By SIR
“Qualcuno vorrebbe relegare i cristiani dell’Iraq in un’unica provincia. Ma è una proposta inaccettabile. I cristiani devono restare sparsi, in mezzo alla popolazione del paese, perché, come insegna il vangelo, siano dappertutto luce del mondo”. Mons. Shlemon Warduni, vicario episcopale caldeo di Baghdad, ripete nella sede del Parlamento Ue alcune sue convinzioni: “Noi non vogliamo politicizzare la nostra causa. Noi intendiamo restare in Iraq, in pace con tutti, in mezzo a iracheni, curdi, turchi…”. Ma perché siete venuti proprio qui a Strasburgo a parlare dei problemi dei cristiani in Medio oriente? “Volevamo anzitutto e semplicemente trovare orecchi che ci ascoltassero – spiega Warduni al Sir -. E devo riconoscere che tante persone ci sono venute incontro, per ascoltare, per chiedere informazioni, per parlare con noi, per capire quanto avviene nel nostro paese. Abbiamo raccontato dei diritti umani, del lavoro che manca, dei problemi della sicurezza e della pace. Tutti ci hanno ascoltato con pazienza”.
E adesso? “Adesso, dopo le parole, noi aspettiamo il fare, ossia contiamo su interventi politici e concreti” per sostenere il futuro iracheno. “L’Europa dei diritti dovrebbe passare dalle parole ai fatti. Anche perché finora non ha fatto granché. Ma noi siamo molto fiduciosi”.
“Qualcuno vorrebbe relegare i cristiani dell’Iraq in un’unica provincia. Ma è una proposta inaccettabile. I cristiani devono restare sparsi, in mezzo alla popolazione del paese, perché, come insegna il vangelo, siano dappertutto luce del mondo”. Mons. Shlemon Warduni, vicario episcopale caldeo di Baghdad, ripete nella sede del Parlamento Ue alcune sue convinzioni: “Noi non vogliamo politicizzare la nostra causa. Noi intendiamo restare in Iraq, in pace con tutti, in mezzo a iracheni, curdi, turchi…”. Ma perché siete venuti proprio qui a Strasburgo a parlare dei problemi dei cristiani in Medio oriente? “Volevamo anzitutto e semplicemente trovare orecchi che ci ascoltassero – spiega Warduni al Sir -. E devo riconoscere che tante persone ci sono venute incontro, per ascoltare, per chiedere informazioni, per parlare con noi, per capire quanto avviene nel nostro paese. Abbiamo raccontato dei diritti umani, del lavoro che manca, dei problemi della sicurezza e della pace. Tutti ci hanno ascoltato con pazienza”.
E adesso? “Adesso, dopo le parole, noi aspettiamo il fare, ossia contiamo su interventi politici e concreti” per sostenere il futuro iracheno. “L’Europa dei diritti dovrebbe passare dalle parole ai fatti. Anche perché finora non ha fatto granché. Ma noi siamo molto fiduciosi”.