By Radiovaticana
In Austria è stato avviato l’intervento umanitario per i cristiani in Iraq. Lo ha annunciato nei giorni scorsi il cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Vienna, riferendo di una conversazione telefonica con il Ministro degli Interni austriaco Maria Fekter, che ha informato il cardinale dell'accoglienza in Austria di profughi cristiani iracheni.
Il cardinale – riferisce l’agenzia Sir - ha ribadito che "da parte della Chiesa esiste la disponibilità a provvedere ad un'accoglienza rapida e priva di lungaggini burocratiche dei cristiani iracheni nelle comunità parrocchiali". "Mi rallegro - ha aggiunto - per questa buona notizia datami dal ministro degli Interni, un segno prenatalizio della ricerca riuscita di un alloggio". I cristiani iracheni che verranno accolti sono soprattutto profughi che vivono attualmente in Giordania e in Siria in condizioni difficili. Come riferito dagli organizzatori dell'azione, si tratta di persone che non hanno alcuna possibilità reale di tornare nella loro patria, e la cui unica possibilità di sopravvivenza è data dall'emigrazione. La gran parte di loro è istruita e conosce altre lingue, oltre la propria.
In Austria è stato avviato l’intervento umanitario per i cristiani in Iraq. Lo ha annunciato nei giorni scorsi il cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Vienna, riferendo di una conversazione telefonica con il Ministro degli Interni austriaco Maria Fekter, che ha informato il cardinale dell'accoglienza in Austria di profughi cristiani iracheni.
Il cardinale – riferisce l’agenzia Sir - ha ribadito che "da parte della Chiesa esiste la disponibilità a provvedere ad un'accoglienza rapida e priva di lungaggini burocratiche dei cristiani iracheni nelle comunità parrocchiali". "Mi rallegro - ha aggiunto - per questa buona notizia datami dal ministro degli Interni, un segno prenatalizio della ricerca riuscita di un alloggio". I cristiani iracheni che verranno accolti sono soprattutto profughi che vivono attualmente in Giordania e in Siria in condizioni difficili. Come riferito dagli organizzatori dell'azione, si tratta di persone che non hanno alcuna possibilità reale di tornare nella loro patria, e la cui unica possibilità di sopravvivenza è data dall'emigrazione. La gran parte di loro è istruita e conosce altre lingue, oltre la propria.