By Tempi
Leone Grotti
«Voglio fare un appello a Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna: liberate l’Iraq dallo Stato islamico ma fatelo in fretta. Abbiamo perso troppo tempo, non possiamo più aspettare: qui in Kurdistan abbiamo due milioni di profughi e siamo alle porte dell’inverno». Parla così a tempi.it padre Waheed k. Tooma, superiore generale dell’Ordine antoniano di sant’Ormisda dei caldei e di Alqosh, il monastero caldeo più importante dell’Iraq.
Insieme alla popolazione di Alqosh, in Kurdistan, padre Tooma è tornato da poco meno di un mese a casa sua. «Siamo scappati tutti perché i terroristi erano arrivati a dieci chilometri da qui. Fortunatamente non ci hanno mai conquistato». La piccola città è imbottita di profughi, «più di 100 famiglie emigrate dai villaggi invasi dai terroristi» dello Stato islamico, e tutti vivono nel terrore: «Non ci sentiamo sicuri. Non sappiamo cosa succederà domani: stiamo svegli fino alle 3 o 4 di notte per fare i turni di guardia, con la mano sul cuore per la paura».
L'attacco annunciato da Barack Obama non suscita nessun entusiasmo da queste parti: «Non ci fidiamo degli Stati Uniti, nessuno sa che cosa vogliono e che intenzioni hanno. Ancora non abbiamo visto nessun bombardamento serio, perdono tempo a fare i loro piani ma noi non abbiamo tempo», continua padre Tooma. «Noi abbiamo al massimo un mese. Poi arriverà l’inverno con la pioggia e la neve. E allora dove andranno le persone che oggi dormono nei giardini, per strada, in case senza tetto? I più fortunati stanno nelle classi e così la scuola non è potuta cominciare in Kurdistan».
I profughi, «più che all’estero», vogliono tornare «alle loro case ma ormai hanno perso la speranza. Noi vogliamo che le forze internazionali arrivino qui e spazzino via questi terroristi. Ma cosa state aspettando? Non possiamo prendere in giro questi profughi, dire loro di tornare nei villaggi con la paura che i terroristi arrivino di nuovo a cacciarli».
Leone Grotti
«Voglio fare un appello a Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna: liberate l’Iraq dallo Stato islamico ma fatelo in fretta. Abbiamo perso troppo tempo, non possiamo più aspettare: qui in Kurdistan abbiamo due milioni di profughi e siamo alle porte dell’inverno». Parla così a tempi.it padre Waheed k. Tooma, superiore generale dell’Ordine antoniano di sant’Ormisda dei caldei e di Alqosh, il monastero caldeo più importante dell’Iraq.
Insieme alla popolazione di Alqosh, in Kurdistan, padre Tooma è tornato da poco meno di un mese a casa sua. «Siamo scappati tutti perché i terroristi erano arrivati a dieci chilometri da qui. Fortunatamente non ci hanno mai conquistato». La piccola città è imbottita di profughi, «più di 100 famiglie emigrate dai villaggi invasi dai terroristi» dello Stato islamico, e tutti vivono nel terrore: «Non ci sentiamo sicuri. Non sappiamo cosa succederà domani: stiamo svegli fino alle 3 o 4 di notte per fare i turni di guardia, con la mano sul cuore per la paura».
L'attacco annunciato da Barack Obama non suscita nessun entusiasmo da queste parti: «Non ci fidiamo degli Stati Uniti, nessuno sa che cosa vogliono e che intenzioni hanno. Ancora non abbiamo visto nessun bombardamento serio, perdono tempo a fare i loro piani ma noi non abbiamo tempo», continua padre Tooma. «Noi abbiamo al massimo un mese. Poi arriverà l’inverno con la pioggia e la neve. E allora dove andranno le persone che oggi dormono nei giardini, per strada, in case senza tetto? I più fortunati stanno nelle classi e così la scuola non è potuta cominciare in Kurdistan».
I profughi, «più che all’estero», vogliono tornare «alle loro case ma ormai hanno perso la speranza. Noi vogliamo che le forze internazionali arrivino qui e spazzino via questi terroristi. Ma cosa state aspettando? Non possiamo prendere in giro questi profughi, dire loro di tornare nei villaggi con la paura che i terroristi arrivino di nuovo a cacciarli».
I cristiani, come i yazidi e le altre minoranze non si fidano più di nessuno, neanche del governo: «Cosa hanno fatto loro per noi fino ad ora? Cosa ha fatto l’America? L’unico che ci ha difeso finora è il governo del Kurdistan, che per proteggerci ha perduto mille Peshmerga in combattimento».
Noi, conclude padre Tooma, «vogliamo che le città dei terroristi vengano bombardate. Non solo noi minoranze siamo minacciate ma tutto il popolo iracheno. Anche i musulmani non si sentono più sicuri a Mosul: speravano infatti di essersi liberati dell’islam dei tempi di Maometto. E invece questa gente ha riportato quell’idea antica e fanatica».
Noi, conclude padre Tooma, «vogliamo che le città dei terroristi vengano bombardate. Non solo noi minoranze siamo minacciate ma tutto il popolo iracheno. Anche i musulmani non si sentono più sicuri a Mosul: speravano infatti di essersi liberati dell’islam dei tempi di Maometto. E invece questa gente ha riportato quell’idea antica e fanatica».