By Asia News
I cristiani sono una “componente originaria dell’Iraq” e sono
ancora oggi, nonostante le violenze e le sofferenze patite per mano dei
jihadisti dello Stato islamico, “pionieri di moderazione e apertura”,
capaci di “accogliere e unire” oltre le differenze. È quanto affermano
alcuni leader di diverse denominazioni cristiane del Paese, che si sono
riunite ieri ad Ankawa, quartiere cristiano di Erbil, nel Kurdistan
irakeno, su invito del patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako. Nel
comunicato finale, inviato ad AsiaNews, i partecipanti hanno anche
espresso “gratitudine e sostegno” alle truppe impegnate nell’offensiva
contro Daesh.
All’incontro, promosso dal primate caldeo, hanno aderito il
patriarca assiro mar Georgis III Saliwa; il vescovo siro-cattolico di
Mosul mons Youhanna Peter Mushi; mar Nicodemus Daoud Sharaf,
vescovo siro-ortodosso di Mosul; mons. Bashar Matti Warda, arcivescovo
caldeo di Erbil; mons. Basilio Yaldo, vescovo ausiliare di Baghdad;
mons. Timathaous Qas Isha, dell’Antica chiesa Assira dell’est. Unico
assente fra i leader della regione il capo della chiesa
Armena-ortodossa, impegnato in un viaggio pastorale.
La nota congiunta dei vertici cristiani irakeni segue l’appello
diffuso nei giorni scorsi dal patriarca Sako, il quale ha affermato una
volta di più che le terre della piana di Ninive “sono cristiane”.
Parole che non sono casuali ma frutto delle dichiarazioni di leader
della regione, che intendono spartirsi l’area eliminando ogni traccia
della presenza cristiana. Fra questi il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, secondo cui Mosul deve essere solo per “arabi e curdi sunniti, insieme ai turcomanni”. E ancora il progetto di spartizione fra curdi e turchi delle zone a est e ovest di Mosul.
Ecco, di seguito, il comunicato congiunto diffuso dai leader
cristiani irakeni al termine dell’incontro. Traduzione a cura di
AsiaNews:
I cristiani sono una componente originaria dell’Iraq. Le loro chiese e
i loro monasteri hanno caratterizzato la loro presenza in molte città
dell’Iraq; alcuni di questi si sono mischiati ad altri, ma [i cristiani]
erano e restano ancora oggi pionieri di moderazione e apertura, capaci
di accogliere e unire andando oltre le differenze. I cristiani hanno
vissuto a Mosul e nelle cittadine della piana di Ninive per diversi
secoli, in un’atmosfera di stabile pluralismo e di collaborazione con i
loro vicini, anche se vi sono stati alcuni episodi di violenza e
persecuzione.
Le atrocità commesse contro di loro da Daesh [acronimo arabo per lo
Stato islamico, SI] e dagli altri gruppi terroristi, la cacciata dei
cristiani dalle loro terre e l’esproprio delle loro case e proprietà li
hanno danneggiati e feriti nel profondo. Questi atti costituiscono un
crimine contro l’umanità.
1) Sosteniamo con forza le richieste del nostro popolo sofferente e
timoroso per il proprio futuro. In tutta onestà, ci impegneremo al
meglio delle nostre possibilità per rendere la componente cristiana allo
stesso livello delle altre anime dell’Iraq, a prescindere dal loro
numero. L’articolo due della Costituzione irakena “garantisce appieno la
libertà religiosa e la pratica del culto per ciascun credente”. Quesi
principi non devono rimanere solo parole vuote!
Ci aspettiamo di salvaguardare i nostri diritti e le nostre libertà, e
di garantire la nostra protezione con i fatti, non solo a parole,
affinché possiamo restare nella nostra terra e contribuire alla
rinascita del nostro Paese perché abbiamo le capacità, il potenziale e
la competenza per farlo sia a livello di governo centrale che nella
regione curda.
2) I profughi cristiani di Mosul e delle città della piana di Ninive
vogliono tornare nelle loro case, in condizioni di tutta sicurezza e
avendo ricevuto un compenso adeguato per quanto hanno perduto, e la
ricostruzione di ciò che è stato distrutto da Daesh. Essi cercano una
via pacifica per continuare a vivere accanto ai loro vicini, nel
rispetto e all’insegna della buona volontà e della collaborazione, come
pari cittadini. Assicurare che queste garanzie vengano rispettate
dovrebbe essere priorità dello Stato irakeno e del governo regionale del
Kurdistan.
3) In riferimento all’amministrazione della piana, i cristiani sono
alla ricerca di una soluzione accettabile in accordo con le disposizioni
stabilite dalla Costituzione irakena. Noi, in quanto pastori, riteniamo
che sia meglio posticipare la discussione ad una fase successiva alla
liberazione e al ritorno degli sfollati e alla loro sistemazione;
inoltre, prima di parlare del futuro è necessario bonificare i terreni
dalle mine jihadiste, ricostruire le case e le infrastrutture. Tutto
questo dovrà essere discusso attraverso un dialogo pacifico e sereno con
le parti interessate.
In questa occasione, vogliamo celebrare i nostri eroici combattenti
che militano nelle forze armate irakene, nelle truppe Peshmerga curde,
il gruppo di Mobilitazione popolare e le Unità nazionali, assieme alle
guardie cristiane che sono giunte da tutte le parti dell’Iraq.
Esprimiamo loro tutta la nostra gratitudine e il nostro sostegno. Possa
il Signore nostro proteggerle affinché possano liberare tutte le zone
dell’Iraq.
I partecipanti all’assemblea hanno espresso parere unanime sulla
necessità di organizzare un incontro con i deputati cristiani presenti
nel Parlamento irakeno e all’interno del governo regionale del
Kurdistan, oltre che i capi di tutti i partiti cristiani.
Chaldean patriarchate