In Iraq rimane critica la situazione dei cristiani, mentre è di almeno sessanta morti il bilancio di un attacco di un commando armato a un pullman di detenuti, nei pressi di Baghdad. Intanto il patriarca dei caldei, mons. Louis Sako ha lanciato un appello alle Nazioni Unite affinchè “il Consiglio di sicurezza non rimanga un semplice osservatore delle continue atrocità commesse contro i cristiani”, cacciati dal nord del Paese dagli islamisti dello “Stato Islamico”. Sul piano politico si terrà oggi la seconda seduta del parlamento dedicata all’elezione del capo dello Stato, dopo il nulla di fatto di ieri, mentre potrebbe essere istituita una commissione proprio per vigilare sulla minoranza cristiana. Ma sentiamo le parole di mons. Sako, al microfono di Michele Raviart:
Mille famiglie hanno lasciato Mosul, dopo la pubblicazione dell’ordine dell’Isis. Sono nei villaggi cristiani della Piana di Ninive e anche nelle città curde. Il Kurdistan e la Chiesa caldea hanno aiutato un poco queste famiglie, ma finora non sono state prese misure per aiutarle o per trovare una soluzione politica per loro. La gente, dunque, ancora è nel panico. Ieri hanno sentito dei bombardamenti vicino ad un villaggio e hanno lasciato le loro case. Io ho incontrato ieri il capo del Kurdistan e, tornando a Baghdad, ho incontrato il presidente del Parlamento e tanti politici. Sto cercando, dunque, con loro, un aiuto umano, ma anche politico.
Cosa possono fare le istituzioni politiche irachene e che cosa chiede lei al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?
E’ triste vedere l’indifferenza del mondo intero verso ciò che il Medio Oriente sta vivendo. Sono perseguitati perché sono cristiani Sono pacifici. Sono innocenti, dunque. E questo è il grande scandalo. Il mondo intero deve muoversi per allontanare questi atti e chiedere a coloro, che finanziano questa gente – l’Isis - di interrompere gli aiuti militari ed economici.
L’Onu ha parlato appunto di crimini contro l’umanità e lei ha usato le parole durissime di “pulizia etnica”...
Le parole e le condanne non bastano. Questi non capiscono! Bisogna fare pressione sui governi regionali. Noi siamo molto preoccupati anche del nostro patrimonio: ci sono chiese antiche a Mosul, dal V fino al X secolo, e queste chiese sono state bruciate, distrutte ed è tutto finito. Se esplode una nuova chiesa, ne possiamo costruire un’altra, ma questo patrimonio è storico e non lo è solo per i cristiani e per l’Iraq, ma per il mondo intero. Tutti devono agire e non solo guardare.
C’è un’emergenza umanitaria. Di che cosa hanno bisogno i cristiani che sono fuggiti da Mosul?
Sono stati cacciati e non hanno niente. Quelli di Isis sono entrati nelle loro case e hanno preso tutto. Non hanno un soldo! Noi, come Chiesa, diamo loro da mangiare, ma non basta, perché hanno altri bisogni. Domani ci sarà una marcia a Lione, come ha scritto il cardinale Barbarin, e questa marcia, questa vicinanza, ci dà la forza per non perdere la fiducia ed anche la speranza, altrimenti la gente lascerà, andrà via, e il Paese resterà vuoto.
Mille famiglie hanno lasciato Mosul, dopo la pubblicazione dell’ordine dell’Isis. Sono nei villaggi cristiani della Piana di Ninive e anche nelle città curde. Il Kurdistan e la Chiesa caldea hanno aiutato un poco queste famiglie, ma finora non sono state prese misure per aiutarle o per trovare una soluzione politica per loro. La gente, dunque, ancora è nel panico. Ieri hanno sentito dei bombardamenti vicino ad un villaggio e hanno lasciato le loro case. Io ho incontrato ieri il capo del Kurdistan e, tornando a Baghdad, ho incontrato il presidente del Parlamento e tanti politici. Sto cercando, dunque, con loro, un aiuto umano, ma anche politico.
Cosa possono fare le istituzioni politiche irachene e che cosa chiede lei al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?
E’ triste vedere l’indifferenza del mondo intero verso ciò che il Medio Oriente sta vivendo. Sono perseguitati perché sono cristiani Sono pacifici. Sono innocenti, dunque. E questo è il grande scandalo. Il mondo intero deve muoversi per allontanare questi atti e chiedere a coloro, che finanziano questa gente – l’Isis - di interrompere gli aiuti militari ed economici.
L’Onu ha parlato appunto di crimini contro l’umanità e lei ha usato le parole durissime di “pulizia etnica”...
Le parole e le condanne non bastano. Questi non capiscono! Bisogna fare pressione sui governi regionali. Noi siamo molto preoccupati anche del nostro patrimonio: ci sono chiese antiche a Mosul, dal V fino al X secolo, e queste chiese sono state bruciate, distrutte ed è tutto finito. Se esplode una nuova chiesa, ne possiamo costruire un’altra, ma questo patrimonio è storico e non lo è solo per i cristiani e per l’Iraq, ma per il mondo intero. Tutti devono agire e non solo guardare.
C’è un’emergenza umanitaria. Di che cosa hanno bisogno i cristiani che sono fuggiti da Mosul?
Sono stati cacciati e non hanno niente. Quelli di Isis sono entrati nelle loro case e hanno preso tutto. Non hanno un soldo! Noi, come Chiesa, diamo loro da mangiare, ma non basta, perché hanno altri bisogni. Domani ci sarà una marcia a Lione, come ha scritto il cardinale Barbarin, e questa marcia, questa vicinanza, ci dà la forza per non perdere la fiducia ed anche la speranza, altrimenti la gente lascerà, andrà via, e il Paese resterà vuoto.