By Asia News
Louis Raphael Sako*
Louis Raphael Sako*
Centinaia di cristiani fuggiti da Qaraqosh, a sud di Mosul,
nell’estate del 2014 con l’ascesa dello Stato islamico (SI) hanno
festeggiato ieri la liberazione del loro villaggio con canti, balli e
messe. La comunità locale, fuggita con i soli vestiti addosso poco più
di due anni fa per sfuggire alle violenze jihadiste, ha celebrato i
successi militari finora ottenuti dall’esercito.
La mattina del 18 ottobre una coalizione composta da 30mila
uomini, fra soldati irakeni e milizie Peshmerga curde, cui si uniscono
forze tribali sunnite, hanno iniziato l’offensiva
per la riconquista di Mosul, roccaforte jihadista in Iraq, e della
piana di Ninive. Secondo quanto riferiscono fonti militari statunitensi,
i combattenti di Daesh [acronimo arabo per lo SI] starebbero usando i
civili come scudi umani, mentre i soldati arabi e curdi si avvicinano
sempre più alla città.
A Mosul vi sarebbero ancora almeno 700mila persone intrappolate e
impossibilitate a fuggire, ostaggio di 5mila jihadisti che lottano a
difesa del loro fortino.
Secondo alcune fonti militari impegnate nell’offensiva la
liberazione di Qaraqosh, uno dei più importanti villaggi della piana, 15
km circa a sud di Mosul, non sarebbe ancora completa; diversi jihadisti
sarebbero ancora nascosti in alcune case e non intendono abbandonare le
armi. Tuttavia, per i cristiani in esilio è già tempo di festeggiamenti
(nella foto).
Sui social vicini alla comunità assiro-caldea in Iraq vengono
rilanciate foto e immagini di festeggiamenti, con balli e canti; in questo filmato
i festeggiamenti di un gruppo di profughi ospite di un centro di
accoglienza a Erbil, nel Kurdistan irakeno. Altri ancora hanno voluto
ricordare l’evento con una messa solenne (clicca qui
per il video) a livello comunitario. Altre decine di bambini, donne e
uomini si sono riuniti a pregare nella chiesa di Mar Shimon, sempre a
Erbil.
Sull’offensiva in atto dell’esercito e il piano di liberazione di
Mosul è intervenuto anche il patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako,
il quale rinnova l’appello all’unità nazionale perché lo sforzo militare
abbia successo. “Noi irakeni - ha sottolineato il primate caldeo -
siamo un’unica famiglia a dispetto delle diverse affiliazioni”. Che
l’offensiva, ha aggiunto, sia il viatico per la nascita di una
“democrazia genuina e civile” che sia “rispettosa di tutti”.
Ecco, di seguito, l’appello di Mar Sako inviato ad AsiaNews:
Appello ai miei cari irakeni,
come tutti voi ben sapete, in queste ore sono in atto enormi sforzi
in previsione della liberazione di Mosul - una delle più importanti e
storiche città dell’Iraq - e della piana di Ninive. In questa occasione
particolare vorrei rivolgermi, con parole che giungono dal profondo del
mio cuore, a tutte le nostre famiglie irakene come fossero una sola; in
particolare per quelle che provengono da Ninive, in riferimento alle
nostre preoccupazioni e agli interessi comuni e in queste circostante
così difficili e fuori dall’ordinario. In special modo, in riferimento
alle voci di divisioni, alle posizioni radicali e alle fratture che
cominciano ad emergere, che potrebbero anche essere di ostacolo alle
operazioni per la liberazione [di Mosul e della piana di Ninive]!
Credo fermamente che tutti noi, in quanto “irakeni”, siamo un’unica
famiglia, a dispetto delle nostre diverse affiliazioni. Tuttavia, in
queste attuali circostanze la situazione richiede a tutti gli abitanti
di Mosul, e ciò vale per tutti gli irakeni, di affrontare una
responsabilità storica, nazionale e morale per la costruzione di
relazioni interne ed esterne bilanciate ed equilibrate. Dobbiamo evitare
di scambiarci accuse e di incolparci. Dobbiamo mettere la parola fine a
tutte le dispute; mettere un freno agli egoismi e agli interessi
personali e di una parte. Inoltre, dobbiamo mettere il bene comune del
Paese e di tutti gli irakeni prima e al di sopra di ogni altra cosa.
Così facendo, saremo in grado di spianare il cammino verso una reale
riconciliazione comunitaria, all’insegna dell’amore, della pace e della
liberazione di tutte le terre occupate. In questo modo, tutti noi
irakeni, possiamo recuperare un po’ di fiducia e di speranza per una
soluzione rapida del nostro annoso dilemma, istituendo una democrazia
civile e genuina, rispettosa di tutti in modo pacifico e civile.
Questo è il solo e unico modo per una piena ripresa del nostro Paese.
Al contempo, rivolgo un pressante appello alla comunità
internazionale perché intraprenda iniziative concrete affinché l’Iraq e
l’intera regione [mediorientale] possano ritrovare la loro sicurezza e
la loro pace. Un successo di questa portata sarebbe davvero un trionfo
per tutti e di beneficio per l’intera comunità internazionale.
In conclusione, vorrei rivolgere una preghiera: Che Dio ci protegga,
allevi le nostre sofferenze, preservi la purezza della nostra umanità e
vegli sull’unità del nostro amato Paese.
* Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena
October 12, 2016
Appeal to the beloved Iraqis
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