La Chiesa irachena è in “profonda sofferenza” e “il buio e il silenzio” che regnano sul rapimento dell’arcivescovo caldeo di Mosul aumentano preoccupazione e ansia tra i fedeli come tra i loro pastori. Un appello affinché l’Occidente non si abitui a guardare le violenze in Iraq come “un fatto normale”, ma alzi ancora la voce contro le ingiustizie che affliggono il Paese e mostri solidarietà alla sua popolazione, arriva oggi dall’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako.
A 12 giorni dal sequestro del vescovo Rahho, sulle sue sorti ancora nessuna novità. I rapitori – la cui identità non è stata accertata – hanno posto “condizioni difficili” da soddisfare e continuano a negare ai mediatori un contatto diretto con l’ostaggio. L’apprensione per il suo stato di salute è accresciuto dal fatto che il presule è molto malato e ha bisogno di cure quotidiane per sopravvivere. Il fatto che la città, roccaforte sunnita, sia al 90 per cento in mano ai terroristi non facilita le operazioni di ricerca anche da parte del governo iracheno.
Nell’appello inviato ad AsiaNews, mons. Sako si augura che “ancora una volta non cada il silenzio sul dolore della popolazione irachena, a cui ormai si guarda come una cosa normale e ordinaria”. “In una situazione così critica - dice rivolgendosi all’Occidente e alle conferenze episcopali mondiali - non si può rimanere indifferenti nei confronti dei fratelli cristiani; ci chiediamo dove sia la carità, l’amore, la compassione”. Il presule indica chiaramente come si può contribuire, anche da lontano, ad aiutare l’Iraq: “Pregate per noi, condividete la nostra sofferenza, preoccupazione, speranza e aiutateci concretamente a rimanere nella nostra terra e denunciare le nostre ferite. Un segno, una presenza o un gesto ci aiutano a testimoniare la nostra fede e fraternità universale”.
“La vicinanza dei vescovi, dei religiosi e dei fedeli nel mondo – aggiunge – ci darà una spinta energica a continuare a sperare nella pace e nella convivenza interreligiosa”. Mons. Sako ringrazia infine “tutti coloro che ci hanno mostrato vicinanza e solidarietà in un momento in cui ci sentiamo abbandonati e soli nella nostra profonda sofferenza ed ennesima fatica”.
Oltre agli appelli del Papa sono state numerose le condanne del sequestro arrivate anche da leader musulmani nella regione. Oggi nell’arcivescovado di Kirkuk sono attesi 15 capi religiosi musulmani che verranno a lanciare un appello per la liberazione di mons. Rahho. Domani i caldei iracheni in patria e della diaspora si uniranno in preghiera per la salvezza del vescovo: a lui verrà dedicata una messa in tutte le comunità sparse per il mondo.
A 12 giorni dal sequestro del vescovo Rahho, sulle sue sorti ancora nessuna novità. I rapitori – la cui identità non è stata accertata – hanno posto “condizioni difficili” da soddisfare e continuano a negare ai mediatori un contatto diretto con l’ostaggio. L’apprensione per il suo stato di salute è accresciuto dal fatto che il presule è molto malato e ha bisogno di cure quotidiane per sopravvivere. Il fatto che la città, roccaforte sunnita, sia al 90 per cento in mano ai terroristi non facilita le operazioni di ricerca anche da parte del governo iracheno.
Nell’appello inviato ad AsiaNews, mons. Sako si augura che “ancora una volta non cada il silenzio sul dolore della popolazione irachena, a cui ormai si guarda come una cosa normale e ordinaria”. “In una situazione così critica - dice rivolgendosi all’Occidente e alle conferenze episcopali mondiali - non si può rimanere indifferenti nei confronti dei fratelli cristiani; ci chiediamo dove sia la carità, l’amore, la compassione”. Il presule indica chiaramente come si può contribuire, anche da lontano, ad aiutare l’Iraq: “Pregate per noi, condividete la nostra sofferenza, preoccupazione, speranza e aiutateci concretamente a rimanere nella nostra terra e denunciare le nostre ferite. Un segno, una presenza o un gesto ci aiutano a testimoniare la nostra fede e fraternità universale”.
“La vicinanza dei vescovi, dei religiosi e dei fedeli nel mondo – aggiunge – ci darà una spinta energica a continuare a sperare nella pace e nella convivenza interreligiosa”. Mons. Sako ringrazia infine “tutti coloro che ci hanno mostrato vicinanza e solidarietà in un momento in cui ci sentiamo abbandonati e soli nella nostra profonda sofferenza ed ennesima fatica”.
Oltre agli appelli del Papa sono state numerose le condanne del sequestro arrivate anche da leader musulmani nella regione. Oggi nell’arcivescovado di Kirkuk sono attesi 15 capi religiosi musulmani che verranno a lanciare un appello per la liberazione di mons. Rahho. Domani i caldei iracheni in patria e della diaspora si uniranno in preghiera per la salvezza del vescovo: a lui verrà dedicata una messa in tutte le comunità sparse per il mondo.