"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

22 novembre 2010

La "Domenica di sangue" ricordata a Torino

By Baghdadhope*

Ieri è stata ricordata la persecuzione di cui sono oggetto gli iracheni cristiani e si è pregato per loro e per i loro persecutori, come aveva chiesto il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, quando aveva annunciato l’iniziativa ed invitato vescovi e sacerdoti ad aderirvi.
A Torino il nuovo Arcivescovo, Mons. Cesare Nosiglia, nell’omelia che ha pronunciato proprio ieri durante la messa per il suo insediamento, se non ha ricordato specificatamente la situazione degli iracheni cristiani ha riservato un breve pensiero alla libertà religiosa in generale affermando che: “ovunque ci sarà da operare per la libertà religiosa, per la solidarietà e la pace tra i popoli… là la Chiesa di Torino sarà attivamente presente.”
E che lo sia, nei fatti e nelle preghiere, lo hanno sentito i fedeli che al mattino hanno assistito alla Santa Messa nella chiesa di San Rocco che da anni è vicina alla comunità irachena cristiana e sotto la cui volta barocca è più volte risuonato il salmodiare del rito caldeo in lingua aramaica ad opera di sacerdoti e vescovi iracheni che lì hanno concelebrato con Don Fredo Olivero, il direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti dell’Arcidiocesi di Torino che, come si legge nel comunicato stampa di adesione all’iniziativa della CEI “ormai dal 2000 si è spesa, più delle altre ed in modo continuativo e quindi non legato al fattore emergenza, per sostenere la comunità irachena cristiana.”
Nella chiesa a navata unica le foto raccontavano senza parole il massacro della chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza di Baghdad, e sul portone esterno quella della porta crivellata di colpi annunciava ai fedeli il tema della preghiera: solidarietà con i fratelli iracheni perseguitati.
Tutti i 47 nomi delle vittime cristiane dei 31 ottobre sono stati letti al momento della preghiera per i defunti perché, come ha ricordato Don Olivero: “è giusto ascoltare i loro nomi per celebrarne degnamente la memoria” e dopo l’omelia la lettura di alcune righe hanno fatto rivivere ai fedeli i momenti tragici vissuti dai loro fratelli iracheni impegnandoli a ricordare e far ricordare la “Domenica di sangue”:

Baghdad, 31 ottobre 2010, Chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza
Sono le cinque del pomeriggio e più di un centinaio di fedeli sono riuniti per celebrare la santa messa quando il salmodiare del celebrante viene interrotto da un rumore di spari all’esterno dell’edificio.
Il respiro di tutti si ferma. Gli abitanti di Baghdad sono abituati al rumore della guerra, ma quei colpi sono vicini, troppo vicini.

Un attimo dopo una sventagliata di mitra colpisce una delle porte laterali da cui entra un commando di uomini, ragazzi per lo più, come descritti dai sopravvissuti.
Urlano e sparano a casaccio con i mitra. I primi a cadere sono i due sacerdoti sull’altare mentre in chiesa si diffonde il panico. Chi può cerca riparo in sacrestia, i più si gettano per terra sotto i banchi.

Il massacro comincia. Senza logica alcuna vengono colpiti tutti. Vecchi, uomini, donne, bambini.

I colpi di mitra abbattono crocifissi e lampadari.
Per cinque interminabili ore quei fedeli rimangono in balìa della più cieca violenza. Alcuni si fingono morti, altri piangono, altri pregano sottovoce.
I terroristi usano una degli ostaggi, una giovane donna di nome Shahad per comunicare all’esterno le rivendicazioni del proprio gruppo: l’Islamic State of Iraq che chiede, in cambio della vita degli ostaggi, peraltro molti dei quali già morti, la liberazione di tutti i prigionieri di Al Qaeda detenuti in Iraq ed in Egitto.
La polizia irachena, subito avvertita, temporeggia fuori dalla chiesa in attesa dei corpi speciali. Un elicottero americano sorvola la zona.

I terroristi terminano i caricatori dei Kalashnikov ed iniziano ad usare le granate. La parete dietro all’altare si lorda si sangue innocente. Un bambino di tre anni che di lì a poco morirà insieme a suo padre non smette di urlare: “Basta! Basta!”.
Una granata viene gettata nella sacrestia stracolma di gente.

Le forze speciali irrompono nella chiesa seminando a loro volta morte ma due terroristi riescono a far detonare le cinture esplosive, osceni cadaveri tranciati a metà davanti all’altare i cui resti si spargono sulle cose e sulle persone.

Ci vuole mezz’ora perchè i sopravvissuti capiscano che a sparare ora è la polizia e non il commando.

Tutto è finito nella chiesa di Nostra Signora della Salvezza.

Tutto è finito? Davvero?
45 fedeli e 2 sacerdoti morti.
Centinaia di feriti alcuni dei quali ora ricoverati a Parigi ed a Roma. Migliaia di famiglie in fuga. Decine di persone la cui salute mentale sarà per sempre compromessa per aver visto, toccato ed annusato l’orrore.

La “domenica di sangue”. Così è stata chiamata quella del 31 ottobre 2010 dagli iracheni cristiani che, fedeli ai principi del nostro credo, perdoneranno ma non dimenticheranno.

E ricordare ciò che è successo a Baghdad è anche compito nostro.