By Asia News
La presenza dei cristiani in Iraq, in particolare nell'area di Mosul, è "in pericolo"; il nuovo appello di Papa Francesco
"è importante per la vicinanza e il sostegno mostrati dal Pontefice",
ma è anche un segnale "evidente della portata della crisi e del rischio
di scomparsa" che incombe sulla minoranza in Iraq.
È quanto dice ad AsiaNews mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell'Iraq, dove circa 500mila persone, cristiani e musulmani, sono fuggite il mese scorso, originando una crisi umanitaria, economica e politica. Il prelato già nel maggio scorso, ben prima della rapida avanzata dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis, formazione sunnita jihadista legata ad al Qaeda), aveva lanciato l'allarme sul "dramma" vissuto dall'Iraq e dal suo popolo. "Noi sapevamo quanto la situazione fosse grave - commenta l'arcivescovo - ma nessuno parlava di questa zona del mondo, nessuno parlava di Mosul, e questi sono i risultati".
È quanto dice ad AsiaNews mons. Emil Shimoun Nona, arcivescovo caldeo di Mosul, nel nord dell'Iraq, dove circa 500mila persone, cristiani e musulmani, sono fuggite il mese scorso, originando una crisi umanitaria, economica e politica. Il prelato già nel maggio scorso, ben prima della rapida avanzata dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis, formazione sunnita jihadista legata ad al Qaeda), aveva lanciato l'allarme sul "dramma" vissuto dall'Iraq e dal suo popolo. "Noi sapevamo quanto la situazione fosse grave - commenta l'arcivescovo - ma nessuno parlava di questa zona del mondo, nessuno parlava di Mosul, e questi sono i risultati".
Nei giorni scorsi i miliziani dell'Isis hanno occupato la sede
dell'arcidiocesi caldea di Mosul, saccheggiandola e distruggendo tutti i
simboli della cristianità. Un'azione compiuta nonostante il richiamo al
rispetto dei luoghi di culto da parte dell'imam della vicina moschea, e
che si è ripetuto anche nei confronti della chiesa di Sant'Efrem,
sempre a Mosul, sede dell'arcivescovado siriaco-ortodosso. Fonti locali
di Ankawa.com riferiscono che all'appello del leader musulmano,
gli islamisti hanno risposto che "non c'è vescovado o chiesa nello
Stato islamico".
"Due giorni fa sono entrati e hanno piantato la bandiera sulla sede dell'arcivescovado", racconta ad AsiaNews
mons. Nona, e "adesso l'hanno occupato e la situazione non è cambiata".
Non vi sono altre notizie aggiornate, continua, ma "se questo è il loro
[dell'Isis, ndr] atteggiamento e il loro comportamento verso
le minoranze, verso le altre componenti, è un segnale estremamente
negativo per tutti". Se a Qaraqosh e in altri villaggi alcune famiglie
hanno potuto fare rientro, diversa la situazione di Mosul sempre sotto
il controllo dei miliziani. "La realtà è grave - avverte il prelato -
soprattutto per le famiglie che si trovano a sopravvivere con sempre
meno risorse, potendo contare sul nulla".
L'arcivescovo di Mosul avverte inoltre che "non vi sono novità" sulla
sorte delle due suore e dei tre bambini sequestrati nei giorni scorsi,
per i quali "stiamo facendo il possibile, ma non vi sono notizie certe
sulla loro sorte". Le religiose e i tre minori, ospiti
dell'orfanotrofio, erano in viaggio verso Mosul quando sono finite nelle
maglie dei miliziani. "Vorrei lanciare un appello ai politici e a tutta
la classe dirigente - conclude il prelato, che ha partecipato al Sinodo
dei vescovi caldei della scorsa settimana - perché trovino una via di
uscita da questa situazione molto grave, perché possano trovare una via
comune di dialogo e salvino il Paese dal pericolo di divisioni. E prego
perché i cristiani possano trovare sostegno e aiuto, serve una mano da
tutti in questa situazione difficile".
Intanto a Baghdad si riunisce oggi per la prima volta dalle elezioni
di aprile il nuovo Parlamento; l'Assemblea dovrà affrontare la crisi
causata dall'avanzata dell'Isis e dar vita a un governo di unità
nazionale, per fornire risposte concrete al Paese e ai suoi abitanti.
Sul tavolo la nomina del nuovo Primo Ministro, con la conferma del
premier uscente Nouri al-Maliki (sciita) sempre più a rischio. Secondo i
critici egli sarebbe uno dei responsabili dell'attuale situazione di
violenza e di divisioni confessionali in Iraq. Divisioni alimentate dal
leader della regione autonoma curda Masoud Barzani, che rilancia i
propositi di indipendenza dal resto del Paese, sottolineando che "di
fatto" l'Iraq è già spaccato in tre parti; egli conferma l'intenzione di
partecipare a pieno titolo al raggiungimento di una soluzione politica
della crisi, tuttavia aggiunge anche che l'indipendenza è un "diritto
naturale" del popolo curdo. Fonti delle Nazioni Unite Unite confermano
infine attraverso i numeri la drammaticità della situazione in Iraq: con
2417 persone uccise, giugno è diventato il mese con il maggior numero
di vittime per quest'anno. Si tratta del punto più alto di crisi a
partire dal dicembre 2011, quando le truppe statunitensi hanno
abbandonato il Paese; nel computo totale non vi sono i morti della
provincia di Anbar, nelle mani dei miliziani sunniti.