L'offensiva irachena contro l'Is a Mosul è ormai scattata. Sono ore
decisive. Tante le speranze e anche i timori dei cristiani iracheni. La
liberazione della città - lo sanno tutti - non sarà indolore.
Marco Guerra ha intervistato in proposito il vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, mons. Shlemon Warduni:
Marco Guerra ha intervistato in proposito il vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, mons. Shlemon Warduni:
Noi vogliamo la liberazione della grande città di Ninive e poi della
Piana di Ninive, perché tanti cristiani e anche tanti musulmani, nei
villaggi intorno a Mosul, sono stati cacciati dalle loro case. Perciò
noi vogliamo la liberazione, ma che sia una liberazione senza le armi.
Però, si vede che questo è impossibile: l’uomo è carnefice, l’uomo che
non ama Dio non ha coscienza e non pensa ai bambini, alle donne… Quindi
noi vogliamo la liberazione, e specialmente sicura, della gente, dei
villaggi: quei villaggi e quelle città dove abbiamo vissuto migliaia di
anni. E quindi noi vogliamo una liberazione e una protezione.
Ma si rischia una seconda Aleppo? Si rischia un assedio che porti un milione e mezzo di civili ad essere sotto le bombe?
Certo, certo… Ed è questo che noi non vogliamo! Ma ci diranno: “Voi non volete questo e non volete questo!”. Certamente: noi vogliamo i nostri villaggi, le nostre case, le nostre proprietà. Noi vogliamo che ci siano la pace e la sicurezza, che lascino il nostro popolo vivere con onestà e tranquillità: è questo quello che noi vogliamo. Certamente tanta gente andrà sotto le armi, subirà la distruzione delle case… E questo noi non lo vogliamo! Perché questa gente è gentaglia proprio: ha distrutto le opere d’arte, i villaggi, le chiese e anche le moschee, purtroppo…. Noi diamo la colpa alla gente che li ha aiutati, a chi ha dato loro le armi, le munizioni, a chi ha comprato il petrolio al mercato nero. E il mondo guarda soltanto. Bastava non vendere loro le armi, bastava non dar loro il denaro… Bastava, bastava e bastava! Ma nessuno si muove e lascia il male vincere.
In città, ha confermato il premier, entrerà solamente l’esercito nazionale, perché Mosul è una città multiculturale, multireligiosa: dunque è importante che nessuna etnia prevalga sull’altra...
Dovranno prendere la cosa con coscienza, pensando che c’è Dio e che Dio è amore; e non con rancore o vendette. Ecco, che si lascino fuori le vendette. Ma questo penso che non sarà possibile: manca lo spirito umano, manca lo spirito religioso vero, vero… Speriamo, perché altrimenti – purtroppo – ci saranno ancora uccisioni e sarà una grande sciagura per l’Iraq, come è stato ad Aleppo o in altri posti.
Ecco, il ritorno dei cristiani a Mosul e nelle aree vicine a Mosul può aiutare la riconciliazione nazionale?
Sì, può essere che questo accada. Però non si sa, perché quando ci sono il rancore, l’odio e la vendetta, queste cose non si pensano. Ma questo è quello che noi vogliamo: la pace, la tranquillità, e – se possibile – che questa liberazione avvenga, come si dice, senza le armi.
Ma si rischia una seconda Aleppo? Si rischia un assedio che porti un milione e mezzo di civili ad essere sotto le bombe?
Certo, certo… Ed è questo che noi non vogliamo! Ma ci diranno: “Voi non volete questo e non volete questo!”. Certamente: noi vogliamo i nostri villaggi, le nostre case, le nostre proprietà. Noi vogliamo che ci siano la pace e la sicurezza, che lascino il nostro popolo vivere con onestà e tranquillità: è questo quello che noi vogliamo. Certamente tanta gente andrà sotto le armi, subirà la distruzione delle case… E questo noi non lo vogliamo! Perché questa gente è gentaglia proprio: ha distrutto le opere d’arte, i villaggi, le chiese e anche le moschee, purtroppo…. Noi diamo la colpa alla gente che li ha aiutati, a chi ha dato loro le armi, le munizioni, a chi ha comprato il petrolio al mercato nero. E il mondo guarda soltanto. Bastava non vendere loro le armi, bastava non dar loro il denaro… Bastava, bastava e bastava! Ma nessuno si muove e lascia il male vincere.
In città, ha confermato il premier, entrerà solamente l’esercito nazionale, perché Mosul è una città multiculturale, multireligiosa: dunque è importante che nessuna etnia prevalga sull’altra...
Dovranno prendere la cosa con coscienza, pensando che c’è Dio e che Dio è amore; e non con rancore o vendette. Ecco, che si lascino fuori le vendette. Ma questo penso che non sarà possibile: manca lo spirito umano, manca lo spirito religioso vero, vero… Speriamo, perché altrimenti – purtroppo – ci saranno ancora uccisioni e sarà una grande sciagura per l’Iraq, come è stato ad Aleppo o in altri posti.
Ecco, il ritorno dei cristiani a Mosul e nelle aree vicine a Mosul può aiutare la riconciliazione nazionale?
Sì, può essere che questo accada. Però non si sa, perché quando ci sono il rancore, l’odio e la vendetta, queste cose non si pensano. Ma questo è quello che noi vogliamo: la pace, la tranquillità, e – se possibile – che questa liberazione avvenga, come si dice, senza le armi.