"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

27 novembre 2012

Vienna, apre il nuovo Centro per il dialogo interreligioso. Qualche polemica con lo sponsor saudita


"Il mondo ci guarda" e si aspetta che il Centro sia un luogo di dialogo per promuovere "la libertà religiosa in tutti i suoi aspetti, per ognuno, per ogni comunità, per ogni luogo": è l'augurio e la richiesta espressi dal card. Jean-Louis Tauran, a un incontro tenutosi ieri sera in occasione dell'inaugurazione del nuovo Centro per il dialogo interreligioso e interculturale con sede a Vienna. Il Centro prende il nome dal maggiore sponsor, il re Abdullah Bin Abdulaziz, ed è sostenuto anche dalla Spagna e dall'Austria.
Il KAICIID (King Abdullah bin Abdulaziz International Centre for Interreligious and Intercultural Dialogue) vuole essere un luogo per costruire ponti fra le religioni, promuovendo una migliore comprensione fra le diverse fedi. Il Centro è diretto da nove personalità: tre musulmane, tre cristiane, un ebreo, un indù e un buddista. Fra i tre cristiani, vi è il rappresentante della Santa Sede, p. Miguel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso.
Nella giornata di ieri si sono susseguiti incontri e seminari per iniziare a tracciare alcune linee di impegno: revisione dei libri di testo delle scuole su come presentano le religioni; campagne sanitarie comuni nei Paesi poveri; offerta di studi per leader religiosi a Vienna. "Lo scopo - ha detto il rappresentante del re saudita, Fahad Sultan Al-Sultan - è di promuovere l'accettazione delle altre culture, la moderazione, la tolleranza".
Il principe Saud Al-Faisal, ministro degli esteri del regno, ha spiegato che il Centro vuole promuovere la pace nel mondo e servire l'umanità, "portando pace e comprensione fra le religioni. Le religioni sono state la base di molti conflitti".
L'impegno dell'Arabia saudita nel dialogo interreligioso è un fatto molto recente, seguito all'attacco alle Torri Gemelle dell11 settembre 2001, in cui la maggioranza dei terroristi erano proprio sauditi. Da allora il re Abdullah ha fatto dei passi per frenare il conflitto delle civiltà e varato alcuni simposi interreligiosi. Nel 2008 ha sostenuto un incontro a Madrid; subito dopo ha visitato Benedetto XVI in Vaticano. I tentativi di riforma del regno esistono, ma vanno con molta lentezza. Saud Al-Faisal ha parlato di una "lunga marcia" del suo Paese verso delle caute riforme. Rimane ancora il grave problema dell'Arabia saudita, dove non è permessa alcuna altra religione se non l'islam e dove è vietato esporre in pubblico e in privato i propri simboli della fede, col rischio di essere imprigionati o espulsi
Ma proprio queste due misure, dialogo all'estero e repressione a casa, hanno suscitato alcune critiche anzitutto in Austria. Alcuni musulmani liberali si sono radunati davanti al luogo del simposio per criticare le violazione dei diritti umani in Arabia saudita. Il Partito verde austriaco ha espresso dubbi sulle reali intenzioni del regno saudita nel promuovere il Centro - e pagare le spese per i primi tre anni - quando nello stesso tempo esso finanzia molte moschee in Europa dove si predica il wahabismo, l'islam radicale e guerriero. Ieri i sauditi hanno dichiarato che il messaggio del dialogo sarà diffuso anche nella loro patria.
Il card. Tauran ha sottolineato il ruolo del Centro come "opportunità per aprire un dialogo su molti temi, tra cui quelli relativi ai diritti umani fondamentali, in particolare, alla libertà religiosa in tutte le sue forme, per ogni uomo, per ogni comunità, ovunque. A questo riguardo, voi capirete che la Santa Sede è particolarmente attenta alla sorte delle comunità cristiane nei Paesi, dove una tale libertà non è adeguatamente garantita. Informazione, nuove iniziative, aspirazioni e forse anche difetti, saranno portati alla nostra attenzione. Sarà, poi, compito del Centro -e, dove possibile con la cooperazione di altre organizzazioni- verificare la loro autenticità e agire di conseguenza, affinché i nostri contemporanei non siano privati della luce e delle proposte che la religione offre per la felicità di ogni essere umano. I credenti devono lavorare e sostenere tutto ciò che favorisce la persona umana nelle sue aspirazioni materiali, morali e religiose. Così sono richiesti tre atteggiamenti: 1.Rispetto dell'altro nella sua specificità; 2.Conoscenza oggettiva reciproca della tradizioni religiosa di ognuno, specialmente attraverso l'educazione; 3.Collaborazione affinché il nostro pellegrinaggio verso la Verità sia realizzato nella libertà e nella serenità".
Al simposio inaugurale ha partecipato anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e il patriarca ecumenico di Costantinopoli. Nel suo indirizzo di saluto, Bartolomeo I ha esortato i presenti a "muoversi dal pregiudizio alla buona volontà; dalla buona volontà alla conoscenza; dalla conoscenza alla comprensione; dalla comprensione al luogo in cui riconoscere il soffio di Dio su ogni vita umana, sentendo amore per ogni individuo". "Questa serata - ha aggiunto - è una potente dichiarazione al mondo che la concordia è meglio dei conflitti per risolvere i problemi".

Duecento milioni di cristiani minacciati

By Zenit
 di padre John Flynn LC

Sempre più cristiani vivono sotto la minaccia di altri gruppi religiosi. Lo afferma il giornalista Rupert Shortt in un suo recente libro.
Shortt, che è editorialista di temi religiosi sul Times Literay Supplement e autore di numerosi libri sulle medesime tematiche, ha recentemente pubblicato il suo ultimo saggio Christianophobia (Random House).
Ben prima degli attacchi terroristici dell’11 settembre, molte comunità cristiane erano già vittime dell’intolleranza, afferma l’autore nell’introduzione, e nell’ultimo decennio il problema è drammaticamente degenerato.
“Questo team dovrebbe essere un argomento di politica estera di primo piano per parecchi governi del mondo”, scrive Shortt.
Lo studioso mette in luce le numerose difficoltà affrontate dai cristiani in vari paesi a maggioranza musulmana. Coloro che si convertono al Cristianesimo in tali paesi, vanno incontro a dure punizioni e c’è anche il serio rischio che le Chiese cristiane possano sparire dalle terre bibliche del Medio Oriente.
Shortt cita poi un indagine condotta nel 2008 da Freedom House, che dimostra che, se qualche paese musulmano libero esiste davvero, come ad esempio il Senegal, si tratta di eccezioni.
“C’è un problema con l’Islam o qualcosa di simile?”, si è domandato Shortt. Ci sono elementi dell’Islam che giustificano davvero la violenza, ma l’autore ha anche ritenuto che riportare citazioni selettive dal Corano non dimostra un granché.
È un dato di fatto, comunque, prosegue lo studioso, che il diritto di criticare la fede dominante è ben più limitato che nei paesi cristiani. Al tempo stesso l’Islam non ha sviluppato, a differenza del Cristianesimo, un atteggiamento più autocritico o tollerante.
Shortt specifica che il suo libro non è basato sul presupposto di uno scontro di civiltà, né manca di autocritica sulle mancanze del Cristianesimo in passato.
La fede, aggiunge l’autore, ha mobilitato milioni di persone nella lotta per la democrazia e per il sostegno ai diritti umani, così come per il sollievo dell’umana sofferenza. Ha anche giocato, tuttavia, un ruolo nelle guerre e nei conflitti.
La Primavera Araba
L’Egitto è uno dei paesi presi in esame da Shortt: qui la caduta dell’ex presidente Hosni Mubarak non ha portato alcun sollievo alle difficoltà dei cristiani locali.
Dopo aver documentato un ampio numero di casi di persecuzione negli anni precedenti alla Primavera Araba, Shortt descrive vari episodi di anti-cristianesimo, seguiti dal rovesciamento del governo in Egitto.
In un altro capitolo Shortt analizza la situazione in Iraq, affermando che poche popolazioni cristiane hanno sofferto quanto quelle irakene degli ultimi anni. Le tribolazioni hanno portato a un esodo di cristiani, il cui numero in Iraq è passato da 1,2 milioni a meno di 200mila.
Sarebbe sbagliato pensare che il regime di Saddam Hussein proteggesse i Cristiani, ha precisato l’autore, dal momento in cui i Cristiani hanno sofferto discriminazioni e costrizioni alla fuga negli ultimi decenni. La situazione, comunque, è peggiorata drammaticamente dopo l’invasione americana del 2003, con il clero e i fedeli cristiani laici nel mirino dei terroristi.
All’inizio del 2011 non meno di 63 chiese sono state bombardate o invase dal 2003.
In Occidente c’è molta ignoranza sulla ricca storia cristiana della regione, ha commentato Shortt. Per molti secoli l’Iraq ha avuto una comunità cristiana con una ricca vita culturale e un ampio numero di chiese e monasteri ma le prospettive sono ora molto tristi per i Cristiani.
Autorità
La Turchia, il Pakistan, la Nigeria e l’Indonesia sono gli altri paesi presi in esame nel libro, ma Shortt dà anche uno sguardo a nazioni non a maggioranza musulmana. Elenca, ad esempio, i molti atti di persecuzione patiti dai cristiani in India e le restrizioni da parte del duro governo cinese.
Shortt, inoltre, esamina brevemente ulteriori paesi come Cuba e Venezuela. In relazione a Cuba, nota che una somiglianza tra i governi musulmani e il comunismo è la negazione di fonti di autorità alternative.
La situazione dei Cristiani è migliorata negli ultimi anni, ma Cuba non può ancora essere classificata come una società aperta.
Nelle sue conclusioni Shortt aggiunge che le ingiustizie commesse contro i Cristiani sono scarsamente riportate dalla stampa. Ciò è dovuto in parte al pensiero dominante che considera la religione come una grande causa di conflitto, più che ad altri fattori.
Poiché molti ritengono la religione sia una causa di simpatia irrazionale per i comportamenti violenti, poiché la difficile situazione dei credenti è ignorata. Shortt afferma anche che in alcune ex colonie occidentali, il Cristianesimo è visto da alcuni come un derivato del potere imperiale e che in paesi come il Pakistan i Cristiani sono visti come una sorta di anomalia.
Shortt conclude nel segno di un cauto ottimismo, esprimendo la speranza che, così come il Cristianesimo si è evoluto, lo stesso potrà avvenire per l’Islam. In che misura ciò avverrà è difficile dirlo, ammette l’autore, concludendo però con l’affermazione della virtù della speranza. Essa è una virtù di cui molti cristiani avranno bisogno in dosi sempre più ampie, viste le circostanze sempre più difficili.
[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

26 novembre 2012

Il Vescovo caldeo Audo: il conflitto ha sfigurato Aleppo

 
Negli ultimi giorni il fragore delle armi che si percepiva anche dal centro di Aleppo sembra essersi attenuato. E nell'apparente fase di stallo si registrano con più nettezza gli effetti devastanti del conflitto sulla vita ordinaria di quella che era una tra le città più fiorenti e cosmopolite di tutto il Medio Oriente. “Qui adesso tutto appare avvolto da un senso di rovina e decadenza” racconta all'Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Antoine Audo, Vescovo caldeo della metropoli.
In qualità di responsabile della Caritas in Siria, Mons. Audo si misura ogni giorno con le conseguenze a lungo termine del conflitto sulla quotidianità.
Spiega a Fides: “Nell'area di Aleppo ci sono centinaia di migliaia di rifugiati interni, accalcati nelle scuole e in accampamenti improvvisati, come i più di 5mila che dormono all'aria aperta nei giardini della città universitaria. Ma la gente non lavora, e tutti sono diventati poveri. Anche quelli che vivono ancora nelle loro case. Le aree industriali delle periferie sono state bombardate e saccheggiate. Da settimane non si raccoglie l'immondizia, e nelle strade l'aria diventa irrespirabile”.
I cinque centri Caritas della città assistono in maniera diretta 2.400 famiglie, distribuendo medicine, vestiti e beni alimentari. Nei giorni scorsi i sacerdoti e i volontari che cooperano nella rete Caritas si sono incontrati con Mons. Audo per studiare i programmi in vista dell'inverno. In quella che nel 2006 si era guadagnata il titolo di “Capitale culturale del mondo islamico”, il conflitto ha aperto le porte anche ai fantasmi del freddo, della fame e delle malattie.

22 novembre 2012

Qaraqosh. Iraq. Incontro con Sua Eccellenza l'Arcivescovo di Mosul, Monsignor Yohanna Petros Mouche


I confratelli residenti in Iraq, P. Ciutti Giuseppe, P. Nasser Zuhir, P. Yako Jalal e Fr. Al-wakil Basim nel giorno 14 novembre scorso, hanno avuto un incontro con sua Eccellenza Monsignor Yohanna Petros Mouche, Arcivescovo di Mosul, che con cortesia e paterna sollecitudine li ha accolti e ringraziati per questa nuova presenza rogazionista in Iraq e ha voluto nello stesso tempo ringraziare il Superiore Provinciale e il Consiglio per l’avvio di questa nuova presenza di una comunità religiosa nella sua Diocesi, manifestando che il più grande dono per lui e i fedeli della sua Arcidiocesi, rimane la nostra presenza con il valore proprio ad ogni persona che viene per testimoniare la fede nella carità, e ridare prospettiva alla speranza, vivendo in pace e comunione tra di noi.
Ci ha incoraggiato a essere veri testimoni dei doni con i quali siamo presenti nella mondo, e di esprimere il carisma con cui lo Spirito ha arricchito il nostro Fondatore, per la edificazione dell’unica chiesa di Cristo, nella quale siamo invitati a partecipare, testimoniando la nostra presenza in Iraq, e mettendo a frutto ciò che siamo, e ciò per cui siamo stati destinati e inviati. 
Padre Giuseppe Ciutti, a nome dei confratelli iracheni, e a nome del Superiore provinciale, ha voluto ringraziare per l’accoglienza e la disponibilità mostrata nei loro confronti, mettendo a disposizione le stanze e i servizi del Seminario in Qaraqosh a titolo gratuito per questi primi mesi di permanenza, nell’attesa di poter trovare, entro la fine dell’anno in corso, un’abitazione adeguata alle esigenze comunitarie. Sono stati donati al Vescovo due ampolle in segno di comunione e gratitudine con il pastore della chiesa locale nella quale si è giunti nell’intento di piantare, incarnare ed esprimere il carisma rogazionista. Durante l’incontro sono state anche esposte le motivazioni di questa nuova apertura in Iraq, nell’intento anche di poter concretizzare e determinare qualcosa che potrà essere di orientamento per un iniziale impegno Diocesi, in linea con il nostro carisma. Il Vescovo ha sottolineato che avrebbe preferito la nostra presenza nella stessa Mosul, ma che al momento le circostanze non sono idonee, per le ragioni a tutti note, sperando che al più presto le condizioni possano migliorare e divenire più sicure. Egli ha manifestato l’intenzione concreta di un bisogno urgente a Bartella, un centro di 20mila abitanti, di cui circa 3mila cattolici, sulla direttrice Mosul-Erbil, a 20 km da Mosul e a 15 da Qaraqosh, per il centro catechetico e giovanile, annesso alla parrocchia San Giorgio della cittadina stessa. Alla comunità verrebbe chiesta una collaborazione, con l’intento di poterlo far rifiorire con iniziative che sono proprie della chiesa e sono attinenti a raccogliere, animare e far crescere i giovani, sia nella fede, come anche nel condurli e guidarli alla formazione integrale spirituale, culturale e umana.

Guerra di potere a Kirkuk: appello dell’arcivescovo per la pace e il dialogo

di Joseph Mahmoud

Si inasprisce la disputa fra il governo centrale irakeno e l'amministrazione regionale del Kurdistan per il controllo della città di Kirkuk, nel nord del Paese, e della sua immensa ricchezza petrolifera, i giacimenti e le riserve quantificate - secondo stime recenti - in 10 miliardi di barili. Essa è un mosaico di etnie, lingue e religioni, con una popolazione pari a 1,3 milioni di abitanti suddivisi fra musulmani, curdi arabi e turcomanni. Per questo l'arcivescovo locale, mons. Louis Sako, lancia un invito per la "pace e dialogo" a tutte le fazioni in lotta.
Il governo centrale, a maggioranza sciita e guidato da Nouri al-Maliki, cerca di imporre la sua autorità sulla città settentrionale, disponendo l'invio dell'esercito per mantenere il controllo e limitare la presenza curda attraverso le milizie peshmerga, il fronte autonomista combattente. La fazione curda è contraria all'intervento di Baghdad e non sono mancati scontri: uno di questi è avvenuto a Tuzkhurmato, circa 50 km a sud di Kirkuk.
La città vive un momento di fortissima tensione; la gente teme un'escalation delle violenze e ha paura di un conflitto per la conquista del territorio e la supremazia di una delle fazioni in lotta. Si ripetono le minacce e gli avvertimenti reciproci fra il premier irakeno e la leadership curda della regione.
Per scongiurare un nuovo bagno di sangue, l'arcivescovo di Kirkuk ha inviato a tutte le parti in causa un appello alla calma e al dialogo, mirato a salvaguardare la salute della popolazione civile, che si mostra sempre più sfiduciata e non crede alle promesse di "stabilità e sicurezza". Nel suo intervento, mons. Louis Sako sottolinea che "gli iracheni hanno sofferto molto, i loro occhi sono stanchi di aspettare giorni migliori, non hanno la capacità né la forza di subire nuovi conflitti". Il prelato aggiunge che "la loro preoccupazione, la loro speranza e la loro preghiera sono quelle di vivere in tutta sicurezza e stabilità".
In qualità di irakeno e di cittadino di Kirkuk, continua l'arcivescovo, "vorrei unire la mia voce alle voci di molti  uomini e donne i di Kirkuk" e di "tanti imam musulmani, per chiedere a tutti i partiti politici e al governo centrale e regionale del Kurdistan, di calmare la situazione e sedersi attorno a un tavolo per negoziare e dialogare in modo sincero". Perché, spiega ancora il prelato, "non c'è pace senza dialogo". L'obiettivo è dar vita a "un ambiente più sicuro, in cui vige la giustizia, in cui ci sono dignità e gioia". Ed è compito degli amministratori e dei politici, conclude mons. Sako, "essere messaggeri di pace" e "il cielo benedirà tutti i loro sforzi".

19 novembre 2012

Iraq's Christians feel 'frightened and forgotten'

By Christian Today, Novembre 19, 2012

Christians have started fleeing Iraq in large numbers again, warns Canon Andrew White.
The 'Vicar of Bahdad' said in his latest update that the situation in Iraq has "really deteriorated"
"The violence is so terrible and once again we are seeing so many of our own people fleeing to Turkey and Lebanon,"
he said.
Mr White said people in Baghdad "have nothing", as he told of a churchgoer who was found begging on the street by a member of the church staff.
"He asked her why she was doing this. She said all the food she had from church has run out and she has no money to pay her rent.
"We will give her everything she needs today but another example of the terrible needs. All may have left us but our Lord is still here."
Mr White said he had not seen so many people fleeing for several years.
"Iraq is no longer a news issue," he continued.
"We cannot blame the media for this. So many of the journalists have been targeted here and many killed, especially locals. The media have moved to the traumas elsewhere in the region."
He also expressed concern over the scores of people being killed in Syria, Israel and Gaza.
As fighting between Israel and Gaza entered a sixth day, health officials in Gaza said the conflict had killed 91 Palestinians so far. Israel has confirmed three deaths.
"The Middle East continues to be in turmoil," said Mr White.

17 novembre 2012

Italia-Iraq-Santa Sede per restauro Ur

By Ansa

Con il governo italiano e la Santa Sede l'Iraq sta lavorando ad un progetto per il restauro di Ur, la citta' di Abramo, patria delle tre religioni monoteistiche.
Lo annuncia l'ambasciatore dell'Iraq in Italia, Saywan Barzani alla Borsa del Turismo archeologico di Paestum. ''Con la guerra sono stati trafugati 10 mila reperti solo dal Museo di Baghdad e la casa di Abramo ad Ur e' uno fra migliaia dei nostri siti archeologici- spiega- abbiamo bisogno della cooperazione internazionale''

16 novembre 2012

Mons. Mikhail Kassarji, vescovo caldeo del Libano: 28 anni di servzio pastorale

By Baghdadhope*
Photos provided to Baghdadhope by Chaldean Diocese of Lebanon



In occasione della festa di San Raffaele Arcangelo, santo patrono della chiesa caldea in Libano, si è svolto il 27 ed il 28 ottobre il secondo Festival della Gioventù che ha trovato spunto dalle parole di San Paolo ai Galati:  “Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia.” (Gal. 3.6)
Il festival ha coinvolto la comunità caldea che vive in Libano in diverse iniziative: una conferenza tenuta da padre Boulous Feghali dal titolo“La fede di Abramo, il padre dei fedeli”; la processione della Croce che partendo dagli uffici diocesani è arrivata fino alla cattedrale caldea di San Raffaele Arcangelo accompagnata dai canti del coro e dei fedeli; la Santa Messa officiata dal vescovo caldeo del Libano Mons. Mikhail Kassarji che ha così celebrato i suoi 28 anni di servizio sacerdotale e che è stato coadiuvato da Padre Rony Hanna, ed infine il discorso di apprezzamento per il servizio reso da Mons. Kassarji pronunciato da Antoine Hakim, presidente del Consiglio dei Caldei in Libano che ha consegnato al vescovo una targa ed una chiave ornata da pietre preziose.  
Tra i vescovi ed i sacerdoti presenti alla Santa Messa Mons. Antoine Audo, Vescovo caldeo di Aleppo (Siria)  

15 novembre 2012

Iraq to gain from sisters' ACU stint

by: Paul Dobbyn

AS Iraq's first Catholic school in 40 years takes tentative steps into the future it will draw on the expertise of two religious sisters trained in educational administration at Brisbane's Australian Catholic University.
Daughters of Jesus' Sacred Heart Sisters Samar Mikha and Azhar Koka are returning to Erbil, the capital of Kurdistan, in the war-torn country's north after spending 18 months in Brisbane.
They will be giving support to the Margardakh parish school in the suburb of Ankawa.
Since it opened three months ago, it has attracted nearly 600 students.
In conjunction with the Chaldean Archbishop Bashar Warda of Erbil, they aim to give input to the city's first Catholic university where construction is underway.
The sisters from the tiny, endangered religious order belonging to the Catholic Chaldean rite arrived in Brisbane with little English, but left the archdiocese last Wednesday with a command of the language, each having also gained a Masters in Educational Administration.
Sisters Mikha and Koka said they were also leaving with an energising vision of the benefits of education to Iraq as it struggled to heal wounds from nearly a decade of conflict.
Both sisters said they aimed to help develop a high level of Catholic education at the new school.
"Many people are coming to understand that the problems in Iraq are not just to do with terrorism," Sr Koka said.
"This is because any person who has a good education will also have a good way for their life and support their community and live in peace together.
"Education can give people a vision for the future."Sr Mikha, summing up her experiences in Brisbane said her studies had been a reminder of the "great value of education".
"The great thing we can do is to tell Iraqi families, especially Christians, we can do something great in Iraq especially in education," she said.
The Iraqi sisters' success has been due to their own extraordinarily dedicated work and a partnership between Bracken Ridge parish priest Fr Gerry Hefferan, CRAQld (Catholic Religious Australia Queensland), the Holy Spirit Sisters and the Missionary Franciscan Sisters community at Kedron.
Fr Hefferan's visit to Iraq in 2009 set the study plan in motion. He was seeking ways to support the rapidly dwindling Catholic community there.
At this time, Sisters Mikha and Koka had left their convent in Baghdad and were studying degrees in theology at Erbil's Pontifical Babel College.
They were among many Chaldean Catholics fleeing to the relative safety of Iraq's north.
Work had already started on Margardakh school, the first Catholic school since the Iraq Government closed all religious schools in 1972.
Fr Hefferan saw the value of providing further education to Catholics there, noting "education, health and social welfare are major areas where the Muslim communities recognise Christian expertise".
Back in Australia, he had discussions with the Holy Spirit Sisters in Brisbane who were looking at ways to support the people of Iraq.
Eventually in conjunction with CRAQld, the idea of scholarships to support the sisters' studies came about.
Accommodation for the sisters was provided by the Missionary Franciscan Sisters at Kedron.
The Sacred Heart Sisters attended Mass every Sunday with the Melkite community at St Clement's Church, South Bank.
Before they left Brisbane, the sisters had a series of farewells at the ACU, the Franciscan Sisters convent and at St Clement's.
They also attended Mass at Bracken Ridge on the evening of November 10 where they sang the Lord's Prayer in Aramaic.
The community prayed for the sisters and sang a blessing over them. A cross was presented for them to place in the new university in Iraq when it is completed.
Along with an enthusiasm for their new mission back in their home country there was some sadness for the sisters at having to farewell the many friends made in Brisbane.
Sisters Koka and Mikha, however, said they would carry many good memories in their hearts.
"Our hearts and minds have been opened by having to mix with different people and situations," Sr Koka said.
"It has helped our personalities and spirituality to grow."Meanwhile, the archdiocese's connection to Erbil will continue with a visit from Archbishop Warda expected next year.
A third and final Holy Spirit Sisters/CRAQld scholarship will also provide a young Iraqi woman with the chance to complete a Masters Degree in Health Administration at the ACU next year.

13 novembre 2012

Una nuova cattedrale copta a Baghdad

By Baghdadhope*
Fonte principale della notizia Ankawa.com
A pochi giorni dalla data di intronizzazione di Amba Tawadros II come nuovo patriarca copto ortodosso prevista per il 18 novembre, una buona notizia per la comunità copta arriva dall'Iraq. 
Domenica 11 novembre  è stata infatti posata la prima pietra della nuova cattedrale copta ortodossa nella capitale irachena a Baghdad Jadida, una delle zone ad est del centro cittadino. 
La chiesa sarà dedicata alla Vergine Maria ed ad "Anba Bola", quel Paolo di Tebe da molti considerato il primo degli eremiti e che visse in completa solitudine nel deserto egiziano a cavallo tra il III ed il IV secolo.  
A fare gli onori di casa nell'area dove sorgerà il nuovo edificio di culto è stato Padre Mena al Yursalaimi che dal 2006 ha cura della piccola comunità copta ortodossa.
Alla cerimonia ha presenziato il governatore di Baghdad, Salah Abdul Razaq, che ha sottolineato come un tale evento sia motivo di orgoglio per la città e per il paese in cui non ci sono differenze tra le diverse religioni e che non permetterà che la sua unità venga minata da forze esterne;  e che ha ricordato la volontà dello stato iracheno di aiutare i cristiani a consolidare le proprie radici in quanto cittadini ed a rimanere quindi in patria.
Da parte sua Sherif Shahin, ambasciatore egiziano in Iraq ha sottolineato come la posa della prima pietra della nuova chiesa è testimonianza delle buone relazioni tra Egitto ed Iraq. Presenti alla cerimonia erano anche Mons. Shleimun Warduni, vicario patriarcale caldeo, il vescovo di Baghdad della chiesa assira dell'est, Mar Gewargis Slewa, Mons. Yousif Abba, vescovo di Baghdad della chiesa siro cattolica, rappresentanti della chiesa siro ortodossa, il presidente dell'ufficio governativo per la gestione delle proprietà delle chiese cristiane, Raad Kachaci ed il segretario della Nunziatura Apostolica, Mons. George George Panamthundil. 
Secondo quanto rivelato da un diacono copto ortodosso la prima pietra della chiesa, in realtà un parallelepipedo di marmo in cui è stato versato del cememto da parte dei partecipanti, contiene una croce di legno, una copia del Vecchio e del Nuovo Testamento, un giornale del giorno, banconote irachene ed egiziane, una copia dell'accordo sulla costruzione della chiesa siglato con l'ufficio governativo per la gestione delle proprietà delle chiese cristiane, una del contratto d'appalto e la lista delle famiglie appartenenti alla chiesa copta ortodossa in Iraq.
Una lista che non deve essere però molto lunga. La chiesa copta ortodossa in Iraq non ha infatti molti fedeli ed ebbe il suo massimo splendore negli anni 70 dello scorso secolo quando migliaia di lavoratori egiziani furono attratti nel paese dalle opportunità di lavoro. In tutto la chiesa, anche in quel periodo di espansione, aveva tre luoghi di culto nella zona di Baghdad: due chiese in città, tra cui quella della Vergine Maria  ed Anba Bola (lo stesso nome della futura cattedrale) nel centralissimo quartiere di Shorjia che altro non era che una chiesa latina precedentemente affidata ai Carmelitani e concessa a metà degli anni 70 ai copti ortodossi, ed una piccola chiesa all'interno del cimitero della comunità sito a circa 60 km ad ovest della capitale.  

12 novembre 2012

Iraq, appello di mons. Sako: cristiani in fuga da un Paese abbandonato a se stesso

By Radio Vaticana
by Roberta Gisotti
  
Peggiora la situazione dei cristiani in Iraq. La denuncia arriva da mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk e segretario generale della Conferenza episcopale irachena. In un’intervista all’agenzia sciita “Alsumaria News”, il presule si dice addolorato di fronte alla continua migrazione di fedeli dal Paese, che minaccia la stessa presenza cristiana in Irak. Roberta Gisotti ne ha parlato con sacerdote iracheno, don Georges Jahola:
Bombe e attentati, rapimenti di bambini da parte di bande armate per autofinanziarsi e, proprio in questi giorni, dieci nuove esecuzioni capitali, 119 dall’inizio dell’anno. Non sembra essere l’Iraq un Paese avviato alla normalità.
Don Georges, quanti cristiani sono rimasti nel Paese e come vivono?
Le statistiche oggi non sono così certe, però di sicuro i cristiani sono diminuiti di un terzo da prima della guerra, dieci anni fa. Possiamo dire che circa 300-350 mila vivono precariamente a causa della situazione generale nel Paese, ma anche perché c’è qualche azione terroristica che prende di mira alcune comunità cristiane. Tutto il Paese soffre comunque della mancanza di sicurezza: oggi non più come prima, perché gli atti terroristici sono per lo più il risultato di una lotta tra componenti politiche. A causa di queste situazioni, i fedeli emigrano per mancanza di lavoro e mancanza anche di servizi di base, come elettricità e carburanti, che forse per gli occidentali sono cose ovvie, ma da noi sono veramente essenziali e non si trovano facilmente.
Mons. Sako chiede al governo in questo contesto di “assumersi la responsabilità di fornire a tutti i gruppi” che vivono in Iraq “la sicurezza, la stabilità e la dignità”. Chi potrà raccogliere questo appello, forse il primo ministro Maliki o il presidente Talibani o nessuno in questo momento?
Sicuramente, il primo dovrebbe essere il governo centrale che è rappresentato da Maliki. Ma anche il governo regionale del Kurdistan, e ognuno nel suo territorio, può assicurare ai cristiani di vivere in pace, in tranquillità e con dignità. Ma se vogliamo tutti quanti possono collaborare, ciascuno da parte sua, con decreti e raccomandazioni, anche nelle regioni, nelle città, per assicurare una vita dignitosa ai cristiani.
Non si può certo lasciare che i cristiani scompaiano da queste terre?
E’ doloroso pensarlo e vederlo accadere sotto i nostri occhi: i nostri fedeli scappano dall’Iraq per cercare una vita pacifica ed anche una vita di cultura, che oggi manca in Iraq e infatti l’educazione scolastica è ridotta da molti anni.
Quindi, anche la tristezza e il dolore di vedere il loro Paese che non si riprende…
Questo è vero perché è un Paese che dopo dieci anni di guerra è stato abbandonato dall’Occidente, dagli alleati, dagli Stati Uniti. E’ un Paese abbandonato alla propria ignoranza e questo fa pena a noi, in quanto Chiesa che guida questo popolo e questa gente e che dà anche testimonianza alla popolazione intera.

8 novembre 2012

Vescovi iracheni ai cristiani: serve il vostro impegno per ricostruire il Paese

by Joseph Mahmoud

I vescovi cattolici dell'Iraq si sono riuniti dal 6 al 7 novembre nella loro annuale assemblea a Ankawa (Erbil, Kurdistan). Nella due giorni, i prelati hanno discusso varie tematiche pastorali legate alle proprie Chiese alla luce della situazione vissuta dai cristiani nel Paese e nel resto della regione medio orientale. Nell'incontro i vescovi hanno discusso l'applicazione dell'Esortazione apostolica "Ecclesia in Medio Oriente", i temi del Sinodo per la nuova evangelizzazione e dell'Anno della fede lanciato da papa Benedetto XVI lo scorso 11 ottobre. Al termine dell'Assemblea i prelati iracheni hanno pubblicato il seguente comunicato. 
AsiaNews pubblica il testo in versione integrale inviato da mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk e segretario generale dell'Assemblea.
1-      L'Assemblea episcopale invita tutti i partiti politici a sedersi insieme, liberi da interessi personali e confessionali, per iniziare un dialogo coraggioso e sincero, necessario per trovare  soluzioni che rispettino i diritti di tutte le componenti della società, rispettando l'armoniosa coesistenza e preservando le diversità e i pluralismi che caratterizzano il nostro Paese. Certamente vivere insieme è il completamento di una fruttuosa interazione culturale e spirituale. Per raggiungere tale obiettivo sé necessario una volontà politica libera e rinnovabile. Inoltre è necessario che la religione rimanga distante dai conflitti politici. I bombardamenti, le uccisioni e le distruzioni compiute in nome della fede, offendono Dio e deformano il credo religioso.
2-      È triste notare che l'emigrazione dei cristiani sta continuando, rendendoci in futuro ancora più vulnerabili e minacciati. L'Assemblea episcopale invita tutti i cristiani ad essere attaccati alla propria terra d'origine e a partecipare alla sua costruzione, prendendo esempio dai loro padri. Occorre un continuo coinvolgimento e perseveranza nel comunicare in patria la nostra condizioni di cittadini e cristiani. L'Esortazione apostolica "Ecclesia in Medio Oriente" invita i figli di Abramo a non  "essere strumentalizzati in conflitti reiterati e ingiustificabili per un autentico credente, il riconoscimento di un Dio Uno può - se vissuto con un cuore puro - contribuire notevolmente alla pace della regione e alla convivenza rispettosa dei suoi abitanti". Pertanto i vescovi sperano che la convivenza continui con migliori condizioni di giustizia e rispetto della dignità umana, che posso limitare l'emigrazione e incoraggiare i migranti a ritornare nella propria patria. L'Assemblea episcopale invita il governo federale e quello della regione del Kurdistan ad assumersi la piena responsabilità nell'assicurare sicurezza e stabilità e condizioni di vita dignitose per tutte le componenti della società.
3-      A tutt'oggi, i prelati sono preoccupati per le condizioni delle nostre sorelle e fratelli siriani. Attraverso la loro solidarietà e la preghiera i vescovi sperano che le riforme chieste dalla popolazione vengano attuate in modo pacifico, attraverso dialoghi e negoziati costruttivi e non con la violenza e la distruzione. Il dialogo civile è un modo umano e religioso per risolvere i problemi. Preghiamo per il rapido ritorno alla stabilità dei nostra vicina Siria.
4-      In conclusione, l'Assemblea invita i fedeli a rinvigorire la fede e la speranza e di pregare per il ritorno alla pace e alla stabilità del Paese in modo che tutti possano godere della libertà, dignità e gioia.

Iraqi bishops to Christians: we need your commitment to rebuild the country

by Joseph Mahmoud

The Catholic bishops of Iraq met November 6 to 7 in their annual meeting in Ankawa (Erbil, Kurdistan). Over two days, the bishops discussed various pastoral issues related to their churches in the light of the situation experienced by Christians in the country and in the rest of the Middle Eastern region. In the meeting, the bishops discussed the application of the Apostolic Exhortation " Ecclesia in Medio Oriente ", the themes of the Synod for the New Evangelization and the Year of Faith launched by Pope Benedict XVI last October 11. At the conclusion of the meeting the Iraqi prelates have issued the following statement. 
AsiaNews publishes the text sent by Msgr. Louis Sako, Archbishop of Kirkuk and Secretary General of the Assembly.
1 - The Catholic Bishops assembly calls on all political parties to sit down together, away from the personal and confessional interests, to negotiate through a courageous and sincere dialogue in order to find solutions that respect the rights of all components and enforce the harmonic co-existence and preserve diversity and pluralism that is a feature of our country, certainly living e together is human completion and a cultural spiritual, social fruitful interaction. This requires a good political, free and renewable will. It requires also that the religion should remains far away from the political conflictions. Bombings, killings and destruction when it is in the name of religion, it offend God and deform religion.
2 - It is sad to see that immigration is continuing which makes our Christian existence more vulnerable and threatens it is future. The Catholic Bishops assembly calls upon all Christians to be attached to their homeland and to participate in its construction as their fathers. The continuous involvement and perseverance at home Communication, is a national and Christian. The Apostolic Exhortation " Ecclesia in Medio Oriente " invites   the children of Abraham:"Rather than being exploited in endless conflicts which are unjustifiable for authentic believers, the acknowledgment of one God - if lived with a pure heart - can make a powerful contribution to peace in the region and to respectful coexistence on the part of its peoples. " (No 19). Therefore The Catholic Bishops hopes that living together continues in a more secure just and human dignity conditions which may limit immigration and encourage immigrants to return to their homes. The Catholic
Bishops assembly calls on the federal government and the Kurdistan Regional Government to assume full responsibility for providing security and stability and decent living for all components.
3 - Today the Catholic Bishops assembly is concerned on Syrian sisters and brother's situation. The bishops express their solidarity and prayer and hope that the requested reforms will be done through a safe way, through a constructive dialogue and negotiations and not with fighting and demolition. The civilized dialogue is a human and religious basic manner to resolve problems. We pray for the soon return of stability to our neighboring Syria.
4 - At the conclusion the Catholic Bishops assembly calls on the faithful to stick to faith, hope and to pray for the return of peace and stability to the country so that everyone can live in freedom, dignity and joy.

3 novembre 2012

Mons. Sako: la tragedia della Cattedrale di Bagdad è un punto di riferimento per la nostra fede

by Joseph Mahmoud

La memoria  del gran numero di iracheni innocenti che hanno versato il loro sangue ingiustamente - cristiani e musulmani - è un momento forte per rinnovare la nostra fede in Dio e rinforzare la nostra fiducia e speranza. Ma nello stesso tempo dobbiamo tutti condannare questi atti odiosi di violenza  che sono  un insulto alla religione e all' umanità. Il secondo anniversario della strage nella cattedrale di Baghdad del 31 ottobre 2010, costato la vita a 58 innocenti, e i 37 "martiri" cristiani uccisi a Kirkuk dal 2003 ad oggi sono stati ricordati così nella cattedrale caldea di Kirkuk dal vescovo, mons. Louis Sako, nel corso di un rito che ha visto portare in processione e porre sull'altare (nella foto) da familiari delle vittime le foto dei 37 uccisi.
Nella cattedrale affollata, Halla, sorella di Saad Hindi, un ingegnere di 29 anni, rapito l'11 agosto 2005 poi ucciso e gettato in strada, ha testimoniato il significato che la fede ha per la sua famiglia.
"Non importa - ha detto con le lacrime agli occhi - quello  che viviamo, è importante come  lo viviamo e come riuscire a trasformare questi eventi per un incontro con Dio e con gli altri, e che lo rendiamo fonte di grazia e di rinnovamento, di vita e la risurrezione, senza abbandonarsi all'assurdità  della nostra brutale tragedia".
"Non ci aspettavamo certo questa fine per mio fratello Saad, che era nel periodo di massimo splendore della sua giovinezza. Pensavamo per lui un futuro luminoso, ma il piano di Dio era diverso. L'11 agosto 2005, è stato rapito e brutalmente ucciso. Siamo rimasti scioccati e molto addolorati, soprattutto i nostri generatori. Le nostre parole sono incapaci di esprimere ciò che abbiamo vissuto, ma quello che non siamo riusciti a fare con le nostre forze, lo abbiamo scoperto spiritualmente attraverso la nostra preghiera: abbiamo a lungo meditato l'esempio della Vergine Maria quando  hanno torturato il suo giovane figlio Gesù e lo hanno crocifisso ingiustamente.. Abbiamo trovato conforto nella preghiera e nella forza della fede: il nostro Saad era un credente e un uomo onesto, la parola del l'Apocalisse  ci ha confermato nella fede: "Sii fedele fino alla morte, io ti darò la corona della vita".  (2:10-11). " siamo sicuri che il nostro Saad sta nel regno glorioso del Padre perchè  la promessa del Signore è reale".
"Questa sera la mia famiglia e io  rinnoviamo la nostra fede e fiducia  al Signore  e diciamo: a Lui  la gloria e la lode e rendimento di grazie, onore, potenza e forza nei secoli dei secoli amen".

Da parte sua, nell' omelia il vescovo ha sottolineato che il sacrificio dei martiri è un punto di riferimento per la nostra fede. "Di nuovo questa sera celebriamo la memoria di un gran numero di iracheni innocenti che hanno versato il loro sangue ingiustamente: cristiani e musulmani. Questo è un momento forte per rinnovare la nostra fede in Dio e rinforzare la nostra fiducia e speranza. Nello stesso tempo dobbiamo tutti condannare questi atti odiosi di violenza, che è un insulto alla religione e all'umanità e che non fa onore alla nostra civiltà attuale".
"La tragedia della Chiesa di Nostra Signora della Salvezza  è ancora viva nella nostra memoria ma anche gli attacchi alle moschee in nome di Dio sono un'offesa  a Dio e colui che la compie non ha niente in comune con Dio nè con l'umanità. Da parte nostra  noi cristiani, deploriamo questo atti di ingiustizia e crediamo fortemente che il cambiamento e la democrazia non si fanno con le armi, ma col dialogo e con la buona volontà di collaborazione. E che il Dio che ci ha creato è l'amore e la misericordia e non lascerà che il loro sangue si perda, ma lo accetterà come un'offerta soddisfacente soddisfatto nel Suo regno glorioso .. E questo sangue sarà seme di speranza, di pace, stabilità e  sicurezza per il nostro Paese".
"Vivere insieme non è una formula, ma è l'integrazione della cultura umana, sociale, spirituale e politica. Ciò che richiede la buona volontà dei leader politici per il dialogo, per lavorare insieme e mantenere l'unita del paese, la pace, la giustizia e l'armonia. Basta violenza, difendiamo la vita delle persone, ogni persona uccisa è una grande perdita per noi e per il nostro paese."

Msgr Sako: Baghdad Cathedral tragedy a reference point for our faith

By  Asia News
by Joseph Mahmoud

The memory of the large number of innocent Iraqis who have shed their blood unjustly - Christians and Muslims - is an important occasion to renew  faith in God and strengthen faith and hope. But at the same time we must all condemn these heinous acts of violence that are an insult to religion and to humanity. The second anniversary of the massacre in the cathedral of Baghdad October 31, 2010, in which 58 innocent people were killed, and the 37 Christian "martyrs" killed in Kirkuk since 2003 were commemorated in the Kirkuk cathedral by Chaldean Archbishop, Msgr. Louis Sako, during a ceremony in which families of the 37 victims carried a photo of their lost loved one in procession and placed it on the altar (in the photo).
In the crowded cathedral, Halla, sister of Hindi Saad, a 29 year old engineer who was kidnapped on 11 August 2005 and then killed and his body thrown onto the street, witnessed the meaning of faith for her family.
"It does not matter - she said with tears in her eyes - what we experience, it is important how we live and how we can turn these events into an encounter with God and with others, and that we make it a source of grace and renewal, life and resurrection, without abandoning ourselves to the absurdity of our brutal tragedy. "
"We did not expect this end for my brother Saad, who was in the heyday of his youth. We immagined a bright future for him, but God's plan was different. On 11 August 2005, he was abducted and brutally murdered . We were shocked and very sad, especially our parents. Words are unable to express what we experienced, but what we could not cope on our own, we discovered this spiritually through our prayer: we pondered the example of the Virgin Mary when they tortured her young son Jesus and crucified Him unjustly .. We found comfort in prayer and the power of faith: our Saad was a believer and an honest man, the words of Revelation confirmed us in the faith: "Be thou faithful unto death, I will give you the crown of life." (2:10-11). "We are confident that our Saad is in the Father's glorious kingdom because the Lord's promise is real ".
"This evening my family and I renew our faith and trust in the Lord and say: to Him, all glory and praise and thanksgiving and honor and power and might, forever and ever. Amen."

During his homily, the Archbishop said that the sacrifice of the martyrs is a reference point for our faith. "Again tonight we celebrate the memory of a great number of innocent Iraqis who have shed their blood unjustly Christians and Muslims. This is an important time to renew our faith in God and strengthen our faith and hope. At the same time we must all condemn these heinous acts of violence, which is an insult to religion and humanity and that does not honor our present civilization. "
"The tragedy of the Church of Our Lady of Salvation is still vivid in our memory but also attacks on mosques in the name of God is an offense to God and does not have anything in common with God nor with humanity. For our part, we Christians, we deplore this acts of injustice and we strongly believe that change and democracy are not brought about with weapons, but with dialogue and the willingness of collaboration. And that the God who created us is love and mercy, and He will not allow thei blood to have been shed in vain, but will welcome it as a satisfactory gift in His glorious kingdom .. And this blood is the seed of hope, peace, stability and security for our country. "
"Living together is not a formula, but it is the integration of human, social, spiritual and political culture. This requires the willingness of political leaders to dialogue, to work together and maintain the unity of the country, peace, justice and harmony. Enough violence, defend the lives of people, each person killed is a huge loss for us and for our country. "