By Vatican Insider - La Stampa
Andrea Tornielli
Al di là dei confini della Turchia le minoranze religiose, in particolare i cristiani e gli yazidi, «patiscono violenze disumane». C'è bisogno di più dialogo, di rispetto reciproco e di amicizia tra i leader religiosi, come «messaggio» indirizzato alle rispettive comunità. Il secondo importante appuntamento della giornata di Papa Francesco nella capitale turca avviene nel pomeriggio alla «Diyanet», il Dipartimento per gli Affari Religiosi, la più alta autorità religiosa islamica del paese, che si trova in una grande moschea di nuova costruzione alla periferia di Ankara.
Bergoglio viene ricevuto dal presidente della Dyanet, Mehmet Görmez. Nel suo discorso di saluto, il leader islamico gli dice: «Coloro che si comportano in modo contrario al messaggio di pace dell'Islam, coloro che diffondono violenza e brutalità seguendo una via errata, non importa con quale nome si identificano, sono ribelli a Dio». Görmez ha criticato Israele per il trattamento del popolo palestinese, e i media che «spargono messaggi su scenari di violenza» fomentando «l'odio contro i musulmani». «Rifiutiamo ogni genere di violenza - conclude - e cerchiamo di costruire il nostro futuro comune».
Senza l'apertura all'incontro e al dialogo, «una visita papale non risponderebbe pienamente alle sue finalità», osserva nel suo intervento il pontefice. «Le buone relazioni e il dialogo tra leader religiosi» esprime che «il mutuo rispetto e l'amicizia sono possibili, nonostante le differenze». Francesco allarga lo sguardo poco oltre i confini del Paese: «Vi sono guerre che seminano vittime e distruzioni; tensioni e conflitti inter-etnici e interreligiosi; fame e povertà che affliggono centinaia di milioni di persone; danni all'ambiente naturale». In particolare, aggiunge, «veramente tragica è la situazione in Medio Oriente, specialmente in Iraq e in Siria. Tutti soffrono le conseguenze dei conflitti e la situazione umanitaria è angosciante».
Il Papa pensa «a tanti bambini e alle sofferenze di tante mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, alle violenze di ogni tipo». Particolare «preoccupazione» desta il fatto che «soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente - ma non solo - i cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità religiosa. Sono stati cacciati con forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell'altro».
«In qualità di capi religiosi - scandisce il vescovo di Roma davanti ai dignitari islamici - abbiamo l'obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto, la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l'Onnipotente è Dio della vita e della pace. Da tutti coloro che sostengono di adorarlo, il mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o ideologiche».
La denuncia non basta, «occorre far seguire il comune lavoro per trovare adeguate soluzioni. Ciò richiede la collaborazione di tutte le parti: governi, leader politici e religiosi, rappresentanti della società civile, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà». «Noi, musulmani e cristiani - dice ancora Francesco - siamo depositari di inestimabili tesori spirituali, tra i quali riconosciamo elementi di comunanza, pur vissuti secondo le diverse tradizioni: l'adorazione di Dio misericordioso, il riferimento al patriarca Abramo, la preghiera, l'elemosina, il digiuno... elementi che, vissuti in maniera sincera, possono trasformare la vita e dare una base sicura alla dignità e alla fratellanza degli uomini». E il dialogo, si augura il Papa, deve essere «creativo».
Una comunanza spirituale da «riconoscere e sviluppare», perché «ci aiuta anche a difendere nella società i valori morali, la pace e la libertà. Il comune riconoscimento della sacralità della persona umana sostiene la comune compassione, la solidarietà e l'aiuto fattivo nei confronti dei più sofferenti». Francesco non ha mancato di esprimere il suo apprezzamento «per quanto tutto il popolo turco, i musulmani e i cristiani, stanno facendo verso le centinaia di migliaia di persone che fuggono dai loro paesi a causa dei conflitti. È questo un esempio concreto di come lavorare insieme per servire gli altri, un esempio da incoraggiare e sostenere». Il Papa ha concluso il suo intervento dicendosi «grato per le vostre preghiere che avrete la bontà di offrire per il mio servizio» e augurandosi che il dialogo interreligioso diventi creativo e trovi nuove forme.
Andrea Tornielli
Al di là dei confini della Turchia le minoranze religiose, in particolare i cristiani e gli yazidi, «patiscono violenze disumane». C'è bisogno di più dialogo, di rispetto reciproco e di amicizia tra i leader religiosi, come «messaggio» indirizzato alle rispettive comunità. Il secondo importante appuntamento della giornata di Papa Francesco nella capitale turca avviene nel pomeriggio alla «Diyanet», il Dipartimento per gli Affari Religiosi, la più alta autorità religiosa islamica del paese, che si trova in una grande moschea di nuova costruzione alla periferia di Ankara.
Bergoglio viene ricevuto dal presidente della Dyanet, Mehmet Görmez. Nel suo discorso di saluto, il leader islamico gli dice: «Coloro che si comportano in modo contrario al messaggio di pace dell'Islam, coloro che diffondono violenza e brutalità seguendo una via errata, non importa con quale nome si identificano, sono ribelli a Dio». Görmez ha criticato Israele per il trattamento del popolo palestinese, e i media che «spargono messaggi su scenari di violenza» fomentando «l'odio contro i musulmani». «Rifiutiamo ogni genere di violenza - conclude - e cerchiamo di costruire il nostro futuro comune».
Senza l'apertura all'incontro e al dialogo, «una visita papale non risponderebbe pienamente alle sue finalità», osserva nel suo intervento il pontefice. «Le buone relazioni e il dialogo tra leader religiosi» esprime che «il mutuo rispetto e l'amicizia sono possibili, nonostante le differenze». Francesco allarga lo sguardo poco oltre i confini del Paese: «Vi sono guerre che seminano vittime e distruzioni; tensioni e conflitti inter-etnici e interreligiosi; fame e povertà che affliggono centinaia di milioni di persone; danni all'ambiente naturale». In particolare, aggiunge, «veramente tragica è la situazione in Medio Oriente, specialmente in Iraq e in Siria. Tutti soffrono le conseguenze dei conflitti e la situazione umanitaria è angosciante».
Il Papa pensa «a tanti bambini e alle sofferenze di tante mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, alle violenze di ogni tipo». Particolare «preoccupazione» desta il fatto che «soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente - ma non solo - i cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità religiosa. Sono stati cacciati con forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell'altro».
«In qualità di capi religiosi - scandisce il vescovo di Roma davanti ai dignitari islamici - abbiamo l'obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto, la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l'Onnipotente è Dio della vita e della pace. Da tutti coloro che sostengono di adorarlo, il mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o ideologiche».
La denuncia non basta, «occorre far seguire il comune lavoro per trovare adeguate soluzioni. Ciò richiede la collaborazione di tutte le parti: governi, leader politici e religiosi, rappresentanti della società civile, e tutti gli uomini e le donne di buona volontà». «Noi, musulmani e cristiani - dice ancora Francesco - siamo depositari di inestimabili tesori spirituali, tra i quali riconosciamo elementi di comunanza, pur vissuti secondo le diverse tradizioni: l'adorazione di Dio misericordioso, il riferimento al patriarca Abramo, la preghiera, l'elemosina, il digiuno... elementi che, vissuti in maniera sincera, possono trasformare la vita e dare una base sicura alla dignità e alla fratellanza degli uomini». E il dialogo, si augura il Papa, deve essere «creativo».
Una comunanza spirituale da «riconoscere e sviluppare», perché «ci aiuta anche a difendere nella società i valori morali, la pace e la libertà. Il comune riconoscimento della sacralità della persona umana sostiene la comune compassione, la solidarietà e l'aiuto fattivo nei confronti dei più sofferenti». Francesco non ha mancato di esprimere il suo apprezzamento «per quanto tutto il popolo turco, i musulmani e i cristiani, stanno facendo verso le centinaia di migliaia di persone che fuggono dai loro paesi a causa dei conflitti. È questo un esempio concreto di come lavorare insieme per servire gli altri, un esempio da incoraggiare e sostenere». Il Papa ha concluso il suo intervento dicendosi «grato per le vostre preghiere che avrete la bontà di offrire per il mio servizio» e augurandosi che il dialogo interreligioso diventi creativo e trovi nuove forme.