Fonte: Radiovaticana
Ha incassato una nuova bocciatura, il piano di una zona autonoma assira in Iraq. Mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, all’Agenzia Sir ha parlato di “progetto non idoneo”. Il piano prevede che i cristiani trovino rifugio nella piana di Ninive, zona ai confini con la regione semiautonoma del Kurdistan, che di fatto diverrebbe una enclave cristiana. “Vivendo a contatto con i nostri fratelli musulmani – ha aggiunto mons. Warduni - potremo dare la nostra testimonianza di vita”. Stessa posizione è stata espressa da mons. Louis Sako, vescovo caldeo di Kirkuk. Il presule sottolinea come le speranze della comunità cristiana in Iraq siano tutte orientate al dialogo e al pluralismo. Ma sentiamo proprio mons. Louis Sako, nell’intervista di Salvatore Sabatino:
"Abbiamo vissuto sempre insieme con gli altri. La storia irachena è mista: ci sono cristiani, musulmani, caldei, curdi, arabi. Ci sono musulmani moderati e sono senz’altro la maggioranza. Anche in Medio Oriente, questo fondamentalismo crede che non ci sia altra soluzione se non quella di creare Stati musulmani. E questo perché, in realtà, loro non sono capaci di integrarsi in una società moderna caratterizzata dal pluralismo. E’ meglio allora appoggiare questi musulmani moderati, che sono bravi e vogliono anche il dialogo, una convivenza pacifica. Anche l’Occidente deve chiedere a questi Stati di fare in modo di rispettare i diritti umani. Questa è l’unica soluzione. Creare, quindi, delle aree per piccoli gruppi è una cosa inaccettabile."
Cosa può fare la comunità cristiana per incoraggiare la cultura del pluralismo, di cui lei parla?
"Io credo – ed è quello che ho sempre chiesto – che sia necessario fare una riunione dell’assemblea dei vescovi cattolici, insieme anche ai vescovi ortodossi, convocando esperti cristiani e non, per cercare di preparare un documento ben equilibrato e, quindi, presentarlo in modo tale da avere un discorso politico ben preparato, che rappresenti tutti e che salvi il mosaico iracheno."
Come vede il futuro della comunità cristiana in Iraq? Come la immagina nel prossimo futuro?
"Sinceramente nel corso della nostra storia, abbiamo avuto problemi. Siamo una Chiesa martire. Questo è un po’ il nostro carisma. Abbiamo, però, trovato anche modi per vivere insieme. Tocca a noi aprire le braccia, cercando un dialogo con tutti i gruppi. E questo per cercare di salvare la nostra esistenza."
In Turchia, intanto, il primo ministro Tayyip Erdogan ha dichiarato ieri che il governo di Ankara è pronto ad autorizzare, in caso di necessità, operazioni militari nel Kurdistan iracheno contro ribelli del partito comunista turco (PKK). Secondo diversi osservatori, i separatisti curdi iracheni avrebbero condotto diverse azioni terroristiche in Turchia. Ed è sempre più intricata, poi, la questione dello status di Kirkuk che dovrà essere definito, in futuro, con un referendum. Con la consultazione si deciderà l’eventuale autonomia della ricca città petrolifera del Kurdistan. Il governo di Ankara teme che una regione curda autonoma in Iraq possa innescare nuove mire indipendentiste anche in Turchia.