a cura di Roberta Barbi
Perché tanta intolleranza religiosa? Perché tanta violenza? Sono interrogativi che il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha posto nel corso dell’omelia della celebrazione dell’Epifania nella cattedrale di San Lorenzo a Genova, città di cui è arcivescovo. Non si tratta di una domanda retorica, ma sincera, che nasce dal cuore distrutto per le sofferenze di tanti cristiani nel mondo, pur nella consapevolezza che “la Chiesa viene da lontano, cammina da duemila anni e i suoi passi sono umili e vigorosi perché devono arrivare ai confini della Terra per incontrare tutte le genti”, quelle genti che oggi, nella solennità dell’Epifania, sono rappresentate dai Magi.
Ed è proprio l’esempio dei Re venuti da lontano, quello che devono seguire i fedeli oggi, continuando ad annunciare la nascita di “quel Bambino nel quale si nasconde la pienezza di Dio, luce e gioia dell’uomo”.
Il porporato prova poi a dare una risposta a quel doloroso perché: “I cristiani sono perseguitati perché parlano di dignità, di uguaglianza, di libertà di coscienza, di Stato di diritto e lo fanno in nome di Cristo – ha aggiunto – predicano l’amore verso coloro che si pongono come nemici, parlano di perdono, rifiutano la violenza e operano come costruttori di pace”. “I cristiani, là dove vivono come maggioranza non sono arroganti verso nessuno”, ha proseguito il cardinale Bagnasco, precisando che il cristianesimo non può identificarsi con il mondo occidentale, ma che “il Vangelo s’incarna in ogni cultura senza identificarsi con nessuna”. Il porporato, infine, ha lanciato un appello alla comunità internazionale e all’Europa in particolare, affinché intervenga con voce forte e chiara perché il diritto alla libertà religiosa sia osservato “ovunque e senza eccezioni” e si è rivolto ai fedeli, invitandoli a pregare per i defunti, per le loro famiglie ma anche per i persecutori. “L’esempio di tanti nostri fratelli nella fede che rischiano e danno la vita per Gesù e per la Chiesa – ha detto – ci scuota dal torpore delle cose facili”.