invece che vive ogni giorno cercando di avere quanto dovrebbe essere il minimo garantito quando invece non è così, né in Iraq, né nei paesi della diaspora.
Ad ogni modo, perché noi siamo iracheni prima di tutto e l’iracheno non si piega facilmente, prova ve ne è data dal Padre Abramo, da Mosè, che sono sempre andati avanti, anche tutti gli iracheni vanno avanti ugualmente, anche se nessuno vendica questo paese dilaniato da un demone assetato di sangue e di ingiustizia.
La forza ci viene dal di dentro, dalla fede, dalla fierezza, non so, dal nostro essere iracheni. Altrimenti mi parrebbe che Padre Ragheed, Monsignor Raho, e tutti gli altri siano morti invano, e non posso crederlo perché chi perde la sua vita per Cristo, in verità la ritrova. Ed allora ritroviamo Padre Ragheed, Monsignor Raho e tutti i martiri cristiani nella vita delle chiese dell’Iraq, aperte e piene nonostante quel che accade.
Un tratto obbligato della storia del cristianesimo è passare per il venerdì santo.
Ma poi c’è la domenica, e questa è la nostra forza e la nostra speranza.


Monsignor Philip Najim

The martyrdom of Chaldean Christians in Iraq

Following the text of the speech by Msgr. Philip Najim for the Ecumenical meeting “La speranza alla prova” Rome, October 28, 2008

Translated by Baghdadhope


The Church of the East is one of the oldest churches, dating back to the first century AD and from the beginning it was a church devoted to mission and martyrdom.
As its Patriarch, Cardinal Delly, told, we are the children of martyrs, and the blood of our fathers and our grandfathers, shed for the faith, still cries to God and asks for help, and we hope that it can protect us from the evil to keep our faith that is our wealth. The name of the Chaldean church is also the Church of the East because it was born to the east of Euphrates, namely to the east of the border of the Roman Empire.
It was founded by the first apostles such as St. Thomas, his disciples Mar Addai and Mar Mari and the disciples of them who suffered martyrdom in Mesopotamia where they brought the Gospel to their brothers living in the Partian-Sassanid kingdom.
Their blood has become a seed for Christians whose number increased day by day.
Christians, for their loyalty and righteousness, had important tasks in the sassanid kingdom until when they began to be hated by the rulers who relieved them of their responsabilities and persecuted them for their faith.
During the reign of Shabor II it began a period of 40 years of persecution (339-379 AD)that made people call the Church of the East the church of martyrs. But we could also say the church of patient faithful because the problems for Christians did not end with the fall of sassanid empire.
When, in mid-seventh century, Arab Muslims fought the Persian, the Christians saw in the winners those who would free them from the sassanid yoke and once again offered their valuable contribution to the cultural development of the empire.
But even under the Muslims there were ups and downs, and the Crusades did not contributed to the common good in the east.
So there was a swing that somehow characterized 14 centuries of coexistence during which the Church of the East organized itself and developed integrating into the life of the country of which it was and is one of the driving forces, along with other ethnic and religious components.

Click on "leggi tutto" for the whole text of the speech by Msgr. Philip Najim
Everyone remembers the old Iraq as a time of splendor, as a happy island from the economic and social point of view, where no one talked about differences in religion and all lived together in harmony. Despite this, however, as the years went by, the association of thought according to which the West as Christian were bad began to creep into people’s mind, it was an automatic link strengthened also by the imposition of the embargo that made perceive the Christian as bad because accomplice of those who had imposed the sanctions. And this even if everyone suffered from it, innocent Christians and Muslims, the simple people.
When, in fact, John Paul II sent Cardinal Etchegaray to visit Iraq in his message he denounced as unfair that the simple and innocent people paid for the sins of a few. After the embargo it came the liberation that actually freed the forces hostile to peace and to the development of the country.
It was as if, in a whirlwind of violence, all the strength and anger unexpressed for many years had come to light for violently sweep away everything without distinction of any kind. Factions against factions, it was the moment of revenge and killing of those who were disliked or poorly tolerated
A great part of Islam raised against Christianity. In the early stages of the occupation we suffered from many violences, many losses, many were the churches that were exploded. The beautiful Baghdad, the city of 50 churches that are now 51, has become a battlefield, even the Green Zone is not safe, and the practice of worship remains a risk for the faithful and the priests.
The other painful page of this bitter tragedy is written with the blood of our ministers. So far no less than 16 religious were kidnapped and released only after the payment of large ransoms. These priests or others suffered from threats, beatings, extortions, and were asked to abandon their faith.
And what can be said of the sad story of Father Ragheed in Mosul? A young priest recently returned from Rome, very brave, who had been repeatedly threatened, but who had kept his church of the Holy Spirit open and for this had to be silenced. "I cannot close the house of God" used to say Father Ragheed, and so two years ago, on June 3, after leaving the church after the Mass, several men from a car riddled with bullets him and his deacons.
It was a cold blood murder occurred in front of the incredulous eyes of the people, and those who killed him, to prevent him and the deacons to be aided, and without the charity that a body from which it has just been taken off life unfairly and cruelly should deserve, surrounded the bodies with explosive. Like Christ on the cross the legs of whom were broken when he was already dead so they left Father Ragheed and his deacons. It was a chock for the whole church, for Iraq, for its friends.
After Father Ragheed the killings did not stop and recently, as you know, the Chaldean archbishop of Mosul, Monsignor Raho, was kidnapped and killed. The details of these barbaric killings are different and recall the persecutions of the past.
We are living in the long-awaited third millennium. We hoped in the future, in a better future and instead this is what we have: a worser situation.
Worse because for non-Christians these martyrs may mean nothing, just barbaric killings against which no-one rises, no one brings an action and pursue the murderers, but for us Christians they are yet another challenge, a grace: we have the new possibility to explain to the world why Christ died and what is the goodness of His death, what are its fruits, because if it has no fruits, as someone would like to demonstrate, then as Saint Paul said, we lost everything.
This is contrary to our faith, and that is why many Christians do not leave Iraq and not give in to threats crowding the churches and preserving the millenary spiritual tradition of the Christian east that characterizes and blesses part of that land, and that from the beginning blessed all Persia, Mesopotamia, Nineveh.
The houses were attacked, the markets were exploded, streets, stations, all that could be destroyed to support human life has been destroyed.
Still today hundreds of families that fled in search of safety from Mosul to the small towns scattered in the countryside in the north, to the monasteries and to the churches are living out of their homes.(it is said they were about 2000, only a few days ago!) It was an escalation of violence to which we were and we are used that was again unleashed against Christians whose homes, for preventing them to return, were exploded.
How could we not mention the martyrdom of the Chaldean church,or more, of the Church present in the whole Iraq. Not only the Chaldeans are suffering, but all Christians and all minorities. But Christians do not lose faith and hope and for the year dedicated to Saint Paul five churches of different rites will be visited by the faithful for the practice of indulgence and will be the scene of different activities dedicated to the Saint.
I am talking of the Chaldean church and as patriarchal procurator I must speak on behalf of my church, which is all in one with the universal church, only in its particular, and that currently is living in conditions not favourable for its stability and growth.
Not only in Iraq but also throughout the world where it is present as diaspora. As you have heard, and you know, I am the Apostolic Visitator to the diaspora in Europe, and I assure you that even outside Iraq the Chaldeans are living martyrdom, they do not shed blood, but they already arrive here stripped of their personality, and live with these scars all along, waiting to build a new life if given an opportunity.
Maybe what keeps them alive is their ethnic identity first of all and then the religious one. It is because we are Iraqis first and foremost, and all Iraqis live this martyrdom, and then we are Chaldeans, Eastern Catholics, but also non-Catholics, our Assyrian, Jacobite, Armenian brothers and other denominations who live in Iraq and share martyrdom for their faith.
But, you know, faith in the East is something visceral, an eastern Christian lives his faith differently from a western one, that’s why there is the Christian East and the Christian West, the Latin world and the Eastern one. And the martyrdom of those eastern people living in diaspora is not to have the possibility, even here in the West, in the free West, to live and practice their faith.
In Iraq, though they say there is freedom of worship, there is the danger for the churches to be exploded during the masses. In Europe, if a faithful goes to Mass on Sunday, to his divine liturgy, he does not know whether the following Sunday he will have the same opportunity because there are not enough priests for the diaspora, and they cannot satisfy everyone. The hierarchy are not always ready or prepared to meet our needs, even if it is a serious obligation for them, as our code says, while their says anything about this (Can.. CCEO 193).
For those people who left everything to get here, to participate to Qurbana, the Eucaristia, is a piece of paradise, means feeling again in their own skin, being at home, and you do not know how much strength it gives to them, how good is for them. We cannot know, everything here is within reach, everything is due, that is people who live every day trying to get what should be the minimum guaranteed to them while it is not, neither in Iraq nor in the countries of the diaspora. In any case, as we are Iraqis first and foremost and Iraqis do not bend easily, and the evidence of this is given by Father Abraham and by Moses who always went forward, all Iraqis too go ahead anyway, even if nobody avenges this country torn by a demon thirsts for blood and injustice.
The strength comes from within us, from the faith, from the pride, I don’t know, from our being Iraqis. Otherwise it seems to me that Father Ragheed, Monsignor Raho, and all the others died in vain, and I cannot believe it because whoever loses his life for Christ, really finds it again. And so we find again Father Ragheed, Monsignor Raho and all the Christian martyrs in the life of the churches in Iraq, open and full despite what is happening.
A fixed tract of the history of Christianity is going through Good Friday. But then there is Sunday, and that is our strength and our hope.

Msgr. Philip Najim

Iraq: Prime reazioni alla modifica dell'articolo 50. Warduni: "Un'elemosina"

By Baghdadhope

Come previsto la proposta di modifica dell'articolo 50 che regola la rappresentatività delle minoranze in seno ai consigli provinciali che saranno eletti in Iraq entro il prossimo gennaio ha iniziato subito a suscitare proteste.

Il SIR ha intervistato a proposito il Patriarca Vicario caldeo Monsignor Shleimun Warduni:

IRAQ: WARDUNI (BAGHDAD), “PROPOSTA ONU SU ART.50 È UNA ELEMOSINA”

“Una elemosina”. Così il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, parlando al Sir, stigmatizza la proposta di Staffan de Mistura, l'inviato dell'Onu in Iraq, per reintegrare l’art. 50 nella legge elettorale dei Consigli provinciali che garantisce una rappresentanza alle minoranze. Il piano De Mistura prevede però alcune differenze rispetto alla originaria stesura dell’articolo. Come spiega il sito Baghdadhope, infatti, “le province che dovrebbero destinare i seggi alle minoranze non sono più 6 ma 3. Mancano le province di Dohuk, Erbil e Kirkuk mentre rimangono Baghdad, Ninive e Bassora. I seggi delle minoranze che prima erano 15 ora sono 12. I cristiani cui prima erano destinati 12 seggi su 15 ora se ne vedono assegnati solo 7, agli Yazidi cui prima era assegnato 1 solo seggio a Ninive ora ne avranno 3, resta uguale la situazione per gli Shabak, 1 seggio a Ninive, mentre compare solo ora la minoranza mandea cui viene assegnato 1 seggio a Baghdad”.
“Perché De Mistura invece di difendere i nostri diritti fa questa proposta per toglierceli?” domanda con forza il presule. “Forse l’Onu, la comunità internazionale, l’Europa, si sentono Dio per darci un’elemosina quando si tratta di nostri diritti? Vogliamo la legge come era prima, vogliamo essere rispettati come cittadini iracheni. Chiediamo al Governo di ripristinare l’art. 50. Esiste un diritto nel mondo o la giustizia è finita?”.

Iraq: first reactions to changes of Article 50. Warduni: "It's a sop"

By Baghdadhope

As foreseen the proposal to amend Article 50 which regulates the representation of minorities within the provincial councils to be elected in Iraq within next January has begun to raise protests.

SIR interviewed the Chaldean Vicar Patriarch Msgr. Shleimun Warduni about the UN proposal:

IRAQ: WARDUNI (BAGHDAD), “THE UN PROPOSAL FOR ART.50 IS JUST A SOP”
“A sop”. This is how the patriarchal vicar of Baghdad, mgr. Shlemon Warduni, speaking with SIR, censures the proposal submitted by Staffan de Mistura, the UN envoy to Iraq, to reinstate art. 50 into the electoral law of the provincial councils, giving representative powers to the minorities. De Mistura’s plan, however, is slightly different from the original article. As explained by the website Baghdadhope, “the provinces which should allocate seats to minorities are no longer 6, but 3. The provinces of Dohuk, Erbil and Kirkuk are missing, while Baghdad, Ninive and Bassora are still there. The seats of the minorities that used to be 15 are now 12. The Christians who used to be allocated 12 seats out of 15 now have just 7, the Yazidis who used to have just 1 seat in Ninive will now have 3; the situation will not change for the Shabaks, 1 seat in Ninive, while the Mandeian minority makes its appearance just now with 1 seat in Baghdad”.
“Why, instead of defending our rights, is De Mistura making this proposal to take them away from us?”, the prelate cries out. “Do the UN, the international community, Europe maybe feel they are omnipotent to give us just a sop when these are our own rights? We want the law as it used to be, we want to be respected as Iraqi citizens. We are asking the Government to reinstate article 50. Is there a right in the world or is justice just over?”.

Articolo 50: una proposta di compromesso dalle Nazioni Unite

By Baghdadhope

Quando,
lo scorso settembre, il parlamento iracheno aveva cancellato dalla legge che avrebbe regolato le elezioni di 14 consigli provinciali che si terranno il prossimo gennaio l’articolo (50) che stabiliva che in 6 di esse venissero riservati dei seggi alle minoranze, il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Iraq, Staffan De Mistura, si era impegnato a fare di tutto per reintegrare l’articolo la cui cancellazione aveva suscitato forti proteste in tutto il paese.
Ieri, 27 ottobre, De Mistura ha presentato al parlamento iracheno una proposta per la sua reintegrazione che però, a ben considerare, presenta delle evidenti differenze dall’articolo 50.
Prima cosa di tutto le province che dovrebbero destinare i seggi alle minoranze non sono più 6 ma 3. Assenti sono infatti nella proposta delle NU le province di Dohuk, Erbil e Kirkuk mentre rimangono quelle di Baghdad, Ninive e Bassora.
I seggi destinati alle minoranze che prima erano 15 ora diventano 12. La stessa percentuale assegnata alle diverse minoranze in questi 12 è cambiata. I cristiani cui prima erano destinati 12 seggi su 15 ora se ne vedono assegnati solo 7, (3 a Baghdad, 3 a Ninive ed 1 a Bassora) agli Yazidi cui prima era assegnato un solo seggio a Ninive ora potranno contare su ben 3 seggi in quella città, resta uguale la situazione per gli Shabak con la conferma di un unico seggio a Ninive, mentre compare solo ora la minoranza mandea cui viene assegnato un seggio a Baghdad.
Sebbene queste nuove assegnazioni proposte rendano giustizia all’antica seppur esigua minoranza mandea e riconfermino la quota per gli Shabak, il salto da uno a tre seggi per la minoranza yazida appare singolare, specialmente se paragonato alla “perdita” di seggi per la minoranza cristiana. Una perdita pesante a considerare i consigli provinciali in cui essi non saranno rappresentati con le proprie liste ed i propri candidati. Nella provincia di Dohuk vivono da sempre molti cristiani e la loro cancellazione dai consigli non mancherà di suscitare proteste, specialmente tra chi da sempre chiama Dohuk “Nohadra” e la provincia “terra assira occupata” e che vedrà nella mancata rappresentatività dei partiti cristiani l’ennesimo tentativo di “kurdizzazione” dell’area. Analoga accusa si eleverà dalla provincia di Erbil che negli ultimi anni ha visto aumentare vertiginosamente il numero dei cristiani che vi si sono rifugiati a seguito della fuga che da anni interessa la comunità di tutto il paese e che è capitale del Governo Regionale Curdo. Anche Kirkuk, città con immensi giacimenti petroliferi, con uno status ancora da definire (ricadrà sotto il governo centrale di Baghdad o sotto quello curdo di Erbil che la reclama come capitale “storica” del Kurdistan?) e con la presenza di tutte le etnie e religioni del paese, compresi i turcomanni, non avrà dei rappresentanti cristiani nel consiglio e certo non è questo un bel segno di democrazia.
E come tale sarà interpretato dai cristiani le cui richieste politiche sono state nell’ultimo mese “soffocate” dall’urgenza di Mosul da dove in migliaia sono fuggiti a seguito degli omicidi, delle minacce e delle violenze che hanno colpito la comunità.
Intanto, in attesa della definitiva approvazione della proposta delle NU il portavoce del parlamento iracheno, Mahmoud Al-Mashhadani, ha dichiarato come i rappresentanti dei diversi blocchi parlamentari siano, almeno in linea di principio, ad essa favorevoli.

Ma cosa pensa di questa soluzione di compromesso Monsignor Philip Najim che da Roma già da settembre aveva espresso il proprio
disappunto per la cancellazione dell’articolo 50?
Baghdadhope glielo ha chiesto.
“Ho letto della proposta delle Nazioni Unite. Ora si tratterà di aspettare la decisione finale del Parlamento iracheno. Ribadisco comunque che la rappresentatività nell’ambito dei consigli provinciali delle componenti del paese non maggioritarie – e per inciso lodo il fatto che essa sia stata prevista anche per la comunità mandea – per quanto giusta, e testimone del cammino del paese verso la tanto auspicata democrazia, non deve far perdere di vista il punto centrale della questione: tutti i cittadini iracheni, “tutti”, devono poter contare sul rispetto dei propri diritti sull’intero territorio nazionale, e non solo dove saranno rappresentati nei consigli provinciali. Temo comunque che se la proposta dovesse passare nei termini esposti ieri le proteste non mancheranno. I prossimi giorni e le prossime decisioni parlamentari saranno decisivi.”

Article 50: a proposal of compromise by the United Nations

By Baghdadhope

When, on last September, the Iraqi parliament cancelled by the law that would rule the elections for 14 provincial councils to be held within next January the Article 50, which fixed a certain number of seats for minorities in 6 of them, the special representative of the United Nations in Iraq, Staffan De Mistura, committed himself to do everything possible to reinstate the article the cancellation of which had raised strong protests across the whole country.
Yesterday, October 27, De Mistura presented to the Iraqi parliament a proposal for its reinstatement that presents obvious differences from Article 50.
First of all the provinces which are expected to allocate seats for minorities are not 6, as before, but 3. Absent in the UN proposal are the provinces of Dohuk, Erbil and Kirkuk, while the remaining are those of Baghdad, Basra and Nineveh.
The seats for minorities that were 15 before now become 12.
The same percentage allocated to the different minorities has changed. Christians in art. 50 had 12 seats out of the total of 15, and now they are allocated only 7 (3 in Baghdad, 3 in Nineveh and 1 in Basra), Yazides who were before assigned a single seat in Nineveh can now count on 3 seats in that city, the situation remains the same for the Shabak with the confirmation of a single seat in Nineveh, while appears only now the Mandean minority to which a seat is assigned in Baghdad.
Although these new proposal gives justice to the ancient even if small Mandean minority, and confirm the seat for the Shabak, the jump from one to three seats for the Yazides minority appears as singular, especially when compared to the "loss" of seats for the Christian one. A heavy loss to consider the provincial councils in which they will not be represented by their own lists and candidates. In the province of Dohuk live many Christians and the removal of their representatives from the council will raise protests, especially among those who always called Dohuk "Nohadra" and the province "Assyrian occupied land" and who will see in the cancellation of the Christian political parties the latest attempt of "kurdification" of the area. A similar accusation will raise in the province of Erbil where in recent years the number of Christians fled there from all over the country escaping the violence increased dramatically, and that is the capital of the Kurdistan Regional Government.
Even Kirkuk, a city with huge oil reserves, with a status yet to be determined (will it fall under the control of central government in Baghdad or under the Kurdish one in Erbil that claims it as the “historical” capital of Kurdistan?), and with the presence of all ethnicities and religions in the country, including Turkmens, will not have Christian representatives in the council and certainly this is not a good sign of democracy.
As such it will be interpreted by Christians whose political demands in the last month were "suffocated" by the events occurred in Mosul where thousands fled the killings, the threats and the violence that hit the community. Meanwhile, pending the final approval of the UN proposal the spokesman of Iraqi parliament, Mahmoud al-Mashhadani, said that the representatives of the different parliamentary blocs are, at least in principle, favorable to it.

But what does Msgr.Philip Najim, who from Rome in September already expressed his disappointment for the cancellation of Article 50, think of this solution of compromise?
Baghdadhope
questioned him about it.
"I read the proposal made by the United Nations. Now we have to wait for the final decision of the Iraqi Parliament. I say again, however, that the representation in the provincial councils of the non-majority components of the country - and incidentally I praise the fact that it has been planned also for the Mandean community – even if just and witness of the path towards the so much desired democracy, must not lose sight of the central point of the matter: all Iraqi citizens, "all of them" should be able to have their rights respected throughout the country, not just where they will be represented in the provincial councils. I fear that if the proposal will be approved in the terms exposed yesterday it will raise protests. The next few days and the next parliamentary decisions will be decisive."

27 ottobre 2008

Vescovo caldeo: Appello per Mosul, svuotata dei cristiani

Fonte: Asianews

di Rabban Al-Qas

La situazione di Mosul (nord Iraq) continua ad essere incandescente. In poche settimane vi sono stati 14 morti e oltre 10 mila cristiani in fuga. Le autorità si rimbalzano l’un l’altro le responsabilità, mentre sale la carneficina. Mons. Rabban Al Qas, vescovo di Arbil ci ha inviato questo appello che volentieri pubblichiamo. Intanto, lo stesso vescovo informa che da domani e per tre giorni 12 vescovi caldei si incontrano ad Erbil insieme al Nunzio vaticano in Iraq per valutare la situazione.

Mediante l’agenzia AsiaNews voglio invitare tutti gli uomini di buona volontà, coloro che rispettano l’uomo e tutti i credenti in Dio a condannare con forza i crimini che vengono perpetrati contro i cristiani in Iraq, e in particolare quelli che avvengono a Mosul in questi ultimi giorni.
Mi conforta l’appello che il Santo Padre Benedetto XVI ha lanciato ieri all’Angelus. Il Papa è l’unico che non ci dimentica e le sue parole mostrano quanto noi siamo vicini al suo cuore.
Il suo appello di ieri domandava anche un impegno più deciso delle “autorità civili e religiose” a ristabilire la legalità e la convivenza.
Quanto avviene oggi a Mosul è frutto proprio di questa immobilità statale, insieme a una mentalità contorta, fanatica e integrista.
Questa tragedia – che ricorda la situazione dei cristiani nei primi secoli – è cominciata subito dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003. Migliaia di cristiani e di kurdi musulmani sono stati cacciati, uccisi, rapiti, obbligati ad abbandonare Mosul. Ormai restano meno di un quarto della popolazione cristiana di un tempo.
Le minacce, le sanzioni, le discriminazioni, i riscatti, la propaganda islamica nelle scuole, gli slogan sui muri, hanno spinto perfino i musulmani moderati a non difendere più i loro fratelli cristiani dall’intolleranza. Una volta essi aprivano le loro case ai cristiani; ora per paura del fanatismo e del terrorismo, non osano nemmeno mostrarsi amici o conoscenti dei cristiani.
Ciò che succede in questi giorni è frutto di un lungo silenzio del primo ministro irakeno e del suo governo di Baghdad, incapace di fermare l’ondata di violenze contro i cristiani. Ciò che succede in questi giorni è responsabilità loro, senza dimenticare le responsabilità delle forze americane e dei rappresentanti delle Nazioni Unite. Quello che succede a Mosul avviene sotto i loro occhi: i terroristi uccidono, mettono bombe alle case e alle chiese, cacciano via i cristiani senza che le autorità di Mosul facciano un minimo gesto in difesa di coloro la cui colpa è solo quella di essere discepoli di Gesù Cristo.
Davanti a questo quadro triste e terribile, io rinnovo il mio appello al premier al-Maliki, che dichiara “Al Qaeda responsabile di tutto ciò”. Invece tocca a lui, come autorità, ristabilire la pace senza scaricarsi delle responsabilità verso i cristiani. La costituzione deve riconoscere e assicurare i diritti di tutti, compresi i cristiani. Fino ad ora l’unico asilo sicuro dei cristiani irakeni è solo la zona del Kurdistan.
Il mio appello si rivolge anche al mondo musulmano perché denuncino ciò che succede a Mosul, perché l’amore e il rispetto dell’altro possa rendere tutti gli uomini più felici vivendo nella pace.

Chaldean bishop: appeal for Mosul, emptied of Christians

Source: Asianews

by Rabban Al-Qas

The situation in Mosul (in northern Iraq) remains incendiary. In just a few weeks, there have been 14 deaths and more than 10,000 Christians have left. The authorities are shuffling the responsibility to each other, while the carnage worsens. Rabban Al Qas, bishop of Arbil, has sent us this appeal, which we gladly publish. Meanwhile, the bishop also says that starting tomorrow, for three days, 12 Chaldean bishops will meet in Erbil together with the Vatican nuncio in Iraq to evaluate the situation.

Through the agency AsiaNews, I wish to call upon all men of good will, those who respect man, and all believers in God to forcefully condemn the crimes that are being perpetrated against the Christians in Iraq, and in particular those taking place in Mosul in recent days.
I have been encouraged by the appeal that the Holy Father Benedict XVI issued yesterday at the Angelus. The pope is the only one who is not forgetting us, and his words demonstrate how close we are to his heart.
His appeal yesterday also asked for a more decisive commitment on the part of "civil and religious authorities" to reestablish the rule of law and coexistence.
What is taking place in Mosul today is precisely a result of this immobility on the part of the state, together with a distorted, fanatical, and fundamentalist mentality.
This tragedy - which recalls the situation of the Christians in the early centuries - began immediately after the fall of Saddam Hussein in 2003. Thousands of Christians and Muslim Kurds have been driven out, killed, kidnapped, forced to leave Mosul. Less than one quarter of the former Christian population has remained.
Threats, sanctions, discrimination, blackmail, Islamic propaganda in the schools, slogans on the walls, have driven even the moderate Muslims to stop defending their Christian brothers from intolerance. Once they used to open their homes to the Christians; now, out of fear of fanaticism and terrorism, they do not even dare show that they are friends or acquaintances of Christians.
What is taking place in these days is the result of a long silence on the part of the Iraqi prime minister and of the government of Baghdad, which has been unable to stop the wave of violence against Christians. What is taking place in these days is their responsibility, without forgetting the responsibilities of the American forces and representatives of the United Nations. What is taking place in Mosul is happening right in front of their eyes: the terrorists are killing, placing bombs in homes and churches, driving out the Christians without the slightest effort by the authorities of Mosul to defend those whose only fault is that they are disciples of Jesus Christ.
In the face of this sad and terrible picture, I renew my appeal to Prime Minister al-Maliki, who has said that "Al Qaeda is responsible for all of this." Instead, it is up to him, as the authority, to reestablish peace without shirking his responsibility toward the Christians. The constitution must recognize and ensure the rights of all, including the Christians. Until now, the only safe haven for Iraqi Christians has been the area of Kurdistan.
My appeal is also addressed to the Muslim world, that they may denounce what is taking place in Mosul, and so that love and respect of the other may make all men happier as they live in peace.