By Baghdadhope*
Ventisei sopravvissuti della strage del 31 ottobre scorso nella chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad che ha causato la morte di molti fedeli e dei due sacerdoti che stavano celebrando la santa messa sono arrivati a Roma ieri sera per essere ricoverati al Policlinico Gemelli.
Il ricovero, organizzato dal nostro Ministero degli Affari Esteri, in collaborazione con il policlinico universitario, e su preciso invito del segretario di stato vaticano, Cardinale Tarcisio Bertone, segue quello di altri 37 feriti trasportati da Baghdad in Francia nei giorni precedenti.
Il pomeriggio del 31 ottobre, la “domenica di sangue” Padre Thair Sad-alla Abd-al e Padre Waseem Sabeeh Al-kas Butros, due giovanissimi sacerdoti, stavano celebrando la santa messa nella chiesa del quartiere centrale di Karrada quando un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nell’edificio uccidendo le guardie all’esterno e tenendo per cinque ore in ostaggio i presenti.
Il bilancio dei morti e dei feriti dovuti sia all’attacco terroristico sia al maldestro tentativo di liberazione da parte delle forze irachene è gravissimo: 45 morti, un centinaio di feriti, e migliaia di iracheni cristiani ormai convinti di non avere più nell’Iraq la propria patria e desiderosi solo di fuggire.
L’attacco alla chiesa del 31 ottobre non è stato il primo che in questi anni ha colpito i luoghi di culto cristiani, a partire da quello coordinato che il 1 agosto del 2004 colpì diverse chiese a Baghdad e Mosul, ma è stato il primo che ha visto l’irruzione di un commando dentro la chiesa durante la messa e la presa di ostaggi.
I 26 ricoverati al Gemelli rappresentano un dovuto atto di vicinanza pratica da parte dello stato italiano cui si aggiungerà quella morale del 21 novembre, la domenica in cui, per preciso volere del presidente della CEI, cardinale Angelo Bagnasco, in tutte le diocesi italiane si pregherà per la sorte degli iracheni cristiani perseguitati e dei loro persecutori.
Baghdadhope ha parlato con Padre Ameer Gammo, uno dei sacerdoti e dei seminaristi iracheni che oggi hanno visitato i feriti.
Ecco cosa ha raccontato Padre Gammo:
“Sono persone ferite nel corpo e nell'anima che non sanno ancora come esprimere il proprio dolore. E' passato ancora troppo poco tempo ed il dolore, il vero dolore che strazia l’anima, ricadrà su di loro forse tra qualche mese. Eppure, anche se sembra impossibile, mi hanno dato coraggio. Hanno dato coraggio e conforto a tutti noi sacerdoti e seminaristi che oggi li abbiamo incontrati.
C’è una ragazza che è stata colpita da una pallottola che ha attraversato prima il corpo di Padre Waseem. Quando l’ho vista, ed ho visto il suo sorriso, la sua serenità, mi è quasi mancato il coraggio di chiederle come stava. Lei stessa però mi ha dato la forza e mi ha raccontato di essere, con la madre, l’unica sopravvissuta della sua famiglia. Ho ancora negli occhi quel sorriso dolcissimo e soprattutto nella mente la risposta alla domanda di quale sia il suo mistero: la fede incrollabile di queste persone che le rende forti anche nella tragedia.
Molte di quelle persone ci hanno detto la stessa cosa: che mentre erano nella chiesa hanno desiderato di morire perché ciò che stava capitando era troppo orribile da poter sopportare, ma anche che i loro cuori hanno visto, proprio in quella circostanza, il bene, l’amore assoluto della fede che ha spinto Padre Thair ad abbracciare dei bambini a lui vicini nel disperato tentativo di salvarli.
Tutte le storie che queste persone narrano sono tragiche, ognuna di loro ha perso qualcuno che amava. Tra i feriti c’è anche la mamma di un bambino di tre anni, Adam, che è stato ucciso insieme a suo padre. Questa donna ha con sé la figlia di pochi mesi che è stata colpita da una pallottola che le ha attraversato una gamba e mi ha raccontato di come non appena abbia potuto uscire dalla chiesa abbia affidato sua figlia ad un medico e sia ritornata a prendere Adam. Lei non aveva capito che suo figlio era morto perché in tutte quelle ora non lo aveva mai sentito piangere ma solo gridare “Basta! Basta!” e per questo l’ha portato fuori chiedendo ad un altro medico di salvarlo.
Tutti noi conoscevamo la storia di Adam perché la zia Shahad l’aveva raccontata in un video, ma sentirla raccontare dalla mamma del bambino, sapere quanto questa donna abbia sperato di salvarlo è diverso. E’ una cosa che spezza il cuore.”
E’ difficile fermare il racconto di Padre Gammo malgrado il dolore nella sua voce sia chiaramente percepibile.
Padre ci dice come sono sistemati i feriti? Sono assistiti dai mediatori culturali per la lingua?
"Ci sono i mediatori ed oggi, così come faremo domani, noi sacerdoti e seminaristi li abbiamo aiutati, abbiamo fatto i turni così che non rimanessero mai da soli. Padre Aysar e Padre George (due sacerdoti siro cattolici), ma anche altri, non si sono mossi dall’ospedale tutto il giorno. Queste persone hanno bisogno di essere rassicurate ma soprattutto di molta calma. Bisogna dar loro il tempo di guarire non solo il corpo, ma soprattutto l’anima.
Domani Padre George celebrerà per loro la Santa Messa e chi di noi non sarà al Gemelli sarà in Piazza San Pietro per l’Angelus del Papa. Porteremo le bandiere del nostro paese per ringraziare la Santa Sede per la giornata di preghiera del 21 novembre e per dimostrare al mondo il nostro orgoglio di essere iracheni, iracheni cristiani.”