By Baghdadhope
Chissà se, come tutti i commercianti fanno, sognando l’allargamento del mercato e la conseguente lievitazione dei guadagni, i proprietari di una azienda vinicola toscana hanno mai pensato che uno dei loro vini, il “Rosso di Toscana da tavola” avrebbe attraversato, caricato sulle some di cavalli intirizziti o sulle spalle di giovani robusti e temerari uno dei confini “caldi” del mondo, quello tra Iraq, Turchia ed Iran, destinazione: Teheran.
Il contrabbando tra quelle montagne impervie ed ammantate di neve per molti mesi all’anno è sempre stata una delle occupazioni della popolazione curda divisa tra i tre stati.
Ciò che adesso è cambiato è il tipo di merce che attraversa i confini. Il Kurdistan iracheno, prezioso alleato delle truppe americane nel paese è un territorio che, rispetto agli altri, gode di maggior libertà. Libertà anche di costumi. Per quanto di fede islamica i curdi iracheni sono più restii a seguire gli stretti precetti religiosi, ed il controllo che il Governo Regionale Curdo esercita è minore rispetto a quello imposto in Iran. Così adesso uno dei beni che più frequentemente vengono contrabbandati è l’alcol.
A testimoniare il fenomeno nel 2007 è stato Karzan Sherabayani, documentarista curdo iracheno nato a Kirkuk e che ora vive in Gran Bretagna dopo avere passato però dodici anni nel nostro paese. Nel breve documentario proposto da Frontline: “Iraq, i contrabbandieri di alcol” infatti è in italiano che Sherabayani commenta il “buon gusto” che gli iraniani dimostrano nello scegliere il vino.
Il filmato si apre in un “nessun luogo” tra Iraq, Iran e Turchia dove una fila di uomini, kurdi iraniani, procedono a cavallo su sentieri scoscesi per arrivare al campo dall’altra parte del confine gestito dai loro fratelli iracheni e comandato da Omar Mohammad Rasul che elenca al giornalista tutto ciò che il libero mercato può offrire agli “assetati” iraniani: : whisky, birra, “vino rosso da tavola” dall’Italia, vodka dalla Svezia che qui costa 8$ ma che sarà rivenduto a 20$ a bottiglia, persino cognac e champagne francese.
Il contrabbando di alcol è un lavoro duro ed anche pericoloso. Centinaia di uomini hanno perso la vita sulle montagne e chi può raccontare la propria brutta esperienza è un fortunato. “Le guardie iraniane mi hanno sparato, per fuggire sono finito su un campo minato, i miei due cavalli sono rimasti uccisi ed io sono stato gravemente ferito, ma questo è l’unico lavoro che ho” così parla uno dei contrabbandieri, una moglie e due figli che lo aspettano chissà dove.
Nessuno degli intervistati da Sherabayani afferma di aver scelto questo mestiere. Neanche i ragazzi, 17/18 anni, che non potendo permettersi un cavallo valicano il confine a piedi, tra le neve, vestiti come lo erano i nostri alpinisti 60 anni fa. Due ore di pericoloso cammino trasportando ognuno tre scatole contenenti 75 lattine di whisky. E tutto per 10 dollari al giorno, la cifra con cui a Teheran è possibile acquistare due birre.
In totale, afferma Sherabayani, ogni giorno 240.000 tra bottiglie e lattine di alcolici vengono contrabbandate per un valore totale giornalieri di 2.5 milione di dollari.
Un affare lucroso per i curdi iracheni e pericoloso per quelli iraniani, ma che servirà a placare la sete di chi, a Teheran o altrove nel paese, annaffierà il Khoresht, lo stufato di carne con verdura con un magnifico vino rosso perché, come dice ridendo uno dei contrabbandieri: “tutti bevono, a tutti piace, e per primi ai Mullah”