By Oasis
Traduciamo e pubblichiamo l’appello inviato da p. Anis Hanna, domenicano iracheno, sulla drammatica situazione dei cristiani iracheni.
Padre Anis Hanna, o.p. | lunedì 21 luglio 2014
Nel pomeriggio di domenica 20 luglio 2014, i combattenti dello Stato Islamico si sono impossessati del monastero dei martiri Benham e Sarah. Hanno obbligato i monaci a lasciare il monastero, ma hanno impedito loro di portare via alcunché. Esattamente come hanno fatto con le famiglie cristiane cacciate da Mosul giovedì 17 luglio. I monaci hanno preso la strada di Karakoche, che dista solo 19 chilometri dal monastero.
In una conversazione telefonica il superiore della comunità monastica di Sant’Efrem, padre Yacoub Hassou ha detto con poche parole: «Qui va tutto malissimo». Tutta la comunità dei monaci si trova attualmente a Karakoche. Costernata, indignata, triste e disorientata. Questa comunità si lascia alle spalle un luogo importante di spiritualità, un monumento storico di rara bellezza, una biblioteca piena di antichi manoscritti, di libri liturgici e un luogo simbolo dell’incontro islamo-cristiano. Il monastero era un porto di pace, di spiritualità, di riferimento religioso sia per i cristiani che per i musulmani.
La sera di venerdì 18 luglio i terroristi dello Stato Islamico avevano bruciato l’arcivescovado dei siro-cattolici, che si trovava nel quartiere di al-Meidan, nel centro di Mosul.
Il pomeriggio di sabato 19 luglio i terroristi dello Stato islamico si sono impossessati del convento di San Giorgio, a nord di Mosul, unico luogo monastico a Mosul dei monaci caldei appartenenti all’ordine dei Sant’Antonio il Grande.
Bisogna dire che a Mosul c’erano molte parrocchie, chiese e conventi. Una città abitata da caldei, siro-cattolici e siro-ortodossi con i rispettivi Arcivescovi. Attualmente Mosul è una città dominata dallo Stato Islamico, un contingente di 25.000 combattenti terroristi che applicano la sharî‘a islamica, secondo cui i cristiani non devono esistere nello Stato Islamico.
Mons. Charbel, vescovo co-adiutore a Karakoche, mi ha confidato oggi, 20 luglio, con grande tristezza e in lacrime, la sorte miserabile dei cristiani della piana di Ninive. Mons. Charbel lancia un appello ai dirigenti delle potenze del mondo affinché aprano alla possibilità di un’emigrazione collettiva per tutti i cristiani d’Iraq e salvino i cristiani che rimangono dalla morsa dei gruppi terroristi islamici che distruggono la cultura e la civiltà cristiana.
Solo l’emigrazione collettiva può salvare i cristiani che rimangono dalla morte e dallo sterminio. Invitiamo ed esortiamo i dirigenti dei Paesi occidentali come il Canada, gli Stati Uniti e l’Australia e prendere sul serio la nostra richiesta. Vogliamo salvare i cristiani d’Iraq che rimangono.
Padre Anis Hanna, o.p. | lunedì 21 luglio 2014
Nel pomeriggio di domenica 20 luglio 2014, i combattenti dello Stato Islamico si sono impossessati del monastero dei martiri Benham e Sarah. Hanno obbligato i monaci a lasciare il monastero, ma hanno impedito loro di portare via alcunché. Esattamente come hanno fatto con le famiglie cristiane cacciate da Mosul giovedì 17 luglio. I monaci hanno preso la strada di Karakoche, che dista solo 19 chilometri dal monastero.
In una conversazione telefonica il superiore della comunità monastica di Sant’Efrem, padre Yacoub Hassou ha detto con poche parole: «Qui va tutto malissimo». Tutta la comunità dei monaci si trova attualmente a Karakoche. Costernata, indignata, triste e disorientata. Questa comunità si lascia alle spalle un luogo importante di spiritualità, un monumento storico di rara bellezza, una biblioteca piena di antichi manoscritti, di libri liturgici e un luogo simbolo dell’incontro islamo-cristiano. Il monastero era un porto di pace, di spiritualità, di riferimento religioso sia per i cristiani che per i musulmani.
La sera di venerdì 18 luglio i terroristi dello Stato Islamico avevano bruciato l’arcivescovado dei siro-cattolici, che si trovava nel quartiere di al-Meidan, nel centro di Mosul.
Il pomeriggio di sabato 19 luglio i terroristi dello Stato islamico si sono impossessati del convento di San Giorgio, a nord di Mosul, unico luogo monastico a Mosul dei monaci caldei appartenenti all’ordine dei Sant’Antonio il Grande.
Bisogna dire che a Mosul c’erano molte parrocchie, chiese e conventi. Una città abitata da caldei, siro-cattolici e siro-ortodossi con i rispettivi Arcivescovi. Attualmente Mosul è una città dominata dallo Stato Islamico, un contingente di 25.000 combattenti terroristi che applicano la sharî‘a islamica, secondo cui i cristiani non devono esistere nello Stato Islamico.
Mons. Charbel, vescovo co-adiutore a Karakoche, mi ha confidato oggi, 20 luglio, con grande tristezza e in lacrime, la sorte miserabile dei cristiani della piana di Ninive. Mons. Charbel lancia un appello ai dirigenti delle potenze del mondo affinché aprano alla possibilità di un’emigrazione collettiva per tutti i cristiani d’Iraq e salvino i cristiani che rimangono dalla morsa dei gruppi terroristi islamici che distruggono la cultura e la civiltà cristiana.
Solo l’emigrazione collettiva può salvare i cristiani che rimangono dalla morte e dallo sterminio. Invitiamo ed esortiamo i dirigenti dei Paesi occidentali come il Canada, gli Stati Uniti e l’Australia e prendere sul serio la nostra richiesta. Vogliamo salvare i cristiani d’Iraq che rimangono.