‘Sono un iracheno, sono un cristiano’:
questa la scritta apparsa su cartelli e sulle magliette di alcuni dei
200 musulmani che hanno partecipato ad una messa a Baghdad celebrata dal
patriarca caldeo, Louis Sako, in segno di solidarietà con le migliaia
di cristiani espulsi con la violenza da Mosul dai jihadisti dello Stato
Islamico (Isis) che controllano la città.
Un segnale che non è isolato e che mostra la consapevolezza del
pericolo che gli odi interconfessionali finiscano con il distruggere le
basi della convivenza e quindi dell’esistenza dello Stato iracheno. Lo
ha sottolineato lo stesso primo ministro, Nuri al Maliki, lanciando un
appello a tutti i Paesi del mondo perchè “reagiscano uniti contro
l’ultimo crimine dello Stato islamico (Isis) che ha espulso con la forza
i cristiani da Mosul”.
Maliki, inoltre, ha incontrato il responsabile della chiesa cattolica
siriana di San Giuseppe a Baghdad, mons. Pius Qasha, al quale ha
ribadito “il sostegno del governo ai cristiani vittime di questo
crimine”.
Dopo una presenza di duemila anni, i cristiani sono stati costretti a lasciare lo scorso fine settimana la città, dove fino al mese scorso ne vivevano circa 25.000. Mentre fuggivano verso i territori controllati dalle forze curde, sono stati fermati ai posti di blocco dei jihadisti, che si sono impossessati di tutto il loro denaro, degli oggetti di valore, dei telefoni cellulari, delle auto e persino dei documenti di identità. “Siamo rimasti solo con i vestiti che indossavamo” ha detto uno dei profughi, Selwan Noel.
Dopo una presenza di duemila anni, i cristiani sono stati costretti a lasciare lo scorso fine settimana la città, dove fino al mese scorso ne vivevano circa 25.000. Mentre fuggivano verso i territori controllati dalle forze curde, sono stati fermati ai posti di blocco dei jihadisti, che si sono impossessati di tutto il loro denaro, degli oggetti di valore, dei telefoni cellulari, delle auto e persino dei documenti di identità. “Siamo rimasti solo con i vestiti che indossavamo” ha detto uno dei profughi, Selwan Noel.
“Quando un miliziano con il volto coperto ci ha chiesto di consegnare
il denaro e il resto, abbiamo cercato di dire che non avevamo niente,
ma lui ha replicato che in tal caso ci avrebbe portato via nostro figlio
di 4 anni”. Papa Francesco ha chiesto a tutti di pregare per la sorte
dei cristiani di Mosul, ricordando la difficile prova che attraversano:
“Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati – ha detto il pontefice
rivolgendosi loro – io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di
tutto. Sono con voi nella fede in Colui che ha vinto il male”. Durante
la messa celebrata da mons. Sako a Baghdad, alcuni musulmani si sono
presentati anche con la lettera ‘N’ sui loro vestiti, quella tracciata
con fini intimidatori dai jihadisti sulle porte delle case dei cristiani
a Mosul, che sta a significare ‘Nazareno’, il nome usato nei tempi
antichi per indicare i cristiani tra gli arabi.
Inoltre, episodi di solidarietà concreta sono segnalati nella stessa
Mosul. Secondo il racconto di Selwan Noel, infatti, un ridotto numero di
famiglie cristiane sono rimaste in città, dove “si nascondono presso
famiglie musulmane, ma presto probabilmente partiranno anche loro”.
Intanto per non si fermano le azioni contro i cristiani da parte
dell’Isis. Lunedi si è avuta notizia che nel pomeriggio di domenica i
miliziani jihadisti si sono impossessati anche del monastero di Mar
Behnam, risalente al IV secolo, una ventina di chilometri a sud di
Mosul, costringendo i tre monaci e alcune famiglie residenti ad
andarsene. La notizia, riferita dalla stampa, è stata confermata
all’agenzia Fides dall’arcivescovo siro-cattolico di Mosul, Yohanna
Petros Moshe.