By Radiovaticana
Parlando in veste di vergine consacrata (Ordo Virginum) in Iraq, docente universitaria e direttrice della gioventù della Chiesa latina, nonché in rappresentanza del laicato dell’Iraq, vorrei sottolineare il fatto che al di là della sicurezza e della stabilità politica e sociale, non vi è nulla che possa motivare i cristiani iracheni a rimanere e ad essere profondamente radicati nella loro terra e nella loro fede se non il fatto che i pastori della Chiesa diano inizio ad un’autentica cura pastorale e spirituale. I cristiani iracheni hanno adesso l’urgente necessità di essere alimentati dall’amore e abbracciati dal sostegno spirituale di sacerdoti adeguatamente preparati e amorevoli. Le omelie della domenica o le lezioni di catechismo del venerdì per i bambini non sono sufficienti per incoraggiare i laici a restare. Invece di raccogliere fondi per ristrutturare cappelle o acquistare edifici vuoti, o decorare cancelli, costruiamo pietre vive e realizziamo piccoli progetti per i giovani di entrambi i sessi, al fine di scoprirne le abilità artigianali e professionali. Tenere riunioni regolarmente con loro e con le loro famiglie, illuminarli sul ruolo sacro che rivestono come laici in Iraq è ugualmente importante; altrimenti, non serve a niente criticare i gruppi protestanti perché cercano di attirare i cattolici alla loro fede. E se tutto ciò suona fantasioso, andarli a trovare potrebbe essere utile!Tuttavia, i cristiani laici dell’Iraq sono consapevoli che la Chiesa sta facendo autentici sforzi per rendere più profonda la loro fede e migliorare la loro situazione sociale ed economica, nei limiti delle proprie possibilità.Sanno anche che questo fardello non poggia unicamente sulle spalle della Chiesa; il governo iracheno e la comunità internazionale ne portano buona parte, ma restano in silenzio. Pertanto, i cristiani iracheni vivono in condizioni molto dure, in cui ogni istante di sicurezza diventa importante. Tuttavia, i laci cristiani, soprattutto coloro che sono sempre stati consapevoli dell’importanza di testimoniare la propria fede in tempo di pace o di guerra, continuano a voler essere testimoni autentici rafforzando la propria comunione con la chiesa di cui sono parte integrante. Il loro ruolo, che sta diventando più influente di quello del clero, si manifesta nell’aiuto ai poveri e agli ammalati, nell’organizzazione di attività sociali e spirituali per gli anziani e per i giovani, nell’organizzazione di gruppi di preghiera, gruppi per i servizi sociali e sanitari per i bisognosi, come ne esistono nei programmi della Caritas, o nell’aiuto ai parroci nel campo del catechismo o della liturgia. Questi cristiani impegnati, uomini e donne, sanno di svolgere in Iraq un ruolo insostituibile. Benché spesso si trovino davanti alla morte, quando ogni minuto di sicurezza diventa importante, essi contribuiscono al tessuto della società irachena, sforzandosi di lavorare a nome di tutti i cristiani che sono sfollati, segregati, o scossi nella fede, e creando un sentimento di amore e di pacifica coesistenza tra gli iracheni, a prescindere dalla religione o dal sesso.