"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

4 marzo 2008

“Esecrabile atto”Il rapimento di mons. Paulos Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul

Fonte: SIR

Lo hanno atteso che uscisse, venerdì 29 febbraio, dopo la celebrazione della Via Crucis, dalla chiesa del Santo Spirito, a Mosul, la stessa dove a giugno dello scorso anno fu assassinato padre Ragheed Ganni insieme a tre suddiaconi. Una volta fuori hanno ucciso a colpi di arma da fuoco i suoi accompagnatori, cristiani, tutti sposati con figli, e lo hanno prelevato. Giusto il tempo di telefonare all’episcopio con il cellulare per dire cosa stava accadendo. Da quel momento dell’arcivescovo di Mosul Paulos Faraj Rahho, non si sa più nulla. Ancora una volta la violenza si è abbattuta contro la minoranza cristiana andando a colpire una figura nota della Chiesa caldea, impegnata in prima persona nel campo del dialogo e della riconciliazione. Cresce, dunque, ancora la paura tra i cristiani iracheni che subiscono da una parte gli abusi di criminali comuni, che non trovano nelle autorità locali una sempre valida azione di contrasto e dall’altra la violenza settaria che si è scatenata tra sciiti e sunniti e che immancabilmente si ritorce contro le minoranze.

L’amarezza del Papa.
Subito informato Benedetto XVI si è detto “amareggiato per tale nuovo esecrabile atto, che colpisce profondamente l’intera Chiesa nel Paese e in particolare la Chiesa caldea” ed ha espresso vicinanza al patriarca card. Emmanuel III Delly e a “tutta quella provata comunità cristiana, come pure ai familiari delle vittime”. Invitando la Chiesa universale alla preghiera il Pontefice ha auspicato che “mons. Rahho venga restituito quanto prima alla cura del suo gregge” rinnovando “l’auspicio che il popolo iracheno ritrovi cammini di riconciliazione e di pace”. Benedetto XVI è tornato poi a chiedere la pronta liberazione del presule caldeo, ancora domenica 2 marzo all’Angelus, ricordandone le precarie condizioni di salute.

La solidarietà dei musulmani.
Attestati di solidarietà alla Chiesa irachena e di condanna del rapimento sono venuti anche dal mondo musulmano. Secondo quanto riferito al SIR dal vescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako, “il congresso dei sunniti ha condannato questo atto e molti altri leader hanno stigmatizzato il rapimento. A Kirkuk un rappresentante del movimento sciita di al-Sadr ha affisso uno striscione in cui afferma che tali azioni sono solo nocive per l’Iraq”.

Trattative in corso.
A dare conferma dell’esistenza di trattative in corso con i rapitori sono stati mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad e lo stesso mons. Louis Sako. “I rapinatori hanno telefonato diverse volte chiedendo un riscatto. Ci sono notizie che non possono essere divulgate per non mettere a repentaglio la vita dell’ostaggio. Stiamo cercando di attivarci per chiedere il suo rilascio – ha rivelato mons. Sako – sono stato presso la televisione locale con un capo religioso musulmano per lanciare un appello”. “Il riscatto chiesto dai rapitori è una cifra ingente – ha detto a sua volta mons. Shlemon Warduni – abbiamo chiesto di parlare con lui ma finora non è ci stato consentito. La cosa è molto delicata, tanto più che il vescovo di Mosul non gode di buona salute”.

Una chiesa in preghiera. Nel frattempo da Mosul giungono voci di una comunità ecclesiale riunita in preghiera come in tante altre chiese del Paese. Resta la domanda sul perché di tale atto: “Forse è legato alla pubblicazione delle vignette satiriche? Oppure al progetto della piana di Ninive (enclave cristiana) di cui si parla molto? È solo una questione di soldi o gli islamisti cercano di ripulire la città dai cristiani? L’unica cosa ora che possiamo fare è attendere notizie e pregare per la sua liberazione e per le anime di quei tre giovani uccisi che erano con lui al momento del rapimento. Che mons. Rahho torni a guidare presto il suo gregge”, concludono mons. Sako e mons. Warduni.

Diocesi nel mirino.
La diocesi di Mosul aveva già in passato subito minacce, come dichiarato da padre Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede e visitatore caldeo per l’Europa. Lo stesso vescovo aveva subito avvertimenti pesanti, fino ad avere una pistola puntata al petto. Mons. Rahho è il secondo vescovo rapito in Iraq dopo il siro-cattolico George Casmoussa, liberato dopo 24 ore. Una conferma delle minacce subite da mons. Rahho è arrivata da don Renato Sacco, di Pax Christi, che aveva incontrato il vescovo di Mosul nel corso di una recentissima visita di solidarietà in Iraq con una delegazione internazionale di Pax Christi. “Ci ha accolto a Karamles solo pochi giorni fa. Mi disse che aveva ricevuto parecchie minacce ma che queste non potevano impedirgli di stare in mezzo alla gente. Non possiamo restare chiusi in casa – diceva – non posso abbandonare i miei fedeli. Non si può cedere alla logica della paura. L’esempio di mons. Rahho ricorda che l’unica strada per sconfiggere la violenza è l'incontro e il dialogo. Per questo speriamo che possa essere liberato e tornare ad essere, con la sua gente, segno di speranza e di pace”.