"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

22 settembre 2014

Lo Stato islamico avanza in Iraq. Almeno 130 mila profughi in Turchia

By Radiovaticana
Debora Donnini

Lo Stato islamico riprende in Iraq le città di Saqlawiyah e Alsger mentre in Siria i curdi frenano la loro avanzata verso Kobane anche se gli jihadisti hanno ripreso il controllo di oltre un centinaio di villaggi a maggioranza curda nella zona situata nella provincia di Aleppo. L’offensiva dell’Is verso una delle principali enclave curde della Siria ha dunque messo in fuga migliaia di persone che hanno cercato rifugio in Turchia. Almeno 130mila hanno attraversato il confine e il governo turco ha iniziato a chiudere i passaggi di frontiera. Sul fronte iracheno, un deputato ha accusato l’Is di aver usato il gas asfissiante al cloro in un attacco compiuto oggi a Fallujah, che ha ucciso 300 militari iracheni. Arriva, intanto, un nuovo messaggio audio dell’Is diffuso via Twitter. Vi si minaccia di “conquistare Roma”, intesa come simbolo del cristianesimo. Poco prima, in un altro messaggio, sempre il portavoce degli estremisti Al-Adnani aveva esortato i suoi miliziani a uccidere qualsiasi infedele.
Sui motivi dell’offensiva dei jihadisti in questa zona curda della Siria, Giancarlo La Vella ha intervistato Domenico Chirico, direttore di “Un ponte per…”, rientrato da poco dalla zona:
E’ un’area a maggioranza curda, ma ci sono anche moltissimi cristiani. Nell’area del nord della Siria, infatti, ci sono molti cristiani che avevano avviato un’esperienza di convivenza anche con i curdi siriani, creando un’area autonoma. L’attacco dell’Is è una conseguenza dell’offensiva in Iraq. I jihadisti si stanno concentrando, cioè, molto di più in questi giorni sulla Siria, perché sono alle strette in Iraq, dove l’offensiva internazionale sta puntando a farli uscire dal Paese. Peraltro, va detto che l’area di Kobane, da cui pare siano fuggite 130 mila persone nelle ultime ore, è a 100 km da Raqqa, quartier generale dei miliziani, ed è strategico per l’Is conquistarla.
La Turchia stessa sembra stia trovandosi in difficoltà di fronte all’arrivo di questa ondata imponente di profughi...
Nelle aree curde della Siria, c’erano già tantissime persone sfollate da altre aree. Già era quindi una situazione di estrema fragilità. Queste persone hanno cercato di andare ora verso la Turchia e Ankara ha aperto inizialmente le frontiere, ma poi le ha richiuse. E c’è l’Iraq, l’altra area dove potrebbero in teoria fuggire, ma anche lì le frontiere sono chiuse. Queste persone quindi sono in trappola. E’ una situazione pazzesca e non si capisce bene se ci sia la possibilità di aiutarle, anche perché va detto che l’area nord della Siria è una zona difficilissima da raggiungere, anche per gli aiuti umanitari, ed è stata anche un’area molto negletta, in termini di interventi.
Questa volta, tra l’altro, si fugge non solo per andare a trovare situazioni migliori rispetto ai luoghi di partenza, ma forse anche per salvare la vita, dato che le offensive dello Stato islamico si rivolgono spesso anche contro i civili...
Quello che noi abbiamo visto ad agosto in Iraq è stato terribile, nel senso che i metodi dell’Is sono medievali: sono quelli dell’assedio, del togliere l’acqua, la luce, del rapire donne e bambini. In alcune comunità cristiane, dove lavoriamo da tempo, hanno rapito anche giovanissimi senza una reale ragione, se non quella del terrore, cioè terrorizzare le persone e la popolazione: insomma la crudeltà, proprio, come strumento scientifico di guerra. I profughi fanno fatica a tornare, anche quando questi luoghi vengono progressivamente liberati. Il trauma, infatti, è enorme di fronte ad un nemico di una forza oscura.
E’ immaginabile una via d’uscita da questa situazione?
Sarà necessario nel domani lavorare, come è stato 20 anni fa in Bosnia, con alterni successi, sulla convivenza. Molto spesso, infatti, questo nemico crudele non è una forza venuta dall’esterno, ma può essere anche la persona del villaggio vicino, che è semplicemente di un’altra religione. Quindi c’è paura, soprattutto tra gli appartenenti alle minoranze cristiane e yazide, che dicono: io come faccio domani a tornare nel mio villaggio, quando le persone del villaggio vicino sono state i miei aguzzini?