Legislatura 16º - Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani - Resoconto sommario n. 61 del 20/10/2010
COMMISSIONE STRAORDINARIA PER LA TUTELA E LA PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI
MERCOLEDÌ 20 OTTOBRE 2010 61ª Seduta
Presidenza del Presidente
MARCENARO
Interviene, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, l'arcivescovo caldeo di Kirkuk, monsignor Louis Sako.
Presidenza del Presidente
MARCENARO
Interviene, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, l'arcivescovo caldeo di Kirkuk, monsignor Louis Sako.
Seguito dell'indagine conoscitiva sui livelli e i meccanismi di tutela dei diritti umani, vigenti in Italia e nella realtà internazionale: audizione dell'arcivescovo caldeo di Kirkuk, monsignor Louis Sako.
Il presidente Marcenaro nel ringraziare monsignor Sako, ricorda come l'alto prelato stia partecipando, proprio in questi giorni, ai lavori del Sinodo sul Medio Oriente in Vaticano che si concluderanno il 24 ottobre prossimo. Monsignor Sako è una personalità di primissimo livello, peraltro molto conosciuta, e la sua testimonianza sui problemi delle minoranze, in particolare quella cristiana, in Iraq e in tutto il Medio Oriente, è particolarmente preziosa.
Monsignor Louis SAKO, nel ringraziare la Commissione per l'opportunità offerta con l'odierna audizione, ricorda come il Sinodo veda riuniti ben 184 padri sinodali che possono esprimersi con grande libertà e sincerità sulla situazione delle loro diocesi in Medio Oriente, una situazione estremamente difficile per i cristiani così come per tutte le minoranze, dal momento che i regimi che si sono consolidati in quella parte del mondo sono sostanzialmente teocratici. Tutto, dall'istruzione alla politica, fa riferimento alla religione islamica e chi non si riconosce in quella fede viene considerato cittadino di seconda classe. Peraltro in Iraq i cristiani si trovavano ben prima dei musulmani, poiché dalla fine del primo secolo i discepoli di Gesù vi predicarono con un certo successo, anche in considerazione di una forte presenza ebraica, culturalmente più disposta ad accogliere il messaggio evangelico. Dal 637 d.C. i musulmani hanno preso il sopravvento, spesso con la violenza, costringendo tutte le altre confessioni religiose ad una condizione di minorità. Oggi vi è libertà di professare la propria fede, ma non quella di fare apostolato. Tanto per fare un esempio, in Egitto non si ha il diritto di costruire una chiesa. Questo impedisce alla comunità cristiana in Medio Oriente di crescere. Per quanto riguarda l'Iraq, in tempi più vicini a noi i cristiani sono passati in pochi anni dal 20 per cento a meno del 10 per cento della popolazione. Sostanzialmente all'epoca di Saddam Hussein - che aveva instaurato una feroce e spietata dittatura in un contesto tuttavia secolarizzato e quindi maggiormente tollerante in materia religiosa - i cristiani erano circa 800 mila mentre al momento sono meno di 400 mila. Tutte le confessioni religiose minoritarie vengono di fatto discriminate in Iraq, e l'intolleranza religiosa è tanto radicata che oggi vi sono problemi all'interno della stessa confessione islamica tra sciiti e sunniti. Pare davvero - e forse corrisponde ad un preciso disegno degli americani - che l'Iraq si avvii ad una tripartizione tra Nord curdo, Sud sciita e Centro sunnita. In un contesto in cui chi professa una religione non musulmana, in particolare la religione cristiana, è discriminato, spesso subisce violenza, rischia concretamente di essere ucciso o rapito - non si contano i casi di riscatti pagati dopo un rapimento a sfondo religioso - molti decidono di espatriare e questo, unitamente al fatto che le famiglie cristiane sono ormai decisamente meno numerose delle famiglie musulmane - che si fondano sulla poligamia - rischia di impoverire ancor più la comunità cristiana. Colpisce l'accondiscendenza della comunità internazionale che non sembra rendersi conto della gravità della situazione. Lo dimostrano ad esempio le reazioni tutto sommato contenute dell'Occidente di fronte alle uccisioni dei cristiani in Medio Oriente, non solo in Iraq, mentre singole bravate, nate nei paesi occidentali, come quella del pastore protestante statunitense che intendeva pubblicamente bruciare il Corano, suscitano vere e proprie sollevazioni nel mondo musulmano, quasi che fosse tornata l'epoca delle crociate. La comunità internazionale potrebbe invece impegnarsi per indurre questi regimi ad una maggiore tolleranza religiosa e in questo senso anche il Senato italiano e questa Commissione potrebbero fare molto.
Il presidente Marcenaro nel ringraziare monsignor Sako, ricorda come l'alto prelato stia partecipando, proprio in questi giorni, ai lavori del Sinodo sul Medio Oriente in Vaticano che si concluderanno il 24 ottobre prossimo. Monsignor Sako è una personalità di primissimo livello, peraltro molto conosciuta, e la sua testimonianza sui problemi delle minoranze, in particolare quella cristiana, in Iraq e in tutto il Medio Oriente, è particolarmente preziosa.
Monsignor Louis SAKO, nel ringraziare la Commissione per l'opportunità offerta con l'odierna audizione, ricorda come il Sinodo veda riuniti ben 184 padri sinodali che possono esprimersi con grande libertà e sincerità sulla situazione delle loro diocesi in Medio Oriente, una situazione estremamente difficile per i cristiani così come per tutte le minoranze, dal momento che i regimi che si sono consolidati in quella parte del mondo sono sostanzialmente teocratici. Tutto, dall'istruzione alla politica, fa riferimento alla religione islamica e chi non si riconosce in quella fede viene considerato cittadino di seconda classe. Peraltro in Iraq i cristiani si trovavano ben prima dei musulmani, poiché dalla fine del primo secolo i discepoli di Gesù vi predicarono con un certo successo, anche in considerazione di una forte presenza ebraica, culturalmente più disposta ad accogliere il messaggio evangelico. Dal 637 d.C. i musulmani hanno preso il sopravvento, spesso con la violenza, costringendo tutte le altre confessioni religiose ad una condizione di minorità. Oggi vi è libertà di professare la propria fede, ma non quella di fare apostolato. Tanto per fare un esempio, in Egitto non si ha il diritto di costruire una chiesa. Questo impedisce alla comunità cristiana in Medio Oriente di crescere. Per quanto riguarda l'Iraq, in tempi più vicini a noi i cristiani sono passati in pochi anni dal 20 per cento a meno del 10 per cento della popolazione. Sostanzialmente all'epoca di Saddam Hussein - che aveva instaurato una feroce e spietata dittatura in un contesto tuttavia secolarizzato e quindi maggiormente tollerante in materia religiosa - i cristiani erano circa 800 mila mentre al momento sono meno di 400 mila. Tutte le confessioni religiose minoritarie vengono di fatto discriminate in Iraq, e l'intolleranza religiosa è tanto radicata che oggi vi sono problemi all'interno della stessa confessione islamica tra sciiti e sunniti. Pare davvero - e forse corrisponde ad un preciso disegno degli americani - che l'Iraq si avvii ad una tripartizione tra Nord curdo, Sud sciita e Centro sunnita. In un contesto in cui chi professa una religione non musulmana, in particolare la religione cristiana, è discriminato, spesso subisce violenza, rischia concretamente di essere ucciso o rapito - non si contano i casi di riscatti pagati dopo un rapimento a sfondo religioso - molti decidono di espatriare e questo, unitamente al fatto che le famiglie cristiane sono ormai decisamente meno numerose delle famiglie musulmane - che si fondano sulla poligamia - rischia di impoverire ancor più la comunità cristiana. Colpisce l'accondiscendenza della comunità internazionale che non sembra rendersi conto della gravità della situazione. Lo dimostrano ad esempio le reazioni tutto sommato contenute dell'Occidente di fronte alle uccisioni dei cristiani in Medio Oriente, non solo in Iraq, mentre singole bravate, nate nei paesi occidentali, come quella del pastore protestante statunitense che intendeva pubblicamente bruciare il Corano, suscitano vere e proprie sollevazioni nel mondo musulmano, quasi che fosse tornata l'epoca delle crociate. La comunità internazionale potrebbe invece impegnarsi per indurre questi regimi ad una maggiore tolleranza religiosa e in questo senso anche il Senato italiano e questa Commissione potrebbero fare molto.