"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

12 ottobre 2010

Il Sinodo, occasione per fermare l'esodo dei cristiani dall'Iraq

By Asia News

di Louis Sako

“C’è un pericolo reale di estinzione della comunità cristiana in Iraq”: è quanto afferma mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, a pochi giorni dall’apertura del Sinodo per le Chiese in Medio Oriente. La speranza del vescovo irakeno è che vengano riconosciuti i diritti di uguaglianza e cittadinanza della comunità cristiana in Iraq, le cui radici nel Paese sono antichissime; potenziando la convivenza pacifica con la maggioranza musulmana. Il Sinodo, in corso a Roma fino al 24 ottobre, ha come obiettivo proprio il potenziamento della comunione e della testimonianza dei cristiani, rafforzando i legami tra le Chiese e garantendo libertà religiosa, pace e giustizia anche in Medio Oriente. La testimonianza che qui presentiamo è quella offerta da mons. Sako al Seminario internazionale sulla persecuzione contro i cristiani, tenutosi il 5 ottobre scorso a Bruxelles.

1. L’inizio

Molti di voi probabilmente non conoscono [la situazione] dei cristiani in Iraq. Il cristianesimo è penetrato in Mesopotamia (Iraq) sin dall’inizio dell’era cristiana. Secondo la versione più conosciuta e largamente diffusa, l’apostolo Tommaso fu il primo a evangelizzare quelle regioni attraverso il suo viaggio in India. Ai tempi della conquista musulmana nel 637, circa metà della popolazione di quello che oggi è l’Iraq e una grande parte dell’Iran era cristiana. I cristiani d’Iraq sono una delle più antiche comunità cristiane del mondo. La loro lingua madre è l’aramaico, la lingua di Cristo, e parlano anche arabo. Ovviamente, negli ultimi anni, pochi cristiani hanno sofferto di più degli iracheni.


2. La situazione attuale

Per noi il nostro futuro è legato ai musulmani che sono la maggioranza, ma al tempo stesso siamo preoccupati per la crescita dell’estremismo religioso e politico dell’islam. Gli estremisti sono un grande pericolo per il mondo intero. La loro strategia è quella di imporre le loro regole e i loro modi perfino nei Paesi in cui sono ospitati. Non c’è chiarezza sul futuro della scena del mondo islamico! La religione dovrebbe essere aggiornata e integrata nella vita dei fedeli di oggi.
All’inizio del ventesimo secolo i cristiani in Medio Oriente erano il 20% della popolazione, ma oggi rappresentano meno del 10%. In Iraq, secondo la Commissione sulla libertà religiosa internazionale degli Stati Uniti, prima della guerra c’erano circa 1 milione di cristiani. Oggi, sono solo circa 500mila.
Negli ultimi anni vi è stato un numero allarmante di omicidi a sfondo religioso, sequestri, pestaggi, stupri, minacce, intimidazioni, conversioni forzate, matrimoni, la fuga da case e negozi, e attacchi a leader religiosi, pellegrini e luoghi sacri. In Iraq, le più piccole minoranze religiose sono tra le più vulnerabili, anche se tutti gli iracheni – provenienti da molte comunità religiose, musulmane e non musulmane – hanno sofferto di questa violenza. Inoltre, i membri delle piccole comunità di minoranze religiose in Iraq non hanno milizia o strutture tribali a difenderli, non ricevono un’adeguata protezione ufficiale e sono giuridicamente, politicamente ed economicamente emarginati.
In Iraq il numero dei cristiani continua a diminuire. Forse continueranno a scomparire sotto una continua persecuzione, le minacce e la violenza messe in atto dagli estremisti, che non danno altra scelta: la conversione immediata all’islam, o consegnare le loro proprietà e lasciare il Paese, o pagare un tributo in denaro al jihad se vogliono evitare la morte. Almeno 51 chiese sono state attaccate – 3 delle quali nella mia diocesi. Un vescovo e tre sacerdoti sono stati rapiti e assassinati, e circa 900 innocenti cristiani sono stati uccisi dall’invasione del 2003 guidata dagli Stati Uniti. Centinaia di migliaia hanno abbandonato le loro case e adesso vivono nei Paesi vicini come rifugiati politici. Sono alla ricerca di un posto sicuro in cui vivere ed educare i loro bambini allo stesso modo in cui a loro stessi è stato permesso prima della guerra. Da 6 mesi i politici iracheni non sono in grado di formare il nuovo governo.


3. Cosa bisogna fare? Non lasciarli soli


C’è un vero pericolo di estinzione della comunità cristiana in Iraq e in altri Paesi. Per queste famiglie, la guerra è stata un disastro. Gli americani sono responsabili non solo di quella tragedia, ma anche di un futuro stabile e pacifico. Non dovrebbero ritirare le truppe dall’Iraq senza preoccuparsi, dimenticando [quelle famiglie].

Anche la comunità internazionale è responsabile per mantenere le minoranze etniche e religiose nella loro terra, per mantenere la loro presenza e difendere la loro eredità e testimonianza. La mancanza di un piano per fermare l’esodo mortale che affligge la nostra comunità è preoccupante.
Il futuro dei cristiani in Iraq, ma anche in Medio Oriente, ha due possibilità: o l’emigrazione, o accettare di vivere come cittadini di seconda classe tra mille difficoltà e paure.
La domanda che esige una risposta urgente e decisiva è: “Come possono essere aiutati i cristiani iracheni?”. Abbiamo bisogno di un sostegno forte da parte di tutti, con una visione “politica” chiara e piani precisi non soltanto per proteggere e incoraggiare i cristiani a rimanere a casa e sperare, ma anche per favorire la riconciliazione tra gli iracheni, per promuovere i diritti umani in quell’area e chiedere ai governi di rispettare le leggi. I cristiani sono stati, e possono continuare a esserlo oggi, uno strumento di dialogo, di coesistenza pacifica, e di collaborazione con i nostri fratelli musulmani che apprezzano le loro qualità. Perciò la migrazione dei cristiani dal Medio Oriente è una grande perdita per entrambi.
La comunità internazionale deve prendersi le sue responsabilità e trovare con le autorità locali un accordo comune per rispettare la dignità dell’essere umano e i suoi diritti basati sull’uguaglianza e la piena cittadinanza, con impegni di collaborazione e protezione. Perciò è necessario apportare modifiche reali alla Costituzione per garantire i diritti di tutti i cittadini allo stesso modo.
La forza di uno Stato dovrebbe essere basata sulla credibilità nell’applicare le leggi in maniera uguale verso tutti i cittadini, senza discriminazioni tra musulmani e non musulmani, maggioranza e minoranza. Questa è una vergogna. Nel mondo occidentale i musulmani godono di piena uguaglianza e non sono considerati una minoranza o cittadini di seconda classe. In Medio Oriente noi siamo indigeni e non rifugiati!
La comunità internazionale dovrebbe cercare i migranti, nel facilitare e garantire il ritorno a casa, ma anche [aiutare] il reinsediamento nei casi particolari di iracheni che non hanno alcuna prospettiva di tornare a casa, o le cui situazioni sono talmente pericolose che la vita in Iraq non è semplicemente possibile, pur senza incoraggiare o favorire la migrazione. Se le ambasciate danno i visti ai cristiani, nessuno rimarrà. La comunità internazionale può impegnarsi a finanziare alcuni progetti nei villaggi dove i cristiani vivono, per esempio scuole, farmacie, strade, progetti agricoli. Dobbiamo superare il livello di sopravvivenza per una vita stabile di testimonianza e presenza future. Dobbiamo risolvere il problema del fondamentalismo. Si dovrebbero varare nuovi programmi didattici basati su un’istruzione religiosa; combattere [il fondamentalismo] con le armi, può solo alimentarlo. Una formazione aperta in materia di diritti umani e valori religiosi positivi potrebbe essere più efficiente.
Noi speriamo che il prossimo Sinodo per il Medio Oriente, che si terrà dal 10 al 24 ottobre, richiami l’attenzione sui nostri problemi. È un’opportunità per rivedere l’intera situazione dei cristiani in Medio Oriente; poiché ci sono così tanti temi cruciali da affrontare speriamo che questo Sinodo sia altamente produttivo. Prima di concludere vorrei ringraziare il Parlamento europeo, ovvero l’Ecr e il Ppe, e gli organizzatori di questo incontro, i deputati Mario Mauro e Konrad Szymanski. Si tratta di rendere un grande aiuto nel sostenere le minoranze, in particolare i cristiani.