"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

12 novembre 2010

Il Papa: in Medio Oriente a rischio la libertà di fede

By Avvenire
di Salvatore Mazza

«Noi vogliamo restare» in Iraq, ma «chiediamo pace, sicurezza, la protezione dei nostri diritti», ha affermato monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare del patriarcato caldeo di Baghdad all’indomani della nuova ondata di attentati contro i cristiani. In questa situazione, racconta dalla capitale irachena, «ci vuole una fede eroica per scegliere» di non lasciare il Paese e «io non posso obbligare la gente a non andarsene».
Una situazione di giorno in giorno più tragica per cui il cardinale Francis Eugene George, arcivescovo di Chicago e presidente della della Conferenza episcopale statunitense, ha indirizzato una lettera al presidente Obama sostenendo che gli Stati Uniti hanno «l’obbligo di non abbandonare gli iracheni che non sono in grado di difendersi».
Sempre ieri il leader curdo Massoud Barzani si è offerto di accogliere nel Kurdistan i cristiani in fuga dalla capitale irachena assicurando a chi vorrà trasferirsi adeguate condizioni di sicurezza.

Infine, sempre ieri, Mahmoud Azab consigliere per il dialogo interreligioso dello sceicco di al-Azhar – la più importante università dell’islam sunnita con sede al Cairo – ha espresso nuovamente solidarietà verso i cristiani iracheni: «Confermiamo la nostra condanna gli attacchi alle chiese in Iraq e altrove», ha dichiarato Azab.

Basta con le discriminazione e le violenze di cui sono vittime le comunità cristiane del Medio Oriente, che spesso «non hanno la libertà di vivere e professare pubblicamente la loro fede». È quanto Benedetto XVI, citando il recente Sinodo dei vescovi sulla regione, ha ribadito nella lettera indirizzata al presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, in risposta al messaggio da lui inviatogli un mese fa.
Nella lettera, il cui testo integrale è stato diffuso ieri dalla Sala stampa della Santa Sede, il Papa ribadisce l’importanza che la religione deve avere nella vita pubblica e per costruire la pace e la convivenza fra i popoli. Infatti, afferma, «è mia profonda convinzione che il rispetto per la dimensione trascendente della persona umana è una condizione indispensabile per la costruzione di un ordine sociale giusto e una pace stabile. In effetti, il rapporto con Dio è il fondamento ultimo della dignità inalienabile e il carattere sacro di ogni vita umana».
Per questo dunque, «quando la promozione della dignità della persona umana – prosegue il Pontefice – è l’ispirazione principale dell’attività politica e sociale, che si è impegnata a ricercare il bene, solide e durature basi comuni sono in tal modo create per costruire la pace e l’armonia tra i popoli».
Di qui il richiamo a quanto sottolineato dal recente Sinodo per il Medio Oriente, ripetuto da Benedetto XVI anche nell’Esortazione apostolica post sinodale Verbum Domini (pubblicata proprio ieri e relativa al Sinodo del 2008 dedicato alla Parola di Dio), nella quale torna a dire che «non cessiamo di alzare la nostra voce perché i governi delle Nazioni garantiscano a tutti libertà di coscienza e di religione, anche di poter testimoniare la propria fede pubblicamente». Nella stessa esortazione il Papa ha detto di stringersi «con profondo e solidale affetto ai fedeli di tutte quelle comunità cristiane, in Asia e in Africa in particolare, che in questo tempo rischiano la vita o l’emarginazione sociale a causa della fede». Nella lettera ad Ahmadinejad, Benedetto XVI, nell’esprimere «la speranza che le cordiali relazioni già felicemente esistenti tra la Santa Sede e l’Iran continueranno a progredire, come pure quelle della Chiesa locale con le autorità civili», si dice «anche convinto che il lancio di una Commissione bilaterale sarebbe particolarmente utile per affrontare questioni di interesse comune, tra cui quella dello status giuridico della Chiesa cattolica nel Paese». Un problema, questo, sul quale la Santa Sede attende da anni una risposta da Teheran, sempre promessa ma finora mai arrivata; la precisa proposta di Papa Ratzinger, se recepita dal governo iraniano, potrebbe finalmente sbloccare la situazione.

«La pace – scrive ancora Benedetto XVI ad Ahmadinejad – è soprattutto un dono di Dio, che si chiede nella preghiera, ma è anche il risultato degli sforzi delle persone di buona volontà. In questa prospettiva, i credenti di ogni religione hanno una speciale responsabilità e può giocare un ruolo decisivo, collaborando in iniziative comuni. Il dialogo interreligioso e interculturale è un percorso fondamentale per la pace».
La lettera del Papa è stata consegnata personalmente al presidente dell’Iran dal cardinale Jean Louis Tauran, presidente del pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che si trova a Teheran a capo della delegazione vaticana che partecipa al VII Colloquio organizzato dal pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Centro per il Dialogo Interreligioso dell’“Islamic Culture and Relations Organisation”, sul tema “Religione e società: prospettive cristiane e islamiche”.