By Asia News
La legge voluta dal parlamento che vieta la vendita, l’importazione e
la produzione di alcol nel Paese “è contro la Costituzione e i diritti
della cittadinanza” ed è il segnale di una “islamizzazione” dell’Iraq.
Per questo “abbiamo deciso di dare battaglia” e nei prossimi giorni
verrà presentato un “ricorso” in tribunale per la sua cancellazione. È
quanto sottolinea ad AsiaNews il parlamentare cristiano Yonadam Kanna, leader dell'Assyrian Democratic Movement,
membro della Commissione parlamentare sul Lavoro e gli affari sociali.
Una simile norma, aggiunge, indica che una parte della classe politica e
dirigente “punta alla formazione di uno Stato teocratico”, ma “ci
opporremo con tutte le forze”.
Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è rivolta all’andamento
dell’offensiva per la riconquista di Mosul, dall’estate 2014 roccaforte
dello Stato islamico (SI) in Iraq, il parlamento ha approvato una legge
che impone un giro di vite sui prodotti alcolici. Inserita all’ultimo
momento dall’ala conservatrice in un pacchetto di norme riguardanti i
comuni, la norma blocca la vendita, l’importazione e la produzione di
vini, birra e liquori.
La decisione ha generato forti proteste negli ambienti non musulmani
della politica e della società civile, perché violerebbe i diritti
civili e la stessa libertà religiosa. In prima fila fra le voci critiche
vi è la componente parlamentare cristiana del Paese, che annuncia
battaglia contro un provvedimento ingiusto, lesivo dei diritti di una
parte della popolazione e soprattutto in aperta violazione dei dettami
della Costituzione.
Dalla caduta di Saddam Hussein, nel 2003, le attività percepite come
contrarie alla morale islamica nel Paese arabo sono state oggetto di
ripetuti attacchi. Negli ultimi anni si sono verificati diversi casi di
violenze contro negozi o attività che vendevano alcol sia a Baghdad che
in altre città.
Sebbene vino, birra e liquori non siano molto diffusi nei ristoranti e
negli alberghi, i prodotti a base di alcol sono commercializzati in
molti piccoli negozi e bar della capitale. E anche in altre aree, fra
cui il Kurdistan irakeno, non è raro osservare attività - gestite
soprattutto da membri delle minoranze religiose - dedite alla vendita di
alcol.
Non è dunque un caso che proprio i vertici del governo regionale
curdo abbiano già respinto la legge approvata dal Parlamento nazionale,
rivendicando per questo settore una piena “autonomia” legislativa. La
scelta di Baghdad, raccontano fonti ufficiali a Erbil, è destinata a
provocare “indignazione” fra le minoranze e ha come solo obiettivo
quello di “compiacere” i partiti islamici e i movimenti radicali
sciiti.
Del resto se l’alcol può sembrare un vizio, spiega un cittadino di
Ankawa, sobborgo a maggioranza cristiana di Erbil, esso è percepito come
“insignificante e banale”. Inoltre, il pericolo è che si venga a
formare un “mercato nero” come è avvenuto negli Stati Uniti ai tempi del
proibizionismo, fra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso.
Interpellato da AsiaNews Yonadam Kanna sottolinea che la
norma “è contraria alla Costituzione, che garantisce piena libertà e
diritti per le minoranze”. Inoltre, essa avrà pesanti ripercussioni
anche sulle attività commerciali che sono fonte di guadagno - o
sopravvivenza - per molte famiglie. Il parlamentare cristiano promette
un ricorso al tribunale per ottenere in via giudiziaria, prima ancora
che politica, la cancellazione di una norma “lesiva dei diritti” di una
parte della popolazione.
“Vi è una discriminazione di fondo - prosegue il parlamentare
cristiano - come vi è nella legge che prevede che i figli di una coppia
in cui uno dei due genitori sia musulmano, diventino essi stessi
musulmani”. Vi sono componenti del Paese, aggiunge, che “spingono per la
creazione di una nazione teocratica” in cui l’islam sia “religione di
Stato”. Tuttavia, queste leggi - conclude - contrastano con il modello
“di Paese laico” e con i “principi sanciti dalla Costituzione. Per
questo faremo ricorso”.
Secondo un’inchiesta diffusa lo scorso anno dall’Organizzazione
mondiale della sanità (i dati sono riferiti al 2014), l’Iraq risulta al
12mo posto fra le nazioni arabe per consumo di alcol. Le prime due
piazze sono occupate da Tunisia ed Emirati Arabi Uniti (Eau), nazioni a
maggioranza islamica in cui si registra una parziale libertà per i non
musulmani. Al terzo gradino del podio di questa classifica vi è il
Sudan. L’Iraq è invece lontano dalle prime piazze, con un consumo
annuale medio pro-capite di 9,1 litri.