By Asia News
Louis Raphael I Sako
Patriarca caldeo e presidente della Conferenza episcopale irakena
A un mese dall'avanzata delle milizie dello Stato islamico, con la conseguente fuga in massa di cristiani, yazidi e altri minoranze, Mar Louis Raphael I Sako denuncia le crescenti sofferenze degli sfollati. In una lettera-appello inviata ad AsiaNews, sua Beatitudine racconta il "genocidio" di un popolo privato dei "valori religiosi, umani, morali e nazionali"; questo rappresenta una "minaccia concreta per tutti". Come già affermato in passato, il Patriarca caldeo ricorda che la soluzione non consiste "nell'emigrazione", perché i cristiani devono poter continuare a essere "lievito" della terra d'Iraq e messaggeri di "speranza".
Patriarca caldeo e presidente della Conferenza episcopale irakena
A un mese dall'avanzata delle milizie dello Stato islamico, con la conseguente fuga in massa di cristiani, yazidi e altri minoranze, Mar Louis Raphael I Sako denuncia le crescenti sofferenze degli sfollati. In una lettera-appello inviata ad AsiaNews, sua Beatitudine racconta il "genocidio" di un popolo privato dei "valori religiosi, umani, morali e nazionali"; questo rappresenta una "minaccia concreta per tutti". Come già affermato in passato, il Patriarca caldeo ricorda che la soluzione non consiste "nell'emigrazione", perché i cristiani devono poter continuare a essere "lievito" della terra d'Iraq e messaggeri di "speranza".
Condannando la timidezza mostrata sinora dalla comunità
internazionale (e del governo irakeno) nel rispondere alle violenze
islamiste, Mar Sako pone l'accento sull'importanza di "far sentire la
nostra voce contro gli estremismi". E ancora, di "lavorare per creare
una nuova mentalità basata sulla convivenza in pace e armonia fra
sciiti, sunniti, arabi, turcomanni, curdi, cristiani, yazidi". Per
questo serve "un'offensiva sul piano ideologico" nei confronti del mondo
islamico, per fermare la legittimazione religiosa, finanziaria e
militante del fondamentalismo.
Fra le molte proposte concrete avanzate dal Patriarca caldeo, fra
cui una forza di pace in Iraq e una commissione di inchiesta Onu sulle
violenze del Califfato, la prima dalla quale partire è il cambio del
curriculum scolastico e universitario. "Solo l'istruzione - avverte -
può dare il via a questa trasformazione e costruire una società dove
regni l'uguaglianza fra cittadini. Per garantire una migliore convivenza
è necessario creare una società civile che rispetti ciascuna religione e
che non politicizzi le religioni per tornaconto personale".
Ecco, di seguito, la lettera del Patriarca caldeo inviata ad AsiaNews:
È trascorso un mese intero da che è iniziata la drammatica situazione dei cristiani, degli yazidi e di altre minoranze irakene, e il tempo è trascorso come se tutto ciò fosse naturale. È calato un velo su questi eventi dolorosi, e 120mila cristiani sono stati sradicati dalla loro storica madrepatria perché l'Islam politico non li vuole lì, mentre il mondo resta in silenzio, tentenna, forse perché approva o forse perché è incapace di agire. Tutto ciò incoraggia le milizie dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis, che non ha nulla a che vedere con l'antica divinità egizia Isis, della natura e della fertilità) ad andare avanti con la sua guerra feroce contro la cultura e la diversità, mettendo a rischio la sicurezza sociale e intellettuale. Le sofferenze dei cristiani sfollati, assieme a quelle delle altre minoranze, stanno crescendo sempre più: i loro bisogni aumentano e i loro timori per l'incertezze sul futuro dei loro figli traumatizzati, delle città depredate, e delle case svuotate, li lascia senza sonno! Queste persone vivevano nelle loro cittadine di origine in prosperità, orgoglio e dignità; in un batter d'occhio, essi sono stati scacciati dalle loro case, terrorizzati e hanno dovuto fuggire a piedi in tutta fretta, in cerca di un riparo. Sono scene che ci riportano ai secoli bui del passato, sebbene tutto questo sia diventato una orribile realtà della nostra attuale civiltà.
Questi pacifici e fedeli cittadini cristiani stanno vivendo un vero
genocidio, una fine terribile, oltre che la prova di una privazione dei
valori religiosi, umani, morali e nazionali. Per questo siamo al
cospetto di una macchia vergognosa nel cammino della storia. Ognuno
dovrebbe sapere che questa è una minaccia concreta per tutti!
Alcuni giorni fa abbiamo potuto vedere, sul canale satellitare
Ishtar, una ragazzina di soli 13 anni urlare: "Voglio tornare nella mia
città natale, Qaraqosh. Sono stanca di questa vita qui; piuttosto,
preferisco morire per questo, che vivere in queste condizioni
umilianti". Questa è una invocazione profonda alle coscienze del mondo!
L'incapacità dello Stato irakeno: Ciò che
ci ferisce maggiormente è l'incapacità della macchina governativa di
imporre il rispetto della legge e dell'ordine, di fronte al continuo e
significativo deterioramento della sicurezza, che alimenta una cultura
della violenza, la quale a sua volta fornisce ai gruppi estremisti un
terreno fertile sul quale proliferare! A Baghdad,
cristiani e altri sono rapiti e gettati all'interno di auto blindate e
con i vetri oscurati in pieno giorno, vengono minacciati affinché
lascino le proprie case, vittime di assalti in alcune scuole o uffici
pubblici, dove sono costretti a subire parole di oltraggio. È giusto che
simili comportamenti barbari possano continuare impuniti, o senza un
processo di rieducazione?
La gente soffre e i politici lottano per il loro tornaconto
personale, invece di restare uniti per sviscerare le cause che hanno
portato all'estremismo, alla violenza e all'ingiustizia, per cercare
soluzioni radicali al problema, prima che sia davvero troppo tardi!
Nutriamo la speranza che il nuovo Primo Ministro e il nuovo governo
siano in grado di riconoscerlo, in quanto loro responsabilità storica,
nazionale e morale!
Emigrazione: dopo essere stati derubati di
tutti i loro beni, compresi i documenti ufficiali, e in assenza di una
soluzione immediata unita alla mancanza di fiducia nella attuali
autorità, i profughi cristiani restano in perenne attesa al cospetto di
un futuro incerto. Per questo, molti di loro cercano un rifugio in una
nazione occidentale, perché nel loro Paese, nella nazione di Manna e
Quail, emergono solo disastri. Ma la soluzione non dovrebbe consistere nell'emigrazione!
Al fine di salvarsi dall'estinzione, e per continuare a essere lievito della terra,
i cristiani d'Iraq devono affrontare la situazione per quella che è, in
special modo perché essi recano con sé il messaggio di speranza,
attraverso il quale possono mantenere in vita la fiammella della vita.
In modo attivo e vitale, i gruppi cristiani devono darsi da fare per
costruire il futuro, perché le sfide della vita vanno affrontate con
coraggio, piuttosto che vigliaccheria. Essi devono compiere passi
decisivi per mettere pressione alle autorità competenti, in patria e
all'estero, perché assicurino condizioni di vita - libere e sicure - per
loro, nella loro terra d'Iraq.
Ecco qui, di seguito, alcuni suggerimenti concreti che, spero, il nostro
popolo, ovunque si trovi, possa sforzarsi di mettere in pratica e farli
diventare realtà:
- Dar vita a una organizzazioni cristiana competente, sia di
carattere politico che indipendente, con un personale qualificato che
intraprenda sessioni permanenti di analisi e studio della situazione e
che sia in grado di avanzare soluzioni e modellare piani per
fronteggiare le crescenti conseguenze tanto della presente crisi, quanto
degli imprevisti!
- Creare un Team di gestione della crisi (Cmt) per preparare un
rapporto accurato sulle famiglie di sfollati, al fine di chiedere
risarcimenti adeguati al governo per i danni e la perdita di proprietà, e
per aiutare casi specifici con soluzioni e proposte.
- Organizzare una Commissione educativa per tenere traccia dello
status accademico e dei numeri degli studenti universitari fra gli
sfollati; al contempo chiedere al governo del Kurdistan di ospitarli
nelle proprie scuole e università, per evitare che possano perdere il
loro futuro scolastico. Anche in considerazione del fatto che il numero è
considerevolmente basso.
- Chiedere alle Nazioni Unite e ad altri Paesi finanziatori un aiuto
per costruire complessi residenziali, decenti e appropriati, per quanti
non vogliano tornare nei loro villaggi di origine, in sostituzione alle
attuali tende che finiscono per essere inadeguate.
- Lanciare un appello al Consiglio di sicurezza Onu perché dia vita a
una forza di pace in seno alle Nazioni Unite, che collabori con le
Forze di sicurezza irakene e i Peshmerga curdi per la liberazione della
piana di Ninive e garantire un margine di sicurezza adeguato per un
ritorno degli sfollati nei loro villaggi nativi, dove hanno vissuto per
migliaia di anni.
- Stabilire una forza di polizia locale, formata dalle diverse anime
che abitano la piana di Ninive, per proteggere i villaggi, come peraltro
previsto nel nuovo progetto di legge presentato al nuovo governo, che
garantisca di nuovo interazione sociale fra cristiani e i loro
concittadini.
- Chiedere al Consiglio Onu per i diritti umani di indagare sulle
violazioni ai diritti umani commesse in Iraq, dando vita a una speciale
commissione di inchiesta sulle atrocità e i crimini commessi dal
cosiddetto "Stato islamico". E consegnare alla giustizia quanti si sono
macchiati di questi "crimini contro l'umanità".
- Non dobbiamo smettere di far sentire la nostra voce contro gli
estremisti e lavorare per creare una nuova mentalità basata sulla
convivenza in pace e armonia fra sciiti, sunniti, arabi, turcomanni,
curdi, turcmeni, cristiani, yazidi. Dunque anche noi dobbiamo agire con
un'offensiva sul piano ideologico nei confronti del mondo islamico, per
fermare la patina di legittimità religiosa [dell'estremismo], il
sostegno finanziario e l'invio di militanti. Ci rivolgiamo al governo
centrale irakeno e al governo regionale del Kurdistan perché sappiano
diffondere una cultura dell'apertura, della diversità, della pluralità e
dell'uguaglianza, in opposizione a una cultura dell'estremismo,
dell'eliminazione, emarginazione e dell'arretratezza sociale, unite a
una consapevolezza personale e collettiva dei suoi limiti. Questo
obiettivo può essere raggiunto prima di tutto cambiando il curriculum
scolastico e universitario. Solo l'istruzione può dare il via a questa
trasformazione e costruire una società dove regni l'uguaglianza fra
cittadini. Per garantire una migliore convivenza è necessario creare una
società civile che rispetti ciascuna religione e che non politicizzi le
religioni per tornaconto personale.
RADIOVATICANA: Patriarca Sako: il genocidio dell'Is è una minaccia per tutti
FIDES: Il Patriarca caldeo: per liberare la provincia di Ninive serve un'operazione di peace-keeping e l'arruolamento di cristiani nelle forze di polizia
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