"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

31 gennaio 2023

In Iraq, sulle orme di padre Paolo Dall’Oglio

Anna Pozzi

Visita al monastero di Maryam al-Adhra, un luogo di dialogo e pace nel Kurdistan iracheno, dove padre Jens e suor Friederike portano avanti la spiritualità di padre Dall’Oglio nel cuore di una grande città.

Lo si scorge solo all’ultimo momento e solo se lo si sta cercando: nel cuore del cuore di Sulaymaniyya, tra stradine strette e vicoli pedonali, bottegucce e sale da tè, finalmente dietro un angolo appaiono un grande edificio, non molti dissimile da quelli tutt’intorno, e un piccolo campanile. 
È proprio quest’ultimo – e quest’unico – che ci indica che siamo arrivati. Contrariamente alla gran parte dei monasteri che vanno “conquistati” inerpicandosi sulle montagne, quello di Deir Maryam al-Adhra (Vergine Maria) va letteralmente scovato nella parte più antica della seconda città più grande del Kurdistan iracheno: due milioni di abitanti, quasi tutti musulmani e una manciata di cristiani di diverse confessioni. 
Poi c’è questo monastero, nato 11 anni fa da quel che restava di una parrocchia abbandonata. Con una duplice radice: quella che lo lega a questo territorio e alla storia di un cristianesimo antichissimo di cui però restano poche tracce; e quella che lo connette all’esperienza della comunità al-Khalil e del monastero di Mar Musa in Siria che lo ha “germinato” e al suo fondatore, padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito il 29 luglio 2013 a Raqqa.
Padre Jens e suor Friederike si illuminano quando si parla di lui. Svizzero lui, tedesca lei, si sono imbattuti in Dall’Oglio mentre erano in cammino sia in senso reale che figurato. Ed è grazie a lui che oggi sono lì; il suo carisma e la sua ispirazione, la sua radicalità e la sua spiritualità hanno cambiato le loro vite.
Padre Jens era partito via terra per andare in Giappone. Arrivato in Siria, lo avevano portato nel monastero di Mar Musa. «Lo ricordo come se fosse ieri – racconta -: mentre ripartivo, padre Paolo mi salutò dicendo: “Non ti dico addio, perché domani ritornerai”. Lo trovai un po’ strano. A quel tempo non ero neppure battezzato ed ero attratto dal mondo giapponese. Poi effettivamente sono tornato più volte a Mar Musa e per periodi sempre più lunghi, finché vi ho trascorso un anno intero come volontario. A quel tempo tutto mi appariva troppo bello: il luogo, gli incontri, la possibilità di parlare ogni giorno lingue diverse con persone diverse… Vivevo una sorta di iperventilazione culturale. Per questo ho deciso che dovevo tornare in Svizzera per prendere un po’ di distanza da quel vissuto che tanto mi entusiasmava e per poter riflettere più “a freddo”. Alla fine ho deciso di chiedere di far parte della comunità».
Nel 1996, Jens riceve il Battesimo e nel 2000 entra in comunità. È stato lui, a fine 2011, ad avviare l’esperienza di Deir Maryam al-Adhra a Sulaymaniyya, su invito di monsignor Louis Sako, allora arcivescovo di Kirkuk e oggi patriarca di Babilonia dei Caldei, che aveva chiesto a padre Paolo di avviare anche lì una presenza cristiana in dialogo con l’islam nello stile di Mar Musa.
Friederike invece è arrivata qui nel 2013. Anche lei facendo un percorso partito da lontano, in tutti i sensi. Tedesca, lavorava in campo teatrale e come mimo ed era particolarmente affascinata dalla spiritualità sufi: «Nelle mie preghiere vedevo un monastero nel deserto, sentivo come una chiamata… Ho conosciuto l’esperienza di Tibhirine e ho capito che era proprio quel tipo di spiritualità che cercavo. Avevo un’immagine molto forte. E quando mi sono imbattuta in Mar Musa ho capito che quello era il mio posto».
Friederike vi si reca per la prima volta nel 2008 e vi trascorre cinque settimane. «Padre Paolo – ricorda – mi invitava a condividere alcuni momenti della comunità. Poi mi sono recata al monastero di Mar Elian, nella città di Qaryatayn, e ho sentito che quello era proprio il tipo di spiritualità che cercavo». Da lì, Friederike intraprende tutto il percorso che la porterà a diventare suora nella comunità monastica al-Khalil, che oggi conta otto religiosi e religiose con i voti perpetui, un novizio e un paio di postulanti suddivisi in quattro monasteri: Mar Musa e Mar Elian in Siria, Maryam al-Adhra in Kurdistan iracheno e San Salvatore a Cori, in provincia di Latina.
«Nel 2012 – continua suor Friederike – la presenza in Siria era diventata troppo pericolosa a causa dell’avanzata dello Stato Islamico. Padre Paolo era già partito e anch’io ho deciso di venire qui a Sulaymaniyya».
Gli anni successivi sono disseminati di tragedie: nel 2013 padre Paolo viene rapito e da allora non si hanno sue notizie; nel 2015 anche padre Jacques Mourad, rettore del monastero di Mar Elian, viene sequestrato per cinque mesi dai miliziani jihadisti, prima da solo poi con altri 150 cristiani della città di Qaryatayn; nel 2016, pure il monastero, che custodisce le reliquie di san Elia (miracolosamente salvate), viene attaccato e semidistrutto. In tutto questo lungo periodo di violenze e sofferenze, solo il monastero di Sulaymaniyya è rimasto un luogo di relativa pace anche se le conseguenze della guerra sono arrivate sin lì; in tutto il Kurdistan iracheno, infatti, si sono riversati milioni di profughi in fuga sia dal Sud dell’Iraq che dalla Siria. E così anche il monastero di Deir Maryam al-Adhra diviene una base e un rifugio sia per i monaci non siriani della comunità – incluso padre Paolo che partirà da qui per recarsi a Raqqa nel luglio del 2013 – sia per i profughi. Dal 2014 al 2017, infatti, la comunità si adopera moltissimo per l’ospitalità e il sostegno di circa 50 famiglie cristiane (250 persone in tutto) in fuga dalla piana di Ninive, invasa dall’Isis.
«Li abbiamo ospitati per tre anni in monastero, in tre case e in alcuni prefabbricati. Oggi, un terzo di loro è riuscito a fuggire all’estero, molti sono tornati a casa, mentre alcuni sono rimasti principalmente nella periferia di Erbil», spiega padre Jens.
«Ancora oggi – aggiunge suor Friederike – cerchiamo di assistere in vario modo profughi e sfollati di varie provenienze che si trovano nell’area di Sulaymaniyya. Non solo però. Il monastero attualmente è soprattutto uno spazio aperto e di dialogo con la società locale, specialmente con giovani e adulti che frequentano la biblioteca e i molti corsi che organizziamo: lingue, giornalismo, fotografia, teatro, formazione professionale, ma anche workshop e conferenze in particolare sui temi del dialogo, della pace e della convivenza».
«I cristiani – spiega padre Jens – sono una piccolissima minoranza di circa 2.300 persone su una popolazione di 2 milioni di abitanti. Sono sostanzialmente divisi in tre gruppi. Il primo è composto da 500-600 persone che vivono qui da tre generazioni, parlano curdo e si vestono come i curdi; in maggioranza sono caldei, ma ci sono anche alcuni assiri e due famiglie armene. Un secondo gruppo è composto da 400-500 persone fuggite dall’Iraq dopo le violenze del 2003; si tratta principalmente di caldei e siro-cattolici. Infine, il terzo gruppo è composto da cristiani che sono fuggiti dagli attacchi dell’Isis nel 2014; sono circa 400 e in parte hanno trovato lavoro qui e non pensano di fare ritorno alle loro terre d’origine perché hanno perso tutto. Ci sono poi diversi stranieri che sono cristiani, ma poco praticanti: una ventina circa partecipa alla Messa festiva celebrata in lingua inglese».
In città ci sono anche una parrocchia caldea, una chiesa copta, quattro gruppi di protestanti evangelici; nel quartiere del monastero c’erano anche degli ebrei e ancora oggi ci sono alcune donne di origine ebraica che hanno sposato uomini musulmani. Il cuore di Sulaymaniyya è, in piccolo, lo specchio di un Paese in cui si parla una grande varietà di lingue (curdo, arabo, neo-aramaico, turcomanno, ecc.) e dove sono presenti varie componenti etnico-religiose: musulmani sunniti e sciiti nelle varie correnti e con una radicata tradizione sufi; cristiani appartenenti alle Chiese caldea, siro-cattolica, siro-ortodossa, protestanti; ma anche zoroastriani, yazidi, manichei, kakai… Insomma, come spesso accade in Medio Oriente, anche in questo angolo di Kurdistan iracheno si condensano pezzi di storia antichi e complessi, che mostrano molte crepe e grandi fatiche, ma anche un fascino tutto particolare.
Pure la chiesa del monastero racconta una vicenda travagliata. Ispirata a un edificio simile di Sanandaj, nel Kurdistan iraniano, è stata costruita da cristiani dell’Iran nel 1862; è uno degli edifici più antichi di Suleymaniyya. Ma nel 1923-1924 è stata pesantemente bombardata dagli inglesi e molto danneggiata; tutti i registri sono stati bruciati. Negli anni Cinquanta aveva ancora tre navate e successivamente è stata allargata di alcuni metri. Adesso avrebbe bisogno di importanti restauri, come anche il chiostro e una parte dell’edificio del monastero.
Padre Jens è ben consapevole delle difficoltà, ma guarda avanti fiducioso. E ci mostra due “dettagli” che come sempre significano molto: un drappo tradizionale sull’altare realizzato da una donna che ne ha tessuto uno simile per il Papa in visita in Iraq nel marzo 2021; e una piccola immagine della Madonna, in una nicchia in cortile, un mosaico di pregevole fattura dell’artista padre Marko Ivan Rupnik. Ma in fondo, tutta la storia dei cristiani di queste terre – e anche di questo stesso monastero – è costellata di tanti piccoli e grandi miracoli.

24 gennaio 2023

New convent beckons Christians to return to Iraq

By Aid to the Church in Need (USA)
Felipe d’Avillez and Fadi Essa

“WE MUST HAVE FAITH TO REBUILD THE VILLAGE, AND YOU ARE A SIGN OF THAT FAITH,” Archbishop Thabet told dozens of Dominican sisters gathered for the inauguration of their new Convent of Saint Joseph.
Batnaya used to be an important hub of Christian life on the Nineveh Plain, in northern Iraq. Around 5,000 Christians, almost all Chaldean Catholics, lived in the village in 2014, but the entire population had to flee when terrorists from the Islamic State (ISIS) overran the region in August of that year.
The jihadist terror group was eventually defeated, but the buildings, including two important churches, were almost destroyed, and the population scattered, some to refugee camps, while others emigrated.
But the Dominican sisters were not willing to give up on their village and their community. Set on returning to Batnaya, they first moved into a house that was loaned to them by a generous resident, before their new Convent of Saint Joseph was built, largely with financial support from Aid to the Church in Need (ACN).
Speaking at the consecration ceremony of the new building on December 18, Archbishop Paul Thabet, of the Chaldean Archdiocese of Alqosh, said that this new construction was about more than bricks and mortar—it was about giving life and hope to the community.
“Consecration is a call through which God builds up the Kingdom of Heaven. Wherever monastics come, they can change the desert into a paradise, and the presence of the nuns and their coming to the stricken and demolished village is a sign of great reconstruction. We are not only rebuilding stones, but we are also restoring humanity,” said the archbishop.
“The presence of the nuns in this village is a sign of encouragement for all the people of the village to return, too. Under the destruction we also see signs of true beauty, the beauty of the soul that you want to build. So, the presence of the monks, nuns, and the Church is a sign of encouragement for our brothers and sisters from this town. We Christians in Iraq have a deep wound; this wound must be healed by faith, and you are the sign of this faith,” he told the many sisters who gathered in the chapel of the convent for the blessing.
Now, the archbishop continued, it is time for other citizens to return as well. 
“Your name and identity are in Batnaya and your roots are in Batnaya, not in the places of emigration. I also encourage you to support the village and be present in it, because otherwise these roots will dry up, and if that happens then the branches will surely die. We must have faith to rebuild the village.”
Speaking on behalf of the Dominican community, Sister Huda Sheto thanked all those who had contributed to the building of their new convent, specifically mentioning ACN. The nuns, she insisted, are in Batnaya to “accompany the believers, to live their faith, to share their prayers, their lives and their needs, and to provide as many spiritual services as possible,” including education for children in the convent’s kindergarten.
The consecration of the new convent was attended by many residents of the village, as well as local authorities, members of the clergy, and ACN’s representative in Iraq. Local women let out traditional ululating cries of joy as Archbishop Thabet cut the ribbon on the gate and blessed the statue of Saint Joseph outside the convent, and all those present shared a celebratory meal after the event, rejoicing in the fact that life and faith have survived terror and are returning to Batnaya.
ACN has been deeply committed to restoring Christian life in Northern Iraq, and has helped fund many rebuilding projects, including in Batnaya. The organization has called on the international community to help Iraq achieve the stability and economic development it needs now, for its population to stabilize and not seek a better life abroad.

Asia News
25 gennaio 2023

23 gennaio 2023

Padre Jalal Yako: dalla Piana di Ninive ad Assisi

TV Prato

Dal minuto 7.00


La chiesa caldea condanna il rogo di una copia del Corano a Stoccolma

By Baghdadhope* - Patriarcato caldeo - AGI

Foto Patriarcato caldeo

Il Cardinale Louis Raphael Sako, patriarca della chiesa caldea, ha condannato  a nome di tutta la comunità da lui rappresentata il rogo di una copia del Corano avvenuta davanti all'ambasciata turca a Stoccolma ad opera del politico di estrema destra Rasmus Paludan che intendeva così protestare contro il veto di Ankara all'ingresso della Svezia nella NATO. 
Come si legge in una nota pubblicata dal patriarcato caldeo: "Questo comportamento è contrario ai valori umani, religiosi e morali, ferisce i sentimenti di milioni di musulmani nel mondo e alimenta l'incitamento all'odio in un momento in cui il nostro mondo ha bisogno di pace civile.
Gli Stati devono assumersi le proprie responsabilità rispettando il diritto di ogni persona a praticare liberamente la propria fede, devono compiere passi decisi nella protezione delle religioni, dei loro simboli e dei credenti in esse, diffondere uno spirito di amore e fratellanza tra i seguaci delle religioni, immunizzare i cittadini da estremismo e violenza e punire i trasgressori per prevenirne il ripetersi."

12 gennaio 2023

Patriarca caldeo Sako: l’unità delle Chiese non è un “gesto di cortesia”, ma fattore primario per custodire la presenza cristiana in Medio Oriente


“Le Chiese orientali hanno bisogno di una boccata di aria fresca”.
Con queste parole singolari e non scontate il Cardinale iracheno Louis Raphael Sako, Patriarca della Chiesa caldea, ha voluto intitolare la riflessione/appello da lui diffusa in vista della prossima settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio).
Il pronunciamento, diffuso dai canali mediatici del Patriarcato caldeo, contiene considerazioni non retoriche in merito al presente e al futuro delle comunità cristiane in Medio Oriente, e si conclude con un forte appello a trovare con urgenza vie di unità e di comunione fraterna tra i cristiani del Medio Oriente, si si vuole davvero garantire continuità alla presenza delle comunità di battezzati nella regione del mondo in cui è nato, morto e risorto Gesù.
In quella regione – riconosce il Patriarca –le comunità cristiane sono fatalmente condizionate dalla società in cui vivono. Nei Paesi del Medio Oriente, dove la popolazione è in grande maggioranza musulmana, la legislazione che norma la convivenza sociale sembra fissata per sempre sulla base di insegnamenti e regole di matrice religiosa, in un rapporto conflittuale con fenomeni della modernità. I cristiani mediorientali sono condizionati da molti fattori, compresa, a volte, la concorrenza-diffidenza tra le diverse tradizioni ecclesiali, e la sovrapposizione totale tra identità etnico-nazionale e appartenenza ecclesiale.
“Nei giorni scorsi, in occasione del Natale e del Capodanno” ammette il Cardinale iracheno “ho letto le lettere di alcuni sacerdoti, ascoltato le prediche, guardato le loro interviste televisive, e ho trovato superate le idee da loro proposte: Quello che dicevano sembrava non aver relazione con la realtà presente”. Quindi le parole di tante prediche e interventi ecclesiali “non toccano i sentimenti dei destinatari, né alimentano la loro speranza, né donano conforto e ristoro”. E se la situazione continua di questo passo, “le generazioni future saranno senza fede”.
Il Patriarca caldeo lamenta “che le Chiese cattoliche orientali non abbiano beneficiato molto dei lavori del Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965) né del Sinodo per l'Oriente del 2010”. E davanti alle urgenze del presente, la priorità va data al tema dell'unità, tanto più che siamo diventati una minoranza nei nostri Paesi. La nostra forza – prosegue il Primate della Chiesa caldea -  è nella nostra unità armoniosa, garanzia per la nostra sopravvivenza e la nostra continuità nel portare il nostro messaggio”.
L’unità dei battezzati – chiarisce il Patriarca – non vuol dire mortificare o cancellare la ricchezza delle diverse tradizioni teologiche, liturgiche e spirituali delle diverse comunità ecclesiali. L’autentica comunione consiste nell’accettare le differenze e rispettarle attraverso l'umiltà reciproca e l'incontro fraterno. La stessa firma delle dichiarazioni cristologiche comuni sottoscritte dalla gran parte dei Capi delle Chiese orientali non può essere archiviata tra i meri “gesti di cortesia”. La condivisione dichiarata della stessa fede in Cristo deve ispirare cammini di unità, aiutare a superare divisioni e diffidenze.
Quando Costantinopoli era assediata – ricorda per inciso il Patriarca, introducendo un riferimento storico -, “i teologi bizantini discutevano sul sesso degli angeli!” Nel tempo presente, i cristiani sono chiamati a esercitare la vigilanza. In terre segnate da conflitti, discriminazioni, violenze che alimentano esodi e migrazioni. In particolare, “i Capi delle Chiese devono superare divergenze non essenziali, fanatismo e paura per custodire la presenza cristiana in Medio Oriente”. Così che non si estingua una storia disseminata dalla testimonianza di moltitudini di martiri, vero tesoro di Chiese che “portano nei loro corpi il dolore di Cristo”, e per questo perseverano anche nella speranza del proprio risveglio.


9 gennaio 2023

Mar Awgin Kuriakose ordained as Metropolitan of the Chaldean Syrian Church of the East


The Chaldean Syrian Church of the East of India on Sunday ordained Mar Awgin Kuriakose as Metropolitan.
Ordination was held at Marth Mariyam Big Church Cathedral, Thrissur.
The ordination ceremony was presided over by Mar Awa III, Patriarch of the Church of the East based in Erbil in Iraq.
“This the happiest day for Chaldean Syrian Church in India and also for Assyrians all over the world. This ordination will be remembered for generations. This is a historic event,” said the Patriarch.
He expressed gratitude to Mar Aprem for serving the Indian Archdiocese as Metropolitan for 55 years. The Patriarch congratulated new Metropolitan Mar Awgin Kuriakose. He thanked the government of Kerala for treating him as an official guest of the State.
The new Metropolitan requested every member of the Church to work for unity and peace. Mar Awgin has been popular among people with his campaigns like “Don’t waste food” & “Avoid using single- use plastics”.
The new Metropolitan will be the charge of Churches in India and Southern Gulf Countries. Mar Awgin Kuriakose was consecrated as the successor of Mar Aprem, Metropolitan. Mar Awgin will be based in Thrissur where he had earlier served as Patriarchal Administrator.
Mar Aprem, Metropolitan of India; Mar Aprim Athneil, Metropolitan of Syria; Mar Paulus Benjamin, Bishop of Eastern USA; Mar Benyamin, Bishop of New Zealand; Mar Emmanuel, Bishop of Canada; Mar Yohanan Yoseph, Bishop of India and Synod Secretary William Thoma were present.
Ordination of a Metropolitan is being held for the first time in India in the history of Chaldean Syrian Church of the East. Hundreds of devotees attended the function.
A public function was held in the afternoon at Chaldean Syrian Higher Secondary School ground to honour Patriarch Mar Awa III and new Metropolitan Mar Awgin Kuriakose.
Goa Governor S. Sreedharan Pillai inaugurated the public function. Ministers K. Rajan and K. Radhakrishnan; Mayor M.K. Varghese, heads of various Churches, MPs and MLAs attended the programme.

Homs e Mosul, dalle vittime dell’Isis i nuovi vescovi siro-cattolici


Papa Francesco ieri ha dato il suo assenso all’elezioni di due vescovi della Chiesa siro-cattolica dalle storie estremamente significative. Seguendo la procedura del Codice delle Chiese Orientali il Sinodo dei vescovi della Chiesa patriarcale di Antiochia dei Siri ha designato, infatti, i propri arcivescovi di Homs in Sira e della martoriata città irachena di Mosul.
Per Homs - l’antichissima sede episcopale di Emesa, che nel II secolo ha dato anche un papa alla Chiesa cattolica (Aniceto che fu sulla cattedra di Pietro tra il 155 e il 168) - la scelta è caduta su p. Jacques Mourad, originario di Aleppo, che nel 2015 fu trattenuto per 5 mesi nelle proprie mani dall’Isis dopo essere stato rapito nella sua comunità di Mar Elian, nei pressi della città di al Qaryatayn. Un’esperienza drammatica per questo monaco oggi 54enne che è il co-fondatore della Comunità di Mar Mousa, creata in un altro antico monastero della Siria insieme a p. Paolo Dall’Oglio, gesuita italiano, anche lui rapito dall’Isis nell’estate 2013 e scomparso nel nulla come migliaia di vittime siriane della guerra. Nel 2016 - poco dopo la sua liberazione - p. Mourad aveva raccontato in un’intervista alla rivista del Pime Mondo e Missione: “In quei giorni è cambiato il senso della mia vita. E le parole di Charles de Foucauld “Padre, mi consegno nelle tue mani”, hanno acquisito per me una forza nuova”.
Con questo spirito - dopo alcuni anni vissuti nei monasteri di Cori in Italia e di Sulaymanyah nel Kurdistan iracheno - l’anno scorso p. Mourad era tornato ad al Qaryatayn, che si trova propria nella diocesi di Homs. E insieme ai cristiani locali vittime insieme a lui del rapimento ha iniziato il difficile cantiere della ricostruzione. A partire dal monastero stesso di Mar Elian - che custodisce le spoglie di san Giuliano, il grande martire di Emesa – che i jihadisti avevano profanato e distrutto. “Ho detto ai cristiani che il santo ci aveva salvato e redento, offrendo il suo monastero e la sua tomba per noi”.
Una ricostruzione che p. Jacques Mourad ha voluto fortemente come segno di riconciliazione. “Questo lavoro - si legge in una lettera inviata in questi giorni dalla Comunità di Mar Mousa - è stato coronato dalla riconsacrazione della chiesa e della cappella per mano del vescovo siro-cattolico di Damasco, mons. Jihad Battah, e del vescovo siro-ortodosso di Homs, mons. Matta el-Khoury. La presenza dei due vescovi ha costituito un solenne atto di riconciliazione delle due Chiese di Qaryatayn, che in passato avevano avuto forti contrasti sulla proprietà del Monastero stesso. Erano presenti molti sacerdoti della diocesi di Homs e numerosi fedeli di Qaryatayn e dintorni, oltre a molti amici della Comunità. Al termine della messa del 9 settembre, giorno della festa di Mar Elian, le ossa del santo sono state deposte nel sarcofago restaurato che era stato distrutto nel 2015. Due cristiani e due musulmani di Qaryatayn hanno portato le reliquie del santo, per la gioia di tutti. È stata una vera e propria celebrazione nuziale, in cui la comunità musulmana di Qaryatayn ha offerto il pranzo a tutti i presenti, più di 300 persone”.

La ricostruzione è la sfida che attende anche p. Qusay Mubarak Abdullah Hano, 40 anni, scelto dal Sinodo del patriarcato siro-cattolico come proprio vescovo di Mosul, la città irachena che del sedicente Stato Islamico fu la capitale. I siro-cattolici a Mosul e nella Piana di Ninive storicamente sono la seconda grande comunità cristiana accanto a quella caldea, guidata dal 2018 da mons. Najib Mikhael Moussa. Proprio a Qaraqosh, una delle città della Piana di Ninive, il nuovo vescovo siro-cattolico è nato e cresciuto. Al tempo dell’Isis, quando i jihadisti diedero alle fiamme l’episcopio di Mosul, p. Hano è stato esule con gli esuli, svolgendo il suo ministero sacerdotale tra gli sfollati a Erbil. Ora la chiamata a raccogliere l’eredità di mons. Youhanna Boutros Moshe, che ha guidato la comunità siro-cattolica di Mosul durante la lunga tempesta.
Compito che resta ancora oggi estremamente difficile. Come raccontava pochi giorni fa da Mosul al quotidiano iracheno Al 'Alam Al Jadeed il sacerdote siro-cattolico p. Raed Adel, a quasi due anni dalla visita del papa sono appena 150 i cristiani ritornati a Mosul, meno dell’1% della comunità presente prima del dominio della cacciata dell’Isis. Pesa soprattutto la questione delle proprietà dei cristiani che dopo la razzia dei jihadisti9 sono state vendute e stentano ad essere restituite. Le stese autorità locali fanno ben poco per frenare il cambiamento demografico nelle aree un tempo abitate dai cristiani. Anche per questo l’ordinazione episcopale di mons. Hano - che il patriarca di Antiochia dei Siri Ignace Youssif III Younan presiederà il 3 febbraio nella grande chiesa dell’Immacolata a Qaraqosh - sarà un segno importante per una Chiesa che vuole ritrovare il suo posto in una terra dove i cristiani hanno una lunga storia e una vocazione che non vogliono abbandonare.

Elezione dell’Arcivescovo di Mosul dei Siri (Iraq) ed elezione dell’Arcivescovo di Homs dei Siri (Siria)

7 gennaio 2023

Elezione dell’Arcivescovo di Mosul dei Siri (Iraq)
Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale di Antiochia dei Siri ha eletto Arcivescovo di Mosul dei Siri il Rev.do Qusay Mubarak Abdullah (Younan) Hano, al quale il Santo Padre aveva concesso il Suo Assenso.

Curriculum vitae
S.E. Younan Hano è nato a Qaraqosh (Iraq) il 10 settembre 1982, dopo gli studi in infermieristica, ha iniziato la sua formazione seminaristica, dapprima a Baghdad ed in seguito in Libano, ove presso l’Università Saint-Esprit ha conseguito il baccalaureato in filosofia e teologia. Ordinato sacerdote il 29 giugno 2011 per l’Arcieparchia di Mosul dei Siri, è stato vicario della parrocchia Mar Jacob a Qaraqosh, Segretario particolare dell’Arcivescovo, quindi con l’invasione della Piana di Ninive si è occupato degli sfollati Siri presso la Chiesa Mar Shmoni in Erbil, e per due anni Protosincello dell’Arcieparchia. Tra gli altri incarichi affidatigli, quello di insegnante di Sacra Scrittura, curatore di un programma radiofonico, Rappresentante della Chiesa iraqena nel Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, collaboratore del Tribunale inter-rituale di Erbil.
Dal 2019 si trova a Roma per gli studi di Dottorato in Teologia Biblica.
Oltre al siriaco e all’arabo, conosce anche l’inglese e l’italiano.

 Elezione dell’Arcivescovo di Homs dei Siri (Siria)
Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale di Antiochia dei Siri ha eletto Arcivescovo di Homs dei Siri (Siria) il Rev.do Yagop (Jacques) Mourad, al quale il Santo Padre aveva concesso il Suo Assenso.

Curriculum vitae
S.E. Jacques Mourad è nato ad Aleppo (Siria) il 28 giugno 1968. Dopo l’ingresso nel Seminario di Charfet, in Libano, ha proseguito la formazione, conseguendo il baccalaureato in filosofia e teologia, e quindi la licenza in Liturgia presso l’Università Saint-Esprit di Kaslik. Entrato nella Comunità Monastica di Deir Mar Musa Al-Abashi, di cui è confondatore, il 20 luglio 1993 vi ha emesso i voti. Il 28 agosto è stato ordinato sacerdote e incardinato nell’Arcieparchia di Homs dei Siri. Dal 2000 al 2015 è stato incaricato del Convento di Mar Elian e della parrocchia di Qaryatayn. Dopo il rapimento subito dai jihaidisti tra il maggio e l’ottobre 2015, ha soggiornato nei monasteri filiali di Cori (Italia) e Sulaymanyah (Iraq). Rientrato in Siria nel 2020, è vice-superiore della Comunità ed economo, occupandosi dei fedeli di Qaryatayn; è membro del Collegio dei Consultori dell’Arcieparchia di Homs.
Oltre all’arabo, conosce il siriaco, il francese, l’inglese e l’italiano.

3 gennaio 2023

The Patriarchate Holds a Funeral Mass for the Pope Emeritus Benedict XVI


The Chaldean Patriarchate mourns Pope Emeritus Benedict XVI and thanks God for all the graces he bestowed upon the Church and humanity through his services.
The late Pope Emeritus Benedict XVI, was great man of prayer, humble and close to people during their difficulties. 
He established through his writings, a firm and important theological bases for faith stability, promoted approach between Churches and religions focusing on the application of scientific thoughts and logic.
He also extended bridges between people by highlighting: human dignity; fraternity and conviviality; peace and environment; as well as spiritual and moral values.
His resignation in 2013 was a “lesson to learn” for all ecclesiastical and political officials: that when “they” cannot perform “their duties” as required, they better step down.
On this occasion, the Patriarchate will hold a funeral mass on Monday, January 9, 2023, at 5:30 PM, at Saint Joseph Cathedral / Karrada.

2 gennaio 2023

VIDEO ARABIC/ENGLISH: Chaldean Catholic Patriarch of Babylon Cardinal Louis Raphaël I Sako Criticizes Forced Conversion of Christian Minors to Islam, Adds: In Iraq, Christians Are Treated as Second-Class Citizens

By MEMRI 

Photo MEMRI TV

Cardinal Louis Raphaël I Sako
, the Chaldean Catholic Patriarch of Babylon, said in a December 30, 2022 interview on Al-Sharqiya News TV (Iraq) that Christians are treated as “second class citizens” in Iraq.
He explained that certain issues in Iraq “violate the rights of the Christians to the core,” such as conversion of Christian minors to Islam.
He also said that in many situations, Christians convert to Islam in order to enjoy social benefits, and not for religious reasons.

Click on the title or here to watch the video interview 

Only 16 Christian families participated in the new year's celebrations in Maysan: official

January 1, 2023

Only 16 families participated in the new year's celebrations held at Maysan's "Our Lady Chaldean Church" yesterday, Saturday, the representative of the Christian community in the southern governorate, Jalal Daniel, said on Sunday.
"Last year, 25 families attended the event," he said in a statement to Shafaq News Agency.
"We hope that the Christian community manages to recover their usurped land this year," he added, "these properties are originally owned by the Church."
Jalal said he contacted a committee the powerful Shiite cleric Muqtada al-Sadr formed to address this problem and the latter promised to visit the governorate soon.
Iraq is overwhelmingly Muslim but hosts several ancient Christian communities, who now number an estimated 200,000 to 300,000 people from the 1.5 million who lived in the country before the U.S. invasion that toppled Saddam Hussein in 2003.
There are 14 officially recognised Christian sects in Iraq.
Most live in Baghdad, the plains of northern Nineveh governorate and Iraq's self-run Kurdistan region.
Chaldeans are the most numerous of Iraq’s Christians, up to 80% of the group.
The Chaldean Church is Eastern Rite affiliated with the Roman Catholic Church but allowed to keep its traditions and rituals. It originated from the Church of the East in Mesopotamia, which emerged in the early centuries after Jesus Christ.
The church is based in Baghdad and headed by Cardinal Louis Raphael Sako. Most Chaldeans live in Iraq, the United States, Iran and Lebanon. They speak a version of Aramaic, a Semitic language spoken at the time of Jesus.
There are 110 Chaldean churches across Iraq.

Card. Sako: Benedetto XVI un ‘grande teologo’ e ‘profeta’ dei rapporti con l’islam

31 dicembre 2022
Dario Salvi

Foto Patriarcato caldeo
Un pontefice “profetico” nel rapporto con l’islam, un “grande teologo” con espressioni “chiare e comprensibili” e un pastore “vicino all’Iraq e al Medio oriente”.
È il ricordo di Benedetto XVI affidato ad AsiaNews del patriarca di Baghdad dei caldei, card. Louis Raphael Sako, che proprio sotto il pontificato del papa emerito è stato eletto primate della Chiesa caldea, a fine gennaio 2013 e a pochi giorni dalla storica rinuncia al pontificato.
“Per Benedetto XVI - sottolinea il porporato - provo una grande stima. É un uomo di Dio, con un volto luminoso. Forse un giorno nella storia della Chiesa sarà proclamato dottore, per tutto quello che ha lasciato nel campo della teologia. Non abbiamo uno studioso del suo peso, oggi!”.
Papa Ratzinger, prosegue il card. Sako raggiunto al telefono a Baghdad, “per noi cristiani del Medio oriente è stato un elemento di profonda vicinanza e attenzione. Fra i ricordi più vivi - prosegue - la visita ad limina [del 2010], quando da arcivescovo di Kirkuk gli ho proposto di fare un sinodo per il Medio oriente. E lui ha accettato subito con entusiasmo, dicendo che ‘è una buona idea e vi do il mio consenso’. Era anche un uomo molto umile, anche se non è bello dire santo subito, lui era davvero un santo per quanto ha fatto” per la Chiesa.
Per quanto riguarda il legame con l’Iraq, il card. Sako lo definisce di “profonda vicinanza” e anche nei rapporti umani era “molto attento: mi ricordo che quando sono stato scelto come patriarca siamo andati da lui in udienza. Il papa non poteva fare discorsi lunghi perché era molto stanco, ma mi ha fatto gli auguri. E guardando mia sorella, mi ha detto che anche lui ne aveva una alla quale era molto legato e che purtroppo era morta”.
L’evento stesso delle dimissioni, aggiunge, poco dopo quell’incontro e che “hanno colpito il mondo intero” sono una “presa di coscienza” del limite umano.
“Quando uno vede che non può portare questa responsabilità - afferma - si ritira e dà il posto a un altro. Questo è un esempio forte, questo è un uomo di Dio”.
Infine, il rapporto con l’islam e la controversia che è seguita al celebre discorso di Ratisbona del 2006, e che ha infiammato molte piazze in Europa e del Medio oriente.
“I musulmani - sottolinea il card. Sako - non lo hanno capito e si è creata una forte tensione. Io ero vescovo di Kirkuk all’epoca e ho sofferto molto, abbiamo anche subito un pesante attentato, un’autobomba esplosa davanti a una chiesa e che ha ucciso un chierichetto caldeo. Solo in seguito hanno capito che aveva ragione e, oggi, con papa Francesco si stanno facendo grandi progressi” sia con mondo sunnita, che verso l’islam sciita come emerge dagli incontri con l’imam di al-Azhar e l’ayatollah al-Sistani.
“Questa vicinanza - aggiunge - ha molto aiutato i cristiani d’Oriente a continuare la nostra vita e a rafforzare la convivenza pacifica”.
Benedetto XVI, conclude il patriarca Sako, è stato “un uomo di valore, di fede, di preghiera, dal rapporto umano profondo e niente affatto superficiale, freddo e distaccato”.
Da giorni la Chiesa irachena pregava per il papa emerito, le funzioni proseguiranno nelle prossime ore alla memoria del papa emerito nelle messe e nelle preghiere.