Mettere in campo tutto l’impegno possibile per ottenere la liberazione della Piana di Ninive e consentire il rientro dei profughi cristiani nelle loro case: queste le priorità individuate nella riunione d’emergenza dei rappresentanti delle Chiese cattoliche d’Iraq, che si è svolta nei giorni scorsi ad Ankawa. Roberta Barbi ne ha parlato con mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei:
Quella riunione c’è stata prima di tutto per studiare la situazione dei cristiani e di come possiamo aiutarli. Abbiamo soprattutto insistito sul punto della liberazione della piana di Ninive, perché se non viene liberata la nostra gente non cesserà di emigrare.
Com’è la situazione laggiù, quanti sono i profughi cristiani e di cosa hanno bisogno?
I profughi cristiani sono più di 120 mila, soprattutto con bambini e giovani che ancora non possono andare a scuola, perciò la loro situazione è tragica. E noi soffriamo con loro perché guardiamo e non possiamo fare niente. Perciò, abbiamo promesso alla nostra gente che faremo tutto il possibile per smuovere la situazione precaria nella quale si trova. La Chiesa non ha mai smesso di fare, di lavorare, noi siamo lì non soltanto come cristiani, ma ancora prima del cristianesimo. Quindi, la nostra gente si aspetta che noi facciamo qualcosa, ma noi ci sentiamo impotenti.
L’appello alla cooperazione tra il governo centrale iracheno e quello della regione autonoma del Kurdistan per la liberazione, tra le altre zone, proprio della Piana in vista dell’arrivo dell’inverno è rimasto inascoltato?
Speriamo che sarà ascoltato, ma finora non abbiamo visto niente di concreto. Abbiamo chiesto non solo l’intervento centrale e dei curdi, ma anche della comunità internazionale, chiedendo l’aiuto del Papa, che ci aiuti moralmente perché la sua potestà è veramente molto forte. Ringraziamo Dio per l’aiuto degli organismi di beneficenza: abbiamo chiesto loro di fare pressione sulla comunità internazionale perché intervenga.
L’esodo dall’Iraq purtroppo non si ferma. Pare che nei mercati di Mosul vengano venduti gli arredi delle case abbandonate dai cristiani e il ricavato vada a finanziare il sedicente Stato islamico…
Abbiamo esposto questo problema, bisogna fare qualcosa! Tanta gente sfrutta l’assenza della gente e cominciano le pratiche ingiuste: vendono le case senza il permesso del loro proprietario. Questo si è già verificato ed è un’azione terribilmente cattiva per allontanare la gente dal posto e averle loro. Sono i vicini di casa: con quale coscienza terribilmente sporca vivono queste persone? Bisogna promuovere un’azione comune.
Quella riunione c’è stata prima di tutto per studiare la situazione dei cristiani e di come possiamo aiutarli. Abbiamo soprattutto insistito sul punto della liberazione della piana di Ninive, perché se non viene liberata la nostra gente non cesserà di emigrare.
Com’è la situazione laggiù, quanti sono i profughi cristiani e di cosa hanno bisogno?
I profughi cristiani sono più di 120 mila, soprattutto con bambini e giovani che ancora non possono andare a scuola, perciò la loro situazione è tragica. E noi soffriamo con loro perché guardiamo e non possiamo fare niente. Perciò, abbiamo promesso alla nostra gente che faremo tutto il possibile per smuovere la situazione precaria nella quale si trova. La Chiesa non ha mai smesso di fare, di lavorare, noi siamo lì non soltanto come cristiani, ma ancora prima del cristianesimo. Quindi, la nostra gente si aspetta che noi facciamo qualcosa, ma noi ci sentiamo impotenti.
L’appello alla cooperazione tra il governo centrale iracheno e quello della regione autonoma del Kurdistan per la liberazione, tra le altre zone, proprio della Piana in vista dell’arrivo dell’inverno è rimasto inascoltato?
Speriamo che sarà ascoltato, ma finora non abbiamo visto niente di concreto. Abbiamo chiesto non solo l’intervento centrale e dei curdi, ma anche della comunità internazionale, chiedendo l’aiuto del Papa, che ci aiuti moralmente perché la sua potestà è veramente molto forte. Ringraziamo Dio per l’aiuto degli organismi di beneficenza: abbiamo chiesto loro di fare pressione sulla comunità internazionale perché intervenga.
L’esodo dall’Iraq purtroppo non si ferma. Pare che nei mercati di Mosul vengano venduti gli arredi delle case abbandonate dai cristiani e il ricavato vada a finanziare il sedicente Stato islamico…
Abbiamo esposto questo problema, bisogna fare qualcosa! Tanta gente sfrutta l’assenza della gente e cominciano le pratiche ingiuste: vendono le case senza il permesso del loro proprietario. Questo si è già verificato ed è un’azione terribilmente cattiva per allontanare la gente dal posto e averle loro. Sono i vicini di casa: con quale coscienza terribilmente sporca vivono queste persone? Bisogna promuovere un’azione comune.