"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

18 novembre 2010

Iraq: il 21 novembre Torino prega per i cristiani perseguitati

By Diocesi di Torino

Comunicato stampa: panoramica sugli ultimi avvenimenti

Sull’onda degli attentati che nelle ultime settimane hanno colpito la comunità irachena cristiana, e su quella degli appelli rivolti al mondo dalla gerarchia ecclesiastica del paese, ieri, 10 novembre 2010, il Cardinale Angelo Bagnasco, ha invitato tutte le diocesi italiane a dedicare le preghiere di domenica 21 NOVEMBRE “ai cristiani perseguitati in Iraq ed ai loro persecutori.”
L’uso del termine “persecuzione” in questa frase segna una svolta importante e dà la misura della disperazione di questa comunità che è ormai, come nelle parole del Patriarca della chiesa cattolica caldea, Cardinale Emmauel III Delly “braccata ovunque”.
La strage nella chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza che ha causato la morte di 44 dei fedeli riuniti per la Santa Messa ed il ferimento di un centinaio di altri il 31 ottobre scorso, ma soprattutto la “caccia” al cristiano che nei giorni scorsi ha colpito le singole case in diversi quartieri della capitale irachena anche con l’utilizzo di colpi di mortaio, ha nuovamente generato il panico che inevitabilmente spingerà molte famiglie alla fuga.
Inutili risultano quindi gli appelli dei vescovi e dei sacerdoti che ricordano ai fedeli come l’Iraq sia la loro patria, una terra dove i loro antenati vivevano già prima della conquista islamica e dove si erano convertiti al Cristianesimo grazie alla predicazione di San Tommaso Apostolo.
“Questa non è più la mia patria” è la risposta più comune che i fedeli danno a questi appelli mentre, come afferma Mons. Jean B. Sleiman, Arcivescovo latino di Baghdad, le richieste di certificati di battesimo, primo passo verso il tentato espatrio, aumentano di giorno in giorno.
Questa situazione che colpisce per l’efferatezza, i fedeli colpiti in chiesa durante l’Eucarestia o ricercati casa per casa, non è purtroppo nuova. Ad ondate successive gli iracheni cristiani sono state vittime innocenti della violenza. Il 2004 è stato segnato dagli attentati alle chiese che hanno causato morti, feriti, ingentissimi danni materiali alle strutture, conseguente chiusura di una parte di esse e fuga delle famiglie che le consideravano punto di aggregazione e, perché no, eventuale rifugio.
Il 2006 ed il 2007 sono invece stati caratterizzati dai rapimenti di laici e soprattutto di sacerdoti e vescovi che hanno ancor di più minato la fiducia della comunità in una possibile sua permanenza nel paese. Tra essi ricordiamo quello di Mons. Faraj P. Rahho, rapito ed ucciso da colpevoli mai davvero ricercati e trovati dal governo. Per non parlare delle uccisioni a sangue freddo dei sacerdoti di tutte le confessioni tra le quali, per particolare crudeltà, ricordiamo quella di Padre Ragheed Ghanni, un giovane sacerdote di Mosul, ucciso a sangue freddo insieme a tre diaconi della sua chiesa dopo aver rifiutato la conversione all’Islam.
Il 2008 ed il 2009 saranno ricordati per le violenze che hanno colpito Mosul non risparmiando neanche i conventi delle suore, e dalla fuga dalla città di migliaia di famiglie verso l’estero o verso la regione settentrionale controllata dai curdi.
Non c’è pace per i cristiani iracheni perché, come ha detto un sacerdote qualche giorno fa: “E’ terribile vivere sapendo che qualcuno sta cercando di ucciderti”.
Una situazione questa che era emersa, anche se in forme più “diplomaticamente corrette” dal recente Sinodo per il Medio Oriente convocato da Papa Benedetto XVI dal 10 al 24 ottobre scorsi in cui, seppur prudentemente, si era accennato alle sofferenze della comunità cristiana in tutto il Medio Oriente, ma in cui un’attenzione maggiore era stata rivolta a quella di Terra Santa e dell’Iraq.

COSA FA LA DIOCESI DI TORINO
La proposta del card. Bagnasco è stata ben accolta: “Ci riempie di gioia. È un segno della vicinanza delle diocesi italiane che a più riprese ci stanno esprimendo la loro solidarietà” ha dichiarato infatti Mons. Shleimun Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad, e non può non essere particolarmente sentita a Torino la cui Arcidiocesi ormai dal 2000 si è spesa, più delle altre ed in modo continuativo e quindi non legato al fattore emergenza, per sostenere la comunità irachena cristiana.
L’ufficio Missionario Diocesano guidato da Don Bartolo Perlo e soprattutto l’Ufficio Pastorale Migranti guidato da Dan Fredo Olivero hanno seguito infatti questa comunità attraverso progetti di sostegno mirati non solo a dare un aiuto materiale ma anche, e forse soprattutto, a far sì che non si sentisse abbandonata e dimenticata.
Acquisti di beni primari per lo svolgimento delle attività parrocchiali, contributi per il Natale dei bambini di alcune chiese a Baghdad, scambi di disegni ed auguri per le festività natalizie e pasquali tra essi e coetanei di Torino e provincia, ospitalità a sacerdoti di Baghdad nella nostra città e nella cintura, sono stati alcuni dei progetti curati dall’Arcidiocesi.
Ad essi si aggiunge quello ancora in corso di aiuto ad una casa di riposo gestita da laici e consacrati legati alla chiesa siro cattolica e sita nel quartiere di Al Karrada, non lontana proprio dalla chiesa di Nostra Signora della Salvezza, teatro il 31 ottobre di quella che è ormai comunemente conosciuta come “la domenica di sangue”.
Per l’impegno speso dall’Arcidiocesi di Torino in tutti questi anni e per quello futuro, ed a dimostrazione del suo sincero interesse verso la comunità irachena di fede cristiana, la giornata del 21 novembre sarà una data importante in cui invitare i fedeli a riflettere sulle sorti di chi, in un ambiente ostile, sta difendendo non solo la propria ma anche la nostra fede e sulla possibilità di accorrere in suo aiuto.
Il fatto poi che essa coincida con quella dell’insediamento del nuovo Arcivescovo della città, Mons. Cesare Nosiglia, non può non far leggere nella concomitanza non voluta un segno positivo di invito alla continuità del sostegno che non si esaurirà con quello che sempre ha avuto nel Cardinale Severino Poletto un suo attento patrocinatore.

Luigia Storti
Progetto Iraq
Ufficio Pastorale Migranti
Arcidiocesi di Torino

PER INFO E INTERVISTE: Ufficio Pastorale Migranti, tel. 011202319