By Asia News
di Layla Yousif Rahema
In un momento di forte tensione che li vede al centro di un’escalation di violenze mirate, i cristiani d’Iraq ricevono la solidarietà dei leader musulmani. Ieri 3 gennaio una ventina di sceicchi delle tribù arabe di Nassiriyia, Kerbala, Diwaniyia, Imara, Bassorah hanno reso visita all'arcivescovado caldeo di Kirkuk per portare gli auguri di buon anno, ma soprattutto per esprimere solidarietà e preoccupazione per la massiccia emigrazione dei cristiani, in particolare dopo l'attentato contro la cattedrale di Baghdad il 31 ottobre e quello alla chiesa copta di Alessandria d’Egitto il 31 dicembre.
Al pranzo con l’arcivescovo, mons. Louis Sako, gli sceicchi hanno espresso di persona la loro condanna degli attacchi contro i cristiani e il loro sdegno. “Un Iraq senza cristiani non è Iraq”, ha detto uno dei rappresentanti arabi. Un altro gli ha fatto eco raccontando che la sua tribù era cristiana prima dell’arrivo dell’islam nel VII secolo e spiegando che “non si possono dimenticare le proprie radici”. C’è stato anche chi ha messo in evidenza il “bisogno di rinforzare lo spirito della fraternità perché noi tutti siamo figli di Adamo e di Abramo”.
Gli sceicchi hanno portato in dono a mons. Sako una spada per simboleggiare la loro offerta di protezione ai cristiani. Ma l'arcivescovo, pur ringraziando, ha risposto subito che “la spada dei cristiani è l’amore”.
“L'attacco contro persone innocenti, come ha detto il Papa, è una offesa a Dio e all'umanità. Se vogliamo costruire il vivere insieme in armonia bisogna educare i nostri bambini nel rispetto degli altri diversi di noi, nel rispetto della loro religione, cultura ed etnia, nel rispetto del mosaico umano creato da Dio”, ha detto l’arcivescovo caldeo. “Distruggerlo è distruggere non solo la pace ma la vita stessa”, ha concluso il presule. Dopo il pranzo tutta le delegazione ha visitato la cattedrale di Kirkuk. L’arcivescovo ha spiegato la preghiera cristiana e come nella Chiesa, uomini e donne insieme lodano Dio.
Intanto a Baghdad non si ferma la scia di morte contro i cristiani. Il 2 gennaio scorso, nella notte è stata uccisa in casa sua una donna cristiana di 44 anni. La donna, Rafah Butros Toma, era scampata al massacro compiuto dai terroristi di al Qaeda nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, lo scorso 31 ottobre. Rafah, che non era sposata e lavorava all’università, non aveva mai smesso di andare in chiesa e viveva da sola. Suo padre, anziano, viveva da tempo in un villaggio del nord.
Al pranzo con l’arcivescovo, mons. Louis Sako, gli sceicchi hanno espresso di persona la loro condanna degli attacchi contro i cristiani e il loro sdegno. “Un Iraq senza cristiani non è Iraq”, ha detto uno dei rappresentanti arabi. Un altro gli ha fatto eco raccontando che la sua tribù era cristiana prima dell’arrivo dell’islam nel VII secolo e spiegando che “non si possono dimenticare le proprie radici”. C’è stato anche chi ha messo in evidenza il “bisogno di rinforzare lo spirito della fraternità perché noi tutti siamo figli di Adamo e di Abramo”.
Gli sceicchi hanno portato in dono a mons. Sako una spada per simboleggiare la loro offerta di protezione ai cristiani. Ma l'arcivescovo, pur ringraziando, ha risposto subito che “la spada dei cristiani è l’amore”.
“L'attacco contro persone innocenti, come ha detto il Papa, è una offesa a Dio e all'umanità. Se vogliamo costruire il vivere insieme in armonia bisogna educare i nostri bambini nel rispetto degli altri diversi di noi, nel rispetto della loro religione, cultura ed etnia, nel rispetto del mosaico umano creato da Dio”, ha detto l’arcivescovo caldeo. “Distruggerlo è distruggere non solo la pace ma la vita stessa”, ha concluso il presule. Dopo il pranzo tutta le delegazione ha visitato la cattedrale di Kirkuk. L’arcivescovo ha spiegato la preghiera cristiana e come nella Chiesa, uomini e donne insieme lodano Dio.
Intanto a Baghdad non si ferma la scia di morte contro i cristiani. Il 2 gennaio scorso, nella notte è stata uccisa in casa sua una donna cristiana di 44 anni. La donna, Rafah Butros Toma, era scampata al massacro compiuto dai terroristi di al Qaeda nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, lo scorso 31 ottobre. Rafah, che non era sposata e lavorava all’università, non aveva mai smesso di andare in chiesa e viveva da sola. Suo padre, anziano, viveva da tempo in un villaggio del nord.