Fonte: Zenit
Messa alla Pontificia Università “Angelicum” per padre Ragheed e i tre suddiaconi
“Sabato, 2 giugno, ho ricevuto un’e-mail da Mosul. Una parte diceva: ‘La situazione qui è peggio che all’inferno, e la mia chiesa è stata attaccata varie volte dall’ultima volta che ci siamo visti. La scorsa settimana due guardie sono state ferite dopo un attacco. Ci incontreremo presto e parleremo di tutti questi eventi. Dio ti benedica, Ragheed’”.
Clicca su "leggi tutto" per la testimonianza di Padre Ragheed Kanni attraverso i ricordi di Padre Robert Christian e Padre Joseph Chedid pubblicati da Zenit
Con questa testimonianza, padre Robert Christian – professore di Teologia all’Università di San Tommaso d’Aquino di Roma – ha iniziato la sua omelia durante una Messa celebrata martedì per p. Ragheed Ganni e i tre suddiaconi uccisi domenica 3 giugno in Iraq. Padre Ragheed aveva studiato, in questa Università, Teologia ed Ecumenismo.“Il Patriarca dei Caldei li ha chiamati martiri, e i martiri, che si sono conformati da vicino alla Passione e Morte di Gesù Cristo, sono stati considerati fin dalle origini del cristianesimo come santi”, ha detto padre Christian. Parlando metaforicamente dell’inferno, padre Christian ha detto che “è ciò che stanno sperimentando coloro che restano: la famiglia e gli amici di Ragheed; il gregge che egli curava; la sua Chiesa caldea, altri cristiani e anche musulmani, intrappolati nel vortice senza senso dell’odio cieco e della violenza che costituisce la quotidianità in Iraq”.“Ragheed avrebbe potuto andarsene”, ha aggiunto padre Christian. “Per quanto ne so, è venuto in Italia tre volte da quando era tornato a Mosul al termine della sua Licenza in Ecumenismo all’Angelicum. Ma Ragheed aveva un forte senso del suo dovere sacerdotale di essere icona del Buon Pastore per il suo popolo”. Padre Christian ha quindi letto un messaggio ricevuto da padre Ragheed nell’ottobre scorso, in cui il sacerdote iracheno scriveva: “Caro padre Christian, come stai? Sono davvero felice di aver ricevuto il tuo messaggio, e di sapere che ci sono persone che ancora pensano e pregano per il mio Paese”.“La situazione, come puoi apprendere dai telegiornali, è terribile. I cristiani soffrono due volte, prima per la situazione, e poi a causa della loro religione”. “Il discorso del Papa ha acceso una miccia in città. Un sacerdote ortodosso siriano è stato decapitato; la mia parrocchia è stata attaccata 5 volte. Sono stato minacciato anche prima che quel sacerdote venisse rapito, ma sono stato attento nei miei spostamenti. Ho rimandato le mie vacanze due volte perché non potevo lasciare la città in quelle condizioni”.“Dovevo venire in Europa il 18 settembre, ma ho rimandato al 4 ottobre. Poi ho dovuto rimandare al 1° novembre. Il Ramadan è stato un disastro per noi a Mosul. Centinaia di famiglie cristiane hanno lasciato la città (compresa la mia famiglia e i mie zii: circa 30 persone hanno abbandonato tutte le loro proprietà e se ne sono andate, a causa delle minacce)”.“Non è facile, ma la Grazia del Signore dà sostegno e forza. Affrontiamo la morte ogni giorno”.Dopo aver letto le parole di padre Ragheed, padre Christian ha detto che il sacerdote iracheno sapeva di essere un bersaglio: “Sapeva che stava affrontando la minaccia della morte a causa della sua fede, ma sapeva anche che era suo dovere restare, dando coraggiosa testimonianza della nostra fede nel Signore risorto”.“Siamo abituati a insegnare a futuri leader della Chiesa”, ha proseguito il professore di Teologia. “Quando sappiamo che uno dei nostri ex studenti è diventato Vescovo ci rallegriamo. Ma aver insegnato a un martire è qualcosa di totalmente diverso. E a volte noi professori impariamo dai nostri studenti”.“Le emozioni sono forti: tristezza, dolore, rabbia, senso di impotenza”.“Nonostante questo, c’è la consapevolezza che siamo di fronte a una persona che era preparata a pagare il prezzo supremo; una persona che voleva vivere e morire eroicamente; una persona pronta a versare il proprio sangue per la vita dei fedeli. Questa consapevolezza ci rende umili”, ha detto.“La forza di padre Ragheed era l’Eucaristia, e nelle sue omelie insegnava ai fedeli che il corpo e il sangue di Gesù, che si è sacrificato ed è risorto, rafforzano l’unione tra i membri del corpo mistico di Cristo. Possa l’Eucaristia darci il coraggio di vivere e morire come padre Ragheed”, ha aggiunto.“Cedere alla tentazione della vendetta non rende onore a padre Ragheed. Lo fa invece promuovere la pace, il dialogo e la costruzione di una civiltà dell’amore”, ha suggerito padre Christian. Il sacerdote ha concluso la sua omelia ringraziando il Signore “che ci ha dato vittoria attraverso il nostro Signore Gesù Cristo”. Domenica 10 giugno è stata celebrata un’altra Messa da padre Joseph Chedid per padre Ragheed e i tre suddiaconi nella chiesa di St. Roukoz dell’Ordine Maronita Antonino in Libano. Nella sua omelia, padre Chedid, amico di padre Ragheed, ha parlato delle “anime dei martiri il cui sangue è stato versato per testimoniare la parola di Dio”.Il sacerdote ha chiesto ai fedeli di pregare il Sacro Cuore di Gesù così che il popolo iracheno, e soprattutto i cristiani, possa allontanare le “nubi oscure che gravano su di loro nella terribile situazione che stanno sperimentando”.