By Asia News
Bernardo Cervellera
Bernardo Cervellera
A
un mese dall'inizio della campagna "Adotta un cristiano di Mosul", AsiaNews ha già inviato
in Iraq una prima tranche dei fondi ricevuti fino al 31 agosto: 279.219,96
euro.
Con le donazioni giunte in questi primi giorni di
settembre anche dalla Fondazione Pime Onlus - e che verranno inviate entro un
mese - la campagna ha raccolto finora oltre 350mila euro.
Tutte queste donazioni vengono consegnate -
secondo l'indicazione del patriarca di Baghdad Mar Louis Sako - al Comitato dei
vescovi del Kurdistan che stanno affrontando l'emergenza di nutrire,
alloggiare, vestire, consolare oltre 150mila profughi cristiani, yazidi,
turkmeni, sciiti e sunniti, fuggiti da Mosul, Qaraqosh e da altre zone del Nord
Iraq conquistate dalla violenza dello Stato islamico.
La campagna "Adotta un cristiano di Mosul" è nata
dal desiderio di partecipare almeno un minimo al dolore dei nostri fratelli e
sorelle cacciati da Mosul come degli infami a causa della loro fede, costretti
a scegliere fra la conversione all'islam, la sottomissione, la fuga o la morte.
Essa è divenuta un modo per rispondere in concreto e subito al loro bisogno,
invece di accontentarsi di imprecare contro "i musulmani", contro l'Onu, gli Stati
Arabi, l'Europa, gli Stati Uniti "che non fanno niente".
La campagna è stata anche un modo di seguire papa
Francesco che ha continuato a lanciare messaggi alla comunità internazionale per "proteggere
quanti sono interessati o minacciati dalla violenza e per assicurare gli aiuti
necessari, soprattutto quelli più urgenti, a così tanti sfollati, la cui sorte
dipende dalla solidarietà altrui".
Da subito, il patriarca e i vescovi irakeni, ci
hanno aiutato a comprendere che in gioco vi è l'esistenza dei cristiani, ma con
loro anche l'esistenza dello stesso Iraq come Paese multietnico, e di un Medio
oriente dove siano garantiti il dialogo e il rispetto per ogni etnia e
religione. Per questo, essi stessi, usano gli aiuti per sostenere non solo i
cristiani, ma tutti i profughi bisognosi di cibo, di vestiti e di alloggio,
aiutando tutti loro a restare nel loro Paese e a resistere alla tentazione
dell'emigrazione.
In tal modo i vescovi dell'Iraq e noi con loro,
domandiamo alla comunità internazionale non dei visti per l'estero (facile modo
di scaricarsi la coscienza), ma il ripristino della giustizia e della sicurezza
per la popolazione del Nord Iraq, fermando e neutralizzando gli aggressori
dello Stato islamico.
Di solito, le guerre si fanno in agosto per
sfuggire all'attenzione dei media. La nostra campagna, lanciata in agosto, in
un periodo tradizionale di vacanza, spensieratezza e distrazione, ha trovato
una risposta che stupisce anzitutto noi stessi.
Alla campagna hanno partecipato donatori da tutti
i continenti: Italia (l'80%), Corea del Sud, Stati Uniti, Malta, Gran Bretagna,
Spagna, Canada, Hong Kong, Vietnam, Nuova Zelanda, Malaysia, Repubblica Ceca,
Australia, Polonia, Brasile, Messico, Russia, Argentina, Germania, Svizzera,
Danimarca, Irlanda, Belgio, Ungheria, Colombia, Lussemburgo.
Al nostro appello hanno risposto laici,
sacerdoti, religiosi e religiose; missionari; singoli, coppie o famiglie;
bambini, che hanno voluto donare i propri risparmi; studi di professionisti,
ristoranti, fondazioni culturali; diocesi e parrocchie che hanno dedicato una
raccolta fondi ai "fratelli iracheni". Si va da un minimo di uno-due euro a un
massimo di 5mila. Alcuni hanno scelto di adottare "un cristiano di Mosul" su
base mensile, e hanno già effettuato un secondo versamento per le necessità di
settembre. Altri hanno intitolato il loro contributo a una persona cara
scomparsa.
Fra i messaggi che più ci hanno commosso vi è
quello di un nonno che ha spedito due euro, frutto dei piccoli sacrifici della
sua nipotina e quello di una donna, senza lavoro e malata, che pur essendo
indigente, ha voluto versare 5 euro, la somma necessaria ad acquistare il cibo
per un giorno a un profugo irakeno.
Una signora anziana, commentando il suo dono, ci
ha detto: "Il piccolo sacrificio che facciamo non è nulla a confronto delle
sofferenze che questi nostri fratelli e sorelle stanno vivendo. Per questo
occorre non solo donare, ma anche pregare".
Una così ampia generosità vissuta in un periodo
di crisi economica mostra che la solidarietà è ancora viva.
In una società che si sazia di parole, che
producono immobilità e scetticismo, questi gesti di responsabilità e rischio
personale affermano che il mondo può cambiare, anzi sta già cambiando.
Grazie dal profondo del cuore a tutti voi che
avete aderito a questa campagna e a tutti voi che continuate a sostenere i
nostri fratelli e sorelle perseguitati. Il vostro contributo porta una goccia di
speranza a chi soffre, ma anche a chi dona.
Per le modalità di adesione alla
campagna "Adotta un cristiano di Mosul", clicca qui.