By SIR
Dopo un Natale senza violenze contro i cristiani
Natale senza violenze in Iraq. La minoranza cristiana ha potuto celebrare la nascita di Cristo in completa sicurezza anche se non è mancata la paura e l’incertezza, anche alla luce delle violenze e delle minacce lanciate nei giorni precedenti da gruppi di terroristi affiliati ad Al Qaeda. La strage di fedeli nella chiesa siro-cattolica di Baghdad ha, tuttavia, lasciato un velo di grande tristezza nei cristiani del Paese che si è sentita nelle celebrazioni. Notevole in tutto il Paese lo spiegamento di forze di sicurezza, esercito e polizia, davanti alla chiese, voluto dal premier Nuri Al-Maliki, per consentire un sereno svolgimento dei riti. E così è stato.
Caldei a Baghdad. A Baghdad, come riferito al SIR, dal vicario patriarcale caldeo, mons. Shlemon Warduni, “le Messe si sono svolte in tranquillità. Il governo, in questa occasione, ha dimostrato grande collaborazione, organizzando la sicurezza intorno ai luoghi di culto. Ciò ha rassicurato i nostri fedeli che, nonostante le minacce dei giorni scorsi, hanno affollato le chiese. Veramente non ci aspettavamo un Natale così. In alcune chiese si sono viste fino a 400 persone. Preghiamo per le vittime della chiesa siro-cattolica e perché questo clima possa accompagnarci per lungo tempo”. A rincuorare la minoranza cristiana sono state anche le parole di Benedetto XVI, seppur giunte dopo le Messe che nella capitale si sono celebrate al mattino presto del 25 dicembre. “L’annuncio consolante della venuta dell’Emmanuele – ha detto il Papa affacciandosi alle 12, dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, per rivolgere il tradizionale messaggio natalizio e impartire la Benedizione ‘Urbi et Orbi’ – lenisca il dolore e consoli nelle prove le care comunità cristiane in Iraq e in tutto il Medio Oriente, donando loro conforto e speranza per il futuro e animando i responsabili delle Nazioni ad una fattiva solidarietà verso di esse”. “Nelle nostre omelie – ha proseguito mons. Warduni – abbiamo voluto ricordare, oltre ai tanti nostri fratelli morti, anche la dimensione pastorale della pace che giunge dalla nascita del Salvatore. Attraverso il suo insegnamento le sofferenze del tempo presente non possono intimorirci anzi ci rafforzano”. Secondo il vicario caldeo, da questo Natale viene anche un’altra indicazione di natura tutta diversa, ma lo stesso importante per la vita dei cristiani in Iraq: “Laddove c’è cooperazione e fattiva volontà di collaborare la situazione può migliorare. Il governo si è dimostrato forte e attento alle esigenze dei suoi cittadini di fede cristiana e ha garantito loro il diritto di poter manifestare e celebrare la propria fede in un tempo nodale come il Natale. Da qui si può ripartire per una sempre maggiore e proficua collaborazione”.
Siro-cattolici a Baghdad. Analoga soddisfazione per “questo Natale vissuto senza violenza” è stata espressa al SIR dall’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad, mons. Mati Shaba Mattoka, la cui chiesa di Nostra Signora del perpetuo soccorso della capitale, era stata oggetto il 31 ottobre scorso di un attacco terroristico con la morte di circa 60 persone e decine di feriti. “Siamo grati alle Istituzioni per aver predisposto le necessarie misure di sicurezza che ci hanno consentito di festeggiare in tutta tranquillità. Le minacce e i rischi di violenza, per quanto presenti, non hanno così impedito alla nostra comunità di pregare in questo Natale nel ricordo dei nostri fedeli assassinati. Ed è significativo, e altamente simbolico, che la chiesa colpita dai terroristi è tornata a riempirsi di fedeli. La nostra speranza per il futuro è che la comunità internazionale, in testa l’Europa, sostenga l’Iraq, il suo nuovo governo, a far sì che anche le minoranze di questo Paese siano tutelate e rispettate nei loro diritti fondamentali. Se non sarà così come potranno vivere i cristiani?”.
Latini a Baghdad. Festa anche nella parrocchia latina di Baghdad, dove l’arcivescovo, mons. Jean Benjamin Sleiman, conferma al SIR “Messe di Natale svolte in sicurezza, tra misure di protezione rafforzate”. Nella parrocchia latina della capitale si è celebrata pure la Veglia di Natale, anche se, precisa l’arcivescovo, “abbiamo anticipato l’orario al pomeriggio. Sono anni, da quando è caduto il regime di Saddam, che facciamo così”. “Aver celebrato questo Natale in sicurezza – è il parere di mons. Sleiman – potrebbe essere anche un riflesso del nuovo governo, appena formato e composto da tutte le componenti del Paese. Adesso il dialogo sarà inevitabile e speriamo che la violenza, spesso strumentalizzata a fini politici e settari, possa ridursi a vantaggio di tutta la popolazione”.
Mosul. Da Mosul, “città martire” per i cristiani, a raccontare questo Natale al SIR è il suo giovane arcivescovo caldeo, mons. Emil Shimon Nona, chiamato a succedere a mons. Faraj Rahho, rapito e ucciso nel 2008. “Questo Natale, celebrato senza violenze, ci ha donato nuova voglia di vivere e di sperare anche se non ci nascondiamo le difficoltà. Dobbiamo testimoniare un’umanità vera, quella che ci ha donato Cristo e che nessuno ci potrà mai togliere. Questi fedeli hanno una grande fede. Molti di essi hanno perso tutto – penso anche alle vittime della chiesa di Baghdad e ai loro familiari – la fede in Cristo resta la loro ricchezza. E questo traspariva dai loro volti a Natale”. Mosul, come altre città irachene, non ha avuto Veglie natalizie, ma solo il 25 dicembre al mattino i fedeli cristiani hanno potuto festeggiare. Tuttavia, mons. Nona non ha dimenticato i più piccoli. “Due giorni prima Natale, dopo un tam tam via telefono, per non dare riferimenti a possibili criminali, abbiamo radunato in tempo reale un centinaio di bambini ai quali abbiamo regalato un poco di spensieratezza con canti e giochi. È stato molto bello. I piccoli sono il futuro del cristianesimo in Iraq. Senza di loro non c’è futuro”. Nei villaggi cristiani limitrofi, come Qaraqosh, i cristiani presenti hanno potuto vivere “la grazia della veglia del 24. Ho presieduto la veglia nel tardo pomeriggio e c’era molta gente, ma oggettivamente la situazione della sicurezza fuori Mosul è migliore che in città. Spero – conclude l’arcivescovo – che il nuovo governo si mostri forte e deciso a far rispettare la legge e il diritto come è avvenuto in queste feste che mi auguro proseguano nel giusto clima”.
Kirkuk. Seppure privo di luci e decorazioni natalizie, decisione presa dopo le ultime minacce di gruppi islamici, il Natale a Kirkuk è passato senza violenza. In un messaggio l’arcivescovo caldeo della diocesi, mons. Louis Sako, ha ancora una volta ricordato “i martiri” uccisi il 31 ottobre nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad ed ha invitato alla speranza: “Finché ci sosteniamo gli uni con gli altri: arabi, kurdi e turcomanni, musulmani e cristiani, resisteremo e resteremo, perché l’Iraq senza di noi perderebbe la sua bella multi-identità. Resteremo perché siamo impegnati nell’amore e nella solidarietà gli uni verso gli altri. Questa è la strada verso la resurrezione, la vita e il rinnovamento. Se torniamo all’essenza della religione e alle nostre comuni radici umane, inevitabilmente ci ritroveremo fratelli in eguaglianza, giustizia e solidarietà. Allora il pericolo svanirà e la vita rifluirà abbondante. Questa è la Buona Novella di Natale, la nascita di Gesù Cristo con il suo messaggio di speranza: gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra. La pace è il fondamento di ogni bene: la chiediamo pregando e la facciamo vivere con la solidarietà e l’amore reciproco. Allora accadrà il miracolo e avremo pace sulla terra per gli esseri umani e la gloria di Dio nei cieli”.
Caldei a Baghdad. A Baghdad, come riferito al SIR, dal vicario patriarcale caldeo, mons. Shlemon Warduni, “le Messe si sono svolte in tranquillità. Il governo, in questa occasione, ha dimostrato grande collaborazione, organizzando la sicurezza intorno ai luoghi di culto. Ciò ha rassicurato i nostri fedeli che, nonostante le minacce dei giorni scorsi, hanno affollato le chiese. Veramente non ci aspettavamo un Natale così. In alcune chiese si sono viste fino a 400 persone. Preghiamo per le vittime della chiesa siro-cattolica e perché questo clima possa accompagnarci per lungo tempo”. A rincuorare la minoranza cristiana sono state anche le parole di Benedetto XVI, seppur giunte dopo le Messe che nella capitale si sono celebrate al mattino presto del 25 dicembre. “L’annuncio consolante della venuta dell’Emmanuele – ha detto il Papa affacciandosi alle 12, dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, per rivolgere il tradizionale messaggio natalizio e impartire la Benedizione ‘Urbi et Orbi’ – lenisca il dolore e consoli nelle prove le care comunità cristiane in Iraq e in tutto il Medio Oriente, donando loro conforto e speranza per il futuro e animando i responsabili delle Nazioni ad una fattiva solidarietà verso di esse”. “Nelle nostre omelie – ha proseguito mons. Warduni – abbiamo voluto ricordare, oltre ai tanti nostri fratelli morti, anche la dimensione pastorale della pace che giunge dalla nascita del Salvatore. Attraverso il suo insegnamento le sofferenze del tempo presente non possono intimorirci anzi ci rafforzano”. Secondo il vicario caldeo, da questo Natale viene anche un’altra indicazione di natura tutta diversa, ma lo stesso importante per la vita dei cristiani in Iraq: “Laddove c’è cooperazione e fattiva volontà di collaborare la situazione può migliorare. Il governo si è dimostrato forte e attento alle esigenze dei suoi cittadini di fede cristiana e ha garantito loro il diritto di poter manifestare e celebrare la propria fede in un tempo nodale come il Natale. Da qui si può ripartire per una sempre maggiore e proficua collaborazione”.
Siro-cattolici a Baghdad. Analoga soddisfazione per “questo Natale vissuto senza violenza” è stata espressa al SIR dall’arcivescovo siro-cattolico di Baghdad, mons. Mati Shaba Mattoka, la cui chiesa di Nostra Signora del perpetuo soccorso della capitale, era stata oggetto il 31 ottobre scorso di un attacco terroristico con la morte di circa 60 persone e decine di feriti. “Siamo grati alle Istituzioni per aver predisposto le necessarie misure di sicurezza che ci hanno consentito di festeggiare in tutta tranquillità. Le minacce e i rischi di violenza, per quanto presenti, non hanno così impedito alla nostra comunità di pregare in questo Natale nel ricordo dei nostri fedeli assassinati. Ed è significativo, e altamente simbolico, che la chiesa colpita dai terroristi è tornata a riempirsi di fedeli. La nostra speranza per il futuro è che la comunità internazionale, in testa l’Europa, sostenga l’Iraq, il suo nuovo governo, a far sì che anche le minoranze di questo Paese siano tutelate e rispettate nei loro diritti fondamentali. Se non sarà così come potranno vivere i cristiani?”.
Latini a Baghdad. Festa anche nella parrocchia latina di Baghdad, dove l’arcivescovo, mons. Jean Benjamin Sleiman, conferma al SIR “Messe di Natale svolte in sicurezza, tra misure di protezione rafforzate”. Nella parrocchia latina della capitale si è celebrata pure la Veglia di Natale, anche se, precisa l’arcivescovo, “abbiamo anticipato l’orario al pomeriggio. Sono anni, da quando è caduto il regime di Saddam, che facciamo così”. “Aver celebrato questo Natale in sicurezza – è il parere di mons. Sleiman – potrebbe essere anche un riflesso del nuovo governo, appena formato e composto da tutte le componenti del Paese. Adesso il dialogo sarà inevitabile e speriamo che la violenza, spesso strumentalizzata a fini politici e settari, possa ridursi a vantaggio di tutta la popolazione”.
Mosul. Da Mosul, “città martire” per i cristiani, a raccontare questo Natale al SIR è il suo giovane arcivescovo caldeo, mons. Emil Shimon Nona, chiamato a succedere a mons. Faraj Rahho, rapito e ucciso nel 2008. “Questo Natale, celebrato senza violenze, ci ha donato nuova voglia di vivere e di sperare anche se non ci nascondiamo le difficoltà. Dobbiamo testimoniare un’umanità vera, quella che ci ha donato Cristo e che nessuno ci potrà mai togliere. Questi fedeli hanno una grande fede. Molti di essi hanno perso tutto – penso anche alle vittime della chiesa di Baghdad e ai loro familiari – la fede in Cristo resta la loro ricchezza. E questo traspariva dai loro volti a Natale”. Mosul, come altre città irachene, non ha avuto Veglie natalizie, ma solo il 25 dicembre al mattino i fedeli cristiani hanno potuto festeggiare. Tuttavia, mons. Nona non ha dimenticato i più piccoli. “Due giorni prima Natale, dopo un tam tam via telefono, per non dare riferimenti a possibili criminali, abbiamo radunato in tempo reale un centinaio di bambini ai quali abbiamo regalato un poco di spensieratezza con canti e giochi. È stato molto bello. I piccoli sono il futuro del cristianesimo in Iraq. Senza di loro non c’è futuro”. Nei villaggi cristiani limitrofi, come Qaraqosh, i cristiani presenti hanno potuto vivere “la grazia della veglia del 24. Ho presieduto la veglia nel tardo pomeriggio e c’era molta gente, ma oggettivamente la situazione della sicurezza fuori Mosul è migliore che in città. Spero – conclude l’arcivescovo – che il nuovo governo si mostri forte e deciso a far rispettare la legge e il diritto come è avvenuto in queste feste che mi auguro proseguano nel giusto clima”.
Kirkuk. Seppure privo di luci e decorazioni natalizie, decisione presa dopo le ultime minacce di gruppi islamici, il Natale a Kirkuk è passato senza violenza. In un messaggio l’arcivescovo caldeo della diocesi, mons. Louis Sako, ha ancora una volta ricordato “i martiri” uccisi il 31 ottobre nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad ed ha invitato alla speranza: “Finché ci sosteniamo gli uni con gli altri: arabi, kurdi e turcomanni, musulmani e cristiani, resisteremo e resteremo, perché l’Iraq senza di noi perderebbe la sua bella multi-identità. Resteremo perché siamo impegnati nell’amore e nella solidarietà gli uni verso gli altri. Questa è la strada verso la resurrezione, la vita e il rinnovamento. Se torniamo all’essenza della religione e alle nostre comuni radici umane, inevitabilmente ci ritroveremo fratelli in eguaglianza, giustizia e solidarietà. Allora il pericolo svanirà e la vita rifluirà abbondante. Questa è la Buona Novella di Natale, la nascita di Gesù Cristo con il suo messaggio di speranza: gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra. La pace è il fondamento di ogni bene: la chiediamo pregando e la facciamo vivere con la solidarietà e l’amore reciproco. Allora accadrà il miracolo e avremo pace sulla terra per gli esseri umani e la gloria di Dio nei cieli”.